giovedì 26 febbraio 2015

La relazione di causa-effetto e gli sciachimisti

Le scie degli aerei nel cielo non vanno via?  Fanno venire il brutto tempo!


Se uno vi dicesse che, quando gli viene mal di testa, poco dopo gli si scatena il raffreddore, e quindi concludesse con convinzione che la causa del raffreddore è il mal di testa, cosa gli direste? Che sta confondendo le relazioni di causa e effetto, suppongo! Gli direste che non è il mal di testa a causare il raffreddore, ma che invece esso è un sintomo del raffreddore che sta covando. Insomma, che il raffreddore in arrivo è la causa, e il mal di testa l'effetto, anche se ancora il raffreddore non si è manifestato in tutto il suo fulgore di sternuti e fazzoletti usati.

Cosa c'entrano le scie chimiche con tutto ciò?  C'entrano perché fra tutte le affermazioni deliranti che i sostenitori del complotto sciachimista fanno sulle scie lasciate nel cielo dagli aerei (che continuano a essere scie di condensa, nonostante le loro strampalate argomentazioni) ce n'è una che viene ripetuta come un mantra, come se fosse la dimostrazione lampante dell'effetto nefasto delle scie degli aerei, e cioè che quando nel cielo si vedono scie persistenti che poi si espandono lentamente fino a traformarsi in nubi, poco dopo si guasta il tempo. Quindi - conclusione aristotelica -  le scie degli aerei causano il maltempo.

Su Facebook, luogo dove gli sciachimisti si danno pacche sulle spalle condividendo le loro incredibili scoperte (che "NESSUNO CI VUOLE FARE SAPEREEEEE!!!1!), questo sillogismo è frequentissimo: "si formano le scie, le scie rimangono nel cielo, si addensano in nubi, poco dopo si guasta il tempo, quindi le scie fanno guastare il tempo".

Questo discorso è come il caso del mal di testa che causerebbe il raffreddore: si inverte la relazione di causa-effetto.  Infatti le scie degli aerei diventano persistenti e sempre più visibili, fino a trasformarsi in nubi, proprio perché sta per arrivare il maltempo. Questo susseguirsi di eventi accade perché quando sta arrivando il maltempo le condizioni di temperatura, umidità e pressione (che stanno cambiando, altrimenti non arriverebbe il maltempo!) favoriscono il processo della permanenza delle scie nel cielo e della loro amplificazione in nubi, allo stesso modo in cui favoriscono la formazione e l'aumento delle normali nubi.

Vediamo di capire perché. Premetto che, a questo punto, io non mi rivolgo agli sciachimisti. Questi infatti  non hanno nessun interesse ad avere risposte alle loro presunte richieste di "chiarimenti". Dicono di pretendere chiarezza dalle istituzioni"ì, ma in realtà chiedono solo conferma senza-se-e-senza-ma alle loro convinzioni. A loro è sufficiente studiare all'Università di Facebook, quella dove basta leggersi un post di 10 righe che finisce con "NON VE LO DIRA' NESSUNOOOO!!!!, FATE GIRAREEE!!!1!" e si passa l'esame. Mi rivolgo invece a chi magari ha letto qualche delirio sciachimista e è confuso, e vorrebbe capire come stanno realmente le cose. A chi è ancora consapevole dell'importanza della ragione, insomma.

Immaginiamo che ci sia bel tempo, ovvero alta pressione, ma che si stia avvicinando una perturbazione, cioè un fronte di bassa pressione. Il maltempo, insomma. Quando la zona di bassa pressione viene a contatto con l'alta pressione, essa non sempre riesce a scalzarla via con un calcio e infilarcisi sotto (quando invece avviene si formano quelle belle nuvolone che salgono alte verso il cielo, e che si chiamano cumulonembi). Quello che spesso succede è che la bassa pressione "scivola" sopra la zona di alta pressione (che, lo dice la parola, sta bella spiaccicata verso il suolo), aggredendola e scalfendola progressivamente dall'alto, lentamente. In questa fase il cielo è ancora sereno, ma negli strati alti del cielo si piazza l'aria piu' fredda, (perché salendo l'aria si raffredda) che lentamente si carica di umidità. In questa fase, a cielo ancora sereno e aria che in alto è fredda e ricca di umidità, se rilasciamo vapore d'acqua nel cielo, questo condensa facilmente, perché trova appunto le condizioni ideali per farlo. E siccome un aereo rilascia, come risultato della combustione nei motori, CO2 e tonnellate di vapore d'acqua (è il risultato di una semplice "reazione chimica", lo dico per i laureati su Facebook), ecco che si formano le scie, ovvero la condensa di quel vapor d'acqua.

A questo punto però queste scie appena formate non se ne vanno affatto, perché trovandosi in una zona dell'atmosfera carica di umidità, catalizzano la condensazione del vapor d'acqua già presente in abbondanza formando nubi. Ecco che le scie si tramutano quindi lentamente in velature del cielo, che diventano persistenti. Nel frattempo questo avviene anche indipendentemente dalle scie degli aerei. In pratica, quando viene brutto tempo, il cielo diventa lentamente lattiginoso, con nubi semitrasparenti e filamentose, che si addensano sempre piu'. Ecco perché la lunga permanenza delle scie nel cielo si associa a volte alla presenza di velature che si intensificano. La causa non sta nelle scie, ma nel mal tempo che sta arriavando.

Insomma, stiamo parlando di una cosa che abbiamo visto tutti milioni di volte, e che avviene da sempre, e che qualunque meteorologo conosce benissimo e saprebbe spiegare meglio di me, se uno avesse solo voglia di ascoltare un esperto della materia invece di avere già le sue idee ben preconfezionate e inattaccabili. Invece secondo gli studiosi di Facebook il tempo che si guasta è un'assoluta novità, che prima non si era mai vista, e che avviene solo da una decina di anni o poco più. In effetti anche Facebook esiste solo da una decina d'anni o poco più.



domenica 22 febbraio 2015

Voci dall'oltretomba

Un classico esempio di digital divide

 

Fra tutti i presunti fenomeni paranormali c'è quello di chi sostiene di poter registrare le voci dei morti. Il che per inciso sottintende, cosa non da poco, che i morti possano parlare e farsi anche capire. In genere è gente che si dota di enormi registratori a bobine che andavano di moda più di venti o trenta anni fa, e in laboratori alla Meucci consumano chilometri di nastro lasciando aperto il microfono sperando di imprimere le testimonianze vocali dei defunti.

Quando capita di registrare qualcosa si sente tipicamente qualche rumore indistinto del tipo Radio Londra, che naturalmente, a seconda del proprio stato emotivo, può essere interpretato come una semplice pernacchia della radio o come l'inconfondibile voce di Zia Luigina che dice: "mo' ve lo posso di', eravate tutti dei grandissimi fiji de 'na mignotta".

In gergo tecnico si chiama "pareidolia acustica", e è un fenomeno che gli psicologi conoscono molto bene. In pratica, di fronte a suoni indistinti, senti quello che vuoi sentire, come quando gli Shampo facevano le canzoni dei Beatles in napoletano, e intonando "e zizze" sembrava che cantassero Day Tripper con l'accento di Liverpool.

Sembra che tutto cominciò nel 1959, quando il regista Friedrich Jurgenson era intento a cercare di registrare la voce di alcuni uccelli sulla finestra della sua casa di campagna per mezzo di un magnetofono (che fosse il mitico Geloso coi tasti colorati che avevo anche io?). Nel riascoltare il nastro si accorse che si udivano voci lontane e mormorii, che lui stesso non aveva percepito direttamente. Naturalmente ipotizzò che tali voci appartenessero a persone defunte. Che altro potevano essere, altrimenti? Figuriamoci, era la conclusione più ovvia! Lasci un microfono acceso con un apparecchio che in confronto il microfono del prete è l'impianto dei Pink Floyd, e se viene fuori qualche suono indistinto sono sicuramente i morti che non gli è parso vero di poter dire finalmente qualcosa al mondo dei vivi! 

Già me li vedo: "ragazzi, ragazzi, c'è un microfono incustodito!!! Dai facciamo uno scherzo!" Avranno iniziato sicuramente con: "A, A Prova. Si sente? Uno-due-prova. A A.", dato che in fin dei conti anche per loro era una novità, e poi piano piano ci avranno preso gusto.
La cosa curiosa è che, secondo i cultori di questa pratica:

1) la ricezione è qualitativamente migliore e si hanno maggiori eventi positivi con apparecchiature elettroniche piuttosto economiche ed affette da un certo rumore di fondo. Rido. Come si fa a prendere seriamente un'affermazione simile? E' come gli occhiali ai raggi X, il mito di quando ero ragazzetto. Quelli che, secondo la pubblicità, permettevano di vedere la gente nuda. In realtà erano occhiali con delle lenti che praticamente erano più opache di un fondo di bottiglia zigrinato, e che ti facevano vedere il mondo in maniera completamente indistinta. A quel punto il vedere le donne nude (con gli uomini nemmeno la pubblicità si sbilanciava) dipendeva solo da quanto eri arrapato. Qui è uguale: più si sente male, e meglio ci senti le voci che vuoi sentire.

2) Altri invece affermano che le voci realmente genuine le si possono scoprire e studiare solo con apparecchiature assolutamente professionali ma che tuttavia, realisticamente, sarebbero al di fuori della portata economica e della capacità di utilizzo di qualunque radioamatore anche "evoluto" e probabilmente dei "normali" laboratori Radio-TV. Traduzione: le voci dei morti si potrebbero sentire bene solo con impianti audio che però non esistono, e quindi tanto vale usare prodotti scadenti, per cui si ritorna di nuovo al punto 1.

A parte tutto, il solito vecchio buon senso dovrebbe servire da linea guida.

La prima cosa da dire è che se si lascia un microfono acceso e nella registrazione si intuisce qualcosa di inaspettato, che sia la voce di un defunto è la cosa più improbabile che si possa immaginare. Sicuramente molto meno probabile di un rumore esterno, o di qualcosa di imprevisto, o magari di uno scherzo. E' come dire che se sono convinto di avere lasciato gli occhiali sul mobile dell'ingresso, e poi non li trovo piu', do la colpa ai fantasmi invece di ammettere che non mi ricordo dove li ho messi. Si chiama Rasoio di Occam, questa cosa di non aggiungere spiegazioni fantasiose quando ce ne sono già di semplici, e è alla base della metodologia scientifica. Ma andiamo oltre.

Ammettiamo per un attimo che i defunti, dall'aldilà, qualunque cosa esso sia, siano in grado di incidere la loro voce su un nastro. Siccome non esiste nessun filo, cavo, ripetitore, guida d'onda o fibra ottica che colleghi il registratore con l'aldilà, siccome addirittura nessuno al mondo, nemmeno il papa, ha la prova che esista l'aldilà, dato che è una pura questione di fede, questo sarebbe una cosa di per sè pazzesca. Una cosa incredibile. E una cosa incredibile, per diventare credibile, ha bisogno di prove incredibili!

E poi sorgono due domande: la prima è che per gente (si fa per dire) capace addirittura di parlare da morta e farsi sentire dai vivi, è così difficile scandire un po' meglio le parole? Non dico parlare come il Bollettino dei Naviganti, ma già che avete fatto tutto questo sforzo, almeno fatevi capire, eccheccavolo! Fate tutta questa iradiddio di impresa e vi perdete proprio sul finale, che sbiascicate che sembra che avete la bocca impalugata da una fetta di castagnaccio? Non ci sono logopedisti da voi?

E poi ci si chiede: ma com'è che questi defunti, che riescono a fare questa cosa incredibile di emergere da un mondo parallelo e sconosciuto, interfacciarsi non si sa come con il mondo reale fino a essere capaci addirittura di modificare l'allineamento degli atomi di un nastro magnetico in modo che ne emergano frasi più o meno comprensibili qualora esso venga ascoltato in un apposito strumento, com'è che questi defunti così ganzi non riescono a fare la stessa cosa con un hard disk? Con una chiavetta usb? Con un cd? Perché se gli lascio una micro SD (già formattata, toh, voglio essere buono!) non sono capaci di registrarci le voci in formato mp3? Perchè hanno bisogno proprio di un nastro magnetico e di un vecchio registratore a bobine? Magari anche un po' scassato? Guarda caso proprio la cosa che più lascia spazio ai trucchi, alle truffe, agli inganni?

Che nell'aldilà non si siano ancora adattati col digitale? Che ancora vadano con le valvole? Che il digital divide affligga anche l'oltretomba? Che stiano rimandando continuamente la scadenza del passaggio al digitale perché ancora non si sentono pronti? "Si avvisano i signori defunti dei cerchi dal 21 al 36 che il passaggio al digitale paradisiaco è stato prorogato fino al 1 giugno del 2015. Dopo quella data non sarà più possibile comunicare con i vivi tramite le vecchie cassette C90, neanche se al cromo". Cavolo, si è adattata mia madre al digitale, che ha più di 80 anni, e nell'aldilà, con quel po' po' di scienziati che hanno, ancora stanno li a trappolare con le radione di legno grandi quanto una lavatrice e i magnetofoni Briovega? Che delusione ragazzi, onestamente vi facevo meglio!

sabato 14 febbraio 2015

Ci penso io, ho studiato problem solving!

Quando le banalità diventano materia di specializzazione


Vado a un'interessante presentazione sulla missione Rosetta, quella dell'atterraggio sulla cometa. Quella che ha tanto angustiato i redattori del TG4 - vi ricordate? - che adesso quando fanno il presepio e mettono la stella non è più la stessa cosa, e gli si è rovinata tutta la magia, poverini!
 
Tra i relatori sono presenti alcuni ricercatori italiani che hanno coordinato la missione, e che ci raccontano in modo coinvolgente le importanti sfide scientifiche e tecnologicheche che hanno dovuto affrontare per far atterrare, per la prima volta nella storia, un oggetto fatto dall'uomo su una cometa, il tutto dopo un viaggio interplanetario durato molti anni. Ci raccontano della complessità tecnica e scientifica della missione, ma anche dei problemi logistici e di coordinazione di un'impresa che ha visto lavorare assieme un gran numero di tecnici e di scienziati provenienti da molti paesi diversi per un periodo di due decenni, caratteristica questa ormai comune a molti progetti scientifici nei campi più disparati della ricerca.

Al momento delle domande, si alza tra il pubblico un ragazzo sui 25 anni che dice di essere uno studente dell'ultimo anno di master in economia aziendale e non ricordo in che altro, che chiede: "vorrei sapere...per far lavorare assieme in modo proficuo così tante persone diverse, quali tecniche di problem solving avete utilizzato?" E poi sciorina alcune sigle, che evidentemente identificano alcune di queste tecniche, forse universalmente note ma a me completamente sconosciute.

I relatori si guardano un po' imbarazzati, "...rispondo io?...rispondi tu?...dai rispondi tu..." e alla fine uno di essi prende il microfono e dice esitante: "...mah,... veramente noi abbiamo usato soltanto il buon senso!". 

C'è stato un applauso.

Ora, io non ce l'ho con quel ragazzo. Non ha colpa, poverino. Io ce l'ho con i mandanti! Ce l'ho con quelli che lo hanno addestrato a credere che i problemi legati alle attività umane si risolvano con le tecniche di problem solving. Le tecniche che hanno sigle - leggo su Wikipedia - che recitano APS, DMAIC, FMECA, PDCA, PSS... Ah, c'è anche il "FARE", che è un acronimo che sta per (giuro!) Focalizzare, Analizzare, Risolvere e Eseguire. Me la immagino già questa equipe specializzata, capitanata da un senior problem solver, con l'improbo compito di trovare un acronimo adatto a descrivere una sequenza di azioni ovvie. In realtà sarebbe stato meglio chiamarlo FAREM, ma si sono dimenticati la M di Mecojoni! Ci sarebbe anche (giuro anche su questo!) la tecnica del "Pensiero Laterale", la cui voce però - si scusa Wikipedia - è ancora tristemente vuota. Evidentemente non si sono ancora messi d'accordo su quali puttanate scriverci.

Ce l'ho insomma con quella cultura che dai master sforna giovani convinti che per dirigere un'azienda, un gruppo di lavoro, una collaborazione, serva conoscere la ricetta, la regoletta codificata, e poi basta applicarla come da manuale e tutto funzionerà alla perfezione. Così che se poi l'azienda fallisce, se il progetto non funziona, se magari tocca anche licenziare un centinaio di persone, non è certo per colpa loro, che hanno fatto il master e hanno diligentemente applicato il problem solving, ma sicuramente il colpevole è qualcosa che esula dalle loro responsabilità.

Ce l'ho con questa moda, sempre più diffusa presso uffici e aziende, di farti un corso di "problem solving" che si risolve in un concentrato di banalità e ovvietà spacciandotelo per il metodo moderno imprescindibile per organizzare un gruppo di lavoro. Che uno si chiede: ma come ho fatto fino a adesso che non conoscevo il problem solving! Chissà se Adriano Olivetti o Enzo Ferrari si intendevano di problem solving mentre davano lustro a due delle aziende più innovative della storia?

Ce l'ho, insomma, con chi ha addestrato quel ragazzo a credere che serva studiarsi un po' di libri di quelli che si trovano negli autogrill vicino alle casse (dopo i salumi e prima dei peluche) per affrontare a testa alta il mondo dalla parte della stanza dei bottoni. Ce l'ho con quelli che si sono dimenticati dell'incommensurabile importanza che hanno l'esperienza, le capacità, e soprattutto il buon senso su qualunque ricetta preconfezionata.


PS:  Non vorrei che il lettore restasse angustiato dal non sapere cosa sia il metodo del "Pensiero laterale", del quale Wikipedia ancora non parla, per cui estraggo questo scritto molto illuminante, tratto da un sito ad esso dedicato.

"Per cercare di far capire meglio il concetto di pensiero laterale vi propongo una favoletta con soluzione laterale
Una fanciulla ed un principe si amano perdutamente e vogliono sposarsi. La perfida regina vuole mandare a monte il matrimonio.
La regina sottopone la fanciulla a prove difficili ma ella le supera tutte. Il giorno prima del matrimonio la regina, il principe e la fanciulla passeggiano lungo il viale del parco, ricoperto di sassolini bianchi e neri. La Regina prende un sacchetto dalla sua borsa e dice alla fanciulla:
”hai superato molte prove, ma ne manca ancora una: quella della fortuna. Non voglio che il principe sposi una ragazza sfortunata ed ecco come io lo verificherò: metterò in questo sacchetto nove sassolini neri e un sassolino bianco. Tu infilerai una mano nel sacchetto ed estrarrai un sassolino, se sarà bianco sposerai il principe, altrimenti sarai imprigionata nella torre per tutto il resto della tua vita. Accetti quest'ultima prova?
La fanciulla rispose con voce tremante “si”.
La perfida regina si china, raccoglie dal viale senza farsi vedere 10 sassolini neri e li mette nel sacchetto. Solo la fanciulla se ne accorge. La regina esclama, con un ghigno soddisfatto: “estrai un sassolino e vedremo quale sarà la tua sorte!”
Che cosa avreste fatto voi al posto della fanciulla?
La fanciulla estrasse un sassolino che naturalmente era nero ma rapidamente lo fece cadere, fingendo di farselo sfuggire dalle mani, nel viale pieno di sassolini neri e bianchi. La regina esclamò: "E ora? Non possiamo sapere quale sassolino hai estratto!" ma la fanciulla rispose:
"Mia Regina non è un problema! Basta guardare nel sacchetto: se ci sono 9 sassolini neri significa che ho estratto quello bianco; se c'è un sassolino bianco vuol dire che ho estratto un sassolino nero!"
La fanciulla era abile nella soluzione di problemi utilizzando il pensiero laterale."

lunedì 9 febbraio 2015

Mr. Galileo was correct

 

I subdoli tranelli dell'intuizione

 

Sebbene l'intuizione sia uno dei punti di forza dell'essere umano, spesso questa può portare a prendere grosse cantonate. Ad esempio per migliaia di anni gli uomini hanno osservato gli oggetti cadere per effetto della forza di gravità, constatando che non tutti i corpi cadono allo stesso modo e con la stesa velocità. Il caso estremo sono un martello e una piuma, che lasciati a loro stessi cadono in modo innegabilmente molto diverso. Questo ha portato a supporre, tramite l'intuizione, che ogni corpo, ogni materiale, avesse il suo modo di cadere, di "propendere verso il basso". E quindi la conclusione fu che gli oggetti più pesanti cadevano più velocemente di quelli più leggeri. D'altra parte guardate il martello e la piuma! Oppure un martello e una pallina di carta. In questo caso la pallina di carta, che è più pesante della piuma, ma più leggera del martello, cade più velocemente della piuma ma meno velocemente del martello. Si colloca in mezzo, in pratica, secondo la teoria, apparentemente confermata dall'esperienza, che più gli oggetti sono pesanti, più cadono velocemente.

Oggi sappiamo che non è vero, e che l'inghippo sta nella resistenza dell'aria, che ci fa apparire le cose come in realtà non sono. Esiste un bellissimo filmato ripreso durante la missione dell'Apollo 15, in cui il capitano David Scott fa cadere al suolo (stavo per dire a terra...) una piuma di falco e un martello da geologo di fronte alla telecamera. Siccome sulla luna non c'è atmosfera, e quindi non esiste resistenza opposta dall'aria durante la caduta, i due oggetti, ancorché diversissimi in forma, massa e peso, cadono esattamente allo stesso modo. Scott conclude affermando: "Mr. Galileo was correct".  Il video è visibile qui.

Per inciso, il motivo per cui oggetti diversi cadono allo stesso modo non è per niente scontato e banale, ma nasconde invece un aspetto molto interessante che Galileo non aveva affatto compreso, e cioè che la massa che si oppone alla forza (in questo caso quella di gravità), cioè la cosiddetta massa inerziale, è uguale (proporzionale) alla massa intesa come caratteristica di un corpo di sentire la forza di gravità (la massa "gravitazionale"). Si chiamano entrambe massa, ma in linea di principio sono due cose completamente diverse, ma questa uguaglianza fa sì che una piuma e un martello cadano allo stesso modo. Oppure, che è poi un modo diverso per vedere la stessa cosa, che un astronauta in orbita galleggi in cosiddetta "assenza di gravità".

Peraltro è interessante notare come i due oggetti, la piuma e il martello, non solo cadono allo stesso modo, ma cadono "più lentamente" rispetto alla nostra percezione comune su come cade un martello sulla terra. E in effetti sulla luna l'accelerazione di gravità sulla superficie è inferiore che sulla terra. Sulla superficie terrestre un corpo lasciato cadere (in assenza di attrito dell'aria) acquista circa 10 m/s di velocità per ogni secondo di caduta. A conti fatti un martello lasciato cadere da un metro e mezzo (grosso modo quello che fa l'astronauta) sulla terra arriverebbe al suolo con una velocità di circa 5.4 m/s (quasi 20 Km/h), impiegando a cadere circa mezzo secondo.

Il valore dell'accelerazione di gravità sulla superficie di un pianeta, o più in generale di un corpo celeste di forma sferica, dipende sostanzialmente da due fattori: la massa del pianeta e la distanza (al quadrato) della superficie dal centro del pianeta stesso. Se cresce la massa del pianeta, l'accelerazione di gravità cresce proporzionalmente. Ma se la distanza dal centro cresce, l'accelerazione di gravità decresce secondo l'inverso del quadrato della distanza.

Siccome la massa della luna è circa 82 volte inferiore a quella della terra, ma il suo raggio è quasi un quarto di quello della terra, l'accelerazione di gravità sulla sua superficie è circa il 17% che sulla superficie terrestre. E quindi il martello, lasciato cadere sulla luna dall'altezza di un metro e mezzo, arriva al suolo con una velocità che è solo di 2.2 m/s (circa 9 Km/h), invece che di 5.4 m/s come sulla terra, impiegando a cadere più del doppio del tempo che sulla terra. Ecco perché ci appare andare più piano: è perché cade effettivamente più piano!

C'è però un aspetto molto curioso della questione, che ci deve far riflettere su come l'intuizione, accompagnata da un'errata estrapolazione e generalizzazione, a volte ci faccia prendere immani cantonate. Perché è vero che un martello, sulla terra e in presenza dell'aria, cade diversamente da una piuma, ma lo stesso martello, se ci sfugge di mano, non cade diversamente da uno spillo, o da un cucchiaino, da un orecchino, e nemmeno da una pallina di carta, se accartocciata stretta! Per lo meno non così diversamente da apprezzarne le differenze senza strumenti di precisione. Provare per credere!

E quindi è solo in base ad una estrapolazione arbitraria che gli uomini hanno creduto per migliaia di anni che oggetti di forma e massa diversa cadessero in modo diverso. Hanno preso i casi estremi e li hanno generalizzati in una regola che non trova conferma nella prova pratica nemmeno sulla terra, dove comunque c'è la resistenza dell'aria. In sostanza nessuno aveva mai realmente messo alla prova la teoria secondo cui corpi diversi cadevano in modo diverso. Perché se solo lo avessero fatto, avrebbero scoperto che era comunque falsa nella maggioranza dei casi, quelli cioè in cui l'attrito dell'aria è comunque irrilevante.

Una volta ho fatto questo esperimento di far cadere oggetti diversi con dei bambini di scuola elementare. Anche loro si sono stupiti di come all'atto pratico una pallina da ping pong, leggerissima, tocca terra esattamente assieme al martello. Anche loro, pur avendo solo 7 anni, erano già vittime del condizionamento dell'errata intuizione.

Ah, per inciso, questa cosa di mettere alla prova una teoria e di verificarla con opportuni esperimenti nel tentativo di smentirla, potrebbe sembrare una banalità, una cosa che dovrebbe apparire ovvia a chiunque, ma è invece una delle più grandi conquiste del pensiero umano di tutti i tempi. Si chiama metodo scientifico.

domenica 1 febbraio 2015

I cambiamenti climatici e gli scettici

E' scetticismo o piuttosto presunzione?


Io di mestiere faccio il fisico delle particelle. Se parlo con un altro collega che si occupa di un settore diverso dal mio, e stiamo discutendo del suo campo di ricerca, sono perfettamente consapevole che la sua opinione è di gran lunga più rilevante della mia, e che i miei eventuali dubbi sui risultati relativi al suo settore sono pur sempre i dubbi di un incompetente in materia. E se la quasi totalità degli esperti di quel settore fosse concorde nell'affermare una certa cosa, non me la sentirei mai di dire che stanno tutti sbagliando, perché sarei ben conscio di non avere competenze sufficienti per farlo. E la stessa cosa lui farebbe con me se stessimo parlando del mio campo di ricerca. E' innanzitutto una questione di buon senso, dettato dalla consapevolezza del livello di specializzazione richiesto per fare scienza al giorno d'oggi, oltre che di umiltà e cognizione dei propri limiti.

E ancor più se sto parlando con un esperto di un settore che non è neanche relativo alla fisica, dove bene o male qualcosa ne capisco. Già mi ci vedo a insistere con un cardiologo che tutti gli studi relativi all'infarto sono sbagliati e che ho ragione invece io, che l'unico cuore che ho visto nella vita è quello del pollo arrosto.

Bene, esiste un folto gruppo di persone, mediamente colte in campo scientifico, che giustamente critica chi, privo di competenze, sentenzia in fatto di vaccinazioni, medicina, biologia, cosmologia, evoluzionismo o altri campi della ricerca che necessitano di una specifica specializzazione. Giustamente essi affermano che la parola degli esperti, in quei campi di ricerca, è ben più rilevante che non quella di chi di mestiere si occupa di tutt'altro.

Però, per motivi misteriosi, quando si parla di clima e di riscaldamento globale, la stessa gente dimentica il buon senso così ben utilizzato in precedenza e si comporta esattamente come il giornalista che sentenzia categorico su Darwin senza aver mai aperto un libro di biologia. Esiste un nutrito gruppo di "scientificamente colti" che non crede all'esistenza del riscaldamento globale, non crede alle misure che certificano l'aumento della temperatura, non crede all'aumento del CO2, e soprattutto non crede che tutto ciò abbia un'origine antropica. E adduce prove, motivazioni, ragionamenti, cita articoli, obiezioni di metodo, come se fossero esperti di quel settore. In realtà quando va bene adducono argomentazioni, ma a volte si limitano a liquidare il problema con qualche articolato ragionamento del tipo "sono tutte cazzate!".

Io, non essendo un esperto di climatologia, mi limito a constatare che, pur nella normale dialettica scientifica, la stragrande maggioranza degli esperti del settore è concorde sulla questione del riscaldamento globale. E' concorde innanzitutto nell'affermare che il problema esiste, e poi anche che non è di origine naturale. Ed è anche concorde nell'affermare che è un problema serio. Cito a questo proposito il rapporto dell'Intergovernmental Panel on Climate Change, che non è un ente di ricerca, ma un'istituzione internazionale che raccoglie tutti i grandi esperti di clima del mondo e sintetizza i risultati dei loro lavori scientifici in modo organizzato e comprensibile ai non esperti. Il link si trova qui. All'interno del link sono scaricabili interessanti rapporti sullo stato del clima. Circa il consenso praticamente generale degli esperti del settore sull'esistenza del problema, potete invece leggere i dati di questa ricerca, che ha analizzato le pubblicazioni scientifiche su questo argomento degli ultimi 20 anni. Riporto una frase delle conclusioni:

"Our analysis indicates that the number of papers rejecting the consensus on AGW (Anthropogenic Global Warming, n.d.r.) is, a vanishingly small proportion of the published research."

A questo punto voglio anticipare le reazioni di tutti quelli che, come un cane di Pavlov, appena sentono nominare i cambiamenti climatici partono con la filippica che è tutta una sciocchezza.

Prima di dare sfogo alle loro reazioni da scettici, vorrei che prendessero un bel respiro e rispondessero a queste domande:

  1. Siete esperti di climatologia?
  2.  La ricerca in climatologia è il vostro lavoro?
  3. Lavorate sulla climatologia da 10, 20 o 30 anni?
  4. Avete pubblicato svariate decine di pubblicazioni scientifiche relative a studi sul clima in riviste scientifiche specializzate del settore con peer review?
  5. Partecipate abitualmente a congressi specialistici sul tema della climatologia?
  6. Avete mai presentato i risultati delle vostre ricerche a una platea specialistica?

Se avete risposto "NO" a tutte o quasi tutte queste domande, restate comunque ovviamente liberi di dire la vostra sul problema del riscaldamento globale, ci mancherebbe altro, ma abbiate la decenza di essere consapevoli che quello che direte, se partorito direttamente dalla vostra mente, sarà quasi certamente sbagliato. Perché per quanto vi siate informati e abbiate studiato sull'argomento, rispetto alla comunità internazionale degli studiosi del settore, quelli che da sempre quotidianamente dedicano il loro tempo a questo problema scientifico, restate comunque incompetenti. E questo perché la climatologia, così come la fisica delle particelle, la cardiologia, la genetica molecolare, l'archeologia, la sismologia e tutte le altre discipline del sapere, necessita di competenze che non si acquisiscono leggendo qua e là, ma soltanto dedicandocisi professionalmente a tempo pieno per anni.

Non capisco quindi tutti quelli che accusano (giustamente) gli sciachimisti di non sapere quello che dicono quando parlano di scie degli aerei, deridono (giustamente) i vaneggiamenti di Zichichi quando straparla di evoluzionismo, criticano (giustamente) Giuliani di incompetenza quando afferma di saper prevedere i terremoti usando il Radon, o accusano (giustamente) Vannoni di essere un ciarlatano quando garantisce in TV di saper guarire malattie ritenute incurabili usando intrugli non ben definiti, ma poi, quando si parla di clima, accusano l'intera comunità scientifica di sbagliare come se fossero loro gli esperti, quando invece di mestiere fanno il dentista, l'informatico o il commercialista, e tutta la loro competenza in materia deriva al massimo da qualche lettura di Scientific American.

Mettetevi il cuore in pace: per quanto abbiate studiato e vi siate informati e abbiate letto sull'argomento, rispetto a chi ci lavora da una vita restate comunque degli incompetenti, che per ovvie ragioni non hanno sotto controllo l'intero quadro della questione come invece può averlo l'insieme dei professionisti del settore. Sappiate quindi che qualunque possa essere la vostra obiezione, per quanto arguta, su come sono state fatte le misure della temperatura media terrestre, sulla precisione delle misure ottenute con i proxy, sul forcing radiativo, sulla teoria dei Cicli di Milankovic, sulle misure fatte con i carotaggi nel ghiaccio, sull'incertezza dei modelli, sulle modalità di produzione e assorbimento del CO2, sulla "little ice age", sul "warm medieval period" o su tutti i possibili aspetti che riguardano i cambiamenti del clima, GLI ESPERTI CI HANNO SICURAMENTE GIA' PENSATO PRIMA DI VOI!

Fatevene una ragione, abbiate questa certezza: non siete certamente i primi ad aver cercato di falsificare tutto ciò che si sa sul riscaldamento globale e le sue cause antropiche. Gli scienziati non sono mica stupidi! Non aspettavano mica voi per porsi tutti i possibili dubbi e per scandagliare il problema! E' il loro lavoro, sono esperti di quelle cose, e non siete certamente voi, che nella vita vi occupate di tutt'altro, i primi ad aver pensato ad un eventuale inghippo, ad aver ipotizzato l'errore, la falla nella teoria, soli contro tutti, al cospetto di un'intera comunità scientifica mondiale che secondo voi gigioneggerebbe, incapace di vedere che sta prendendo un enorme abbaglio. Un po' di buon senso, su!