domenica 17 gennaio 2016

Digital divide: ognuno ha il suo

Riflessioni semiserie sulla padronanza delle nuove tecnologie


Mio padre all'età di 85 anni ha voluto il PC. Oddio, non ha proprio insistito, anzi non l'ha nemmeno chiesto, ma era da un po' che si capiva che gli sarebbe piaciuto ma non aveva il coraggio di dirlo, sempre a buttare lì "...eh, certo, se uno avesse il computer...", e ogni volta che gli facevo vedere casa sua dal satellite di google earth sembrava un bambino di fronte alla vetrina dei giocattoli.

E quindi a un certo punto gli ho comprato un portatile. Gli ho spiegato le cose fondamentali mentre lui, diligente come uno scolaro del primo banco, prendeva appunti. Dentro di me ero convinto che sarebbe stata una mission impossible, e invece tutto sommato se la sta cavando bene. Per lo meno ci passa il tempo, che a 89 anni - età che ha adesso - non è male.

Certo, quando vado a trovarlo devo fargli tutti gli aggiornamenti, perché al telefono mi dice "mi ha scritto il computer che devo cambiare firefocs". Per lui "il computer" è una specie di entità vivente, come Hal di 2001 Odissea nello spazio, che gli parla direttamente.

Certo, ogni tanto mi dice che "non c'è più gmail" (l'hanno tolto durante la notte e il primo al mondo a protestare è mio padre).

Certo, crede che tutto quello che si trova su internet qualcuno lo abbia messo dentro al suo computer. Qualcuno che sa tutto di tutto, dalla relatività generale alla vita privata di Balotelli.

Certo, prende per oro colato tutto quello che c'è scritto sul computer, e mi dice cose tipo: "il computer dice che il kiwi fa molto bene, ma le patate è meglio evitarle".

Certo, crede che Skype sia Sky per i computer, e non c'è verso di farglielo pronunciare correttamente.

Certo, per motivi misteriosi gli scompare sempre il simbolo dell'altoparlante in basso a destra, oppure quello del microfono, e quando ci parlo con Skype ci guardiamo col video del PC ma per sentirci a vicenda dobbiamo usare il cordless.

Certo, con frequenza settimanale mi dice che va tutto bene ma non riesce più a masterizzare i CD.

Certo, non si capisce perché debba masterizzare i CD mettendoci sopra i files che ha già sul PC.

Ma a parte tutto questo si è scansionato da solo (perché gli ho comprato anche lo scanner!) qualche centinaia di foto di suo padre (mio nonno) quando era in Albania durante la guerra, un'impresa che a tavolino avrei giudicato più complessa di un viaggio umano su Marte, e invece ci è riuscito. Certo, invece di salvare tutte le foto in un'unica cartella ha creato una cartella per ogni singola foto, e le ha archiviate tutte annidate una dentro l'altra, tutte con lo stesso nome, in uno spaventoso loop di cartelle dentro altre cartelle che anche a volerlo fare apposta prima o poi qualche file salvato normalmente sarebbe scappato a chiunque, ma non a lui.




E' il digital divide, ovvero la difficoltà per chi è cresciuto nell'epoca pre-informatica di interagire con i computer e la tecnologia moderna. E' quella "sindrome" che si manifesta in tutto il suo fulgore quando vedi la gente al reparto verdura della Conad che per selezionare le carote sullo schermo touch spinge la bilancia col dito fino a farla inclinare di 45 gradi. Io ci rido, ma in realtà c'è poco da ridere.

Sì, perché ho parlato di mio padre, ma adesso parliamo del figlio di mio padre...

Il figlio di mio padre fa il ricercatore in fisica delle particelle, e fino ai primi anni 2000 per il suo lavoro utilizzava il Fortran. Il Fortran era il linguaggio di programmazione scientifico per eccellenza, quello usato per fare analisi dati (gli informatici dicevano: "il Fortran!!! Ma sei matto!!!!" Ma è un linguaggio da trogloditi!).

Dicevo che il figlio di mio padre nei primi anni 2000 usava il Fortran, e lo sapeva anche usare bene. In Fortran scriveva subroutines, concatenava programmi, usava i common con nonchalance e si permetteva addirittura virtuosismi tipo fare il prodotto al posto della divisione, quando era possibile, perché era un filo più veloce, anche se solo un filo. 

E insomma col Fortran il figlio di mio padre ci sapeva fare tutto quello che gli serviva. Non solo, ma lo sapeva fare anche velocemente. Tu gli davi uno schermo vuoto, e lui capace che in un paio d'ore te lo riempiva con un "toy Montecarlo" che generava in modo casuale n eventi distribuiti secondo una distribuzione predefinita, e studiava come le fluttuazioni statistiche potevano influenzare il risultato di un'analisi.

Il figlio di mio padre sapeva anche capire cosa faceva un programma in Fortran scritto da altri, cosa che ti capita spesso di dover fare se per lavoro fai il ricercatore. Ti danno qualche decine di migliaia di righe di codice e devi capire dove sta la parte che ti interessa, come passano le variabili da una parte all'altra del programma, etc. Il figlio di mio padre tutto questo lo sapeva fare bene.  Non era sicuramente un programmatore provetto, cosa che peraltro non gli interessava proprio, ma se la cavava più che bene per fare il lavoro di ricercatore. Eh sì, perché lo scopo di un ricercatore non è quello di programmare da dio (cosa che agli informatici non sta proprio in testa) ma quello di produrre risultati scientifici, o che vorrebbero essere tali. Il computer, per un ricercatore, non è il fine ma un mezzo.

Poi però, un po' dopo il 2000, come la locomotiva di Guccini lanciata contro l'ingiustizia (l'ingiustizia, secondo gli informatici, era il Fortran), nel mondo della fisica delle particelle prorompe il C++.

Per uno che di mestiere non fa l'informatico, nato e cresciuto con il Fortran, guardare per la prima volta un programma scritto in C++ è paragonabile a un'esperienza paranormale. E' come guardare una cosa palesemente assurda e chiedersi dove sta il trucco. E anche per il figlio di mio padre è stato così.

Tipo quando spulciava un codice (scritto da altri) per capire dove stava la parte importante, quella che "faceva" le cose, e quando credeva di averla trovata scopriva che la parte importante non faceva niente. "Sembrava" non fare niente! Due righe di codice in tutto. Si aspettava, il figlio di mio padre, di trovare un'iradiddio di roba, for, if, else..., e invece c'era soltanto qualcosa messo fra parentesi, qualche "&" qua e là, una lista di nomi e basta, finito. Doveva calcolare l'energia di una particella? Bastava metterci di fianco "E()", e quello gli dava l'energia. Non era una particella sola ma cento? Sempre "E()" di fianco, uguale. Non era nemmeno una particella ma un'altra cosa? Sempre "E()". Era un Minollo? "E()"! Per trovare l'energia di qualunque cosa bastava appiccicarci di fianco "E()".

Che gli veniva da dire, al figlio di mio padre, "macheccazzo, ma che è, "intelligente" questo programma?" Capisce da solo cosa deve fare? Come i computer dei film, dove l'attore preme quattro o cinque tasti, che senti in sottofondo un clic clic clic frenetico, e il computer in un paio di secondi ti scopre il bosone di Higgs e ti fa vedere il valore della massa bello lampeggiante a tutto schermo. L'impatto col C++ per uno che viene dal Fortran è uguale.

E quindi, siccome non si può andare contro l'innovazione, e bisogna farsi coraggio e scendere dagli alberi (avete mai letto "Il più grande uomo scimmia del Pleistocene"? Leggetelo, è divertente) il figlio di mio padre, a metà strada fra i 40 e i 50, si mette il cuore in pace e comincia a studiare il C++.

E scopre una cosa. Scopre che se vai per i 50, e sei cresciuto col Fortran, e vuoi riciclarti nel C++, un laureando che da subito ha studiato C++ (e se ne fotte di non sapere neanche cos'è il Fortran) è molto ma molto più bravo e veloce. Può anche avere 300 pubblicazioni scientifiche su prestigiose riviste internazionali, e avere presentato il suo lavoro a importanti conferenze, ma non c'è comunque storia. Come quei bambini italiani all'estero che a un anno vanno all'asilo e parlano l'inglese molto ma molto meglio del padre e della madre, nonostante il capitale speso in corsi alla British, e li correggono quando "the" lo pronunciano "ze".

E quindi adesso il figlio di mio padre, sì, d'accordo, ha imparato il C++, ma in pratica lo usa come se fosse il Fortran. Come usare la Ferrari per andare da casa all'Ipercoop. Non so se il C++ può essere paragonabile alla Ferrari (gli informatici avranno da ridire di sicuro, "il C++!!! Ma sei matto!!!", Ma è un linguaggio da trogloditi! (qualunque linguaggio voi usiate, gli informatici vi diranno sempre che fa schifo e vi consiglieranno: "Usa piuttosto il XGh_7.2!!!!", noto a loro e altre 12 persone al mondo)). Notate per favore la finezza della doppia parentesi aperta e chiusa nell'inciso precedente, molto nerd, proprio per accattivarsi gli informatici dopo tutto questo sparlarne.  Sto divagando.

Dicevo che il figlio di mio padre adesso, per lavoro, programma in C++, ma se gli dai uno schermo vuoto e gli dici di scrivere un toy Montecarlo che simula gli eventi e studia la statistica e fa i plot e tutto quanto, ci mette il triplo del tempo di quando usava il Fortan.

E poi senza un template, un esempio di programma, il figlio di mio padre è perso.  Dovrebbe stare continuamente a consultare il manuale per ogni riga di codice, perché non si ricorda mai se ci va la virgola, i due punti, la &, la quadra, la graffa.... E' come il pane fatto con la pasta madre, che se finisce la pasta madre non puoi più fare il pane. Come i vermetti per fare lo yogurt, che se ti muoiono niente più yogourt. Il figlio di mio padre col C++ è uguale.

Il figlio di mio padre programma in C++ e ci fa l'analisi dati a LHC, ma non c'è niente da fare, un dottorando di 25 anni in confronto va come un eurostar. E se c'è un problema, è al dottorando che deve chiedere, mentre una volta, col Fortran, era il contrario.

Il figlio di mio padre quando "applica un metodo" in C++ mette il punto, e se poi quando compila dà errore, allora lo sostituisce con la freccetta, perché se non è uno è l'altro (informatici, ridete, dai! Questa la capite solo voi, è il vostro momento! Così vi svagate un po'!).

Il figlio di mio padre compila anche dopo aver aggiunto un semplice commento, perché col C++ non si sa mai, se per caso ti dimentichi di chiudere una graffa ti sputa fuori 8000 righe di errore ma non ti dice che non hai chiuso una parentesi.

Il figlio di mio padre, insomma, di fronte alle nuove tecnologie informatiche appare a un dottorando, a un laureando, a un borsista che ha la metà dei suoi anni, come mio padre appare a me: un imbranato un po' tenero, che si ostina a usare cose più grandi di lui facendo una fatica bestia. Uno che tutto sommato ce la fa, ma ci mette dieci volte più tempo di chi ha 30 anni di meno. Insomma, uno di quelli che a scuola ai colloqui alla madre le dicevano (un po' sottovoce, per non offendere): "signora, suo figlio lo sa anche lei.... è quello che è... però ha di bello che è tanto volenteroso!"

Il figlio di mio padre si autoconsola dicendosi che se a Fermi a un certo punto sul più bello gli avessero imposto il C++, col cavolo che adesso lo leggevamo sui libri di fisica. Ti immagini Fermi che diceva agli altri del gruppo di Via Panisperna: "ragazzi, oggi sono bloccato, sono passati a scientific linux 6 e non compila più niente!" (ma forse Fermi ce l'avrebbe fatta lo stesso anche col C++. Forse, ma non è detto!).

Ma soprattutto il figlio di mio padre sa, facendo il mestiere di ricercatore, che proprio per questi motivi oggi più che mai la ricerca è fatta soprattutto dai giovani, e che, tanto per dire, senza i giovani non esisterebbe LHC, non si sarebbe scoperto il Bosone di Higgs e più in generale non si potrebbe fare niente di quello che adesso chiamiamo scienza. Perché il digital divide prima o poi colpisce tutti, ricercatori qualunque e premi Nobel, ma per fortuna c'è sempre qualcun altro sufficientemente giovane e con la mente pronta che sa prendere il testimone e andare avanti.






3 commenti:

  1. Sei un mito.
    firmato
    un informatico :)

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  2. Anche a mio padre sarebbe piaciuto avvicinarsi a queste tecnologie e sopratttutto al Web quando ne avesse scoperto l'illimitato accesso a informazioni di ogni tipo ( a lui piacevano molto la Storia la Geografia le Scienze Naturali), avrebbe scoperto un mondo, ma se ne è andato prima che comprassi il mio primo pc un Imac che avevo 40 anni e già io ricordo le numerose chiamate al tecnico perchè mi si impallava tutto, che ansie.
    Mia madre invece si ostina ancora a chiamare persino il telecomando Tv 'Pulsantometro' della serie 'parla-scrivi' di Orwelliana memoria :) e nemmeno è riuscita a prendere confidenza con i normali cellulari.
    Lo smartphone per lei è un oggetto alieno.
    Comunque in effetti ora personalmente quasi 60 enne, arranco sempre più dietro queste tecnologie che si sviluppano velocemente.
    Per fortuna ho qualche contatto con amici più giovani in grado di darmi qualche dritta e venire in mio soccorso quando proprio non mi riesce di capire e fare qualcosa.
    E' che loro danno per scontato talmente tanto di conoscenze informatiche che a volte le spiegazioni che a loro paiono di semplicità assoluta sembrano aramaico.

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  3. Io ho avuto la stessa tua reazione, passando dal C++ al Python (non sono un fisico mi occupo di film d'animazione e videogames). Ora mi ci sono abituato ma le prime volte pensare a un linguaggio senza parentesi, tipi di dati, e che la tabulazione è parte integrante della sintassi era da matti.

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