Un risultato improbabile non giustifica una teoria strampalata
Quello che segue potrà sembrare un po' pedante. Però è
una pedanteria necessaria per comprendere in una luce differente la metodologia
scientifica, in particolare in quei casi per i quali la scienza appare, a chi
non è addentro ai suoi meccanismi, eccessivamente conservativa e restia ad
accettare le novità. Impareremo invece che il dubbio e lo scetticismo verso il
risultato nuovo e eclatante rappresentano ingredienti fondamentali per il
progresso della conoscenza, e servono a evitare colossali cantonate.
Cominciamo con un esperimento concettuale. Vogliamo
verificare una teoria che fa previsioni specifiche su una particolare grandezza
fisica, e quindi mettiamo a punto un esperimento per misurare la grandezza
fisica in questione, al fine di controllare se il risultato ottenuto sia in
accordo o meno con quanto previsto dalla teoria stessa. Le misure che facciamo,
come per ogni misura definibile scientifica, sono affette da una loro
incertezza sperimentale, che dipende in generale da quante misure abbiamo fatto
(la cosiddetta statistica) e dal metodo utilizzato (la cosiddetta sistematica).
Tutto questo si traduce nel fatto che il risultato della misura non sarà un
singolo valore perfettamente definito, ma piuttosto un valore "piu’ o meno"
qualcosa, ovvero il nostro risultato risiederà all’interno di un certo
intervallo di valori, la cui ampiezza dipende dalla precisione della misura:
più l’intervallo di valori è stretto, più la misura è precisa.
Figura 1 |
A questo punto ci chiediamo: il risultato della nostra misura è compatibile con la previsione della teoria? La risposta, anche solo ad
occhio, è apparentemente un no secco. Usando le regole della statistica è anche
possibile quantificare questa incompatibilità fra teoria e esperimento, ma questo è un aspetto tecnico non rilevante per ciò che seguirà.
Figura 2 |
L’esempio concreto e’ un esperimento abbastanza recente: la
misura della velocità dei neutrini. I neutrini sono particelle subatomiche che
viaggiano, per quello che ne sappiamo, sostanzialmente alla velocita’ della
luce. Dico sostanzialmente perchè, avendo una piccola massa, la loro velocità
dovrebbe essere di pochissimo inferiore alla velocità della luce. Tuttavia ai
fini pratici, secondo quanto previsto dalla teoria della relatività, essa può
essere considerata uguale alla velocità della luce. Supponiamo ora che un
esperimento sia in grado di sparare neutrini tramite l’acceleratore di
particelle del Cern da Ginevra fino ai laboratori sotterranei del Gran Sasso,
in Abruzzo. I neutrini, grazie alle loro proprietà, sono in gradi di attraversare i chilometri della roccia che li separa dai due laboratori senza esserne influenzati (e quindi senza aver bisogno di tunnel a loro dedicati). E supponiamo che l’esperimento sia in grado di misurare con estrema
precisione il tempo impiegato dai neutrini a percorrere il tragitto. Siccome
l’esperimento riesce a determinare, tramite accurate misure col GPS, anche la distanza
percorsa dalle particelle lungo il percorso (730534.61 ± 0.20 m), è possibile
calcolare quanto tempo dovrebbero impiegare i neutrini a percorrere l’intera
distanza, se la loro velocita’ fosse quella della luce: 2,436801 millisecondi, con
un incertezza che cade sull’ultima cifra, ovvero dell’ordine del nanosecondo, e confrontare questa previsione teorica con la misura diretta del tempo da loro impiegato.
Supponiamo che la previsione teorica sul tempo necessario ai neutrini
viaggianti alla velocita’ della luce per fare il viaggio Ginevra-Gran Sasso sia
quanto raffigurato in verde nella figura 3. Invece supponiamo che la misura sperimentale
del tempo effettivamente impiegato dai neutrini produca come risultato quanto
mostrato in rosso nella stessa figura. Nonostante
le incertezze sperimentali la misura appare fortemente incompatibile con quanto
previsto dalla teoria “standard”. I neutrini, nel caso specifico della misura, impiegano 60 nanosecondi
in piu’ (in realtà sarebbero in meno, ma per questioni tecniche questo tempo appariva come un tempo aggiuntivo). E’ pochissimo, ma, considerata la precisione della misura (circa 1
nanosecondo), 60 nanosecondi di differenza sono un'enormità, veramente piu’ che abbastanza
per evidenziare una chiara, nettissima differenza fra teoria e esperimento. Il
risultato sperimentale, inoltre, è ovviamente perfettamente consistente con la
previsione della teoria “blu” per un neutrino superluminale di questo tipo.
Figura 3 |
Figura4 |
Figura 5 |
Dove sta la differenza? Perche’ a perfetta parità di dati
nel primo caso non facciamo fatica a presupporre un’effettiva gravidanza,
mentre nel secondo caso la riteniamo decisamente improbabile? Il metodo scientifico non ci dice che sono le
misure a dettare legge, e non le supposizioni? La risposta e che, nonostante in
entrambi i casi il risultato sia in forte disaccordo con l’ipotesi “non
incinta”, la probabilità che la donna sia effettivamente incinta è
alta nel primo caso, mentre è praticamente pari a zero nel secondo caso.
Ovvero, sebbene in entrambi i casi la misura sia in forte disaccordo con
l’ipotesi “non incinta”, l’ipotesi alternativa, e cioè “donna incinta”, nel
secondo caso è talmente improbabile di per sè da farci ritenere comunque più
probabile l’ipotesi “non incinta”, anche se i dati sembrano contraddirla con
decisione. E quindi ipotizziamo che sia
sbagliata la misura, ovvero che qualcosa abbia falsato il risultato, qualcosa
di cui non si è tenuto conto nel metodo di misura, un qualche effetto che ci
ha fatto apparire qualcosa che invece non è.
Adesso riprendiamo il caso dei neutrini, e
chiediamoci: quanto è effettivamente probabile che i neutrini vadano più veloci della luce? Risposta: molto poco. Certo, dal punto di vista scientifico sarebbe un risultato fantastico, perché aprirebbe nuovi scenari inesplorati (e inaspettati), tuttavia esistono milioni
di conferme sperimentali della teoria della relatività, e prima di prendere
per vera un’ipotesi del genere occorre essere stracerti di aver fatto le misure
correttamente. E infatti lo stesso esperimento che presentò questi risultati in apparenza
incompatibili con un neutrino “normalmente veloce”, trovò un errore nella
misura, un inghippo di cui i ricercatori non si erano accorti, e che faceva
apparire il neutrino come se fosse più veloce della luce mentre non lo era affatto. Un errore, qualcosa
di cui non si era tenuto conto, in modo del tutto analogo a ciò che ci può
far apparire incinta una donna anziana ormai impossibilitata a procreare.
A questo punto potrebbe nascere una certa
confusione, perchè si potrebbe pensare che le misure della scienza non siano in
grado, da sole, di confermare o smentire alcunchè, e che tutto dipenda invece
dalla probabilità a priori che quello che vogliamo verificare o smentire sia
vero. In altri termini i nostri pregiudizi sembrano dettare legge sulle misure.
Una confusione apparentemente terribile: come facciamo a sapere se la misura che
abbiamo effettuato rappresenta una conferma o una smentita a un’eventuale
ipotesi, se dobbiamo essere così scettici sull’interpretazione delle misure
sperimentali? Come facciamo a sapere se i neutrini vanno realmente più veloci
della luce? E se le donne che sono risultate positive al test di gravidanza hanno realmente una gravidanza in corso?
La risposta è molto semplice: ripetendo le misure. Cercando
conferme (o smentite) attraverso controlli e esperimenti indipendenti, utilizzando
metodi diversi. Per avere conferma di una gravidanza si effettuano test
dedicati, piu’ precisi e affidabili del test della farmacia, e che vanno a
ricercare altri indicatori chimici della gravidanza in corso. Per controllare
se i neutrini vanno più veloci della luce altri esperimenti si stavano
apprestando a effettuare misure analoghe in modo indipendente. La parola magica
nella scienza è ripetibilità. Se il risultato di un esperimento non è ripetibile, se risultati di esperimenti diversi non confermano il risultato iniziale, vuol dire che in quel risultato c’è qualcosa che non va. E finché non
si chiarisce la questione non lo si puo’ ritenere un risultato affidabile. Se
invece misure diverse e indipendenti concordano con il risultato, pur entro le
incertezze delle misure, esso verrà preso in considerazione, non importa
quanto eclatante e dissacrante esso possa essere. Anzi, molto meglio se va contro ogni aspettativa: vuol dire che c’è molto nuovo lavoro da
fare per spiegarlo, e la scienza vive di novità!
E quindi adesso abbiamo chiaro un punto fondamentale della
metodologia scientifica: un singolo risultato che sembra essere in
disaccordo con la teoria in nessun modo convalida qualunque altra teoria
alternativa. A maggior ragione se la teoria alternativa è un’estrapolazione ardita e poco credibile nell’ambito delle conoscenze
scientifiche.
E quindi se qualcuno salta sù affermando di avere scoperto
una cura rivoluzionaria per il cancro o per qualche altra patologia grave, e afferma di
ottenere risultati positivi, questo per la scienza non significa niente.
Può essere un punto di partenza molto incoraggiante (quando non si tratta di un ciarlatano!), ma per essere accettato ha bisogno di altre conferme indipendenti. Soprattutto se il metodo utilizzato è poco credibile o il risultato è oltre
ogni aspettativa, è necessario che il controllo sia sufficientemente adeguato.
Risultati straordinari necessitano di controlli straordinari. Non basta
l’osservazione di un risultato favorevole alla nuova ipotesi per convalidarla,
ma occorre che la misura venga ripetuta più volte e con tecniche diverse. E
quindi la prossima volta che leggerete di qualcuno che afferma di aver guarito
un malato dal cancro grazie al succo di limone o al bicarbonato, o dal diabete
con la verdura cruda, pensate al caso
della signora anziana positiva al test di gravidanza.
So che sto commentando un post vecchiotto, che tra le altre cose quoto in pieno essendo io anche uno statistico epidemiologo. A me ai tempi sorse un dubbio TERRIBILE. Non è che qualche geniaccio potesse aver computato la distanza tra il C.E.R.N. e il Gran Sasso "sulla cartina geografica" invece di aver considerato la linea retta "del Gelminiano Tunnel"? Se tu avessi qualche link ai paper che trattano la questione, ANKE SE HANNO SCRITTI IN STRAGNIERO te ne sarei grato. LLAP
RispondiEliminaNo, l'errore era legato a un cavetto mal collegato, che produceva un accoppiamento capacitivo non corretto che simulava uno spostamento nel tempo in cui si doveva produrre il segnale usato per determinare il momento di arrivo dei neutrini. Una cosa molto subdola ma alla fine banale. Il lavoro PRiMA di scoprire l'inghippo, pubblicato solo su arxiv e non su rivista, e' questo http://arxiv.org/abs/1109.4897.
RispondiEliminaL'errore del cavetto e' descritto qui, anche se non ho trovato la dihiarazione ufficiale: http://news.sciencemag.org/2012/02/breaking-news-error-undoes-faster-light-neutrino-results?ref=hp
Conosco bene coloro chenell'esperimento OPERA hanno trovato l'inghippo, e quindi conosco bene la storia. L'esperimento probabilmente avrebbe dovuto attendere prima di uscirsene con la "scoperta" e effettuare ulteriori controlli. Puoi trovare un sommario della storia qui: http://en.wikipedia.org/wiki/Faster-than-light_neutrino_anomaly
Grazie Stefano. Ma per la prossima volta ti prego di citare qualche fonte!
Elimina:-)
LLAP