giovedì 1 marzo 2018

La storia del cervello, che ne utilizzeremmo solo il 10%.

Una storia che si sente dire spesso è che gli esseri umani utilizzino solo il 10% del loro cervello, lasciando quindi intendere che avremmo capacità incredibili di cui non ci rendiamo conto, che stanno lì inutilizzate, e che potremmo invece sfruttare.

Se non lo sapete già, questa affermazione è una colossale scemenza. E adesso vi spiego perché.

Di gran moda nel mondo dei new-agers, il motivo principale che sta sotto alla diffusione di questa diceria - diciamolo chiaramente - è quello di venderti libri, corsi, seminari e metodi pratici per imparare a sfruttare questo restante 90% che altrimenti starebbe lì a girarsi i pollici.

L'altro motivo per cui questa storia è così diffusa è quello di giustificare con le capacità sopite del nostro cervello i vari presunti poteri della mente, le capacità divinatorie, il saper spostare gli oggetti col pensiero e tutto il resto del campionario che ben conosciamo.

Ma vediamo il motivo per cui questa affermazione è, dal punto di vista scientifico, un'assurdità.

Il cervello è un organo che richiede all'organismo un grande sforzo per funzionare. Un enorme sforzo. Pur essendo la sua massa, in percentuale, soltanto circa il 2% della massa corporea (raggiunge al massimo 1.5 Kg di peso), esso consuma in un adulto il 20% dell'ossigeno assimilato, e fino al 50% in un bambino (fonte). Oltre all'ossigeno, il cervello umano richiede quindi cibo e riposo, e anche un grosso occhio di riguardo, perché se si ammala, se si guasta o si "rompe", si rischiano guai seri. Insomma, non serve certo sottolineare che un cervello funzionante è qualcosa di cui non si può fare a meno per vivere.



L'evoluzione ci insegna poi che l'esistenza di ogni specie è un perfetto compromesso tra costi e benefici. Ciò che permette la perpetuazione delle specie viventi è infatti la loro capacità di sopravvivere fino alla riproduzione. Non è necessario essere perfetti, tipo saper volare, correre, avere la corazza, la visione a infrarossi, e saper digerire le pietre, tutto assieme. Non serve avere superpoteri, ma basta trovarsi la propria nicchia ecologica e riuscire a vivere fino all'età riproduttiva, in modo da passare i propri geni alla prole, che è poi il motivo per cui una specie esiste nel tempo. Dopo di questo se ti viene il cancro, l'Alzheimer, l'ernia o il mal di schiena, o se la femmina appena messa incinta ti divora, come succede in alcune specie, la natura se ne fotte. Il perpetuarsi della specie è garantito, per definizione, dalla possibilità della specie di riprodursi. Quello che ti succede dopo non conta.

E quindi, visto che il filtro che fa sì che una specie esista o si estingua è la sua capacità di riprodursi efficacemente, tutte le zavorre inutili che il nostro corpo potrebbe avere, tutto ciò che rende una specie più vulnerabile, diventa automaticamente una caratteristica svantaggiosa, che può farti ammalare senza esserti d'aiuto in altri modi, e che può quindi precluderti il raggiungimento dell'età adulta, e quindi la possibilità di riprodursi.

Il ghepardo, ad esempio, ha ossa delle zampe leggere e lunghe, che gli permettono di correre veloce, e quindi cacciare efficacemente, e quindi procacciarsi il cibo per sopravvivere e riprodursi. Se - mettiamo - il ghepardo avesse le ossa ancor più leggere e le zampe ancor più lunghe, riuscirebbe sicuramente a correre più velocemente di quello che già sa fare, e quindi a uccidere gazzelle con maggiore efficienza. Tuttavia sarebbe anche a maggior rischio di fratture ossee o distorsioni. E un ghepardo con la zampa rotta è un ghepardo che non può cacciare, e quindi è un ghepardo morto. E un ghepardo morto difficilmente si riproduce. E quindi la struttura del ghepardo attuale è il giusto compromesso che gli permette di sopravvivere cacciando con efficienza senza tuttavia rompersi le ossa troppo spesso, tanto da arrivare a riprodursi in numero sufficiente da garantire la perpetuazione della specie. I ghepardi che - sfiga loro - hanno avuto geni che li rendevano ancora più snelli e agili, sono stati fatti fuori dal filtro della selezione naturale. E quindi, in analogia con la storia del cervello, un ghepardo che avesse zampe lunghissime ma non utilizzate (al 90%!) sarebbe un controsenso.

E' come se l'elefante avesse anche le ali. Ha le ali ma - poverino - ciccione com'è, non le può usare. Però ce le ha lo stesso, e se le porta in giro per la savana inutilizzate, e queste ali gli si impigliano sempre fra i rami, nonostante lui cerchi di tenerle ben piegate sulla schiena, e i leoni ogni tanto gliene strappano una, che poi gli fa infezione e muore. Un eventuale elefante di questo tipo sarebbe stato spazzato via dalla selezione naturale, perché le ali inutilizzate sarebbero state soltanto un ostacolo alla sopravvivenza.

Oppure immaginate che fra i panda giri la voce, messa in giro dai panda-santoni, che il panda avrebbe una fila di denti da squalo che gli permetterebbe di azzannare e sbranare le altre bestie, "ma non ce lo dicono!!1!". Potrebbero mangiare di tutto, dal torrone al sushi, ma nonostante questo si ostinano a mangiare solo bambù rischiando di estinguersi. Sarebbe una cosa priva di senso, perché questa fila di denti segreti ogni tanto produrrebbe ascessi, si infetterebbe, e vista la cronica assenza di dentisti fra i panda, costituirebbe un problema.

La natura, insomma, quello che non viene usato lo toglie di mezzo. Vedi la coda, che noi umani avevamo un tempo, e che adesso è scomparsa, perché portarsi dietro una coda senza usarla sarebbe stato soltanto un impiccio. Sarebbe stata una parte del corpo che avrebbe potuto ferirsi, infettarsi, ammalarsi, essere agguantata dai predatori, senza dare niente in cambio. E questo avrebbe potuto precludere la possibilità di arrivare all'età della riproduzione. Ovviamente non c'è stato alcun disegno in questo, come sempre avviene per l'evoluzione. E' solo che avere i geni che ti garantivano una lunga coda pelosa era semplicemente una sfiga, visto che non stavi più a penzolare sui rami, e la tua attività era invece quella di camminare su due zampe. E quindi questi geni svantaggiosi sono stati automaticamente eliminati nel tempo dal fatto che i loro possessori arrivavano con maggiore fatica all'età riproduttiva.

Per il cervello è la stessa cosa. Avere un 90% di cervello che faccia solo da zavorra e che stia lì inutilizzato, in attesa del santone new-age che ci spieghi come riportarlo in vita, è semplicemente un controsenso della natura. Anche perché sappiamo, tra l'altro, che le cellule cerebrali non utilizzate tendono al decadimento. E visto il fabbisogno di energia del cervello umano, se esso potesse fare a meno di alimentarne quel 90% inutilizzato solo per tenerlo lì, l'intero organismo ne guadagnerebbe in sopravvivenza. Quindi la storia del 90% del cervello inutilizzato è innanzitutto un'affermazione ampiamente smentita dall'osservazione delle specie viventi. Una scemenza, in pratica.

Poi in effetti è vero che tanta gente ha il cervello usato soltanto per separare le orecchie, ma questo è un altro discorso.

Per saperne di più: Scientific American, e Wikipedia.
E poi c'è il libro del mio amico Gianluca Giusti: Oscuramente.



11 commenti:

  1. C'è però qualcosa che sembrerebbe andare, se non nella direzione del "10%", almeno in quella che posso definire solo con un giro di parole: cose che non rientrano nelle nostre abitudini e nei nostri modi di pensare consueti si imparano e si memorizzano molto più facilmente di altre. Se non temessi di suscitare le ire dell' Autore, direi che si tratta di immagazzinare le nuove informazioni in cassetti di memoria che erano vuoti, invece di cercare di inzepparle nei cassetti di uso normale che sono già pieni.

    Per dire: io parlo cinque lingue europee, diverse tra loro ma tutte basate su radici indeouropee e perciò basate sulla stessa logica. In passato, per motivi professionali mi trovai a dover cercare di apprendere rapidamente il cinese. Rimasi stupito dalla straordinaria rapidità con cui facevo progressi: questo perché la logica della lingua è talmente diversa, che le informazioni relative non dovevano andare nello stesso cassetto delle altre.

    Ancora: quando sono andato in pensione, mi sono scelto come hobby la collezione di macchine fotografiche d'epoca. Pur non avendo ovviamente più la memoria di un ragazzo, non mi è costato alcuno sforzo intellettuale particolare immagazzinare in breve tempo un'enormità di dati circa marche, modelli, caratteristiche, valutazioni ecc. Eppure, tenere a mente i dati e i fatti che ho maneggiato per lavoro per quarant'anni cominciava a pesarmi, e mi sono messo in pensione proprio per quello: quei cassetti lì erano troppo pieni.

    Non credo di essere un caso unico, e quindi mi interesserebbe sapere se il fenomeno sia noto scientificamente.

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    1. Il fenomeno che noti può essere descritto in termini di "meta-cognizione": quando impari nozioni nuove impari anche COME memorizzarle. Solitamente sono capacità meno consapevoli delle nozioni memorizzate, si affinano con lo studio e l'età. Es. banale: quando impari una poesia a memoria a scuola non solo accresci il tuo bagaglio culturale, ma impari anche COME memorizzare nuove informazioni. Ti suggerisco gli studi di George A. Miller: sono datati, ma il solco è quello, e poi si spiega bene. Per quanto riguarda invece i dati del tuo passato lavoro, beh, per memorizzare un fattore importante è la motivazione a imparare cose nuove o ritenere informazioni vecchie. Insomma, la mente non solo ragiona sul mondo, ma anche su se stessa.

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    2. Sì, credo anch'io che la motivazione sia cruciale, e forse ancora di più la novità assoluta, come scriveva ebonsi. Interessante anche la riflessione della mente su se stessa: può perfino succedere che, aiutati, si scoprano cose di sè che non si sapevano affatto, e che invece sono evidenti a tutti gli altri.

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  2. Bah... io di gente che (apparentemente) usa solo il 10% del cervello ne vedo in giro un sacco :-p

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  3. Eppure c'è del vero nella leggenda del cervello sottoutilizzato, almeno per quanto riguarda le capacità che identifichiamo genericamente come "intelligenza".
    Basta guardarsi attorno per individuare molti, troppi casi di persone che utilizzano solo una minima parte delle capacità mentali di cui (teoricamente) dovrebbero essere dotate.
    E non sembrano nemmeno destinati all'estinzione! :)

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  4. Ovviamente è tutto vero (quello che scrivi nel post). Credo che la panzana nasca da un equivoco. Probabilmente è stato detto che il cervello utilizza il 10 % (io avevo letto il 5 ma anche il 25, c'è anche disaccordo ...) alla volta delle proprie risorse. Si tratterebbe quindi del ben noto fenomeno dell'attenzione, né più né meno. Ed è un'affermazione paragonabile a dire che mentre scrivo utilizzo solo il 2 % del mio campo visivo perché sto guardando alternativamente la tastiera e una piccola parte dello schermo mentre il resto fa da sfondo. Sarà ma non ho bisogno di guardarmi i piedi mentre scrivo né potrebbe aiutarmi in alcun modo. Anzi sarebbe uno spreco di risorse.
    Che sia possibile aumentare in qualche misura le proprie facoltà mentali credo sia possibile comunque. Probabilmente le percentuali di cervello utilizzato/inutilizzato non cambierebbero comunque di molto e ciò avverrebbe con fatica e spesa di energia ulteriore, quindi per il poco tempo necessario. Probabilmente questo avviene anche senza addestramenti particolari nei casi in cui il cervello sia sollecitato a farlo (situazioni di pericolo, stimoli particolari). C'è comunque un limite certo e praticamente invalicabile: il flusso ematico e la pressione intracranica. Se anche consentissimo al cervello (ammesso per un attimo che sia possibile) di funzionare al massimo teorico delle sue possibilità, non solo questo si papperebbe glucosio e ossigeno e ritmi tali da esaurirne le riserve ematiche, ma richiamerebbe tanto sangue che il cranio non potrebbe più contenerlo. Si è visto in risonanza magnetica funzionale che le aree cerebrali utilizzate richiamano più sangue delle altre. Se tutto il cervello funzionasse a pieno regime avrebbe bisogno di essere iperirrorato, ma appena la pressione nel cranio raggiungesse un valore critico il cuore non potrebbe vincere la resistenza.

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    1. Dimenticavo un particolare non trascurabile. Esiste una condizione in cui il cervello funziona a un regime molto più alto del normale. In cui le cellule nervose emettono impulsi ad un ritmo frenetico e inducono le altre a fare altrettanto finché tutto il cervello raggiunge quello che davvero è il suo limite massimo di utilizzo. Si chiama "stato di male epilettico" e se non viene trattato porta a gravi danni cerebrali e successivamente alla morte.

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  5. Mi sono sempre chiesto se questa storia del 90% inutilizzato del cervello non nasca dalla difficoltà che si aveva un tempo ad attribuire un ruolo alle cellule della glia.
    Ricordo infatti che quand'ero bambino si diceva che esse costituissero appunto il 90% e non si conosceva o non avevano nessuna funzione ( a seconda della versione...).

    E già allora ( negli anni '60) questa storia del potenziale non utilizzato del cervello circolava.

    Dal non conoscerne la funzione all'immaginare che fosse un potenziale a disposizione il passo poteva essere breve.

    Le risulta che ci sia un possibile collegamento?

    E' un po' come il DNA non codificante, con troppa fretta chiamato assurdamente DNA spazzatura...

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    1. Negli anni 90 e fino a poco tempo fa le cellule della glia erano considerate un indispensabile supporto alla vita e al funzionamento dei neuroni. Recentemente è stato ipotizzato che abbiano anche ruoli legati all'informazione ma non so molto su questo argomento né se l'ipotesi abbia trovato qualche conferma. E' vero che costituiscono la maggior popolazione cellulare e la maggior parte della massa del sistema nervoso. Se però l'equivoco nascesse da qui basta dire che o non hanno funzioni legate all'informazione e allora non gliele si possono chiedere, o le hanno e allora già lo fanno.

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  6. inutile la coda? Per tenere l'ombrello quando ho le borse della spesa in mano, per esempio, la troverei utilissima!

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