giovedì 16 settembre 2021

Un (ennesimo) esempio di scarsa conoscenza del metodo scientifico

Qualche giorno fa, su un gruppo scientifico di Facebook, mi sono imbattuto in una discussione  che riguardava la misura della vita media del fotone. Una misura di questa quantità affermava che la vita media del fotone è maggiore di un miliardo di miliardi di anni. Le reazioni di alcuni, a commento della notizia, erano del tipo: "ma che sciocchezza, ma che senso ha, ma cosa vuol dire un miliardo di miliardi di anni!"

In effetti l'universo esiste "solo" da circa 13 miliardi di anni, quindi che senso ha dire che le misure sulla vita media del fotone indicano che quest'ultimo possa vivere almeno per un miliardo di miliardi di anni? Come può una misura indicarci che qualcosa vive molto più del tempo passato finora dall'inizio dell'Universo?

Quello che in realtà mi ha fatto riflettere, leggendo i vari commenti, è la difficoltà di interpretare un risultato "nullo" da parte del pubblico. Che poi in questo caso si tratterebbe, almeno in teoria, di un pubblico interessato alla scienza, anzi alla fisica. Questo è a mio parere uno dei tanti argomenti che la scuola dovrebbe insegnare, concentrandosi quindi sul metodo e sull'approccio scientifico ai problemi, invece che proporre programmi sterminati quanto inutili. Lo so, rischio di essere monotono, ma l'incapacità diffusa di ragionare in modo scientifico ha mostrato tutti i suoi effetti in questi due anni di pandemia, durante i quali certi rappresentanti delle istituzioni e della cultura, come si usa dire, hanno perso ottime occasioni per tacere, manifestando tutta la loro ignoranza scientifica, che non è non sapere di Scienza, ma è piuttosto non avere alcuna dimestichezza con il pensare scientifico. E non credo sia una cosa di cui vantarsi.

Il problema della vita media del fotone, di per sé irrilevante nella vita di tutti i giorni, si può infatti estendere ad altri casi, molto diversi nello specifico, che possono riguardare ad esempio la salute o la società, e che implicano eventi estremamente rari, di cui non abbiamo evidenze. Cosa possiamo dire, dal punto di vista scientifico, su qualcosa che non abbiamo finora mai osservato, ma che in linea di principio potrebbe accadere? Possiamo concludere che non può accadere semplicemente perché nessuno lo ha mai visto accadere? Oppure, dal punto di vista scientifico, possiamo dare una risposta un po' più completa?

Per rispondere prendiamo il nostro fotone, o meglio ancora potremmo prendere un protone. Infatti, se ci può sembrare assurdo e sconfinante nel ridicolo affermare che un fotone viva "almeno" un miliardo di miliardi di anni, quando l'universo esiste "soltanto" da 13 miliardi di anni, beh... le misure sulla vita media del protone indicano che ognuno di questi oggetti vive almeno un miliardo di miliardi di miliardi di miliardi di anni. 10 elevato alla 36 anni, grosso modo, rispetto ai 10 elevato alla 10 anni dell'età dell'universo.

 

Questa figura non c'entra nulla con il contenuto dell'articolo, ma è una figura senza copyright. E una figura, si sa, ci vuole sempre.

 

Questa determinazione di quanto "come minimo" può vivere un protone nasce dal fatto che tutti gli esperimenti che hanno cercato di misurare la vita media del protone, cioè il tempo dopo il quale un protone muore (ovvero si trasforma in qualcos'altro), in realtà non hanno mai visto nemmeno un protone morire. Esattamente come per il fotone.

Ma come faccio a stimare la vita media di qualcosa che non vedo accadere mai, come il decadimento di un protone?

La misura si basa sul fatto che viene tenuto sotto osservazione un numero grandissimo di protoni (ad esempio quelli contenuti in una piscina piena di acqua) per - mettiamo - 10 anni, e in tutto quel tempo non si è mai visto nemmeno un protone decadere. Questo non significa che il protone non possa decadere in assoluto, ma vuol dire che se lo fa, lo fa molto molto raramente, così raramente da impedirmi di vedere anche un solo decadimento su 10 anni di osservazioni di un numero elevatissimo di protoni, quanti ce ne sono in una piscina piena d'acqua. Il fatto di tenere sotto osservazione un numero così enorme di protoni mi permette di sperare di osservarne almeno uno schiattare dopo solo qualche anno quando in media, se guardassi un singolo protone, questo avverrebbe in miliardi di miliardi di miliardi etc di anni. Su tanti (tantissimi in questo caso) qualcuno che differisce significativamente dalla media c'è sempre. Il tutto è ovviamente ben quantificato da leggi matematiche su cui adesso non è il caso di discutere.

Quindi, nel caso di un risultato nullo, cioè un esperimento in cui non ho osservato il fenomeno, non sono autorizzato a dire che quindi non può accadere, ma posso solo concludere che, in base al tipo di esperimento che ho fatto, se dovesse accadere, accadrebbe in modo sufficientemente raro, dove quel sufficientemente viene quantificato dal tipo di tecnica, di esperimento e di campione statistico che ho utilizzato. Posso quindi stabilire quanto al massimo può essere frequente il fenomeno, da impedirmi di osservarlo con il metodo sperimentale che ho usato.

Per capirci: se volete sapere ogni quanto passa l'87, e andate alla fermata e aspettate 10 minuti, se dopo quei 10 minuti l'87 non è passato non potete concludere che l'87 non passi MAI. Potete però certamente escludere che passi mediamente ogni minuto, o ogni qualche minuto, perché altrimenti probabilmente lo avreste visto passare, ma non potete escludere che passi in media ogni 15, 20, o 40 minuti. Il vostro esperimento non è sufficientemente sensibile da accorgersene.

Se però, invece di controllare una sola fermata, mandate tutti i vostri amici ognuno a una fermata diversa ad aspettare l'87 per 10 minuti, e nonostante ciò nessuno dei vostri amici, nei 10 minuti di attesa, vedrà passare l'87, allora potrete concludere che l'87 passa certamente dopo molto più di 10 minuti, perché altrimenti qualche vostro amico, nei suoi 10 minuti di attesa, lo avrebbe visto passare alla sua fermata. In altri termini più amici usate, e più tempo ciascuno aspetterà alla fermata, tanto più il passaggio dell'87 risulterà infrequente se nessuno dei vostri amici lo vedrà passare nel suo tempo di attesa. Tuttavia questo non può escludere in toto il passaggio dell'87, che magari è un bus notturno o passa solo d'estate, ma rende il suo passaggio significativamente raro.

La morale è quindi che nella Scienza un risultato nullo non significa che quell'evento non possa avvenire. La scienza non può dire questo. Se lo facesse vi prenderebbe in giro.

Perché ho fatto tutto questo preambolo? Perché alcuni vorrebbero essere presi in giro dalla Scienza. Ad alcuni piacerebbe che la Scienza dicesse loro: stai tranquillo, questa cosa non può accadere!

Ultimamente abbiamo assistito a polemiche sugli effetti avversi dei vaccini, con frasi del tipo: "vogliamo avere la certezza che i vaccini non producano reazioni avverse! La scienza dia risposte certe!". Questo articolo ci racconta bene il folklore di queste pretese, e contiene anche molte riflessioni interessanti.

Il punto è che la frase "vogliamo avere la certezza che non ci siano casi avversi da vaccinazione", dal punto di vista scientifico, equivale a dire "vogliamo avere la certezza che un protone non decada mai". Questa certezza, per la scienza, non esiste. Se la Scienza vi dicesse che 10 alla 35 anni significa mai, vi prenderebbe in giro. Significa molto molto raramente, ma non significa "mai"!

Quindi chiedere alla Scienza che ci dica che un vaccino certamente non produce mai effetti avversi, chiedere la certezza di ciò, significa chiedere di essere presi in giro.

Una caratteristica delle fedi, delle pseudoscienze, dei santoni, i maghi e certe presenze fisse da salotto televisivo, è che tutti propinano certezze. Per chi vuole essere preso in giro sono perfetti.

Terminato di scrivere questo articolo, mi sono ricordato che avevo parlato di questo argomento anche in questo articolo. Evidentemente è un evergreen...