lunedì 26 settembre 2016

Come produrre l'antimateria per distruggere il mondo

Nel romanzo Angeli e Demoni di Dan Brown si parla di scienziati del Cern che trasportano clandestinamente una valigetta di antimateria fuori del laboratorio, con lo scopo di distruggere il Vaticano. Non so quanti abbiano preso seriamente la storia (nel caso del Codice da Vinci, sempre dello stesso autore, alcuni lo avevano fatto: fonte). Di sicuro però si capiva fin dall'inizio del romanzo che le cose non potevano essere prese proprio alla lettera. Lo si capiva da quando una lussuosa auto del Cern con annesso autista andava a prendere all'aeroporto uno dei protagonisti del romanzo, e tornando indietro percorreva il tratto Aeroporto di Ginevra-Cern a 200 all'ora.

A parte che il Cern non possiede, che io sappia, nessuna lussuosa auto con autista, ma anzi le macchine del Cern sono dei furgonati bianchi con il minimo sindacale degli optional, il tratto di strada fra l'aeroporto e il Cern ha il limite a 60 e è talmente pieno di autovelox che nessuno ma veramente nessuno si azzarda a fare di più. Nemmeno l'autista del Cern, che comunque non esiste.

Ma a parte questo, in molti si sono chiesti se sia possibile produrre antimateria a sufficienza da rappresentare un rischio per il mondo, tanto che il Cern ha dedicato una pagina web al film Angeli e Demoni per spiegare alcuni aspetti dell'antimateria. Perché in effetti è vero che al Cern si produce antimateria. Esiste perfino l'Antimatter Factory!

L'esistenza di antiparticelle è prevista teoricamente da molto tempo, da quando negli anni 30 del secolo scorso il fisico Paul Maurice Dirac formulò un'equazione per descrivere il comportamento quantistico dell'elettrone in modo compatibile con la teoria della relatività. Questa equazione ammetteva soluzioni di energia negativa, che furono interpretate nel tempo come l'esistenza di elettroni del tutto identici ai normali elettroni, ma di carica positiva, ovvero quelli che oggi vengono chiamati "positroni", cioè le antiparticelle degli elettroni.

In breve tempo furono scoperti sperimentalmente i positroni, e con il tempo tutte le possibili antiparticelle delle particelle note. Bisogna specificare che le antiparticelle esistono non soltanto per particelle cariche, ma anche per quelle neutre, come ad esempio i neutroni. L'antineutrone ha carica elettrica zero come il neutrone, ma ha altre proprietà (si chiamano numeri quantici) che caratterizzano il neutrone di segno opposto, rendendone quindi possibile l'esistenza dell'antiparticella. L'esistenza delle antiparticelle è quindi assodata ormai da quasi 100 anni.

La cosa interessante è che quando mettiamo assieme una particella e la sua antiparticella, ad esempio un protone e un antiprotone, otteniamo qualcosa che ha numeri quantici additivi nulli. In questa situazione le due particelle si "annichilano", producendo fotoni, cioè energia. L'energia prodotta espressa in Joule è la somma delle masse del protone + antiprotone (che hanno massa uguale) espresse in Kg, moltiplicato per la velocità della luce al quadrato, con la velocità della luce espressa in m/s. Nel caso dell'anichilazione protone-antiprotone l'energia prodotta è dell'ordine di un decimiliardesimo di Joule, ovvero qualcosa di assolutamente insignificante nell'ambito delle energie macroscopiche a cui siamo abituati. Tanto per fare un esempio, è l'energia cinetica di una tipica formica in movimento.

Il problema sorge se, invece di far annichilare una singola particella con la sua antiparticella, potessimo far annichilare una quantità macroscopica di materia con l'analogo di antimateria, cioè un insieme di atomi o molecole con l'analogo assieme di antiatomi (o antimolecole), ovvero atomi composti da antinuclei e antielettroni.  In pratica quello che si paventava nel romanzo di Dan Brown. Se, ad esempio, potessimo far annichilare 1 Kg di materia con 1 Kg di antimateria, otterremmo un'energia di 10 alla 16 Joule, che corrisponde a più di mille volte la bomba di Hiroshima. Anche un solo grammo di materia contro l'analogo di antimateria causerebbe quindi una distruzione enorme.

Quindi la domanda che si impone è: è possibile produrre antimateria a sufficienza da costituire un pericolo di questo tipo? La risposta sintetica è NO, anzi ASSOLUTAMENTE NO!, e i motivi sono spiegati qua sotto.

Intanto vediamo come si produce l'antimateria. Un antiatomo è costituito, nella sua forma più semplice che è l'antiatomo di idrogeno, da un antiprotone e un antielettrone (il positrone), così come un normale atomo di idrogeno è costituito da un protone e un elettrone.

Ma come si producono gli antiprotoni? Per produrre antiprotoni ci vogliono innanzitutto dei protoni. Questi ultimi stanno ad esempio nell'idrogeno, anzi sono i nuclei dell'atomo di idrogeno, e quindi basta ionizzare degli atomi di idrogeno per ottenerli. A questo punto si infilano i protoni dentro un acceleratore di particelle, si conferisce loro dell'energia cinetica a sufficienza, e poi si fanno sbattere contro un bersaglio, ovvero altri protoni e neutroni, cioè della materia. In ognuno di questi urti vengono prodotte tipicamente un tot di particelle, ma ogni tanto anche alcune antiparticelle, tra cui ad esempio antiprotoni. "Ogni tanto" vuol dire una volta ogni qualche milione di questi urti. Queste antiparticelle prodotte possono essere "raccolte" con opportuni campi magnetici, e accumulate da qualche parte.

Quindi come primo ingrediente per produrre antiparticelle abbiamo bisogno di un acceleratore che acceleri protoni con sufficiente energia da creare un tot di particelle in ogni urto, in modo che fra esse ci siano anche antiprotoni. Poi abbiamo bisogno di un sistema di magneti per raccogliere questi antiprotoni e separarli dalle altre particelle. Questo già rende la cosa non proprio semplicissima, ma tutto sommato stiamo parlando di ordinaria amministrazione per le tecniche note ai fisici delle particelle. Non è quindi questo il problema.

Il problema è che per accumulare antiprotoni in numero elevato, dobbiamo evitare che essi vengano in contatto con la materia ordinaria, che contiene (fra l'altro) molto protoni. Quindi dobbiamo tenere questi antiprotoni in un contenitore dove c'è un vuoto il più spinto possibile. Deve essere molto vuoto perché ogni protone in giro è un potenziale distruttore di ogni antiprotone che abbiamo prodotto con tanta fatica. Se un antiprotone che abbiamo penato a produrre e isolare va a sbattere con un protone che trova in giro... pufff... scompaiono entrambi.

Non solo, ma dobbiamo anche evitare assolutamente che questi antiprotoni che vogliamo accumulare entrino in contatto con le pareti del contenitore, perché anche a quel punto..puff! Doppio pufff! La parete infatti contiene un gran numero di protoni, ognuno dei quali sarà ben felice di scegliersi il suo antiprotone e annichilarsi con esso. E per impedire che questo accada abbiamo bisogno di costruire delle efficienti trappole magnetiche, che evitino agli antiprotoni di entrare in contatto con le pareti, restandone il più possibile distanti.

Tutto questo, sebbene complesso, si può fare. Anzi, viene fatto! Ad esempio l'acceleratore Tevatron, che ha funzionato per una ventina di anni o più al laboratorio Fermilab vicino Chicago, accelerava protoni e antiprotoni. Quindi doveva essere in grado di accumulare e tenere separati dalla materia ordinaria gli antiprotoni per realizzare gli esperimenti (il quark top è stato scoperto grazie a questo acceleratore). Anche al Cern, a partire dagli anni 80, sono stati effettuati svariati esperimenti che necessitavano della produzione di antiprotoni, tra cui quello che ha permesso a Carlo Rubbia di vincere il premio Nobel.

Ma quanti antiprotoni sono stati prodotti in tutto questo tempo nei vari acceleratori? Risposta: grosso modo l'equivalente di una decina di miliardesimi di grammo. Quello che serve, in termini di energia che si otterrebbe facendoli annichilare con la materia ordinaria, per tenere accesa una lampadina in salotto per qualche ora. Per produrre un grammo di antimateria, con le tecniche attuali, ci si impiegherebbe quindi l'equivalente di un miliardo di anni. Se l'Ordine Mondiale e la Spectre hanno un attimo di pazienza si può fare!

E se volessimo produrre positroni, le antiparticelle degli elettroni? Perché comunque un antiatomo, l'elemento necessario per costruire l'antimateria, ha anche bisogno degli antielettroni, non solo degli antiprotoni! I positroni sono prodotti in modo naturale da certi decadimenti radioattivi che avvengono spontaneamente in natura. Ad esempio il nostro corpo contiene l'isotopo Potassio-40, che decade emettendo positroni, ad un ritmo di circa 180 ogni ora. Le banane, che sono ricche di Potassio, sono sorgenti di positroni, ovvero di antiparticelle. Eppure nessuno esplode mangiando una banana! Anzi, i positroni sono perfino usati nella diagnostica medica, nella tecnica denominata "pet" (positron-emission tomography). Quindi anche per l'antimateria, come per il Lardo di Colonnata e il tiramisù, il rischio è nella quantità.

In realtà per produrre positroni in quantità elevata (ad esempio per esperimenti di fisica delle particelle) non si usano le banane, ma tecniche un po' diverse, che adesso non è il caso di sviscerare. In ogni caso è una cosa che dal punto di vista tecnico la si sa fare per bene.

Ma finora non abbiamo parlato di vera antimateria. Abbiamo parlato di antiparticelle. E se volessimo produrre proprio antimateria? E' possibile produrre antiatomi, o magari antimolecole? In questo caso dovremmo prendere antiprotoni e antielettroni, in precedenza prodotti come abbiamo detto sopra e amorevolmente conservati, e avvicinarli sperando che si piacciano e formino atomi di anti-idrogeno.

E' quindi possibile produrre antiatomi di idrogeno, i più semplici (e ci si è fermati lì, produrre antiatomi più complessi o addirittura antimolecole è al momento un'impresa tecnicamente inaccessibile per le difficoltà imposte dalle leggi della natura), ed è stato fatto in esperimenti del Cern, che hanno prodotto alcune decine di migliaia di antiatomi (fonte). Se può sembrare un numero elevato, ricordo che stiamo parlano di atomi, ovvero qualcosa come un miliardesimo di miliardesimo di grammo.  La difficoltà sta nel fatto che per costruire un antiatomo di idrogeno, il più semplice, bisogna prendere un positrone e un antiprotone e accostarli con la dovuta delicatezza in modo che si appiccichino assieme a formare un antiatomo di idrogeno. Il problema a quel punto è che se con gli antiprotoni o con i positroni i campi magnetici servivano a confinarli e non farli sbattere sulle pareti del contenitore, con un antiatomo, che ha carica elettrica zero come i normali atomi, i campi magnetici diventano inservibili. E quindi se un antiatomo decide di spataccarsi contro le pareti del contenitore non c'è niente che possiamo fare per fermarlo. E quando lo fa, si annichila con un atomo della parete, emettendo un piccolissimo fiotto di energia, sostanzialmente pari a quello di un protone che si annichila con un antiprotone. Qualcosa di insignificante. Finora si è riusciti a tenere intrappolata una manciata di antiatomi per circa un quarto d'ora al massimo, e è considerato un record (fonte).

Quindi produrre grandi quantità di antimateria e soprattutto immagazzinarla è impossibile. Men che meno metterla in una valigetta e portarla in giro per distruggere il Vaticano. Sicuramente impossibile con le attuali tecnologie, ma impossibile anche per le leggi fisiche, dato che nessuna legge fisica a noi nota permette di evitare che gli antiatomi se ne stiano alla larga dagli atomi per un tempo sufficientemente lungo.

C'è un altro aspetto che va inoltre considerato: il costo. Quanto costa produrre antimateria? Fare l'antimateria richiede molta più energia di quella eventualmente ottenibile da essa. Circa un miliardo di volte in più. Il risultato è che un grammo di antimateria costerebbe qualcosa come un milione di miliardi di euro. Se ci mettiamo anche il miliardo di anni necessario a produrlo, direi che ci sono cose più convenienti da fare che incaponirsi a produrre antimateria per distruggere il mondo.

Ma allora perché i fisici si ostinano a produrre l'antimateria e cercare di "conservarla"? La risposta è: per studiarne le proprietà. Da quello che sappiamo, infatti, l'antimateria è quasi del tutto identica alla materia ordinaria. Per le leggi della natura, materia e antimateria sono praticamente la stessa cosa, a parte un piccolo inghippo che ha a che fare con le interazioni deboli (che ci permetterebbe di distinguere, nel caso dovesse tornare utile, un extratterreste fatto di antimateria, come raccontato qui)

Infatti quando studiamo un antiatomo prodotto in laboratorio, questo si comporta esattamente come un normale atomo. Assorbe la luce, si eccita, si diseccita, si muove, cade (*) come un normale atomo. I suoi orbitali, e quindi i suoi legami chimici, sono gli stessi dei normali atomi. E quindi una molecola di anti-acqua sarebbe assolutamente indistinguibile da una comune molecola d'acqua (salvo metterle a contatto). Insomma, non è mai stato trovato niente di diverso fra il comportamento degli atomi e quello degli antiatomi.

Quindi, se la natura è così democratica fra i due tipi di materia, non si capisce perché nell'universo ci sia materia ma non antimateria. O meglio: se la natura fosse realmente così democratica fra materia e antimateria, allora nei primi istanti di vita dell'universo avrebbe dovuto produrre materia e antimateria in eguale quantità! Se le sue leggi non fanno preferenze fra le due, quelle stesse leggi avrebbero dovuto produrre materia e antimateria allo stesso modo. Il risultato sarebbe stato che i due tipi di materia si sarebbero dovuti annichilare completamente, trasformandosi in fotoni, e quindi impedendo in partenza la formazione di galassie, stelle, pianeti come li conosciamo, per assenza totale di materia prima. E non ci sarebbe stato nemmeno l'autore di questo blog!

Quindi il fatto stesso che invece esistono galassie, stelle, pianeti e l'autore di questo blog significa che la natura, nelle prima fasi di vita dell'universo, deve aver prodotto più materia che antimateria in quantità tale per cui, dopo l'annichilazione dell'antimateria con la quantità di materia corrispondente, la materia in eccedenza, quella che non ha trovato più antimateria per annichilarsi, ha potuto assemblarsi indisturbata in nuclei, atomi, molecole, galassie, stelle, pianeti e autori di blog.

Tutto questo quindi è stato possibile perché ad un certo istante della vita dell'universo primordiale, la natura ha scelto fra materia e antimateria! Ad un qualche istante è intervenuto qualche meccanismo nelle leggi della natura, un meccanismo a noi sconosciuto, che ha preferito produrre più materia che antimateria. O meglio più materia di un tipo rispetto al suo anti. Questo implica che, sebbene al momento non riusciamo a scorgere nessuna differenza sostanziale fra materia e antimateria, in realtà una differenza importante deve esserci, e questa differenza ha avuto un ruolo determinante nell'evoluzione dell'universo primordiale.

E notate bene che già dopo due o tre minuti di vita dell'universo i giochi erano fatti (i primi minuti di vita dell'universo sono raccontati qui), Infatti noi sappiamo, perché lo misuriamo direttamente, che dopo due o tre minuti non c'era traccia di antimateria nell'universo, ma c'erano già i protoni e i neutroni che si stavano assemblando nei nuclei di idrogeno e elio.

E sappiamo anche, dagli esperimenti di fisica dell particelle, che le leggi fisiche che sono intercorse per gran parte di quei due-tre minuti iniziali non potevano fare distinzione fra materia e antimateria. Lo sappiamo perché, di nuovo, lo misuriamo. Negli esperimenti di fisica delle particelle che facciamo in laboratorio, che riproducono localmente le condizioni dell'universo appena nato, e nei quali quelle leggi fisiche entrano in gioco, non c'è traccia di questa differenza che la natura ha deciso di mettere in atto tra materia e antimateria.

Quindi, se questa differenza in qualche modo c'è stata (e sappiamo che deve esserci stata perché altrimenti non saremmo qui) deve essere intercorsa quando l'universo era estremamente più caldo e denso di quello che sappiamo ipotizzare finora. Non molto prima in termini di tempo (al massimo qualche minuto), ma in quei pochi minuti l'universo primordiale ha combinato l'iradiddio, e con i moderni esperimenti di fisica delle particelle stiamo cercando di risalire alle caratteristiche di quei momenti. In particolare ci sono esperimenti, come LHCb al Cern di Ginevra, o altri in preparazione in Giappone, che si prefiggono di ricercare effetti di questa sottile ma fondamentale differenza che la natura mette in atto fra materia e antimateria. Una differenza a cui dobbiamo il fatto che esistiamo, e scusate se vi sembra una curiosità da poco!


Nota (*): sono in preparazione esperimenti che vogliono misurare con alta precisione se la forza di gravità agisce su un antiatomo allo stesso modo che su un normale atomo. Ovvero se l'antimateria e la materia sentono la forza di gravità allo stesso modo. Non ci si aspettano differenze, ma i fisici sono sempre diffidenti, e se non mettono il dito non credono.

venerdì 16 settembre 2016

L'ufo-mosca e gli ufologi

I gruppi di discussione fra filo-ufologi sono meravigliosi. Tra di loro si spacciano per quelli che hanno la mente aperta, quelli che non sono schiavi del sapere ufficiale, e pur diffidando di tutto quello che trovano sui libri, si bevono qualunque scemenza che leggono nel primo sito web noncelodiconosveglia.com, con uno spirito critico che in confronto la lumaca che si accinge ad attraversare la tangenziale è un tipo sospettoso. Caratteristica, questa, peraltro comune ai complottari di ogni tipo, dagli sciachimisti ai terrapiattisti,  i fioristi di Bach, gli undicisti di settembre, gli urinofili (neologismo che identifica quelli che, come una nota ex-annunciatrice tv, si bevono un bicchiere della loro urina appena svegliati perché li rimette in sesto) e compagnia bella. Non solo, ma se gli fai notare che quello a cui credono potrebbe essere una scemenza, e gli spieghi che per quella macchiolina nel filmato, che per loro è innegabilmente un'astronave aliena, esiste in realtà una spiegazione molto più ovvia e naturale, ti si rivoltano contro, e ti danno del venduto ai poteri forti, o alla NASA, che per l'ufologo di facebook rappresenta il male assoluto, l'ente che conosce tutte le verità su qualunque argomento, ma le tiene nascoste.

Un po' di giorni fa mi sono imbattuto (che poi... imbattuto un corno! Io me le cerco queste cose!) in un gruppo di assatanati di quelli che aspettano l'arrivo degli alieni come gli ebrei aspettano il Messia, dove uno aveva pubblicato un filmato dello scoppio del razzo vettore SpaceX. Il filmato è visionabile qui, con annesse spiegazioni deliranti. La tesi che c'era dietro lo scoppio, infatti, diceva che i responsabili erano gli alieni.

Bisogna dire che un'altra caratteristica di questi gruppi di scoco-ufologi (neologismo che nasce dalla fusione di scocomerato e ufologo, come se non bastasse già essere ufologi e basta) è quella di pubblicare notizie da siti essenzialmente click bite, cioè che pubblicano idiozie a cui nemmeno lontanamente credono, col solo scopo di guadagnare soldi coi click grazie alla pubblicità.  Gli scoco-ufologi ovviamente prendono queste notizie come sacrosante, o comunque degne di approfondimenti e discussioni nelle quali l'ironia è molto mal vista.


Nella fattispecie il filmato mostrava un paio di puntini neri che, velocissimi, passavano davanti all razzo poco prima che esplodesse. E quindi l'ufologo, con logica galileiana, concludeva che il puntino era la causa dell'esplosione del razzo, essendo per forza di cose il puntino un astronave aliena. Ovvio no?

E la discussione nel gruppo non era ovviamente se quel puntino fosse o meno un'astronave extraterrestre. No, quello era dato per scontato. La discussione era sul perché gli alieni avevano deciso di far esplodere il razzo. Che poi questi alieni che scassano la minchia facendo saltare in aria il razzo SpaceX e invece se ne fottono dei razzi con testate atomiche sparati allegramente dal dittatore coreano, quello che ha il barbiere ricercato dall'Interpol, io proprio non li capisco! Diciamo che non mi darebbero molta fiducia, ecco.

Comunque non ho resistito (sono un debole, lo so, ma a volte non ce la faccio) e mi sono inserito nella discussione facendo notare che era molto probabile che quel puntino velocissimo fosse un semplice uccello, o addirittura una mosca, che passava in primo piano davanti alla telecamera.

Apriti cielo! Si sono scatenati con frasi tipo "questa è la sciocchezza più incredibile che abbia mai sentito! Questa le batte veramente tutte! Una mosca che va veloce più di un aereo supersonico! Ha Ha Ha (l'ufologo ride sempre col verbo avere), un piccione a reazione!".

Ho tentato di spiegare che con la telecamera a tutto zoom la porzione di cielo inquadrata è piccola, e un oggetto in primo piano, tipo un volatile che ci passa attraverso, appare per forza di cose sfuocato (come era il puntino), e molto veloce. Ho spiegato che non vuol dire che vada realmente molto veloce, ma semplicemente che appare veloce. Ho anche spiegato che nel filmato si vede chiaramente che i puntini passano davanti al razzo, come ad esempio al minuto 2 e 28 del filmato citato sopra. Ho usato termini tipo "prospettiva", "primo piano" e "sfondo", che non necessitano di studi universitari per essere compresi, ma niente!

Se avessi cercato di spiegare come si ricava il Laplaciano in coordinate polari (una di quelle cose che a lezione tutti ti dicono che è banale ma che secondo me dopo Laplace nessuno al mondo si è mai sognato di ricavare da solo) penso che avrei ricevuto maggiori consensi. Le risposte tipiche erano "ma figuriamoci se una mosca può andare così veloce, addirittura come un'astronave aliena (che notoriamente va molto più veloce delle astronavi normali, questo lo si sa!). Niente, un'impresa disperata. Solo una, timidamente, mi ha detto "non ci avevo pensato". Tutti gli altri, a cervello rigorosamente spento, non hanno nemmeno provato a capire il mio ragionamento. Che, detto fra noi, non era un'impresa da Einstein.  Comunque anche al tipo che commenta il filmato non gli salta neanche nell'anticamera del cervello che potrebbe essere solo un effetto prospettico, tanto che si perde in calcoli su quanto incredibilmente veloce doveva andare quel puntino.

E' la caratteristica tipica di questa gente, dagli ufologi agli sciachimisti. Si dicono scettici su tutto, ma si bevono delle idiozie colossali, e se gli fai notare che c'è qualcosa che non va nel loro ragionamento, qualcosa che farebbe arrossire persino Razzi, si incazzano e ti danno addosso.

Un altra volta, ad esempio, c'era il solito filmato imperdibile di quelli censurati dalla NASA. Che tra parentesi alla NASA, che a sentire loro vuole censurare sempre tutto, devono avere assunto un team di adolescenti deficienti di quelli che condividono in rete tutto quanto, tipo che se hanno violentato l'insegnate di francese sulla cattedra durante la ricreazione, spediscono subito il filmato a 700 amici su Whatsapp. Altrimenti non si spiega com'è che in rete, nonostante la terribile censura della NASA, trovi sempre tutto. Dicevo che c'era un filmato dove si vedeva, dietro a un aereo in fase di atterraggio, tutta una serie di dischi volanti. I dischi volanti erano dei puntini luminosi quasi fermi nel cielo, tutti con le lucine rosse e blu lampeggianti, e una luce bianca in mezzo. Si vedevano le lucine colorate, nonostante il livello di sfocatura e mancanza di nitidezza che è tipico di tutti i filmati dove compare un ufo, che vengono rigorosamente ripresi con macchine fotografiche di quelle che trovi nell'uovo di Pasqua con sorpresa "per maschietti".

Non serviva essere un esperto di aeronautica per capire che quelle lucine apparentemente ferme che si vedevano dietro l'aereo in fase di atterraggio, col blu e rosso lampeggianti alternati, non erano altro che altri aerei in lontananza in avvicinamento alla pista. Chi è capitato almeno una volta nei pressi di un aeroporto conosce bene la situazione. E anche chi non ci è mai capitato, con uno spregiudicato balzo di immaginazione poteva arrivarci. Tra l'altro i fari dell'aereo, se puntano verso chi osserva, fanno apparire l'oggetto molto luminoso.

E poi le lucine blu e rosse, cazzo! Gli alieni che si sono adeguati alle normative aeroportuali, che se gli si fotte una luce di posizione rischiano la multa. A questo proposito la prestigiosa rivista scientifica Oggi, nella sua versione online OpenSource, mostra qui un filmato del tutto analogo. E' interessante che, nonostante l'ufo sovrasti lo stadio, gli spettatori non se lo filino di striscio.Della serie: "so che i miei lettori sono scemi e quindi li tratto da scemi, sperando che lo diventino ancora di più".

Comunque i commenti degli ufologi erano che "l'astronave aliena era di gran lunga l'ipotesi più probabile". Eh certo! Se vedi una luce nel cielo dalle parti di un aeroporto, con le luci rosse e blu lampeggianti, la cosa più probabile è che sia un astronave extraterrestre! Come dire che se vedi un impronta tridattile dalle parti di un pollaio la cosa più probabile è che sia un cucciolo di T-Rex! Una delle spiegazioni a supporto di questa certezza era che la luce delle "astronavi" era ferma, e molto intensa, mentre gli aerei vanno veloci. L'idea che un aereo, anche andando veloce, se ti punta contro e è distante può sembrare addirittura fermo, è un'estrapolazione mentale troppo ardita per un ufologo. E poi la luce ad un certo punto scompariva improvvisamente! Ho provato a dire che la luce appare molto intensa fintanto che i fari puntano verso chi guarda, e quando invece aumenta l'angolo compreso fra la direzione del moto (che coincide con quella dei fari) e noi, cosa che accade quando l'aereo si avvicina, la luce diventa improvvisamente meno intensa perché, essendo direzionale, non punta più verso di chi riprende il filmato. Vabè, ci ho provato, ma mi rendo conto che per un ufologo è un ragionamento che in confronto è più facile risolvere un Bartezzaghi a mente, senza penna, seduti al cesso.

E poi c'è un aspetto sociologico della comunità degli amanti degli alieni che mi affascina. Da un lato questa gente parla delle civiltà extraterrestri come io parlo dei ritardi di Trenitalia: una cosa con cui convive da anni. Conoscono le razze aliene, che aspetto hanno, quali sono le loro manie, se cono cattivi o amichevoli, dove vivono, se sulle Pleiadi o nella terra cava, cosa mangiano,... insomma sanno tutto. Nonostante l'uomo qualunque sembri brancolare nel buio su questo tema, loro hanno avuto almeno una dozzina di incontri ravvicinati a testa come minimo. Se poi solo confondi un anfibioide beige di Antares con un grigio perlato di Orione Sud ti prendono per il culo come se ti fossi sbagliato sulla capitale d'Italia. Parlano con competenza di adduction, di rapimenti, di men in black, di gente ritrovata con i pantaloni e le mutande calate in un prato che non si ricorda più niente a parte un inspiegabile senso di smarrimento, tutto come se commentassero il derby. Una volta ho letto una che diceva che era stata rapita, e li aveva visti bene e erano entrati in lei e che periodicamente la venivano a trovare (e vuoi essere scortese dopo tutta la strada che hanno fatto?). Insomma, da come parlano dell'argomento ti aspetteresti che è gente che tutto gli può succedere meno che confondere un piccione sfuocato con un ufo.

E invece poi, all'atto pratico, basta un puntino mosso e sgranato che vanno fuori di testa, e diventano come i bambini davanti alla vetrina dei giocattoli, e si lasciano affascinare da un moscone perché credono che vada veloce come la luce. E si mettono a discutere se è finalmente arrivato il momento della Grande Rivelazione, se presto si paleseranno agli umani e Putin e Obama in mondovisione ci diranno finalmente cosa c'è nell'Area 51. E allora capisci che tutte queste certezze su cosa sono gli ufo e chi sono gli extraterrestri non ce le hanno proprio per niente. E scopri che nemmeno loro, che millantano così tanta sicurezza sulle differenze fra gli Uomini Lastra e i Rettiliani di Nibiru Sud, e che discutono di trapianti di DNA alieno come se parlassero di pane e Nutella, hanno idea se esista vita nell'universo, e nel caso come essa potrebbe manifestarsi. E non so a voi, ma a me alla fine fanno perfino tenerezza.

domenica 11 settembre 2016

Le lauree scientifiche e il numero chiuso

In questi giorni si è parlato di selezioni a numero chiuso per l'accesso all'università. A scatenare la discussione con annesse polemiche è stato il megatest di accesso a Medicina, che ha visto circa 60mila partecipanti (2000 in più dell'anno scorso) a fronte di circa 10mila posti disponibili (fonte).

Certo, Medicina fa caso a sé, perché stiamo parlando di numeri molto grandi, e difficilmente gestibili senza un qualche tipo di preselezione. Se poi la preselezione che viene effettuata sia quella migliore per scegliere i futuri medici non lo so, e comunque non voglio discutere di questo.

Quello di cui voglio parlare è l'accesso a numero limitato alle facoltà scientifiche, e soprattutto il motivo che lo ha reso necessario. Da alcuni anni a questa parte, infatti, anche ai corsi di laurea scientifici, tipo Fisica, Scienze Biologiche, Chimica etc, si accede solo a numero chiuso. A Fisica a Bologna, ad esempio, fino a un paio di anni fa si viaggiava su grosso modo 130 nuove matricole ogni anno, ma all'improvviso nel 2015 hanno chiesto di iscriversi al primo anno 250 nuovi studenti. Non è chiaro a cosa sia dovuto questo improvviso incremento. Alcuni dicono che sia un effetto dell'interesse mediatico dopo la scoperta del Bosone di Higgs, altri ipotizzano che sia grazie alla Gianotti direttrice del Cern, o addirittura che sia tutto merito di questo blog. Sta di fatto che comunque 250 studenti hanno chiesto di iscriversi al primo anno di Fisica, e 250 è un numero troppo grande per riuscire a garantire una didattica decente.  Per ovviare a questo problema si è istituito il numero chiuso a 150, una soglia oltre la quale la qualità della didattica e la logistica stessa dei corsi andrebbe in crisi.


Sebbene si tratti di numeri decisamente inferiori a quelli degli aspiranti medici, l'Università di Bologna, e nello specifico il Corso di Laurea in Fisica, non avrebbe le aule sufficienti per ospitare un numero maggiore di studenti. Non ci sarebbero inoltre laboratori equipaggiati per tutti, e soprattutto non ci sarebbero i docenti necessari, dato che diversi corsi dovrebbero essere spezzati in due. Il problema è del tutto analogo in gran parte delle altre sedi universitarie sparse per l'Italia, che a poco a poco stanno tutte adottando il numero chiuso per i principali corsi di lauree scientifiche. Messa in questi termini la questione non lascia scampo e non si può non essere d'accordo: non ha senso istituire corsi per tutti che tuttavia non riuscirebbero a garantire un livello qualitativo decoroso in termini di didattica, perché questo svilirebbe la qualità dell'intero corso di laurea. Niente da dire, quindi, sulla decisione di istituire il numero chiuso.

Però...

Però a questo punto vorrei sapere perché in questi ultimi anni ci siamo tanto sbattuti a organizzare caffè scientifici, notti dei ricercatori, eventi multimediali, conferenze nelle scuole, Higgs in Tour, Olimpiadi della Fisica, Festival della Scienza e Giornate dell'Orientamento con l'intento esplicito di incrementare nei giovani l'interesse per le facoltà scientifiche e nella fattispecie per la fisica, se adesso che stiamo raccogliendo i frutti di tutta questa propaganda in termini di aumento delle richieste di iscrizione, quegli studenti li dobbiamo mandare via perché non ci sono le strutture per ospitarli.

Per che cosa mi sono sbattuto in questi ultimi anni, e come me tanti altri colleghi altrove in Italia, a organizzare le International Masterclass (un evento internazionale coordinato dalla Comunità Europea e dal Cern di Ginevra) con l'intento manifesto di avvicinare gli studenti dell'ultimo anno del liceo alla fisica per stimolarli a continuare questo percorso di studi all'Università, se è stata sufficiente una manciata di iscritti in più, appena 20, per entrare in crisi e dover sprangare l'accesso a tutti gli altri?

Perché poi bisogna dire che comunque l'Università di Bologna e il Corso di Laurea in Fisica (e tutte le altre università non sono in generale da meno), per adeguarsi a una richiesta di 250-300 studenti invece che 150 impiegherebbe almeno dieci anni a essere ottimisti. Infatti bisognerebbe costruire le aule, che proprio non ci sono (quando ci sono le lezioni a Bologna se devi organizzare una riunione per 40 persone utilizzando i locali dell'università è un delirio, perché è tutto occupato, quindi figuriamoci istituire un corso di laurea da zero). E poi non ci sarebbero i docenti, e con la velocità e il tempismo con cui vengono banditi i concorsi per ricercatori e docenti.... auguri!

E allora uno si chiede: ma non ci si poteva pensare prima? Se si sapeva che 20 iscritti in più al primo anno avrebbero mandato tutto in crisi saturando le possibilità dell'ateneo, perché abbiamo fatto tutta questa campagna pubblicitaria per iscriversi a fisica, se poi adesso dobbiamo dire a chi vorrebbe iscriversi che non c'è posto? E fisica è ovviamente solo un esempio, perché il discorso vale per tutte le facoltà scientifiche. Scienze biologiche, ad esempio, anche a causa del numero chiuso in medicina, ha avuto quest'anno una caterva di richieste di iscrizione, molte di più di quelle accettabili per il corso di laurea, e comunque praticamente tutti i corsi di laurea scientifici sono saturi.

E' inutile che poi ci lamentiamo che in Italia non c'è cultura scientifica, che la scienza è sempre la Cenerentola del sapere, e diamo la colpa al solito Benedetto Croce (che le sue cazzate le ha dette in abbondanza ma è morto da 70 anni!) se poi quando ci sono giovani che vorrebbero studiare materie scientifiche li mandiamo via. Benedetto Croce ci avrà messo del suo, ma noi non mi pare che siamo da meno! Non sarebbe stato invece il caso di preventivare in anticipo che se si vuole fare pubblicità a un servizio, poi quel servizio bisogna anche poterlo erogare?

E non ci si lamenti poi nemmeno del fatto che c'è un alto abbandono all'università, altro mantra tanto caro agli opinionisti e agli amanti della statistica nel Belpaese. Infatti se uno voleva iscriversi a Fisica perché gli piaceva la fisica, perché magari si era appassionato alle Masterclass, a un caffè scientifico sulle onde gravitazionali o a una delle tante manifestazioni organizzate per accalappiare studenti in questi ultimi anni, e non trovando posto si iscrive a Ingegneria o a Chimica, è molto probabile che abbandoni, perché Fisica non è Ingegneria né Chimica! Quindi questo sistema, tra le altre cose, favorisce implicitamente anche l'abbandono universitario.

E non si dica nemmeno che il numero di studenti deve essere commensurabile al numero di posti assimilabili dal mondo del lavoro! Perché se questo dovesse essere lo strumento per decidere quanti possono iscriversi, i posti dovrebbero essere 4 o 5 ogni anno al massimo, altro che 150. Con il ritmo con cui vengono banditi i concorsi per ricercatore in Italia, se il numero di iscritti dovesse essere pari a chi può sperare di diventare ricercatore altro che numero chiuso, ci vorrebbero i soldati col mitra e i cavalli di Frisia davanti ai dipartimenti scientifici per scoraggiare gli studenti.

Il motivo per cui, giustamente, si auspica un sempre maggiore interesse verso le facoltà scientifiche, è che una laurea scientifica produce competenze e specializzazioni, e soprattutto un modo di approcciare i problemi e - permettetemi - di vedere il mondo, che possono essere utilizzati e rivenduti in settori delle attività umane anche molto diversi da quello della ricerca. Uno dei motivi per cui gran parte degli studenti di dottorato in materie scientifiche negli USA proviene da paesi in via di sviluppo è proprio questo: formare persone competenti. Persone competenti che poi in patria o altrove andranno a fare attività magari anche molto diverse da quelle per cui hanno studiato, ma che beneficeranno comunque del metodo imparato studiando scienza. Questo è vero anche in Italia, o per lo meno sarebbe vero, soprattutto se fossimo un po' meno Repubblica delle Banane... 

Invece noi cosa abbiamo fatto? Ci lamentiamo continuamente che in Italia la scienza non è tenuta in giusta considerazione, e che le facoltà scientifiche non hanno abbastanza iscritti. Quindi per invogliare i giovani a scegliere una facoltà scientifica organizziamo eventi mediatici di tutti i tipi a destra e a manca, salvo che, quando i giovani poi finalmente cominciano a fare questa scelta, chiudiamo loro la porta perché non abbiamo le aule, i laboratori, le sedie e gli insegnanti. A me sembra un comportamento un po' schizofrenico o forse, usando un termine un po' più tecnico, un comportamento alla cazzo.




domenica 4 settembre 2016

Fotografare l'universo quando era appena nato (e col televisore di casa!)

Questo articolo parla di due cose al limite del fantastico.

La prima è fotografare oggi l'universo quando aveva solo 400mila anni di vita. Adesso ha quasi 14 miliardi di anni. Come se un uomo di 80 anni si facesse un selfie immortalandosi quando era nato appena da 20 ore.

La seconda è che è possibile scattare fotografie simili col televisore di casa.

Il nostro universo è pieno di galassie, e la sua temperatura media è di pochi gradi sopra lo zero assoluto. Nonostante sulla terra in media si stia benino (se si escludono i treni dei pendolari d'estate) e all'interno delle stelle ci siano addirittura decine di milioni di gradi di temperatura, in media l'universo è molto freddo: 270 gradi sotto zero, o giù di li. Però sappiamo che l'universo non è sempre stato così, e in passato è stato addirittura più caldo dei treni dei pendolari quando non funziona l'aria condizionata.

Un primo indizio sul fatto che l'universo in passato doveva essere diverso da quello attuale ci viene dall'osservazione che le galassie si allontanano reciprocamente. L'impressione è che si allontanino da noi, ma in realtà anche noi ci allontaniamo dalle altre galassie, e quindi è solo una conseguenza del nostro punto di vista se ci sembra che tutti gli altri ci schifino e se ne vadano distante.

Pertanto se le galassie si allontanano a vicenda, possiamo pensare di mandare il filmato all'indietro e ipotizzare che in passato esse fossero tra loro più vicine di quanto non siano adesso. E continuando su questa strada possiamo chiederci come doveva essere l'universo se potessimo mandare il filmato molto all'indietro. Possiamo tentare di dare questa risposta fintanto che le nostre conoscenze di fisica tengono botta nel descriverci un insieme di materia (l'universo all'inizio del filmato) in cui la materia stessa era sempre più pressata.

Quindi possiamo chiederci una domanda fondamentale: se supponiamo sia lecito fare il rewind del filmato fino a quando la materia era molto densa e concentrata, quali erano le condizioni di un universo siffatto? E soprattutto, queste condizioni certamente diverse da quelle attuali, hanno lasciato qualche indizio della loro presenza che si è tramandato nel tempo fino a noi, tanto da essere osservabile ancor oggi?

Una doverosa parentesi: lasciamo perdere per ora il fatto che mandando  troppo indietro il filmato si arriverebbe a condizioni di densità idealmente infinita. Le nostre conoscenze di fisica non sono capaci di descrivere situazioni simili, ma per quello che diremo non ci interessa. Qui stiamo solo prendendo atto che l'universo si espande, anche se non sappiamo perché, e ci chiediamo come poteva essere quando, pur avendo già iniziato la sua espansione, era molto più denso. Certo, ci piacerebbe sapere che cosa ha causato l'espansione dell'universo, e descrivere le condizioni della materia in quel frangente, ma per adesso ci accontentiamo. Chiusa la parentesi.

Quindi, ritornando al nostro filmato riavvolto, supponiamo di poter descrivere, utilizzando le leggi della fisica che conosciamo, le condizioni dell'universo primordiale a inizio filmato (anche se non proprio l'inizio-inizio). E supponiamo anche di scoprire che, applicando le leggi della fisica che conosciamo, quelle condizioni cosi diverse da quelle presenti nell'universo odierno debbano aver necessariamente lasciato tracce specifiche della loro peculiarità, non spiegabili in altro modo, che si sono preservate nel tempo fino ad oggi. E supponiamo di poter rilevare, tramiti appositi esperimenti, queste tracce nell'universo di oggi, esattamente come previste dal modello di quell'universo primordiale, allora ci troveremmo in mano una prova scientifica a supporto della nostra ipotesi su come doveva essere l'universo primordiale.

Se ad esempio questa teoria strampalata sull'universo primordiale ci prevedesse, che so, che guardando in giro per l'universo la percentuale di elio sul totale degli elementi chimici deve essere in media del 25%, e poi andando a misurare dovessimo trovare che in effetti l'elio rappresenta proprio il 25% della materia nucleare che c'è in giro, beh, questa sarebbe un po' più di una coincidenza. E' come dire che se faccio una teoria su come si muovono i pianeti e questa teoria mi prevede che certe strane anomalie del moto di Urano sono spiegabili dalla presenza di un altro pianeta ancora sconosciuto, e mi dicesse che questo pianeta si trova in un certo punto particolare, e andando a puntare il telescopio quel pianeta ce lo trovo per davvero, allora vuol dire che quella teoria non può essere proprio sbagliata-sbagliata, perché è stata capace non solo di spiegare, ma anche di prevedere dei fenomeni! (per inciso, questo è proprio quello che è successo con la scoperta di Nettuno, in seguito all'osservazione di anomalie nel moto del pianeta Urano, previste dalla teoria della gravitazione di Newton).

Adesso che abbiamo capito come procedere, chiediamoci che condizioni dovevano caratterizzare un universo primordiale siffatto. La prima conseguenza sulle caratteristiche dell'universo di quasi-inizio filmato è che, come conseguenza dell'alta densità della materia, esso doveva essere molto caldo. Incredibilmente caldo. Tanto più caldo tanto più mandiamo indietro il filmato. E questa temperatura doveva essere capace di disgregare la materia come la conosciamo oggi nei sui componenti fondamentali. Quelle particelle che si studiano oggi nei laboratori tipo il Cern, tanto per capirci.

Questa caratteristica, ovvero l'universo primordiale caldo, è sostanzialmente quello che generalmente viene chiamata "teoria del big-bang". Una teoria che non parla dell'istante zero, la grande esplosione o frasi fatte del genere, tutto cose di cui al momento sappiamo dire ZERO (nonostante qualcuno ogni tanto si prenda molto sul serio su questo argomento), ma piuttosto un modello per descrivere l'universo "nato da poco" - qualunque cosa questo possa significare - e in espansione, in cui vigevano condizioni di alta temperatura e densità, e trarne quindi le conseguenze sulla sua successiva evoluzione. Punto.

E questa teoria del big bang, dove il big bang non è l'inizio dell'universo, ma una situazione "poco dopo l'inizio", ammesso che ci sia stato un inizio, in cui l'universo era denso, caldo e in espansione, è un dato di fatto. Non è messa in dubbio, come certi dicono affermando "eh... ma non si sa mica se c'è stato il big bang!". Se per big bang intendiamo, come fanno gli scienziati, che in passato l'universo era molto diverso da quello attuale, molto più denso e caldo, questo è un dato di fatto, e vedremo adesso perché lo è. L'esplosione, il tempo zero, o quello che c'era prima, li lasciamo per ora volentieri fuori della porta, anche perché, nonostante ogni tanto qualcuno ci provi, non ne sappiamo sostanzialmente niente.

E allora usiamo le nostre conoscenze di fisica per descrivere questo tipo di universo così diverso dal nostro, un universo molto denso e caldo, che nel frattempo si espande. Non sappiamo perché si espande, e non ci interessa per il momento. Vorremmo saperlo, certo, ci piacerebbe, ma per quello che serve a descrivere l'evoluzione di questo universo non è cruciale.

E la prima cosa che impariamo è che un universo molto caldo, mentre si espande si raffredda, come succede a un gas quando si espande. Come l'aria calda che sale, si espande e si raffredda, e per questo in montagna fa più freddo, nonostante le montagne siano un po' più vicine al sole di Milano Marittima.

Tuttavia se la densità della materia è sufficientemente elevata, nell'universo di questo tipo possono succedere molte cose diverse in poco tempo.