giovedì 26 marzo 2015

Per una rasatura perfetta: Rasoio di Occam!



In un articolo pubblicato online nella rubrica "scienza" (ebbene si) da un noto settimanale, è visionabile un filmato che contiene spezzoni girati negli anni 30 del secolo scorso dove si vedono alcune donne che, camminando, portano all’orecchio la mano nella tipica posa di chi sta parlando con un telefono cellulare.

mercoledì 18 marzo 2015

Molto improbabile ma non impossibile

Quando la correttezza scientifica può diventare un problema di comunicazione


Se qualcuno vi dicesse che un rinoceronte africano potrebbe ricevere una spinta improvvisa verso l'alto dal terreno sottostante e essere catapultato direttamente sopra il tetto della vostra casa, a migliaia di chilometri di distanza, direste che è una cosa possibile? 

Sebbene, sono certo, ognuno di noi dorma sonni tranquilli relativamente a questo problema, dal punto di vista scientifico non è una cosa impossibile. E' estremamente improbabile, ma non concettualmente impossibile.  Infatti nessuna legge fisica vieta che, per un caso fortuito, tutti gli atomi e le molecole del suolo calpestato dal rinoceronte, simultaneamente vibrino in modo tale da conferirgli una spinta verso l'alto tanto da spararlo a grande distanza come un fuscello. E' solo incredibilmente improbabile che tutti gli atomi (e sono tanti!) sotto le zampe del pachiderma si muovano con tale perfetta sincronia. Improbabile ma non impossibile.

Questo esempio non me lo sono inventato, ma l'ho sentito fare da un fisico del CERN in risposta alla domanda di un giornalista se era possibile che alle collisioni di LHC del CERN si potessero produrre buchi neri. Nel tentativo di spiegare che la scienza può fornire in questi casi soltanto risposte probabilistiche, lo scienziato intervistato rispose che era concettualmente possibile, ma estremamente improbabile, e per quantificare quanto fosse improbabile fece l'esempio del rinoceronte.


Non so quanto un ascoltatore si sia sentito rassicurato da questa risposta, e quanto peso abbia dato all'estrema improbabilità dell'evento rispetto al fatto che comunque non fosse del tutto impossibile.

Questo perché a volte la corretta comunicazione scientifica incappa in situazioni difficilmente comprensibili a chi non è abituato al linguaggio e al metodo della scienza, e che proprio dalla scienza, invece, vorrebbe avere rigorose certezze. E nel caso di un evento potenzialmente pericoloso, come la produzione di un buco nero, vorrebbe sentirsi dire che è un evento assolutamente impossibile, che proprio non c'è verso che possa avvenire. E sapere che invece non è così, ma che secondo la scienza in linea di principio potrebbe succedere, crea immediatamente preoccupazione. Il fatto poi che potrebbe succedere così come può succedere che un rinoceronte ci cada in testa, a quel punto è un problema secondario. Hai voglia a spiegare quanto è piccola una probabilità di dieci alla meno nonsochè, perché quella probabilità comunque non è zero. Quello che viene percepito è che può succedere!  

Questo perché il concetto di "improbabilità" è molto soggettivo, e è suscettibile di interpretazioni personali che possono differire moltissimo da caso a caso.

Non sono uno psicologo, ma penso che la nostra percezione di probabilità di un evento dipenda da quanto siamo abituati all'evento di cui si sta parlando. Se è qualcosa a noi noto, crediamo di avere il pieno controllo di ciò che avverrà, mentre se si tratta di un evento a cui non siamo abituati, crediamo di essere in balia della sorte. Invece se ci pensiamo bene gran parte delle nostre azioni quotidiane sono caratterizzate da una inconscia valutazione di probabilità, da una scelta tra pro e contro, e spesso il "contro" è qualcosa che mai e poi mai vorremmo che accadesse, come la produzione di un buco nero all'interno della terra. Eppure in molti casi non ce ne preoccupiamo più di tanto.

Quando saliamo in macchina, ad esempio, sfidiamo in realtà la probabilità di morire per incidente stradale senza metterci troppa ansia, mentre in genere ci preoccupa molto di più salire su un aeroplano, nonostante la probabilità di un incidente stradale sia di gran lunga più grande. A nessuno viene l'angoscia prima di mangiare una ciliegia o un'oliva per la paura di strozzarsi e morire. Eppure è tutt'altro che improbabile. Sicuramente molto più probabile, ad esempio, che morire per la reazione allergica di un vaccino. Eppure, mentre si moltiplicano le campagne antivacciniste, sono molto rare le manifestazioni per la messa al bando delle olive taggiasche. Perché mangiare un'oliva ci è molto più familiare che farci iniettare una sostanza a noi sconosciuta. Quando mettiamo in bocca un'oliva, sappiamo cosa sta succedendo, e quello che dobbiamo o non dobbiamo fare. Quando ci iniettano un vaccino, invece, siamo completamente passivi.

E in questo senso un esperimento del Cern è qualcosa di assolutamente sconosciuto per la maggior parte di noi, e affermare che la produzione di un buco nero è un evento molto improbabile ma non impossibile può diventare un problema. In altri campi, ad esempio in politica o nelle pseudoscienze, si fanno spesso affermazioni nette e categoriche senza remora alcuna. In campo scientifico, invece, le certezze non sono mai di casa. Il problema sta forse nel fatto che, contrariamente a tante altre discipline, la scienza, per sua natura, è abituata ad essere onesta.




mercoledì 11 marzo 2015

Come si sviluppa un'epidemia

Aiuta a capire il vero motivo per cui ci si vaccina


Il morbillo è una delle principali cause di morte infantile, nonostante sia disponibile un vaccino, e nel solo 2013 è stato responsabile di 145.700 decessi nel mondo. Uno ogni 4 minuti, se il numero precedente non fa abbastanza effetto. Circa il 30% dei casi di morbillo può sviluppare una o più complicanze, con una maggiore frequenza nei bambini con meno di 5 anni o nei soggetti con più di 20 anni. (fonte e fonte). Prima della diffusione del vaccino a livello mondiale, si contavano (nel 2000) 548.000 decessi l'anno (soprattutto bambini sotto i 5 anni). Il virus si contagia per via aerea e una persona non protetta dal vaccino a contatto di un contagiato ha il 90% di probabilità di contagiarsi a sua volta (fonte). In pratica vuol dire che il contagio è quasi certo.

Nel 2002 si è verificata in Italia una vasta epidemia di morbillo, con una stima di oltre 40.000 bambini malati, più di 600 ricoverati in ospedale, 15 encefaliti e 6 decessi. Altre complicanze tipiche che si sono verificate hanno riguardato l'occhio o il canale uditivo, fino a seri problemi alla vista o all'udito. Successivamente, nel 2003, l’impegno del primo “Piano di eliminazione del morbillo” ha permesso di registrare nel 2005 il minimo storico di incidenza del morbillo ma, nonostante questo, continuano ad esistere un gran numero di individui suscettibili all’infezione a causa della copertura della vaccinazione che non supera il 90-95% in alcune fasce di età. Un dato importante è che la quasi totalità dei casi di morbillo registrati in Italia riguardava persone che non erano state mai vaccinate o lo avevano fatto in modo inapropriato, ad esempio senza eseguire il richiamo. L'efficacia della vaccinazione con due dosi correttamente somministrate è infatti del 98 - 99% (fonte).



A parte la storia del vaccino anti morbillo che causerebbe l'autismo, storia completamente inventata e originata da una truffa ordita proprio dal medico che affermava di aver effettuato la scoperta (vedi qui), gli oppositori delle vaccinazioni tipicamente affermano che la loro scelta di non vaccinarsi è solo loro, e non riguarda il resto della popolazione. Sono affari loro, insomma, è una loro scelta, e le eventuali conseguenze, essi affermano, non si capisce come possano ricadere sulla comunità. Una frase tipica è: "se uno è vaccinato, perché dovrebbe preoccuparsi se c'è gente che decide di non farlo?"


Vediamo di capire perché questa affermazione è una solenne sciocchezza. Perché il problema è che gli oppositori delle vacinazioni, nonostante parlino apparentemente con grande competenza dell'argomento, non hanno compreso affatto un punto fondamentale, e cioè a cosa servono realmente le vaccinazioni.

Prenderemo come esempio il caso del morbillo, ma il discorso è ovviamente del tutto generalizzabile. Un primo aspetto da tenere in considerazione è che una certa percentuale della popolazione, per motivi particolari di salute, non può vaccinarsi. Magari vorrebbe, ma non puo'. Inoltre la vaccinazione contro il morbillo avviene tra gli 1 e i 5 anni di età (a 1 anno la prima dose e a 5 il richiamo), e tutti i bambini al di sotto di quell'età non sono comunque vaccinati, e quindi suscettibili di contagio. 

Teniamo questo in mente per il momento, e vediamo quali sono i fattori che determinano lo sviluppo di un'epidemia. Esistono dei modelli matematici che riescono a riprodurre molto bene le dinamiche delle epidemie, e che vengono utilizzati per simulare le eventuali situazioni che possono presentarsi al variare delle condizioni al contorno.

Supponiamo di avere una popolazione di individui sani. All'interno di questi una certa frazione è vaccinata, e quindi sostanzialmente immune da contagio. La restante frazione è quindi suscettibile di contrarre la malattia. Tanto minore è la frazione di vaccinati, tanto maggiore è quella dei suscettibili di contagio, naturalmente.  Supponiamo che ad un certo punto uno o più individui infetti entrino a far parte di questa comunità. Essi potranno quindi entrare in contatto e eventualmente contagiare soltanto coloro che non sono vaccinati, ovvero i suscettibili di contagio.

Il numero di contagiati nel tempo dipende sostanzialmente dalle seguenti quantità:
  • La facilità con cui si contrae l'infezione in presenza di un individuo infetto
  • La facilità con cui si può entrare in contatto con un portatore della malattia.
  • Il tempo in cui si rimane contagiosi dopo aver contratto la malattia.
Abbiamo visto che nel caso del morbillo la facilità di contrarre l'infezione è molto alta. Se un individuo sano ma suscettibile di contagio (non vaccinato o che non abbia già sviluppato gli anticorpi in seguito alla guarigione dalla malattia) entra in contatto con un portatore dell'infezione, nel 90% dei casi egli si ammala.

Il punto cruciale che determina lo sviluppo di una epidemia è la probabilità con cui un individuo sano ma suscettibile di contrarre la malattia può entrare in contatto con un malato.

Infatti se il numero di individui suscettibili di contagio è in percentuale sufficiantemente basso, sarà anche difficile che un portatore della malattia incontri qualcuno da poter contagiare. E siccome il malato smette di essere contagioso dopo qualche giorno (grosso modo una decina, nel caso del morbillo), l'epidemia si smorza da sola.  Se ad esempio un qualunque individuo infetto incontra un non vaccinato mediamente ogni 20 giorni, e lui rimane infetto in media soltanto 10 giorni, vuol dire che guarisce prima di diffondere la malattia. Il risultato è che l'epidemia non si diffonde.

Se invece il numero di individui suscettibili di essere contagiati è elevato, la probabilità per un malato di incontrare un individuo contagiabile nel periodo in cui egli stesso è contagioso diventa grande. E quindi egli passerà con facilità la malattia ad altri prima di guarire, e questi altri lo faranno con altri ancora, e così via. Se ad esempio un malato resta infetto mediamente 10 giorni, e nel luogo in cui vive entra casualmente in contatto con un non vaccinato mediamente ogni 2 giorni (perché i non vaccinati non sono sufficientemente rari) nel periodo in cui resta contagioso egli diffondera' la malattia mediamente a 5 individui, ognuno dei quali a loro volta la diffonderà ad altri 5, etc, etc, con progressione geometrica.

In questo modo l'epidemia prolifera esponenzialmente e non si smorza finché il numero di ammalati che guariscono (e quindi acquisiscono immunità) diventa sufficientemente alto tanto da abbassare in modo significativo la probabilità per un nuovo malato di incontrare qualcun altro da contagiare prima della sua guarigione.

E' evidente quindi che se chi decide di non vaccinarsi al giorno d'oggi non rischia comunque più di tanto di contrarre la malattia nel caso di un focolaio di epidemia, è perché la stragrande maggioranza degli altri cittadini è vaccinata! Questo fa sì che la sua probabilità di incontrare un individuo contagioso è sufficientemente bassa. E' quindi l'immunità di gruppo che protegge i singoli non vaccinati!

Quindi quelli che sputano sopra i vaccini rifiutandone l'utilizzo in realtà possono permettersi di farlo perché la quasi totalità degli altri cittadini, più responsabilmente, ha deciso invece di vaccinarsi. Quello che li protegge da un eventuale contagio è il fatto di essere in pochi ad aver fatto quella scelta, e quindi di avere scarsa probabilità di entrare in contatto con un eventuale malato. L'alta percentuale di vaccinati quindi protegge non solo se stessa, ma anche quelli che, per scelta o per obbligo, non possono vaccinarsi. Ed ecco che emerge chiaro il punto fondamentale, assolutamente non capito dagli antivaccinisti: il motivo principale per cui ci si vaccina in massa non è quello di proteggere se stessi, ma quello di sopprimere la diffusione della malattia.

La situazione sarebbe infatti drasticamente diversa se il numero di non vaccinati, e quindi suscettibili di contrarre il contagio, aumentasse a causa di un calo delle vaccinazioni. E l'effetto di un eventale calo percentuale delle vaccinazioni non è graduale, come ingenuamente si potrebbe pensare. Esiste una specie di valore critico sulla frazione dei non vaccinati, che dipende molto dalla densità della popolazione, oltre il quale, in presenza di un focolaio, il contagio dilaga inarrestabile. Questo avviene sostanzialmente quando, nel tempo in cui si resta infetti, diventa elevata la probabilità di incontrare un non vaccinato a cui trasferire la malattia. E se la frazione dei non vaccinati supera un certo tot (tipicamente il 10% dalle nostre parti) la diffusione del contagio diventa improvvisamente molto facilitata.

E a quel punto a rimetterci sarebbero non solo gli antivaccinisti, ma anche tutti quelli che, per motivi di salute o di troppo giovane età, non possono sottoporsi alla vaccinazione e la cui salute, proprio per questo motivo, in caso di contagio sarebbe messa a repentaglio molto più che in un adulto sano.

Il problema può inoltre sorgere se il numero di non vaccinati, sebbene basso in media, sia elevato localmente, cioè ci si trovi in presenza di una comunità in cui, per motivi i più disparati, ha attecchito la convinzione che vaccinarsi è inutile. Questo è il motivo per cui le recenti epidemie sono avvenute in zone geografiche particolari, guarda caso tutte con una frazione di non vaccinati significativamente sopra il valore critico (fonte e fonte).

La conclusione quindi è che vaccinarsi non è una scelta soltanto personale, come portare i capelli lunghi o corti, o farsi o meno un tatuaggio. Vaccinarsi è innanzitutto un dovere verso gli altri: è un obbligo sociale. La vaccinazione infatti non solo protegge se stessi, ma protegge innanzitutto tutti coloro che non possono vaccinarsi. E già per questo motivo essi rappresentano una categoria più esposta e debole dal punto di vista della salute.  Non farlo affermando che è una scelta personale che non deve preoccupare gli altri è da irresponsabili, oltre che da incompetenti.


PS: Se volete ascoltare più o meno gli stessi concetti, in inglese ma con un po' di grafica, potete guardare ad esempio questo video




mercoledì 4 marzo 2015

Che cosa hanno in comune un bagnino e un raggio di luce?

 

Sorprendenti analogie fra l'ottica e i salvataggi in spiaggia


Mi piace la fisica perché è capace di fornire spiegazioni sia ai fenomeni che hanno a che fare con l'origine dell'universo che a quelli che accadono quotidianamente, con cui inconsciamente conviviamo e che vediamo accadere mentre pensiamo ad altro, mostrandoci comportamenti e collegamenti a volte sorprendenti e inaspettati. E soprattuto perché la fisica è innanzitutto sintesi: è la capacità di unificare fenomeni apparentemente molto diversi fra loro sotto gli stessi principi, le stesse leggi, le stesse equazioni.