mercoledì 23 maggio 2018

Un termine usato a casaccio: il big bang

L'idea del big bang, l'esplosione che avrebbe dato origine all'universo, stuzzica i pensieri di tutti, anche di chi di astrofisica sa poco o nulla, e invita a elaborare congetture che spaziano dalla scienza alla filosofia, e a volte fino alla spazzatura. Questa storia che prima era tutto buio e non c'era nulla, e poi all'improvviso buum!!! un botto pazzesco, una luce accecante, e mille pezzi scagliati in giro, e poi, tempo 14 miliardi di anni, anno più anno meno, eccoci qua, scatena indubbiamente l'immaginazione, con ragionamenti fra i più svariati. E magari sorge spontaneo chiedersi cosa ci fosse prima, oppure dubitare che tutto questo sia realmente accaduto. In fin dei conti come facciamo a essere certi di qualcosa che - dicono - è accaduto quasi 14 miliardi di anni fa? Per non parlare della stampa, che mediamente un paio di volte l'anno, ogni volta che avviene qualche scoperta importante in astrofisica, scrive che la teoria del big bang è messa in crisi (e anche Einstein, già che ci siamo).

Peccato che tutto parta da un grossissimo equivoco: il big bang, inteso come l'inizio di tutto (qualunque cosa possa significare il termine "tutto") per la scienza, è un concetto sconosciuto. Nonostante anche gli scienziati usino spesso parlare della "esplosione iniziale", in realtà il significato che gli attribuiscono è ben diverso da quello che normalmente crede il grande pubblico.

Quindi adesso faremo un po' di chiarezza su che cos'è, e soprattutto cosa non è il big bang.

Tutta la storia nasce da un'osservazione fatta già alla fine degli anni venti del secolo scorso: le galassie si allontanano le une dalle altre, e più sono distanti, maggiore è la loro reciproca velocità di allontanamento.  E' la legge di Hubble, cioè la velocità di allontanamento tra due galassie distanti d, vale v=Hd, dove H è una costante che vale circa 70Km/sMps (chilometri al secondo per megaparsec). Ovvero due galassie distanti 3.26 milioni di anni luce (cioè 1 megaparsec), si allontanano con una velocità di 70 Km/s. Se sono due megaparsec, 140 Km/s, e così via.

Questa legge è quella che si otterrebbe per la velocità di allontanamento di punti disegnati sulla superficie di una membrana, o sulla superficie di un pallone, qualora la stirassimo in tutte le direzioni, ad esempio gonfiando il pallone. La distanza fra due punti qualunque aumenterebbe nel tempo, man mano che stiriamo la membrana del pallone, in modo proporzionale alla loro distanza. Ogni punto vedrebbe tutti gli altri punti allontanarsi da lui in questo modo. Esattamente quello che succede con le galassie: lo spazio fra di esse aumenta costantemente, e il risultato è la legge di Hubble. Conclusione, le galassie si allontanano, e il modo in cui si allontanano è interpretabile come un'espansione dello spazio fra le galassie, spazio che dilatandosi trascina con se le galassie, come la superficie del palloncino trascina con se i punti che ci abbiamo disegnato sopra. Ogni punto si considera al centro di tutto, e vede gli altri punti allontanarsi da lui, ma chiaramente non c'è un centro da cui è iniziata l'espansione, perché ogni punto vede lo stesso fenomeno.

Ma se le galassie si allontanano, allora è lecito pensare che, nel passato, esse erano più vicine fra loro. E possiamo immaginare di mandare il film dell'espansione dell'universo alla rovescio e chiederci quali dovevano essere le condizioni di un universo del genere man mano che procediamo col rewind. E per rispondere a questa domanda, applichiamo le leggi della fisica che conosciamo a un universo che, più procediamo indietro nel tempo, più doveva essere denso.

E se andiamo molto indietro con il filmato, arriviamo ad un certo punto in cui le galassie erano tutte sovrapposte fra loro, in una condizione di densità e temperatura ben diversa da quella attuale. In altri termini, in un universo del genere, non potevano esistere stelle e galassie, e la materia doveva essere disgregata nei suoi componenti fondamentali. Gli atomi, ma ancor più indietro nel tempo, i componenti più piccoli della materia.

Un universo del genere doveva essere molto più denso di quello attuale, e anche molto più caldo. Esattamente come un gas, che se lo comprimiamo aumenta di temperatura (la pompa della bicicletta si scalda quando la comprimiamo). La parola magica che descrive la caratteristica dell'universo primordiale è proprio questa: caldo!

Se immaginiamo quindi l'universo, quando era in queste condizioni, come un gas di particelle, dire che c'erano temperature elevate significa che le particelle al suo interno avevano grandi energie cinetiche. E' una cosa, questa, che sappiamo da tempo: in un gas la temperatura è proporzionale all'energia cinetica media delle particelle che lo compongono. E se le particelle che compongono il gas hanno energie cinetiche elevate, vuol dire che queste si muovono molto velocemente, e essendo la densità molto alta, vuol dire che esse sbattono fra loro continuamente, in urti ad alta energia. Come avviene negli acceleratori di particelle, dove si riproducono, sebbene solo in un punto, le condizioni dell'universo primordiale, facendo urtare fra loro protoni o elettroni. Insomma, l'universo primordiale doveva essere una brodaglia di particelle (compresi i fotoni, cioè la luce) che sbattevano continuamente fra loro ad alta temperatura, trasferendosi continuamente energia le une con le altre, e livellando continuamente le eventuali differenze locali di temperatura che potevano venirsi a creare. Praticamente una mega pogata sotto il palco di un concerto metal, dove se vuoi muoverti più veloce della media o se vuoi ballare un lento, non puoi, perché vieni continuamente urtato da qualche rompicoglioni, che ti obbliga a muoverti mediamente come tutti gli altri. Un posto ben poco invitante, e certamente poco vario rispetto all'universo attuale.

Adesso arriviamo al punto cruciale: l'immagine che ci siamo creati di questo ipotetico universo primordiale, che è basata sul mandare all'indietro il film delle galassie che si allontanano, è vera? Possiamo crederci? E come facciamo a controllare se è vera? Non sembrerebbe un problema semplice, visto che significa verificare qualcosa che è accaduto più di 13 miliardi di anni fa.

Beh, per verificare questa ipotesi possiamo chiederci se, in base alla fisica che conosciamo, quell'universo così caldo, denso e uniforme, così diverso da quello attuale, abbia lasciato tracce di quelle condizioni così particolari che siano visibili anche nell'universo di oggi. Qualche traccia, magari diluita dal tempo, che rappresenti la firma di quelle condizioni così estreme. E' successo questo?

La risposta è sì. Le nostre conoscenze di fisica ci prevedono che, partendo da un universo del genere, l'universo attuale debba essere permeato da un mare di fotoni con caratteristiche ben specifiche in termini di energia (ovvero frequenza), densità e uniformità spaziale e angolare. Questo mare di fotoni, la cui esistenza è stata prevista teoricamente in base alle nostre conoscenze di fisica, applicata al film fatto girare all'indietro, è stato realmente osservato già nel 1964, e in questo mezzo secolo è stato studiato con estrema accuratezza. Si chiama radiazione cosmica di fondo, e rappresenta letteralmente la fotografia dell'universo di più di 13 miliardi di anni fa. Essa ci mostra un universo estremamente uniforme, uguale ovunque, con soltanto piccolissime differenze locali di temperatura (ovvero densità). Eccola, questa fotografia. Forse non vi dice niente, ma è di gran lunga la fotografia più incredibile mai scattata.



Non solo. Lo stesso modello di universo primordiale che ha previsto l'esistenza di questo mare di fotoni, ci prevede anche che, in una fase ancora precedente (quindi con il film mandato indietro ancora un po'), debbano essersi formati i nuclei di idrogeno e elio, nati assemblando assieme i protoni e i neutroni che riempivano l'universo di allora, e che riuscivano ad agganciarsi fra loro mentre vagavano in quella brodaglia caldissima. Ma non basta. Questo modello, costruito con le leggi fisiche che conosciamo, ci prevede anche con precisione quanto elio ci deve essere rispetto all'idrogeno, supponendo vere quelle condizioni primordiali. Ce ne da una previsione ben precisa: il 25%. Questo numero è il risultato che viene fuori applicando le leggi della fisica che conosciamo a un universo caldissimo in espansione, mentre protoni e neutroni, sbattendo fra loro, cercavano di agganciarsi assieme formando Deuterio e Elio, il tutto mentre i neutroni diminuivano in numero perché decadevano trasformandosi in protoni, elettroni e neutrini. In questa previsione c'è tutta la fisica che conosciamo: fisica nucleare, interazioni deboli, elettromagnetismo, teoria cinetica dei gas, tutto!

E succede che se andiamo a misurare la frazione di Elio4 rispetto all'Idrogeno presente oggi nell'universo, troviamo che - accidenti! - questa vale proprio il 25%! Un numero molto maggiore di quello che verrebbe fuori se l'Elio presente nell'universo fosse quello prodotto dalla combustione dell'idrogeno nell'interno delle stelle. Un numero che non sarebbe spiegabile altrimenti. Se l'universo in passato non fosse stato caldo e denso e in espansione, con condizioni enormemente diverse da quelle attuali, non potrebbero esistere né la radiazione cosmica di fondo, né ci sarebbe stato verso di produrre una frazione di Elio rispetto all'Idrogeno pari a quella osservata.

Questo modello in cui l'universo si espande (che è un fatto osservato), si espandeva anche in passato, e era quindi estremamente caldo e denso, si chiama teoria del big bang.

E allora uno si chiede: ma in tutto questo dove sta il big bang? Dov'è la grande esplosione iniziale? Risposta: non c'è! La teoria del big bang non parla del big bang!

Che delusione, vero? Non ne parla per il semplice fatto che se continuiamo a mandare indietro il nostro film, ad un certo punto le condizioni della materia, la sua densità e temperatura, diventano così alte e estreme che le nostre conoscenze di fisica perdono di significato. Le stesse definizioni di spazio e tempo vacillano, e non si applicano a un universo con quelle caratteristiche.

A quel punto semplicemente non sappiamo cosa sia successo. E quindi non possiamo parlare di inizio. La teoria del big bang non dice NULLA di come sia nato l'universo. L'universo potrebbe essere perfino esistito da sempre, e per qualche motivo l'espansione potrebbe essere iniziata per effetti quantistici o chissà per che altro motivo. Potrebbe essersi compresso e espanso in una miriade di cicli. Semplicemente non lo sappiamo.

E allora perché spesso si parla di istante zero? Cosa vuol dire? Perché i fisici dicono spesso: "un secondo dopo il big bang, un miliardesimo di secondo dopo l'istante zero, etc?"

I fisici in realtà non intendono realmente l'istante zero, di cui, ripeto, non sappiamo dire nulla, nemmeno se è mai esistito. I fisici, quando dicono "1 secondo dopo il big bang", intendono sostanzialmente il tempo trascorso da quelle condizioni così estreme per le quali le nostre conoscenze di fisica diventano inutili. Con tutte le possibili incertezze del caso, perché mandando indietro il nostro filmato, a un certo punto, anche senza arrivare a quel momento topico (si chiama tempo di Planck, per inciso) potrebbero essere accadute cose strane, che al momento possiamo solo ipotizzare.

Puntata in preparazione: idee sbagliate sul big bang e l'espansione dell'universo: restate sintonizzati! Oppure, che fa più figo, "stay tuned!".

8 commenti:

  1. Grazie Stefano, come sempre di una chiarezza impeccabile.
    Concedimi una domanda ingenua: esiste qualche analogia tra questo istante primordiale oltre al quale la scienza alza le braccia impotente e l'orizzonte degli eventi di un buco nero che sottrae all'indagine scientifica tutto ciò che racchiude gelosamente al suo interno, impedendo la fuoriuscita di qualsiasi informazione?
    Grazie e Buona Giornata.
    Pw.

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    1. Direi che sono due cose diverse. La difficoltà di indagare l'universo primordiale si scontra fondamentalmente con il fatto che, a densità altissime, non si sa come descrivere la forza di gravità a livello quantistico. La stessa struttura dello spazio-tempo diventa non descrivibile con la fisica che conosciamo. L'orizzonte degli eventi di un buco nero è invece la superficie ideale che separa le informazioni che posson uscire dal buco nero. Tuttavia, non credo di sbagliare dicendo che, in linea di principio, attraversare l'orizonte degli eventi di un buco nero non rappresenterebbe nessun evento eccezionale per uno che lo sta attraversando, se non per il fatto che non si può tornare indietro a raccontarlo. In particolare, per buchi neri supermassicci, di milioni o più masse solari, attraversare in caduta libera l'orizzonte degli eventi non è un evento così degno di nota. La luce delle stelle da fuori continuerebbe ad arrivare normalmente, e gli effetti mareali (la differenza di forza di gravità fra testa e piedi) non è grande da produrre effetti tangibili. Visto da fuori, invece, l'immagine di colui che attraversa l'orizzonte degli event resterebbe congelata nel momento dell'attraversmento.

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  2. Grazie Stefano della fulminea risposta! L'ingenuità della domanda era già nelle premesse, ma personalmente trovo molto affascinante accostare queste due situazioni (istanti primordiali dell'universo e intorni dei buchi neri) in quanto rappresentano entrambe (pur nella loro evidente differenza) delle condizioni fisiche "estreme" che sfidano le possibilità di comprensione dell'intelletto umano, come due frontiere al di là delle quali ci sono due punti interrogativi diversi ma di assoluto interesse.
    Approfitto dell'occasione per una piccola cosa, che vorrei però dirti sottovoce: ricordatevi sempre che siamo molto orgogliosi di voi, di tutti i fisici, ricercatori, ingegneri italiani al lavoro presso la macchina più complessa e ambiziosa che l'uomo abbia mai costruito, impegnati nell'avventura più bella ed emozionante per la nostra intera specie: spingere oltre gli orizzonti della conoscenza, sfidare la natura alla ricerca delle risposte alle più antiche e fondamentali delle domande. Un paese in prolungata difficoltà, che non si qualifica neanche più ai mondiali di calcio :-( :-( :-( e che deve trovare la forza per ripartire, ha bisogno di esempi positivi di talento, passione, serietà, impegno a cui guardare.
    Siamo con voi

    (PS: certo, anche vedere alzare al cielo una coppa d'oro un pochino ci avrebbe alzato il morale, ma i calciatori sono solo i fugaci eroi della cronaca, voi quelli della Storia, ed è per questo che dovete accontentarvi di stipendi un po' più bassi :-)

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  3. "chiaramente non c'è un centro da cui è iniziata l'espansione, perché ogni punto vede lo stesso fenomeno". Come facciamo a sapere che ogni punto vede lo stesso fenomeno, visto che la nostra osservazione è solo quella di questo "punto"? (Comunque, articolo meraviglioso)

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    1. Rispondo con immenso ritardo, e me ne scuso, ma non avevo visto la domanda: la legge di Hubble è proprio il risultato di questa assunzione, ovvero che l'espansione dell'Universo appaia in modo uguale in qualunque punto dell'Universo.

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  4. Peccato che manchi un elemento aneddotico se volete, ma valido nel contesto. Ovvero la precisazione che il termine "big bang" fu coniato proprio da Fred Hoyle durante una trasmissione radiofonica della BBC nel 1949, e lo fece in senso dispregiativo, riferendosi ad esso come "questa idea del grosso botto".

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  5. Interessante notare che l'aumento di velocità di allontanamento delle galassie è tale che si arriva a velocità prossime alla luce per quelle più lontane. Quindi è praticamente certo che ci siano delle galassie che stiano scomparendo dal nostro orizzonte visivo per la continua espansione dello spazio. E' possibile, tramite opportuni modelli matematici, capire da quanto tempo è in atto tale processo e stimare le attuali dimensioni nonché la massa complessiva dell'Universo? E' possibile che tale fenomeno sia iniziato assieme al big bang?

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