giovedì 29 ottobre 2015

L'energia di LHC, i moscerini e il buco nero.

Vero e falso sull'acceleratore di particelle che, secondo certi, potrebbe distruggere il mondo.


LHC, l'acceleratore del CERN di Ginevra, turba i sonni di tutti i complottisti, che credono il laboratorio abitato da un'orda di scienziati pazzi che svolgono i loro spaventosi esperimenti incuranti del fatto che potrebbero distruggere il mondo. Ed è per questo che ogni tanto salta fuori qualche articolo in cui l'acceleratore viene descritto come uno strumento che potrebbe causare la fine dell'umanità. I più cauti ritengono che "potrebbe" distruggere il mondo a causa di una sottovalutazione dei rischi da parte degli scienziati. I più dementi (una comunità in continua crescita) lo ritengono invece una macchina volutamente distruttiva, progettata e realizzata dal CERN assieme agli Illuminati, il gruppo Bilderberg (quello che domina il mondo e che decide tutto ciò che accade, dai crolli della borsa all'elezione di Miss Italia), la CIA, Piero Angela, il CICAP, l'ANAS, e tutta una serie infinita di oscure congregazioni. Perché poi gli scienziati, che normalmente tengono anche famiglia, avrebbero questa smania di distruggere il mondo non ci è dato sapere.

Nonostante il CERN esista dal 1954, era passato completamente inosservato agli svelatori di trame oscure fino a qualche anno fa. Tutto questo delirio è cominciato prima dell'inizio del funzionamento di LHC, nel 2008, quando Walter Wagner (un controllore di radioprotezione), Luis Sancho (uno scrittore), e Otto Rossler (un biochimico), presentarono una denuncia contro il CERN (fonte), colpevole secondo loro di mettere a repentaglio l'umanità perché, sempre secondo loro, LHC avrebbe potuto generare un buco nero che in breve tempo avrebbe risucchiato la terra. Il buco nero era in realtà solo il più noto al grande pubblico di una lunga serie di altri strani quanto "pericolosissimi" fenomeni potenzialmente producibili a LHC. Considerata la professione dei tre, nessuno dei quali era nemmeno laureato in fisica, già qualche dubbio sarebbe dovuto venire a chiunque. Ma si sa, ultimamente basta leggersi qualcosa in rete e si diventa esperti di qualunque cosa, e poi vuoi mettere il fascino che ha lo scienziato che non appartiene all'establishment quando parla di particelle subatomiche? Lo stesso fascino che avrei io se facessi una lezione sui trapianti cardiaci, rivelando al mondo che finora tutti i cardiologi del mondo hanno sbagliato.

Due di quelli che denunciarono il CERN in realtà non erano nuovi a queste sparate. Già avevano accusato un altro acceleratore di particelle, il RHIC (Relativistic Heavy Ions Collider), negli Stati Uniti (fonte), di poter causare la fine dell'umanità, quando esso cominciò a funzionare una decina di anni prima.

venerdì 23 ottobre 2015

Quando un fisico va a vedere "The Martian"

Una critica cinematografica alternativa che non leggerete mai su MYmovies

Il problema di avere una laurea in fisica, oltre a quello di dover spiegare a chi ti chiede cosa fai nella vita che non dirigi una palestra, è che non ti gusti i film di fantascienza. Certi film di fantascienza, per lo meno. Vorresti avere quella beata incoscienza, quella inconsapevolezza delle leggi della natura che ti permette di lasciarti andare e divertirti, o magari anche no, senza stare però a pensare a cose del tipo "eh, no! Questo proprio no! Questo vìola la conservazione del momento angolare!".

Con certi film il problema non si pone. Se vai a vedere Superman, ad esempio, sai che lì tutto è permesso. Non ti chiedi perché Superman non subisca la contrazione di Lorentz quando viaggia alla velocità della luce, o perché le turbolenze dell'aria non gli scompigliano il mantello. E' Superman, e per lui tutto è possibile.

Il problema invece sorge in quei film che, pur essendo chiaramente di fantascienza, hanno la pretesa di rispettare le leggi della fisica, o per lo meno te la danno a intendere. The Martian, l'ultimo film di Ridley Scott, è uno di questi.

La storia è semplice: un gruppo di astronauti americani in missione su Marte viene sorpreso da una violentissima tempesta di vento e sabbia e è costretto a decollare di corsa abbandonando la base in cui viveva. In tutto il trambusto uno di loro, interpretato da Matt Damon, viene creduto morto, e gli altri decollano con destinazione Terra senza di lui, perché se si fossero messi a cercarlo sarebbero morti anche loro. E invece ovviamente il tipo non era morto. Gli si era solo conficcato un palo di ferro nella pancia, cosa che gli aveva fatto perdere momentaneamente i sensi. Una di quelle cose che se ti succede da queste parti ti portano d'urgenza al pronto soccorso col codice rosso, e è un miracolo se poi la racconti, mentre su Marte, se sei Matt Damon, ti togli il ferro come se fosse la spina di un riccio, ci butti un po' di disinfettante smadonnando ma neanche tanto, ci metti due punti con la cucitrice, e tempo una decina di giorni non ci pensi più. Ma non è questo il problema del film, per lo meno per un fisico.

Intanto la tempesta: ebbene sì, su Marte avvengono tempeste di sabbia, anche se, essendo la densità della sua atmosfera un centesimo di quella terrestre, è veramente difficile che i venti diventino così distruttivi. Comunque ormai quello che è fatto è fatto, e il nostro eroe, che risponde al nome di Mark Watney, deve cercare di sopravvivere su un pianeta dove non c'è ossigeno, non c'è acqua, e la base spaziale in cui gli astronauti alloggiavano, adesso tutta per lui, ha cibo per un mese al massimo. Ma Watney è un botanico, e è il classico uomo dalle mani d'oro, quello che se hai un rubinetto che perde, una cerniera che cigola, un neon che flicchera, ci pensa lui. Uno di quelli che, sono sicuro, a casa mette da solo il parquet e la carta da parati, e monta i mobili dell'IKEA senza guardare le istruzioni per esercitarsi. Sarà forse per questo che già mi sta indigesto per la faciloneria con cui affronta la situazione di restare da solo su Marte, situazione che apparirebbe disperata a chiunque, soprattutto a me, che già attaccare un chiodo è comunque un'operazione che può nascondere qualche insidioso imprevisto.

Il nostro invece mette un po' di culi di patate sotto la terra marziana (nota per i suoi munifici doni in termini di messi copiose) usando come concime gli avanzi del cesso chimico della base, e ecco risolto il problema del cibo. Certo, mangiare solo patate per due anni (se va bene) alla lunga potrebbe risultare un filo monotono, ma su questo aspetto il regista glissa. D'altra parte se uno è da solo su Marte non può lamentarsi perché non si mangia bene. Per l'acqua poi non c'è problema, basta mettere assieme due atomi di idrogeno e uno di ossigeno per un numero sufficientemente elevato di volte. In realtà sembra che il processo usato da Matt Demon per produrre acqua sia sostanzialmente corretto. E poi essendo lui un uomo dalle mani d'oro, che ci vuole a fare una cosa semplice come l'acqua! Anzi, mi stupisco che non abbia voluto stupirci con il virtuosismo di farla gassata, con tutto quel CO2 che c'è su Marte! 

Ad un certo punto, siccome il tutto si stava trasformando da un film di fantascienza, dove ti aspetti un minimo di mistero e di suspance, a una commediola alla Hugh Grant, ecco che succede la sfiga imprevista: una tempesta (*) rompe la porta della serra, al cui interno c'era ovviamente un ambiente pressurizzato e riscaldato, mandando in malora tutto il futuro raccolto di patate novelle. E siccome su Marte l'atmosfera è irrespirabile, l'ossigeno è solo una frazione del percento, e la temperatura viaggia sui -100, una porta divelta può essere un problema.

E il nostro eroe cosa fa? Ricostruisce la porta della serra con un telo di plastica e quattro righe di scotch! Che sara' mai, deve soltanto resistere a una differenza di pressione di una atmosfera e meno 100 di temperatura, essendo la pressione su Marte meno di un centesimo che sulla terra. Mentre guardavo il film pensavo che se ti si gonfia la bottiglia di plastica dell'acqua quando la compri in città e poi sali a Passo Pordoi, a 2400 metri, figuriamoci cosa deve succedere alla tenda della serra con una differenza di pressione del genere! E invece niente, la tenda con lo scotch tiene tranquillamente botta fino alla fine.

Il regista ogni tanto ci fa notare che il film vuole essere rispettoso della scienza, ad esempio quando fa dire al team della NASA che dialogare con il sopravvissuto non è proprio come discutere al bar, perché tra il tempo che ci impiega il segnale ad arrivare su Marte e quello che ci mette la risposta a ritornare sulla Terra passano almeno una ventina di minuti (l'intervallo in realtà varia fra 6 e 40 minuti a seconda di dove si trovi Marte rispetto alla Terra). A questo punto anche i fisici più talebani gli hanno perdonato di non aver effettivamente fatto aspettare gli spettatori per 20 minuti fra ogni domanda e l'arrivo della relativa risposta. Una cosa del genere sarebbe risultata pesantuccia perfino per gli appassionati di Tarkovskij. 

Stabiliti i contatti, dalla Terra decidono di mandare i soccorsi, e quindi fanno tornare indietro gli stessi astronauti che avevano abbandonato Watney, previo giro attorno alla Terra stessa per prendere velocità (e questo è corretto: fermarsi e invertire la rotta sarebbe stato enormemente più dispendioso).

Tuttavia il fisico che è in me non ha potuto ignorare come, durante il viaggio, gli abitanti del veicolo spaziale svolazzino tranquillamente all'esterno di esso (nello spazio) in assenza di gravità, senza preoccuparsi di legarsi in alcun modo alla struttura della nave spaziale. Saltano da un ferro all'altro all'esterno dell'astronave come Tarzan fra le liane, incuranti dello spazio profondo che c'è attorno a loro. Tanto se perdono la presa, se non calcolano al millimetro la direzione con cui si lanciano, se gli sfugge l'appiglio, vanno solo a perdersi nell'universo, cosa sarà mai! Un rischio che si può correre quando si ha fretta!

E infine il ricongiungimento. La missione di recupero ritorna su Marte, ma non può scendere, e quindi il nostro sopravvissuto deve partire lui con un razzo e ricongiungersi agli amici in orbita. Solo che, ovviamente, da Terra lo fanno sbagliare di 200 metri, tanto per mettere un po' di pepe al finale del film. E quindi come fare per percorrere quei 200 metri nello spazio senza motori? Semplice! Basta strapparsi la tuta spaziale facendoci un buco e il getto di pressione che ne uscirà servirà per avere la spinta giusta!

Quando Watney ha proposto questa soluzione ai suoi compagni che lo attendevano in orbita, tutti i laureati in fisica presenti in sala hanno esclamato in coro: "No, ma che cazzo!". Infatti rompere la tuta pressurizzata significa morte certa in pochi attimi, sia per la differenza di pressione, che ti fa schiattare in un attimo facendo espandere l'aria nei polmoni, sia perché fuori non c'è ossigeno, anzi non c'è proprio niente, e quindi sbottonarsi la tuta non è proprio la cosa più saggia da fare. Comunque, mentre i fisici in sala si dicono che non farà di sicuro questa cazzata di bucarsi la tuta, il capo missione gli risponde "penso proprio che sia una grande idea!".

Eppure ero convinto che quei due si amassero. E invece le cose sono due: o lei è un' incompetente totale, diventata capo missione perché raccomandata, oppure è pazza e lo vuole eliminare convincendolo che bucarsi la tuta quando si è nello spazio è proprio una gran bella idea. Sarebbe invece semplicemente bastato darsi una spinta sull'astronave. L'astronave avrebbe rinculato un pochino, ma veramente di pochissimo, essendo la sua massa molto maggiore della massa dell'astronauta (che nel frattempo, mangiando solo patate marce, era peraltro anche molto dimagrito), e il nostro eroe avrebbe preso la spinta giusta per arrivare dai suoi salvatori. Non essendoci attrito nelllo spazio, anche una piccola spinta sarebbe bastata. Per fare 200 metri nello spazio, con una velocità iniziale di 2 metri al secondo, in meno di due minuti è fatta.

Comunque, essendo americano, lui se ne fotte sia del pericolo che delle leggi della fisica, e si buca la tuta. E lo fa addirittura dentro l'astronave, per cui comincia a sbattere da tutte le parti come quei palloncini che mentre si sgonfiano volano di qua e di là scoreggiando come ossessi. Poi finalmente trova il buco per uscire, e si lancia nello spazio, e pur con qualche difficoltà riesce ad arrivare dalla tipa, che lo salva e lo riporta nell'astronave madre. Senza baciarsi, però. Strano, perché in genere su queste cose ci azzecco.

Ora, a parte il gesto demenziale di bucarsi la tuta, ci sono due cose che un fisico non può proprio mandar giù.

La prima è che, anche ammesso che bucarsi la tuta possa servire per ottenere una spinta in una certa direzione, se non dosi con precisione micrometrica l'angolo con cui esce il getto dalla tuta sei fottuto, perché poi la direzione non la puoi cambiare più. Si chiama "conservazione della quantità di moto", Ridley, e è uno dei principi fondamentali della fisica! Se hai una certa quantità di moto iniziale, e quindi una certa direzione del moto, e sei un sistema isolato (e un astronauta nello spazio è fottutamente isolato!) la quantità di moto che hai te la tieni. E quindi se hai sbagliato direzione, come dicono in questi casi alla NASA "sono cazzi". E regolare con precisione la direzione con cui esce l'aria da un buco nella tuta ti voglio vedere! Oddio, vedendosela brutta avrebbe sempre potuto togliersi il casco trattenendo il fiato, e lanciarlo con forza in una direzione opportuna in modo da rinculare leggermente e modificare la traiettoria. Sicuramente la sua collega l'avrebbe giudicata una grande idea.

La seconda cosa che Ridley ha dimenticato, e che la platea di fisici invece non ha mancato di notare, è il non preoccuparsi della conservazione del momento angolare.  Il momento angolare è una grandezza legata alla rotazione, che per un sistema isolato, al pari della quantità di moto, non può variare. Se ruoti in un certo modo attorno a un dato asse, puoi sbracciarti quanto vuoi ma il momento angolare non lo puoi cambiare. E quindi se nell'atto dello spararti verso la collega astronauta sei sottoposto anche a una certa rotazione (un "momento della forza", in gergo tecnico), cosa assolutamente inevitabile, quella cazzatella iniziale si traduce in una incessante rotazione attorno a un asse che sarà assolutamente casuale e non modificabile. E è quindi molto probabile che il nostro Matt si sarebbe trovato a roteare su se stesso come un deficiente, senza poterci fare niente.

Non solo, ma all'abbraccio con la sua collega, avrebbe condiviso con lei il suo momento angolare, e entrambi si sarebbero trovati a ruotare come due stupidoni nello spazio. Queste cose gli astronauti veri le sanno bene ogni volta che devono compiere azioni in assenza di gravità, in particolare nelle passeggiate spaziali. Sembra bella, come idea, quella di fluttuare nello spazio, ma implica considerare una serie di effetti che noi sulla terra normalmente ignoriamo perché c'è l'attrito a salvarci. Ad esempio sulla terra se ci giriamo perché uno ci chiama, puntiamo i piedi e ci giriamo, e poi ci fermiamo. Nello spazio se ci giriamo appoggiandoci a qualcosa, poi non ci fermiamo più.

E infine concludo con una cosa che non c'entra con The Martian, ma che mi è venuta in mente mentre scrivevo. Si riferisce a quei film di arti marziali, quelli pieni di cinesi incazzatissimi - che l'ultima volta che hanno riso avevano 6 mesi - che ogni tanto nel film si incontrano da qualche parte e si picchiano come pazzi. Caratteristica di queste scene di delirio totale è che quando uno dei contendenti se la vede brutta, tipicamente quando è circondato da gente che gli vuole fare la festa, spicca un salto pazzesco decollando in verticale e atterrando poi sul balcone o sul tetto della casa 5 metri più in alto, lasciando i nemici con un palmo di naso. Non solo, peculiarità comune a tutti questi saltatori è quella di non accontentarsi di saltare soltanto, raggiungendo da fermi altezze che sarebbero il sogno di ogni saltatore olimpico, ma di librarsi in aria roteando furiosamente su se stessi in un modo che neanche la Cagnotto dalla piattaforma di 10 metri.

Adesso io voglio rivolgermi a questi saltatori incazzosissimi e ai loro registi. Cari saltatori, certamente con i vostri salti piroettanti causate lo stupore di gran parte del pubblico, ma sappiate che agli occhi del pubblico di nicchia dei fisici siete una massa di deficienti. E vi spiego perche'.

Intanto per saltare da fermi e raggiungere una certa altezza è necessario staccarsi da terra con una certa velocità minima, necessaria ad arrivare a quella altezza. In pratica l'energia cinetica iniziale, che dipende dalla velocità con cui ci si stacca da terra, si trasforma alla fine tutta quanta in energia potenziale, che è legata all'altezza raggiunta rispetto al terreno. Ad esempio per arrivare a 5 metri di altezza bisogna staccarsi da terra con una velocità di almeno 10 m/s (36 Km/h).  Questo se ci si accontenta di saltare e non si vuole anche ruotare come una trottola mentre si salta. Sì, perché in quel caso una parte dell'energia iniziale che viene dalla spinta dei piedi viene impiegata, o sarebbe meglio dire "sputtanata", vista la situazione delicata in cui si decide di farlo, per ruotare. Ebbene si, miei saltatori, anche ruotare richiede energia, e tutta l'energia che utilizzate viene dall'energia iniziale con cui iniziate il salto. Quindi con quell'energia con cui ci si stacca da terra bisogna arrivare a 5 metri da terra e anche ruotare. E anche un cretino capisce che se uno non ruotasse, sarebbe sufficiente molta meno energia.

Quindi, approssimando il demente che salta e ruota con un disco di mezzo metro di raggio (in genere si rannicchia, ma certi idioti speciali decidono di ruotare belli stesi, cosa che necessita di molta più energia) e assumendo che saltando il suddetto demente ruoti 4 volte al secondo su se stesso (in genere non si vedono neanche, tanto scapriolano veloci in volo), viene fuori che per arrivare a 5 metri di altezza devono spendere il 70% di energia in più di quella che sarebbe sufficiente per arrivarci senza tutte quelle ridicole capriole. Furbi eh?

PS: A distanza di 4 anni da questo articolo, a seguito di numerosi commenti scritti dai lettori in calce all'articolo stesso, ma anche ricevuti su Facebook o in privato, ho maturato la seguente certezza: i fanatici dei film di fantascienza, nonostrante le innovazioni tecnologiche che potranno immaginare o sviluppare, non atterreranno mai sul pianeta dell'ironia.


(*) Alcuni mi hanno fatto notare l'errore: non è stata una tempesta, ma un malfunzionamento. Qualcuno ha a anche dichiarato di aver smesso di leggere l'articolo arrivato a questo punto, perché lo riteneva un intollerabile errore da parte mia, che evidentemente gli impediva nel proseguire una serena lettura. Possiamo dire che è un dettaglio totalmente irrilevante nell'economia di questo articolo?


domenica 18 ottobre 2015

Ma veramente su dagli astronauti non c'è la forza di gravità?

Il motivo per cui gli astronauti galleggiano in assenza di peso nasconde un concetto molto profondo

 

Nello spazio gli astronauti galleggiano "in assenza di gravità". Lo abbiamo visto tutti, in qualche filmato dalla stazione spaziale o dalle vecchie missioni Apollo. Ma perché?  Se chiedete in giro, ad esempio al vostro salumiere di fiducia (ammesso che non abbia studiato fisica in gioventù, dedicandosi poi al più remunerativo culatello) è garantito che vi dirà che è perché fuori della Terra non c'è forza di gravità. Logico no? Sulla Terra la forza di gravità ci tiene appiccicati al pavimento, e il bicchiere quando ci sfugge di mano si rompe, ma nello spazio, sufficientemente distante dalla Terra, non c'è più la forza di gravità e si è liberi di lasciar andare un intero servizio da 12 senza patemi. Senza scomodare il salumiere questa spiegazione, vi garantisco, va di gran lunga per la maggiore. Ma è anche vera?

No, assolutamente! Sbagliatissimo!!! La forza di gravità prodotta dalla Terra (il campo gravitazionale, per i precisini) diminuisce con l'aumentare della distanza dal centro della Terra (al quadrato, per i precisini), e non saranno certo quei 400 Km di distanza in più (tale è più o meno la distanza dalla superficie terrestre di una navicella spaziale in orbita attorno alla Terra) rispetto a un raggio di quasi 6400 Km, a annullarlo. A essere precisi il campo di gravità della Terra si annulla soltanto a distanza infinita dalla Terra, cioè mai. Tanto per dare qualche numero, la forza che ci attira verso il centro della Terra, nella stazione spaziale, è ridotta soltanto del 10% o poco più rispetto a quella che sperimentiamo tutti i giorni sulla Terra. Troppo poco per giustificare i filmati degli astronauti che svolazzano di qua e li là. E allora perché "si annulla la forza di gravità"?

Andiamo per gradi. Intento chiediamoci: perché la stazione spaziale ruota attorno alla Terra e non cade? Che cosa la fa ruotare? Risposta: la forza di gravità. Così come la forza di gravità fa ruotare la Luna attorno alla Terra, la Terra attorno al Sole, il Sole attorno al centro della galassia, così la stessa forza di gravità prodotta dalla Terra fa ruotare la stazione spaziale di moto circolare (ellittico, per i precisini) attorno alla Terra stessa. Il motivo è che la forza di gravità è una forza "centripeta", cioè sempre diretta verso un centro, un punto particolare, che nel caso della forza fra la Terra e la stazione spaziale coincide con il centro della Terra. E una forza centripeta che viene esercitata su un oggetto che abbia una velocità opportunamente orientata e sufficientemente grande (la stazione spaziale si muove a quasi 28mila Km/h) si traduce in un moto circolare. Invece di precipitare, la stazione spaziale gira attorno alla Terra. E' come se cadesse di continuo senza però mai spataccarsi sulla Terra.

Bene, abbiamo capito perché la stazione spaziale ruota incessantemente attorno alla Terra senza il bisogno di accendere i motori: è grazie alla forza di gravità della Terra (e alla sua grande velocità). Se a quella quota la forza di gravità terrestre non arrivasse, la stazione spaziale non potrebbe percorrere nessuna orbita, e se ne andrebbe per i fatti suoi, e addio Cristoforetti. Avete presente quando David Bowie in Space Oddity canta "Ground control to major Tom"? Uguale. 

Quindi, riassumendo, in qualunque istante, sulla stazione orbitale e sui suoi occupanti agisce costantemente una forza, la forza di gravità, diretta verso il centro della Terra. Esattamente come quando siamo seduti in salotto, solo il 10% più debole. E allora perché gli astronauti galleggiano se la forza di gravità c'è sempre?

Immaginiamo di essere dentro la stazione spaziale. Siccome ci stiamo muovendo di moto circolare, è come se stessimo in una giostra. E quindi su di noi agisce una forza centrifuga, e come quando giriamo sulla giostra (che è il passatempo preferito dei fisici dopo precipitare negli ascensori), sentiamo una forza che ci spinge fuori, distanti dal centro di rotazione. E' un effetto cosiddetto "inerziale", cioè il risultato del fatto che ci stiamo muovendo di moto accelerato (il moto circolare è un moto accelerato) con accelerazione diretta verso il centro della Terra. E' lo stesso tipo di forza inerziale che ci attrae allo schienale dell'aereo quando l'aereo accelera alla partenza. L'aereo accelera in avanti, noi sentiamo una forza che tira indietro. L'astronauta allo stesso modo sente una forza inerziale che la spinge fuori, lontano dalla Terra, mentre l'accelerazione di gravità punta verso il centro della Terra. Stessa cosa, identica.

Allora adesso guardiamo cosa succede al nostro astronauta. Immaginiamo per prima cosa di essere un alieno che lo scruta dallo spazio. Il nostro ET vedrà l'astronauta ruotare attorno alla Terra e, essendo espertissimo di gravitazione universale (che gli extraterrestri studiano già alla materna) concluderà che è normale, dato che c'è la forza di gravità della Terra che lo sta attirando verso il centro della Terra stessa, forza che quindi è la causa stessa del moto circolare. Esattamente come gli spiegava la sua mamma prima di dargli il bacino della buona notte.

Adesso invece immaginiamo di essere l'astronauta. Su di lui agisce la forza di gravità, che punta istante per istante sempre verso il centro della Terra, ma anche, istante per istante, la forza centrifuga, che punta in direzione esattamente opposta, essendo una forza inerziale. E queste due forze, opposte in segno, hanno esattamente lo stesso valore. Una tira verso la terra, l'altra spinge verso fuori, e quindi si annullano! Ma questo di per sé non ha niente di speciale, in quanto la forza centrifuga è per definizione uguale e opposta alla forza che causa la rotazione (in questo caso la forza di gravità che attira l'astronauta alla terra). La cosa veramente speciale è che anche l'accelerazione di gravità (quella che quando siamo sulla superficie terrestre chiamiamo "g") e l'accelerazione centrifuga, cioè il risultato della forza centrifuga, non dipendono dalla massa dell'astronauta, e quindi sono perfettamente uguali e opposte! E il fatto che non dipendano dalla massa del corpo si traduce nel fatto che ogni oggetto attorno all'astronauta, indipendentemente dalla sua massa, subirà la stessa sorte. Dal pavimento della stazione spaziale, all'astronauta, al suo spazzolino da denti, l'accelerazione imposta dalla forza di gravità verso il centro della Terra è esattamente uguale e opposta all'accelerazione centrifuga che punta verso fuori, lontano dal centro della Terra. Ed ecco spiegato il galleggiamento: ogni oggetto attorno all'astronauta accelera verso la terra a causa della forza di gravità e allo stesso tempo viene respinto dall'accelerazione centrifuga allo stesso modo. E il risultato è che nello spazio possiamo lasciare andare uno Swarowski senza preoccuparci di dover raccogliere i cocci.

E invece un astronauta in viaggio verso la Luna, perché galleggia? In quel caso non sta ruotando attorno a niente! Beh, è sempre per lo stesso motivo. Nel viaggio dalla Terra alla Luna i motori dell'Apollo erano sempre spenti, salvo per piccoli brevissimi ritocchi della traiettoria. Così come in qualunque viaggio di qualunque sonda spaziale mandata su Saturno o su Plutone, i motori vengono accesi solo per brevissimi istanti. Tutto il resto lo fa la forza di gravità. Dalla Terra alla Luna l'Apollo, dotato di sufficiente velocità iniziale, (e per raggiungere quella velocità servivano i motori) "cade" continuamente verso la Luna, attratto dalla sua forza di gravità della luna, o degli altri pianeti. Il solito alieno nello spazio, guardando la navicella Apollo andare dalla Terra alla Luna, vedrebbe una navicella in caduta libera verso la Luna, a causa del campo gravitazionale lunare. La vedrebbe accelerare verso la Luna, esattamente come previsto dalla teoria di Newton.

Ma adesso andiamo a vedere cosa succede dentro la navicella spaziale mentre cade verso la luna. L'astronauta sente una forza di gravità che lo tira verso la Luna.  Sta accelerando verso di essa! Ma sentirà anche una forza di inerzia che lo spinge indietro. Il solito effetto inerziale che sentiamo ad esempio al decollo dell'aereo. E queste due accelerazioni sono uguali e opposte! E lo stesso accadrà per tutto quello che si trova attorno a lui: il cruscotto dell'astronave, il manuale di bordo, la telecamera, tutto! E quindi anche in questo caso si galleggia alla grande. In qualunque viaggio spaziale si galleggerebbe sempre, escluso quando vengono accesi i motori. In quel caso, per quei brevi istanti, quell'accelerazione aggiuntiva produrra soltanto un effetto inerziale netto, un'accelerazione extra che verrà percepita come una forza netta diversa da zero.

Adesso però chiediamoci la vera domanda, quella attorno a cui finora abbiamo girato attorno facendo finta di niente: perché l'accelerazione con cui cade l'astronauta è esattamente uguale all'accelerazione inerziale? L'accelerazione gravitazionale è il risultato di un'attrazione fra masse, la terra e l'astronauta. E' il risultato di una forza che ha origine dalla capacità che hanno le masse di attrarsi vicendevolmente, e che deriva dal fatto che l'astronauta e la luna hanno una proprietà, che chiamiamo "massa" che attrae qualunque altra "massa". Potremmo chiamarla "carica gravitazionale". E' la "massa" che entra nella legge di Newton della gravitazione universale (prodotto delle "masse" diviso la loro distanza al quadrato). La seconda è invece un effetto inerziale, è il risultato del fatto che l'astronauta ha una proprietà, anche essa chiamata "massa", ma che è una cosa del tutto diversa dalla capacità di attrarsi con altre masse, e che potremmo chiamarea "inerzia" o come ci pare. L'inerzia è la capacità di opporsi, di "resistere" a variazioni di velocità (cioè alle accelerazioni). E' la "massa" (chiamata anche "massa inerziale") che entra nella formula F=ma, la celebre seconda legge della dinamica.

Quindi, sebbene le chiamiamo entrambe "massa", esse sono due cose concettualmente diverse La natura però ha reso queste due quantità uguali, o meglio proporzionali. Per cui il risultato è che gli astronauti galleggiano nello spazio, perché è vero che l'astronauta, il suo spazzolino da denti e l'intera stazione spaziale hanno masse gravitazionali molto diverse fra loro, e quindi sentono forze gravitazionali molto diverse, ma hanno anche masse inerziali proporzionalmente diverse, e quindi sperimentano anche forze inerziali proporzionalmente diverse, tanto da compensarsi perfettamente. 

Se la massa inerziale non fosse proporzionale alla massa gravitazionale, questa compensazione perfetta non avverrebbe, e gli astronauti non galleggerebbero, e dovrebbero stare ben attenti a lasciar andare i bicchieri mentre sorridono alla telecamera. Senza questa uguaglianza due corpi diversi, posti in un campo gravitazionale, avrebbero due accelerazioni diverse e cadrebbero in modo diverso. 

Se ad esempio la forza di gravità agisse - mettiamo caso - sul numero di protoni contenuti in un corpo, questa compensazione perfetta non avverrebbe, perché corpi con la stessa massa hanno in genere numero di protoni diversi, e quindi sentirebbero accelerazioni "gravitazionali" diverse (a seconda del numero di protoni) ma accelerazioni inerziali uguali (stessa massa inerziale).  Il risultato sarebbe, tanto per dirne una, che Galilei, lanciando le pietre dalla torre di Pisa (che poi pare che non sia vero niente che passasse i pomeriggi in questo modo) ci avrebbe capito poco o niente di come cadono i corpi.

Invece è grazie a questa casuale equivalenza (ma siamo sicuri che sia casuale? "Io non credo!", come direbbe Adam Kadmon) che, se ci dovesse capitare di precipitare in un ascensore in caduta libera, mentre tutti gli altri verrebbero stupidamente presi dal panico, noi potremmo lasciarci andare alla magnifica sensazione indotta dall'assenza totale di peso, approfittandone per fare meravigliosi esperimenti di fisica. Per pochi secondi, certo, ma si sa che bisogna saper cogliere al volo gli attimi belli della vita.

Ah, per inciso, questa uguaglianza "casuale" fra massa inerziale e massa gravitazionale è alla base della teoria della relatività generale di Einstein, una delle più incredibili e innovative teorie - oggi ampiamente confermata dagli esperimenti - che sia mai stata pensata da mente umana. Una uguaglianza sotto gli occhi di tutti, che ha scoperchiato un mondo incredibile e inaspettato. E pensare che c'è gente che cerca lo stupore in ciò che non esiste, quando un sasso che cade nasconde cose incredibili!
 

giovedì 8 ottobre 2015

The Look-Elsewhere Effect (l'effetto "guarda altrove")

Un effetto che deve essere tenuto in considerazione nel valutare la ricerca di fenomeni strani e inaspettati.


Supponiamo che vi capiti una cosa del genere: partite per uno dei vostri innumerevoli viaggi per lavoro in giro per il mondo (siete uno che gira molto) e una volta a destinazione chi ti andate a incontrare? Luigi, il vostro compagno di banco alle elementari, che non vedevate da almeno 40 anni e di cui avevate completamente perso le tracce, e che l'ultima cosa che potevate immaginare era di incontrarlo proprio lì.

E quindi pensate: ma che roba incredibile! Ma è una coincidenza veramente stupefacente! Neanche vincere alla lotteria è così improbabile! Ma guarda te se dovevo incontrare Luigi proprio in questo posto dall'altra parte della terra quando per 40 anni non l'ho mai incontrato! E se, metti il caso, avete tendenze newage (a volte capita anche nelle persone più insospettabili) interpretate la cosa come il risultato di qualche incredibile effetto quantico, o come il manifestarsi di un misterioso legame cosmico tra voi e l'ignaro Luigi che prima o poi vi ha portato a incontrarvi di nuovo. E ci scrivete un post su facebook pieno di punti esclamativi.

In realtà invece l'evento non è poi così incredibile e improbabile come potreste pensare. Anzi, se tenete conto del "look-elsewhere effect", tutto sommato vi dovreste stupire se non era mai accaduto prima.

Infatti nel caso in questione la domanda: "qual è la probabilità che, andando all'estero, dall'altra parte del mondo, io incontri il mio compagno di banco delle elementari che non vedevo da 40 anni?" è assolutamente malposta. Non è affatto questo quello che è accaduto e che vi ha stupito così tanto!

Sì perché voi del compagno di banco delle elementari ve ne eravate completamente dimenticati. Non è che ogni santo giorno degli ultimi 40 anni vi siete svegliati chiedendovi "chissà se oggi incontrerò Luigi!". Al contrario, siete partiti per questo viaggio, l'ennesimo, senza pensare affatto al vostro amico nè a nessun altro incontro sensazionale. Magari poi avreste potuto incontrare Sharon Stone, oppure Bruce Springsteen, o Van Morrison (io l'ho incontrato una volta, per caso, alla cassa di un negozio di libri a New York), o il colonnello dell'aeronautica che legge le previsioni del tempo in tv, o quella del primo banco al liceo, che sapeva tutto ma non suggeriva mai a nessuno.

Ognuno di questi sarebbe stato un incontro inaspettato, ma assolutamente equivalente, in termini di probabilità.  Il punto fondamentale è che prima di partire non avevate già in mente chi poter incontrare. Anzi, non avevate neanche in mente di incontrare qualcuno.

Quindi la domanda corretta è: qual è la probabilità, in anni e anni di viaggi, di effettuare prima o poi un incontro imprevisto o inaspettato? Un incontro con una persona che conoscete personalmente, o che semplicemente avete visto in tv o di cui avete letto sul giornale, e che non vi sareste aspettati di sbatterci contro proprio lì. Un incontro a cui farete caso, insomma.

Image - Trawling for fish catches something unexpected
Se si butta una rete grande, qualcosa si prende comunque. Ma occhio perché potrebbe essere un pesce, ma anche un vecchio copertone
Questo modo di analizzare i fenomeni inaspettati si chiama, nell'analisi statistica, "look-elsewhere effect", tradotto "l'effetto guarda altrove". In statistica è anche chiamato "multiple comparisons". Ovvero, se hai incontrato il tuo compagno di banco chiediti: stavo cercando di incontrare proprio lui in quel viaggio specifico, o mi chiedevo semplicemente se avrei fatto, in tanti anni di viaggi, qualche incontro degno di nota senza prevedere in anticipo chi, dove e quando avrei incontrato?
E se è la seconda che hai detto, ecco che allora la probabilità di fare un incontro curioso e degno di nota in 30 anni di viaggi non è poi così piccola! E' solo a posteriori che decidiamo che avere incontrato il compagno di banco di 40 anni fa è una cosa veramente sensazionale. Ma avremmo potuto incontrare il bidello della scuola, o magari la maestra della materna, Robert De Niro o Jimmy Page, e sarebbero stati soltanto alcuni dei tanti possibili incontri degni di nota, e per ciascuno di essi avremmo gridato all'incredibile inaspettata coincidenza.

E quindi, tenuto conto di questo, capiamo che quell'evento che ci aveva fatto pensare a una congiura cosmica in realtà non aveva niente di così speciale in termini di probabilità. A proposito, io una volta ho incontrato l'ex presidente Cossiga nel bagno di un ristorante al Pantheon. Abbiamo praticamente fatto pipì accanto, mentre fuori una guardia del corpo controllava discreta. Non male da mettere nel curriculum, vero? Nonostante questo evento incredibile non mi sono convertito al gruppo di consapevolezza quantica, né sono diventato democristiano.

Un altro esempio di non applicazione del look-elsewhere effect, stavolta più legato alla scienza? Nel 1992 è stato condotto uno studio sui possibili effetti dei campi elettromagnetici sulla salute. E' stato preso un campione di persone che abitavano a breve distanza da elettrodotti, e confrontato con un campione di controllo che viveva altrove, e si è cercato un possibile effetto in termini di incremento nel numero di casi fra un grande numero di tipi di tumore e di altre patologie. Dallo studio emerse che le leucemie infantili erano più diffuse nel campione che viveva nei pressi dell'elettrodotto (fonte), con una correlazione peraltro molto debole. Allo stesso tempo lo stesso studio non trovava effetti significativi per tutti gli altri tipi di patologie considerate.

Da allora molti studi successivi effettuati in modo indipendente non hanno confermato questo effetto (fonte), e la situazione nel campo è molto confusa. Ci sono studi che evidenziano una certa correlazione (in generale sempre abbastanza labile) fra campi elettromagnetici e qualche tipo di patologia, e altri che la smentiscono, mostrando però altre possibili correlazioni che in precedenza non erano state osservate.  Quale potrebbe essere il motivo? E' probabile che in tutto ciò non si tenga conto del "look-elsewhere effect". Ovvero, se cerco discrepanze significative fra due campioni statistici (quello vicino all'elettrodotto rispetto a quello lontano da esso) su un numero grande di patologie non stabilite a priori, prima o poi qualche differenza la trovo!  Su un numero molto grande di patologie, diventa probabile trovarne una non preventivata a priori per la quale si ha una differenza significativa dovuta al caso. E ovviamente, se la presunta correlazione è causata da una fluttuazione statistica e non da un reale rapporto di causa-effetto, ripetendo la misura è normale che non la si ritrovi.

Il look-elsewhere effect è molto utilizzato nelle analisi dei risultati scientifici in fisica delle particelle. Supponiamo di raccogliere dei dati che risultano distribuiti secondo la variabile x del grafico qua sotto. E supponiamo che la presenza di un nuovo fenomeno fisico, ad esempio la produzione di una nuova particella, si debba manifestare come un picco, un "bump" nella distribuzione della variabile x rispetto al fondo, picco localizzato attorno a un particolare valore di x. E supponiamo anche di non sapere cosa aspettarci a priori. Innanzitutto non sappiamo se esiste una nuova particella nascosta in quei dati, e nemmeno, eventualmente, dove dovremmo cercarla (attorno a quale valore di x) e quanto dovrebbe essere grande l'eventuale picco. Come per gli elettrodotti non sappiamo cosa aspettarci: non sappiamo se esiste un effetto sulla salute, e nemmeno dove e come esso si manifesterebbe.


Se si guardano i punti che rappresentano i risultati delle misure, essi sembrano distribuiti sostanzialmente in modo uniforme in funzione di x, salvo alcune fluttuazioni. Domanda: quei punti evidenziati dalla freccia indicano la presenza di qualcosa di anomalo rispetto al fondo? E' il segnale della presenza dell'ipotetico nuovo fenomeno o è solo una normale fluttuazione rispetto al fondo? 

Messo in questi termini, è difficile decidere, perché non sappiamo niente di dove e come dovrebbe apparire questo nuovo fenomeno. Potremmo però calcolare quanto è probabile che, nel caso non esista nessun nuovo fenomeno e i dati rappresentino soltanto il fondo, proprio lì, in quel punto, il fondo fluttui casualmente tanto da darci quella parvenza di picco. Questo calcolo si chiama in gergo p-value, e il suo valore viene usato per classificare la significatività dell'effetto. Più il p-value è piccolo, più la deviazione dal fondo è significativa. Tuttavia questa significatività risulta attenuata dal fatto che un picco del genere può apparire ovunque nella distribuzione dei dati, e avrebbe potuto apparire in molti altri punti del grafico (come in effetti accade nell'altra parvenza di picco più a destra). Il "look-elsewhere effect", appunto.

Non basta quindi osservare un picco, un "segnale" da qualche parte, ma bisogna anche tenere conto di quanto frequentemente un picco analogo potrebbe apparire per caso in qualunque altro luogo del grafico. La domanda giusta quindi è: qual è la probabilità di osservare, ovunque nel grafico, una fluttuazione rispetto al fondo di quella entità? Se si considerano tutte le possibili analoghe fluttuazioni che ovunque possono venir fuori per caso, ecco che il nostro "picco" diventa decisamente meno significativo.

Voglio però sottolineare che questo non significa che non si possa mai considerare un picco, o un eccesso di eventi rispetto al fondo previsto, come un indicatore di qualcosa di nuovo o inaspettato. Semplicemente, la sua significatività deve essere valutata tenendo conto anche del look-elsewhere effect. Poi la risposta ultima verrà, come sempre nella scienza, da altre misure indipendenti, che sapranno dirci se si trattava di una fluttuazione statistica che casualmente ci ha simulato l'esistenza di un fenomeno strano, oppure era qualcosa di reale e - ecco la parola magica - "riproducibile".

giovedì 1 ottobre 2015

Riflessioni semiserie (più semi che serie) di un partecipante al XIII Congresso del Cicap

 
Si è appena concluso a Cesena il tredicesimo congresso del Cicap, il primo per me. Ecco un veloce personalissimo resoconto di questa tre giorni di full immersion nel meraviglioso mondo della ragione.

Il cartello all'ingresso del teatro sede del congresso recita "XIII Congresso del Cicap". E poi, senza dire cosa sia il Cicap, aggiunge: "con Silvan, Piero Angela e Raul Cremona". E poi in piccolo specifica che interverrà anche Silvio Garattini. Provo a mettermi nella testa di uno che passa e che non ha mai sentito nominare il Cicap, e non ha idea di cosa sia e di cosa si occupi, e in base a quella lista di ospiti cerchi di farsene un'idea. Dirà: Silvan, Piero Angela, Raul Cremona e Silvio Garattini il farmacologo, tutti assieme: ma che cazzo fanno al Cicap!". Ci sarebbe stato bene anche un calciatore, per confondere le idee. Un suggerimento per la prossima volta.


Si aprono le porte ai congressisti (io figuravo tra gli organizzatori, e pur avendo fatto ben poco avevo il privilegio di essere già dentro). Entrano i primi scettici, che in breve riempiono la hall. Penso che se entrasse adesso uno sciachimista-bomba imbottito di aceto di mele e si facesse saltare in aria immolandosi per la causa, passerebbe alla storia scalzando Nikola Tesla nell'olimpo delle figure mitiche dei complottari. Gli dedicherebbero milioni di vignette su facebook, attribuendogli frasi altisonanti in maiuscolo e decine di punti esclamativi.

Il congresso è al teatro Bonci, il classico teatro operistico coi palchetti. Molto bello, devo dire. Nell'attesa dell'inizio dei lavori scruto i partecipanti. Essendo per me la prima volta non conosco praticamente nessuno. Alcuni sono già seduti e giocano a Candy Crush: anche gli scettici nell'intimità si lasciano andare.


Arriva Piero Angela, e constato in prima persona l'effetto "Campo di Higgs". Anni fa il Times, quotidiano inglese, bandì un premio per chi avrebbe spiegato nel modo più chiaro e semplice possibile cos'è il Bosone di Higgs. Lo vinse un fisico londinese, David Miller, che fece questo esempio: supponiamo che ci sia una sala piena di gente che chiacchiera amabilmente (ad esempio la hall del teatro Bonci) e che all'improvviso un personaggio molto noto (ad esempio Piero Angela) entri nella sala. Tutti smetteranno di chiacchierare (o di giocare a Candy Crush) per circondare il personaggio noto cercando di avvicinarlo, rallentandolo nel cammino. Il groviglio di persone attorno al personaggio è l'analogia con il campo di Higgs, che si addensa attorno alle particelle facendo loro acquisire massa. Più è importante il personaggio e più il campo di Higgs si addensa. Nell'esempio del Times il personaggio noto era Margareth Tatcher. Molto meglio Piero Angela. Invece i selfie e le foto coi cellulari non so che analogia abbiano con l'Higgs.

L'inizio dei lavori è sancito da una voce suadente che da un altoparlante ci annuncia che sta per iniziare il tredicesimo congresso del Cicap, e ci invita a prendere posto. Mi ricorda vagamente la voce di Trenitalia, quella che dice sempre "ci scusiamo per il disagio".

Buio in sala, Sipario chiuso, violini, suspance, il sipario si apre, applausi, signore e signori Massimo Polidoro!

La caratteristica di tutti i congressi è che c'è sempre il saluto delle autorità. E tipicamente il saluto delle autorità non finisce mai. Se a un'autorità gli dai il microfono quella comincia a parlare, ti menziona Giolitti, la battaglia di Curtatone e Montanara, le nostre origini etrusche, Galileo Galilei e la pace nel mondo, anche se la conferenza è sui decadimenti rari del quark bottom. Non si capisce per quale motivo le autorità che prendono la parola a un congresso sentono il dovere di ammorbare la gente per venti minuti con discorsi noiosissimi. Sarà il fascino del microfono davanti alla bocca, che tira fuori le puttanate che serbano in grembo e che riciclano a ogni congresso. Bene: il sindaco di Cesena invece fa eccezione. Una lodevolissima eccezione! Il sindaco di Cesena dice due-frasi-due, sintetiche e appropriate, poi chiede al suo collega se vuole aggiungere qualcosa, il collega fa cenno che basta e avanza così, quindi ringrazia, saluta e dopo non più di un minuto siamo spicci. Non so di che partito sia, ma solo per questo lo voterei. Un politico che ha capito che non deve comportarsi sempre da spot elettorale vivente, ma anzi, che spesso è decisamente controproducente comportarsi sempre da spot elettorale vivente.

L'organzzazione del congresso è perfetta, contrariamente ai congressi scientifici a cui sono abituato, dove c'è sempre il rompiballe che deve cambiare portatile perché usa un software per le slides che al mondo utilizza soltanto lui, e dopo la prima presentazione ci sono già 40 minuti di ritardo. Altra differenza importante con i congressi scientifici: nessuno dorme.

Mi scopro con l'occhio lucido dopo aver stretto la mano a Piero Angela.

Nadia Toffa, la giornalista de Le Iene, racconta il caso della Dottoressa Mereu, quella pazza isterica che, circondata da pazienti che la adulavano come una santona, propinava teorie mediche assurde e pratiche da stregoneria spacciandole per medicina. Quella dottoressa che ci sono voluti un po' di servizi tv per farla cacciare dall'albo. Il pensiero non può però non andare per analogia al caso Stamina, dove invece, per puro calcolo di audience, lo stesso programma televisivo ha portato alla ribalta un ciarlatano che, approfittandosi del dolore dei familiari di bambini gravemente malati, spacciava per medicina delle pratiche che di medico e scientifico non avevano nulla. Uno potrebbe dire: hanno toppato con Stamina, ma si sono rifatti con la Mereu. Lasciatemi fare una mia personalissima considerazione su questo. Ma prima voglio sottolineare che non ce l'ho assolutamente con la Toffa, che ha fatto molto bene il suo lavoro, ma con le scelte editoriali del programma, attraverso le quali sono passati sia i servizi sulla Mereu che quelli su Stamina. Sbugiardare una persona che asserisce di guarire il cancro al telefono e di curare i condilomi inserendo una statua della madonna in vagina è certamente un atto meritorio, soprattutto se i medici, quelli veri, da venti anni fanno finta di ignorare che questa persona è un medico iscritto all'ordine. Però non è una coraggiosa operazione giornalistica. Non si rischia niente, e in particolare non si rischia impopolarità a denunciare una che dice che il morbo di Parkinson è solo timidezza. Invece avere abbracciato acriticamente la causa di Vannoni dedicandogli una dozzina di servizi tv e poi nemmeno una smentita dopo che l'operazione si  è svelata per quello che era, cioè una truffa, è quantomeno indice di un'immensa superficialità, a voler essere buoni. Sarebbe stato sufficiente chiedere a chi, di quelle malattie che Vannoni asseriva di saper curare, è veramente esperto. Ma Le Iene, in nome dell'audience, non lo hanno fatto. In nome dell'audience hanno evitato di approfondire, intuendo il caso mediatico e sposando la posizione nazional-popolare dello scienziato che potrebbe salvare i bambini malati ma la burocrazia e i giudici glielo impediscono. Quindi i servizi sulla Mereu e quelli su Stamina viaggiano, per quello che mi riguarda, su due piani nettamente diversi. Ma questo è, lo sottolineo ancora, un problema di scelte editoriali del programma, e non della Toffa.

Vado al bar a prendere un caffè e di fianco a me c'è Silvio Garattini, il noto farmacologo, che sorseggia un bicchiere d'acqua. Che poi non venga a dirci che è contrario all'omeopatia!

Imparo da Bressanini che non esiste menzione storica della pasta alla carbonara prima del 1945. Ma questo ovviamente per la storia ufficiale. Quella vera non ce la dicono mica! In quella vera la carbonara è antichissima, e ci è stata tramandata dagli Annunaki quando ci hanno donato il loro DNA. Ci sono bassorilievi del diecimila avanti cristo che mostrano chiaramente i Sumeri che tagliano il guanciale a dadini mentre con un telescopio di granito scrutano Nibiru. Non è chiaro però se ci mettessero anche la panna, che all'estero - si sa - nella carbonara va molto.

La paninoteca accanto al teatro ha guadagnato in tre giorni quello che normalmente guadagna in un anno. Tutti i pranzi e tutte le cene una quarantina di persone hanno invaso il locale semivuoto, spazzolando tutto quanto dalla dispensa. Sono le ricadute dello scetticismo sull'economia reale. Come per la ricerca di base sono imprevedibili, ma ci sono sempre.E poi c'è chi si chiede a cosa serve il Cicap!

Silvano mostra a Piero Angela il mini-programma tv di divulgazione scientifica che il Cicap Emilia Romagna ha realizzato. Il programma è basato sul lavoro fantastico di un regista e di alcuni tecnici e amici che hanno fatto tutto quanto praticamente gratis, salvo un crowdfunding di mille euro. E' un lavoro bellissimo, tecnicamente confrontabile con produzioni tv che utilizzano ben altri mezzi e fondi. E assisto a una scena di quelle da "storie dell'impossibile": per qualche minuto Piero Angela osserva concentrato, quasi rapito, Silvano che dallo schermo tv spiega la scienza! Una cosa da copertina della Domenica del Corriere. Dicevo che il documentario è bellissimo, se non fosse che ci sono anche io nel documentario, e io quando mi vedo e mi ascolto in video non mi sopporto. E è del tutto inutile che gli altri cerchino di convincermi che non è vero, che è una mia fissa. Non so perché mi faccio questo effetto. Solo Sbirulino e Zichichi mi causano un fastidio maggiore della mia vista. Dovrò chiedere ai ragazzi se me ne possono fare una copia con la faccia pixelata e la voce alterata come quando intervistano i pentiti della banda della Magliana.



Viene menzionata la medicina quantica e si parla di medici che affermano di usare l'entanglement quantistico per curare i pazienti. Anche i medici si buttano sul telelavoro.

C'è Tozzi, il geologo. Non ha la solita piccozza, che in tv agitava pericolosamente rischiando di fare secco qualche cameraman. Però dice cose sensate, e soprattutto manda qualche frecciatina subliminale a Zichichi, che intuisco fra le righe, e che apprezzo molto. Dice anche molte cose che ho scritto più volte sul mio blog, ripetendo quasi parola per parola (compreso le frecciatine a Zichichi). Che sia un mio fan?

Cena di corsa al self service convenzionato. I self service la sera sono tra i luoghi più squallidi della terra, e sembra che cenare da solo a un self service sia una delle cause scatenanti della depressione. Io per fortuna almeno non sono da solo. Chiedo un piatto di pasta "alla mannara", come dice il cartellino dietro il bancone. L'inserviente mi dice che è alla "marinara", indicandomi gli evidenti calamaretti che spuntano dal sugo. Farfuglio che la R e la I erano scritte unite e che non si capiva. Mi da il piatto guardandomi come si guarderebbe uno sciachimista che guarda il cielo chimico da un terrazzino. Nascondo il badge che dice che sono del Cicap per non screditare l'associazione.

A tavola c'è con noi un tipo che non conosco. Anche lui congressista, sento che parla di cerchi nel grano, ma essendo distante non capisco bene cosa dice. Poi, vedendo che lo sto guardando, mi si rivolge dicendomi che il Cicap si è sputtanato perché i cerchi nel grano, quelli "veri", sono chiaramente "non umani". Gli chiedo come si faccia a dire che sono "non umani", e mi risponde che è chiaro, hanno le spighe piegate non alla base ma a dieci centimetri di altezza! Ah, allora è evidente che non può essere opera umana! Immagino che stargli a ricordare che se gli umani riescono a fare operazioni chirurgiche in remoto, rimuovendo un tumore tramite un robot comandato via web da un continente all'altro (fonte), gli stessi umani forse possono anche riuscire a piegare una spiga a 10 cm da terra, ma non insisto.

Nella sede del congresso c'è un solo bagno, a sinistra della sala. Solo l'ultimo giorno scoprirò che ce n'era uno anche a destra, intuendone la sua esistenza in base a semplici considerazioni di simmetria. Praticamente come la scoperta dell'antimateria, la cui esistenza è stata prevista perché un'equazione aveva due soluzioni simmetriche. Comunque per motivi misteriosi ogni volta che vado in bagno lo trovo occupato, e quando si apre la porta esce sempre la stessa persona. Alla fine, dopo l'ennesimo incontro, ci guardiamo con una certa complicità, anche se nessuno dei due ha mai osato rompere il ghiaccio. Resteremo vicendevolmente sconosciuti, ma misteriosamente uniti da un classico caso di parapsicologia della minzione.

Di nuovo Piero Angela, perennemente circondato dai fans, che chiedono autografi, scattano foto e si fanno selfie. Anche io vorrei fare un selfie con il mito della divulgazione scientifica, ma un po' per timidezza e un po' perché non sopporto i selfie e quelli che li fanno, osservo il tutto con sorriso ebete limitandomi a fotografare quelli che si fanno i selfie con Piero Angela. Per dieci minuti buoni il giornalista dice frasi del tipo "va beh... grazie a tutti, ci vediamo...." e subito dopo arriva un altro con il braccio estendibile e la gopro in cima. Rassicuro comunque chi non c'era: Piero Angela non fa la bocca a culo di gallina quando gli chiedono di fare un selfie.

Serata spettacolo con illusionisti. Ho nello stomaco un cheeseburger tracannato in dieci minuti e la vera magia sarebbe che qualcuno dei maghi presenti me lo facesse digerire prima dell'alba. Speriamo che mi chiamino sul palco. Assisto al tipico repertorio di giochi, carte indovinate, cerchi di metallo che si agganciano e come per incanto si sganciano, buste mescolate, uova di plastica che si trasformano in frittate etc. Ogni tanto butto l'occhio a Silvan, che assiste in prima fila, e che sicuramente sta pensando "questo io lo facevo già alla materna come riscaldamento prima di segare la maestra". Noto che non va più di moda il trucco del coniglio tirato fuori dalla giacca. Non ho idea di come funzioni, né se il prestigiatore entri in scena con un coniglio già nella fodera della giacca, o glielo passi di nascosto la valletta.  Comunque non ho mai visto fare lo stesso gioco con un cinghiale, e un motivo deve esserci. Quando lo spettacolo finisce e il pubblico defluisce nella hall, i maghi che si sono esibiti ci attendono su due ali, per salutare e firmare autografi. Non so perché ma mi porto istintivamente la mano al portafoglio.
 
Imparo da Paolo Attivissimo che Ronald Reagan era un fanatico dell'astrologia, e aveva un'astrologa personale che lo consigliava su tutto, valutando con attenzione il momento astrale più propizio. Che delusione! Faceva tanto il cowboy e poi si scopre che appena tornava a casa la sera si metteva di corsa in ciabatte per leggere Astra. E' come se se si scoprisse che Uto Ughi non si perde un'edizione che è una di Ruttosound.

La storia pazzesca di Caronia, il paesino della Sicilia dove per una decina di anni si sono sviluppati inspiegabili eventi che di inspiegabile avevano solo la stupidità di chi li riteneva inspiegabili. Il Cicap fin dall'inizio aveva analizzato i fatti, osservando come gli eventi erano chiaramente dolosi. Invece si è preferito credere a misteriose interferenze di campi elettromagnetici, attività segrete militari, ufo e eventi paranormali di vario tipo. Perfino il responsabile locale della protezione civile aveva affermato, con logica Galileiana, che se si escludevano i campi elettromagnetici non restava che il paranormale o gli ufo. Cosa che non è parsa vera al presidente del centro ufologico nazionale, quello che in tv chiamano quando hanno bisogno di un esperto del nulla (cosa che avviene decisamente spesso). Alla fine i carabinieri hanno arrestato uno scemone di 25 anni, residente a 10 metri da dove avvenivano gli incendi, figlio del presidente del comitato delle vittime degli incendi stessi. Lo hanno filmato una cinquantina di volte con telecamere nascoste mentre buttava una miccia dentro un'auto in sosta o compiva altre azioni simili. Per arrivare a questo prevedibile risultato sono stati dispiegati l'esercito, la marina e incrociatori vari che pattugliavano la costa, con grande dispendio di denaro pubblico, quando sarebbe bastato soltanto un po' di buon senso, oltre al solito vecchio spirito critico. E ingenuamente adesso uno potrebbe pensare che, trovato il colpevole, non ci sia più niente da aggiungere. Sbagliato! Eh sì, perché il colpevole è stato inchiodato per i roghi avvenuti di recente, per i quali è stato filmato. Ma quelli di 10 anni fa? Eh, per quelli potrebbe sempre essere valida l'ipotesi ufo! Qualcuno è riuscito a dire anche questo! Datemi un Rasoio di Occam che voglio fare una strage!

Faccio la mia presentazione, uno test di un cazzillo che attaccato alla presa della corrente dovrebbe far risparmiare fino al 75% sulla bolletta. E' l'ultima presentazione del congresso. Last-but-not-least, ovviamente! Il presentatore della sessione mi introduce come fisico del Cern....LHC... particelle, bim bum bam...! Non so chi abbia modificato la minibiografia molto più sottotono che avevo spedito (qualche idea ce l'ho, però!). Comunque salgo sul palco, cablato come Ambra quando Boncompagni le suggeriva cosa dire, e senza occhiali non riesco a far partire il powerpoint, tanto che deve pietosamente intervenire il tecnico da dietro le quinte. Alla faccia dello scienziato del Cern, avranno detto!

Saluti finali. Nella hall del teatro una ragazza mi ferma e mi dice: "ma tu sei quello del blog Helter Skelter!". Scodinzolo assaporando segretamente il mio ingresso trionfale nel mondo delle celebrità. Sono già pronto per il selfie che di sicuro mi chiederà di fare, ma invece niente. Pazienza, sarà per il prossimo congresso!