venerdì 20 maggio 2016

Orgoglio omeopata: siamo i secondi al mondo!

L'importante è partecipare


Leggo in questo articolo un commento molto piccato da parte di Alberto Magnetti, medico omeopata, relativo a un articolo scritto da Salvo di Grazia sul tema dell'omeopatia. Lo stesso articolo di Di Grazia era stato da me già commentato qui in tutt'altro modo. Non sono certo io a dover difendere Salvo Di Grazia, che essendo medico ha tutte le competenze per farlo. Però l'articolo di Magnetti è a tratti così inconsapevolmente comico che non posso resistere nel fare alcuni commenti personali.

Magnetti apre l'articolo dichiarando trionfante che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha sancito che l'omeopatia è la seconda medicina al mondo. Come a dire: "scusate se è poco, siamo i secondi!". Mi è venuta subito in mente la scena del film Scusate il ritardo, in cui Troisi, per consolare l'amico Lello Arena, appena lasciato dalla fidanzata per un altro, gli dice che non deve disperarsi, e anzi deve essere orgoglioso, perché lui è il secondo uomo al mondo che lei ama! L'omeopatia uguale, è la seconda medicina al mondo. Perché evidentemente essere secondi, per Magnetti, non è mica male, in campo scientifico! E' un bel successo perché - si sa - l'importante è partecipare. 

Come la teoria della terra piatta, che è la seconda teoria al mondo sulla forma della terra, e la storia di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre, che è la seconda teoria al mondo sulla comparsa dell'uomo sulla terra, o la teoria delle scie chimiche, che è la seconda teoria al mondo su cosa sono quelle righe bianche lasciate dagli aerei, o gli extraterrestri, che sono la seconda teoria al mondo su chi ha costruito le piramidi... Tutti secondi posti, mica risultati da poco!

Ma poi mi viene il dubbio che l'autore dell'articolo abbia interpretato l'affermazione dell'OMS come se essa volesse lasciar intendere che l'omeopatia, essendo così comune, vuol dire che funziona. No perché allora proprio non capisco un'altra affermazione, sempre dell'OMS, che evidentemente all'autore deve essere sfuggita (e che riporto riassunta qui), che sembra dire proprio il contrario, visto che si intitola, tradotta dall'inglese, "L'omeopatia non è una cura, dice L'OMS". In particolare l'OMS si riferisce al propagandare l'omeopatia come strumento efficace per trattamenti della tubercolosi, dell'HIV, della malaria e di altre patologie particolarmente gravi nel terzo mondo. Alle proteste da parte della società degli omeopati, il portavoce dell'OMS ha ribadito che "we have found no evidence to date that homeopathy would bring any benefit".

Deve anche essere sfuggito all'autore dell'articolo che nel 2015, in Australia, il National Health and Medical Research Council, in seguito ad un'analisi di tutta la letteratura scientifica internazionale riguardante l'omeopatia, ha rilasciato una dichiarazione nella quale si afferma che non esiste alcuna evidenza a sostegno dell'affermazione che l'omeopatia sia efficace nel trattamento di qualsiasi problema di salute (fonte). Saranno pure secondi, ma ben distanziati, direi!

E in Inghilterra, soltanto qualche mese fa, il sistema sanitario nazionale ha dichiarato (fonte) che "There is no good-quality evidence that homeopathy is effective as a treatment for any health condition." E negli USA la Food and Drug Administration mette i prodotti omeopatici nella lista dei prodotti "fraudolenti" per ciò che concerne il trattamento dell'influenza H1N1 (fonte). Quindi forse - ma è solo una mia illazione - l'OMS intendeva dire che nonostante l'omeopatia non serva a curare la gente, c'è un sacco di gente che ci crede lo stesso, come sempre accade con qualunque minchiata!


E poi, tornando all'articolo, cosa c'è di meglio che quotare il numero di medici omeopati nel mondo per supportare la tesi che l'omeopatia funziona? E quindi Magnetti ci fa sapere che "E' difficile pensare che 350000 medici omeopatici indiani  raggirino quotidianamente milioni di persone senza avere alcun risultato". E quindi avrebbe anche potuto aggiungere (non lo ha fatto ma lo faccio io) che è difficile credere che 160000 maghi e cartomanti solo in Italia, con 30000 prestazioni giornaliere stimate - tali sono i numeri (fonte) - raggirino quotidianamente decine di migliaia di persone senza alcun risultato! Non può essere tutto falso! E allo stesso modo, se la Rai dedica quotidianamente uno spazio all'oroscopo in vari programmi radio e tv, e lo stesso fanno praticamente tutti i giornali e i quotidiani, e in dicembre la tv a reti unificate ci ragguaglia sulle previsioni dei maghi per l'anno successivo, non può essere tutto falso!

Per inciso, credevo si dicesse "medico omeopata", e non "medico omeopatico", essendo omeopatico un aggettivo. Medico omeopatico significa un medico che non contiene traccia di medico. Che sia un lapsus freudiano?

L'autore ci ricorda fin dal titolo (L'inarrestabile avanzata dell'omeopatia) che l'omeopatia è in grande aumento, e sostiene che secondo l'OMS 600 milioni di persone usano l'omeopatia, e che il numero è in crescita del 25% annuo. Non cita la fonte per cui non so se sia vero o no. Però i casi sono due, o i numeri sono veri, e quindi entro 8-10 anni l'intera popolazione della terra userà l'omeopatia (la matematica, contrariamente all'omeopatia, non è un'opinione) oppure, prima di sparare percentuali a caso, l'autore dell'articolo dovrebbe ripassare come funziona una progressione geometrica.

Però è strano, perché i dati, per lo meno in Italia, mostrano che l'uso dell'omeopatia è in netto calo. Ad esempio qui qui si cita il fatto che la percentuale degli italiani che nel 2013 ha fatto uso di prodotti omeopatici si è dimezzata dai primi anni 2000, quando aveva raggiunto il massimo, e è ritornata sostanzialmente ai livelli dei primi anni 90. Ovvero, tradotto in parole povere, dopo una breve infatuazione gli italiani stanno velocemente abbandonando l'omeopatia. E anche oltre confine, in Inghilterra, dove è inclusa nel servizio sanitario nazionale, il declino dell'omeopatia in questi ultimi anni non lascia dubbi (vedi fonte), cosa che ha obbligato anche alcuni ospedali specializzati in omeopatia a chiudere (fonte).

E persino google trend, per quanto possa essere opinabile questo dato, riporta che la frequenza con cui il termine omeopatia è cercato in rete in funzione del tempo è in drastico calo ovunque: in Francia, dove l'omeopatia è molto usata (fonte), in India, dove secondo l'articolo l'omeopatia spadroneggia  (fonte), in Italia (fonte) e in generale nel mondo (fonte). In confronto, invece, il termine "sex video" non sembra temere la crisi, sebbene anche lui mostri indizi di una leggera battuta di arresto negli ultimi tempi (fonte).

L'articolo infine conclude con una frase perentoria, non si sa da chi pronunciata, scritta però in inglese e in grassetto, forse per farla apparire più autorevole: "In Last 200 years 1000’s of homeopaths have saved lives of millions of people across the globe, not only saved the lives but they have contributed to create a harmonious, happy, and healthy world."

A questo punto, se gli omeopati salvano così tanta gente, non capisco perché, quando su un treno o un aereo qualcuno sta male e fanno un annuncio del tipo "se c'è un medico a bordo è pregato di recarsi con urgenza..." si dimenticano sempre di specificare "medico omeopata". Forse perché ormai sanno che arrivano sempre per secondi.










domenica 15 maggio 2016

Rai2 e Virus: in esclusiva la lista dei futuri esperti

Il pluralismo dell'informazione innanzitutto.


Pochi giorni or sono Rai2, nell'amito del programma Virus: il contagio delle idee, ha mandato in onda un interessante confronto sul tema dei vaccini. Per garantire un corretto contraddittorio, e al fine di permettere ai telespettatori di farsi un'opinione completa su tutti gli aspetti del problema, al virologo Roberto Burioni, specialista in immunologia e docente all’Università Vita Salute San Raffaele di Milano, sono stati anteposti esperti del calibro di Red Ronnie e Eleonora Brigliadori, i quali, forti delle loro competenze maturate da mesi di studio su Youtube, hanno potuto efficacemente opporsi al medico in studio.

Confortati dal grande successo della formula (gli hastag #puttanateinlibertà e #noncapiscouncazzomanonmenerendoconto sono stati ritwittati due milioni di volte in poche ore), e spronati dai numerosi apprezzamenti ricevuti, primi fra tutti quelli provenienti dei sostenitori della teoria della terra piatta e del sistema Tolemaico a epicicli, gli ideatori del programma hanno deciso di continuare sulla strada intrapresa mettendo in cantiere altre puntate che affronteranno temi di rilevanza culturale e sociale, sempre improntate a fornire una corretta e completa informazione, scevra da pregiudizi e ottiche di parte.  In via del tutto straordinaria siamo venuti a conoscenza di interessanti anticipazioni circa i temi trattati, e sugli esperti di alto calibro che verranno invitati in trasmissione.



Dato l'interesse già suscitato con la puntata sui vaccini, ampio spazio verrà riservato anche in futuro a temi legati alla salute pubblica. In particolare un esperto cardiologo sarà presente in studio per parlare di malattie cardiovascolari. Gli faranno da contraltare due ospiti d'eccezione: il Mago Zurlì e Topo Gigio. "Sono due personaggi che sono entrati nel cuore di milioni di italiani", hanno spiegato soddisfatti a Viale Mazzini. "Chi meglio di loro può parlare di questo argomento?

Ma la programmazione di Virus toccherà gli argomenti più disparati. Particolare attenzione verrà riservata allo scottante tema della conservazione delle biodiversità e della fauna, in un mondo in cui la presenza umana è sempre più ingombrante. L'argomento sarà affrontato da un esperto naturalista, che dovrà confrontarsi con l'amministratore delegato della Carne Montana. "Avevo una jambonet nella dispensa dalla fine degli anni 70, e quando l'ho aperta un mese fa era ancora freschissima, perfettamente conservata!", ha dichiarato il vicedirettiore di Rai2 per motivare la scelta dell'ospite.

La famiglia è da sempre il cardine principe della società italiana. Soprattutto oggi, che la si tenta di scardinare con leggi che vorrebbero mettere in discussione le naturali propensioni dell'essere umano. In una puntata dedicata interamente all'importanza dei legami e delle dinamiche familiari, saranno contrapposti la famiglia dei Corleonesi con quella degli Scissionisti di Secondigliano.

E' ben noto che alla Rai sono molto sensibili anche al rispetto e alla tutela del nostro immenso patrimonio artistico. Ed è per questo che un'intera puntata di Virus verterà su come affrontare questo delicato problema, così importante per la cultura e l'economia del nostro paese. La discussione vedrà opposti il responsabile dei beni culturali della regione Toscana e Lapo Rossi detto il canna, figlio tredicenne dell'uscere della sede Rai di Firenze. "Il mi' figliolo c'ha la passione per la pittura", ha dichiarato il padre di Lapo per chiarire il motivo della scelta. "Disegna certi cazzi sui muri che Madonna bona pajono vivi! L'altro giorno n'ha fatto uno che faceva tutto il giro di Santa Maria Novella, doveva vedere che meraviglia!"

Il tema dell'educazione è per forza di cose molto caro alla Rai, dato che l'azienda di Viale Mazzini da sempre investe in programmi di qualità dedicati in particolare al pubblico più giovane. E una puntata del programma sarà interamente dedicata proprio a questo scottante tema. A parlarci di questo argomento sarà Annamaria Franzoni, la famosa mamma di Cogne. "Coi bambini bisogna saperci fare", ci ha detto lo sceneggiatore del programma. "Tuttavia un problema oggi sempre più diffuso è la troppa permissività da parte dei genitori", ha continuato. "Per questo riteniamo che ogni tanto sia necessaria un po' di fermezza", ha chiosato l'intervistato ai nostri microfoni per motivare l'azzeccata scelta dell'ospite.

Virus toccherà anche argomenti particolarmente difficili e di non facile fruibilità, come l'evoluzione della lingua italiana nell'era di internet. "Noi in Rai non ci preoccupiamo degli ascolti", ci dice soddisfatto il direttore di Rai2, "ma ci interessa offrire una programmazione di qualità". "Quindi" - prosegue l'alto dirigente - "in questa puntata parleremo di congiuntivo piuttosto che di trapassato prossimo piuttosto che di futuro anteriore". A questo scopo si confronteranno in studio il presidente dell'Accademia della Crusca con i cultori della lingua italiana Alberto Tomba e Giovanni Trappattoni. La puntata sarà sottotitolata.

Ma il programma affronterà anche temi più leggeri, pur tuttavia di grande interesse presso il grande pubblico, in particolare con l'avvicinarsi delle vacanze. Un esempio è come affrontare la montagna in completa sicurezza, dato il gran numero di incidenti che ogni anno coinvolgono gli avventati escursionisti che affrontano le nostre cime senza prendere le dovute precauzioni. In studio parlerà dell'argomento Reinhold Messner, uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi. Al grande scalatore saranno anteposti due romagnoli, i fratelli Iames e Viler Casadei, da 40 anni bagnini allo stabilimento Irma a Igea Marina. "Solo chi in montagna non ci ha mai messo piede, e ha dedicato la vita esclusivamente alla patacca" - spiegano ai vertici Rai - "affronta realmente la montagna in totale sicurezza".

Si ritorna a temi complessi e di grande attualità come il rapporto tra fede e società. "La Rai ha sempre avuto a cuore la laicità dello stato", dichiarano a Via Teulada. E' per questo motivo che su un tema così delicato avremo in studio una vera e propria pletora di religiosi competenti in materia, con nomi del calibro di Don Matteo, Don Backy e Don Johnson.  Nel corso della puntata saranno anche trasmessi spezzoni di filmati di  Don Lurio, Don Diego Della Vega e Don Tano Badalamenti "Con tutti questi don speriamo solo di non apparire troppo faziosi!", ha simpaticamente commentato il produttore del programma al nostro cronista.

E infine non poteva mancare una puntata dedicata al sesso. In studio due preti. "Lo sappiamo, in questo caso non c'è niente di nuovo" - affermano in Rai - "però  agli italiani piace così". 












domenica 8 maggio 2016

Ecco a voi il vero volto di Cristo. Forse.

Paccottaglie mediatiche mascherate da scienza


La Bibbia e i Vangeli non ci danno alcun tipo di descrizione fisica di Cristo. Niente, nemmeno un indizio. Né se avesse la barba, i capelli lunghi o corti, alto, basso, nulla di nulla. E nemmeno esistono raffigurazioni di Cristo prima del IV secolo o giù di lì. Prima di allora esistono solo raffigurazioni simboliche, come ad esempio il pesce (fonte). Quindi sappiamo che l'iconografia classica di Cristo, quella con i capelli lunghi, gli occhi magari azzurri, barba a pizzetto diviso in due e baffi, è completamente arbitraria. Il fatto che la Sindone, datata del 1300, ci riporti proprio quelle sembianze che all'epoca andavano per la maggiore nelle raffigurazioni artistiche di Cristo, è un'ingenuità sulla quale il falsario che ha realizzato il famoso telo è scivolato di brutto. E se può significare qualcosa, San Paolo addirittura scriveva che lasciarsi crescere i capelli è indecoroso per un uomo (fonte).

Però di recente uno studio che vorrebbe essere scientifico ha riportato alla luce il "vero" volto di Cristo. Così, per lo meno, la stampa ce lo ha proposto, ad esempio in questo articolo. Sostanzialmente alcuni esperti forensi, coadiuvati da un artista (un medico in pensione) hanno studiato tre (3!) teschi della Palestina di 2000 anni fa, e in base ad essi hanno ricostruito quello che doveva essere l'aspetto tipico degli abitanti della Galilea dell'epoca, e quindi, sentenzia l'articolo, anche quello di Cristo. E allora, già che ci sono, nell'articolo titolano direttamente che quello che è stato ricostruito potrebbe somigliare al volto di Cristo.

Ricostruzione del possibile volto di Cristo. L'espressione di incredulità è quella immediatamente dopo la resurrezione di Lazzaro.

A parte che si potrebbe questionare su quanto tre teschi siano rappresentativi delle sembianze degli abitanti di un'intera area geografica. Tanto per dire, metti che a un esperto forense del futuro capitino sotto mano i teschi di Brunetta, Sallusti e Fassino, che razza di essere riuscirebbe a ricostruire, credendolo rappresentativo di tutti noi? Che figura ci faremmo? A parte questo uno si chiede: ma perché, partendo da tre teschi, fra tutti gli abitanti della Palestina proprio Cristo e non Barabba? O lo storpio miracolato, o magari il gran sacerdote del tempio, quello antipaticissimo?

Il presunto volto di Cristo, nella versione "bald", come era di gran moda in Galilea verso la fine degli anni 20.
E poi soprattutto: ma quello sarebbe il volto del Messia atteso dalle genti? Il volto di uno permeato dello Spirito Santo? Uno che radunava maree oceaniche di seguaci e con il suo sguardo magnetico e l'immenso carisma le convinceva a seguirlo? Ce lo vedete uno così che dice alla folla "Chi mi ama mi segua!". Uno così al massimo può permettersi di dire: "ragazzi, chi viene a farsi un frizzantino da Barabba's prima che chiude?". Quella è la faccia di uno che gli hai appena spiegato una cosa facile facile e non ha capito ma non ha il coraggio di chiedertelo, e ti tocca dirgli: "allora, ti è tutto chiaro? Sicuro? Te lo ripeto un'altra volta per sicurezza: prima si mettono i calzini e poi le scarpe!" Di fronte a un volto simile spacciato per il "vero volto di Cristo" ti viene da pensare che l'autore di tutto questo sia Odifreddi.

L'articolo dice che sono stati usati programmi appositi per determinare come dovevano apparire i muscoli e la pelle, e da questo ricostruire la forma del viso a partire dal cranio. Mi chiedo se queste procedure siano mai testate "in cieco", ovvero, dato un cranio di una persona il cui viso in vita era noto (ma non noto allo sperimentatore, questo è un punto essenziale), quanto realistico è il ritratto ricostruito con tali tecniche? Suppongo che abbiano testato queste procedure in cieco, cosa che è veramente il minimo per verificare l'attendibilità di queste tecniche. Tuttavia mi piacerebbe, per pura curiosità, vedere i risultati di questi test.

Ad esempio in tempi recenti è stato ritrovato lo scheletro di Riccardo III, re di Inghilterra, e dal suo cranio è stato ricostruito il viso, che ricorda in effetti la sua immagine dipinta. Ma il punto è che si conosceva già la sua immagine dipinta, e è veramente poco credibile che questo fatto non abbia in alcun modo influenzato chi ne ha ricostruito il volto. E infatti non si capisce come mai, sebbene si affermi che la ricostruzione sia avvenuta in "cieco" (vedi fonte), il viso abbia lo stesso taglio di capelli e lo stesso copricapo del dipinto. Faccio fatica a pensare che uno addetto alla ricostruzione del volto di Riccardo III fosse all'oscuro di che faccia avesse avuto realmente, quando quella faccia era addirittura un dipinto noto. Dubbi non solo miei, ma confermati anche in questa fonte da esperti del settore. 

Ma se il vero volto di Cristo non vi basta, se vi sembra uno scoop da poco, sappiate che non c'è mai limite al trash: eccovi quindi la ricostruzione sicuramente vera del volto di Gesù Bambino, fatta dalla polizia (ebbene sì!) su esplicita richiesta delle reti Mediaset (fonte). Il volto di Cristo da bambino è stato ricostruito con sofisticate tecniche normalmente usate per gli identikit dagli esperti della polizia di Roma, partendo dal volto della Sindone (fonte). Notare lo sguardo estatico e l'espressione da saputello, di quelli che a scuola non ti passano un'espressione neanche a pagarli, e - naturalmente - i capelli biondi. Nonostante nessuno sia mai stato biondo in Palestina, Gesù lo era per definizione, essendo evidentemente lo Spirito Santo di origine nordica.
Il volto di Gesù bambino estrapolato dalla Sindone. L'espressione degli occhi è sorprendentemente simile a quella dei moderni adolescenti dopo 6 ore di playstation.

Abituato a disegnare i volti dei camorristi e a invecchiare i Corleonesi partendo dalle loro foto nella culla, cioè poco prima di darsi alla latitanza, l'esperto della Polizia ha dovuto compiere un’opera di ringiovanimento del volto sindonico, applicando anche operazioni di lifting tipo la riduzione della mascella, il rialzo del mento e la correzione della gobba al naso, che l'articolo, con grande spirito critico, ci dice essere il risultato di un probabile trauma della passione. Sembra che il tecnico si sia allenato per la difficile impresa con le recenti fotografie di Ornella Vanoni.

Le reti televisive Mediaset hanno dedicato alla ricostruzione del volto di Gesù bambino un intero speciale (fonte) durante le festività natalizie, periodo in cui si è tutti più buoni e si è in grado di tollerare anche cose che in altri momenti richiederebbero l'uso del Napalm. Vano è invece risultato il tentativo, sempre da parte del pool di esperti del nucleo investigativo, di realizzare un identikit del direttore delle reti Mediaset con l'espressione intelligente.


PS: Spero che nessuno si sia sentito offeso nelle sue convinzioni religiose da quello che ho scritto. Se c'è qualcosa di offensivo e blasfemo verso la fede in tutto ciò, è eventualmente in queste pagliacciate mascherate da scienza, che hanno come unico scopo quello di approfittare della fede e dell'ingenuità della gente per scopi mediatici e, in ultima analisi, puramente economici.
PS2: Aggiungo anche, a scanzo di equivoci, che l'articolo non vuole mettere in nessun modo in discussione la fede, né discutere sull'esistenza o meno di Cristo, dato che questi, per definizione, non sono argomenti su cui la scienza possa pronunciarsi.


domenica 1 maggio 2016

Quando un fisico va a vedere un film di zombie

Seconda puntata della saga "fisici al cinema".



Un po' di tempo fa avevo scritto un articolo che si intitolava "Quando un fisico va a vedere The Martian", dove raccontavo dei patemi che soffre chi conosce le leggi della fisica quando va a vedere film di fantascienza che si propongono come scientificamente rispettosi e invece non sempre lo sono. Era un articolo chiaramente ironico, soprattutto verso la categoria dei fisici a cui io stesso appartengo, e soprattutto voleva essere un semplice pretesto per parlare di fisica in modo diverso e scherzoso. 

Alcuni non l'hanno capito, e si sono indispettiti, accusandomi addirittura di essere malato di mente, dato che al cinema mi preoccupo di queste cose  invece di godermi il film. Ho imparato a mie spese che se provi a scherzare su scienza e fantascienza in una botta sola, è garantito che scateni "the revenge of the nerds"! Evidentemente l'ironia non è per tutti a questo mondo. Quindi voglio tranquillizzarvi in anticipo, e dirvi che quando vado a vedere un film di zombie non mi lascio angustiare dal fatto che potrebbe non rispettare le leggi della fisica e della biologia, e anzi, mentre lo guardo, magari mi ci appassiono pure.

Dico questo perché adesso voglio parlare di zombie, e del motivo per cui tutti i film su di loro compiono un'imperdonabile errore dal punto di vista scientifico.



I film di zombie hanno la caratteristica di essere sostanzialmente tutti uguali: c'è stata qualche catastrofe, tipo una guerra atomica, un virus del quale le multinazionali hanno perso il controllo, un'epidemia causata da uno sversamento di salumi per vegani negli acquedotti, insomma qualcosa che ha infettato l'umanità trasformando tutti gli umani in zombie. Tutti escluso uno sparuto gruppo di fortunati (si fa per dire), che per tutta la durata del film passano il tempo a nascondersi e scappare per non essere mangiati.

Gli zombie stessi hanno alcune caratteristiche di base comuni in tutti i film.

La prima è quella di essere lentissimi a muoversi. D'altra parte, essendo morti, un po' di ruggine ai legamenti si può anche capire. Suggerimento ai registi di film di zombie: fate un film in cui un gruppo di zombie sfonda le vetrine di una fabbrica di girelli per anziani, e grazie a questa nuova tecnologia imperversa facendo razzie, suscitando contemporaneamente l'invidia presso gli altri zombie, che sono costretti a muoversi in modo tradizionale, fino a scatenare una guerra intestina per il possesso dei girelli. Mettete un po' di pepe a questo genere, che ormai sta battendo la fiacca! Vuoi mettere l'effetto terrificante di un'orda di zombie che compare all'orizzonte bucando la nebbia e il fumo tipici delle città dell'era post-atomica, e avanza inesorabile verso gli umani aiutandosi col girello?

Ma la caratteristica scientificamente acclarata degli zombie è quella di avere una fame irrefrenabile di carne umana, di cui hanno disperatamente bisogno per vivere. Totalmente insensibili alla bellezza di un cielo stellato, refrattari a qualunque forma di cultura, disinteressati persino ai libri di Vespa e Pansa facilmente accaparrabili negli autogrill abbandonati che pullulano nei loro film, l'unico scopo dei morti viventi è quello di trovare qualche umano da mangiare. 

Mangiarsi a vicenda, infatti, fra gli zombie non serve, e non va bene neanche una piadina o una quattro stagioni: ci vuole carne umana. Però non serve neanche prendere un umano, tenerselo in casa e dargli un morsetto ogni tanto, perché è ben noto che se un uomo viene morso da uno zombie dopo un po' diventa zombie anche lui, andando ad alimentare la schiera di chi passa il tempo alla disperata ricerca di umani per mangiarseli.

E' a questo punto che lo spirito critico dello scienziato emerge con prepotenza e lo distrae dalla trama del film obbligandolo a chiedersi: ma come fanno gli zombie a non estinguersi? Come è possibile che esista una terra popolata praticamente da soli zombie? 

Sì perché questo va contro tutto quello che si sa dall'ecologia e dall'evoluzione, e che è ben descritto da equazioni matematiche anche piuttosto semplici. Si chiama ciclo preda-predatore (fonte). Vediamo.

Prendiamo un sistema ecologico semplificato, ad esempio la savana con gli gnu (le prede) e i leoni (i predatori). L'analogia con gli umani (le prede) e gli zombie (i predatori) è chiara. In questo sistema gli gnu per vivere mangiano il loro cibo (l'erba) facendosi gli affari loro, mentre i leoni, insensibili all'etica vegana, per vivere devono mangiare gli gnu.

Supponiamo che all'inizio ci siano solo gnu e niente leoni. Gli gnu vivono tranquilli, mangiano l'erba, nessuno li disturba e prosperano, sempre che ci sia abbastanza erba, ma supponiamo che ci sia. Ad un certo punto compaiono i leoni, che si trovano di fronte un bel po' di gnu, e non gli sembra vero di trovare un buffet così ben fornito. E avendo così tanto cibo a disposizione avranno la vita facile, e aumenteranno velocemente di numero.

Pero' ad un certo punto succede una cosa che i leoni non avevano calcolato, così presi dalla frenesia  del cibo facile: essendo diventati tanti, come ovvia conseguenza gli gnu cominceranno a diminuire fino a scarseggiare, e questo renderà la vita dei felini improvvisamente difficile. E il risultato è che il loro numero, fino a poco prima così abbondante, comincerà a diminuire. E' chiaro, no? C'è molta concorrenza per accaparrarsi il cibo, che è diventato poco, non basta per tutti, e quindi solo i migliori, i più forti, riescono a procacciarselo. Per tutti gli altri, per i leoni più imbranati, non c'è più spazio. E come conseguenza del calo del numero dei leoni, il numero degli gnu ricomincerà a crescere. Però a quel punto gli gnu in crescita faranno crescere anche il numero dei leoni, fino a quando i leoni diventeranno di nuovo troppi, tanto da causare una nuova riduzione del numero di gnu, e così via.

In un ciclo preda-predatore il numero delle prede dipende dal numero dei predatori e viceversa, e una variazione nel numero di una delle due specie influenza il numero dell'altra, e così via in modo reciproco. Le modalità di come questo avviene dipendono da quanto sono voraci e efficaci nella caccia i leoni, e da quanto sono bravi a scappare gli gnu. In ogni caso se i leoni fossero troppo voraci e infallibili nella caccia, o gli gnu fossero troppo tonti (cosa molto simile al vero!), il risultato è che il ciclo si interromperebbe: i predatori si mangerebbero tutte le prede e a quel punto si fotterebbero con le loro stesse zampe. Niente più gnu, niente più cibo e quindi estinzione per tutti.

Andamento teorico del numero di prede e predatori in un sistema ideale, secondo quanto previsto dalla matematica alla base del ciclo preda-predatore (fonte). 
 
Ecco quindi che impariamo che un predatore troppo vorace e troppo efficiente sarebbe un facile candidato all'auto-estinzione. La selezione naturale ha penalizzato eventuali leoni con queste caratteristiche. Se mai sono esistiti, si sono fatti fuori da soli. Che spettacolo Darwin, eh? Come riesce a spiegare la natura in modo semplice e ovvio! La semplice esistenza di una specie è per forza di cose legata alla sua capacità di procacciarsi cibo, e allo stesso tempo anche di far sì che il cibo di cui ha bisogno resti sempre disponibile. E questo si traduce in un rapporto ottimale tra leoni (predatori) e gnu (prede), numero che, se non intervengono cause esterne (eventi climatici, gli esseri umani...) oscillerà in modo naturale attorno a questo valore ottimale, in base a quanto previsto dal ciclo preda predatore.

Evoluzione nel tempo delle popolazioni della lince americana e della lepre nel parco nazionale di Denali, che mostra l'andamento tipico del ciclo preda-predatore (fonte).
E adesso veniamo ai nostri zombie. Gli zombie arrivano e si trovano gli umani, ovvero una disponibilità di cibo inizialmente illimitata. Ma quando si sono mangiati la maggior parte degli umani, cosa che allo stesso tempo incrementa sempre di più il loro numero, il cibo comincerà a scarseggiare, e per forza di cose i nostri morti viventi cominceranno a essere in difficoltà, rischiando di sparire. E quindi capiamo che un mondo popolato praticamente per intero da zombie, con solo un gruppetto di umani sopravvissuti, non potrebbe mai esistere. Ma su questo aspetto i registi di film di zombie glissano colpevolmente. Suggerisco quindi ai registi di film di zombie, oltre alla storia del girello, di aprire un nuovo filone in cui gli zombie diventano consapevoli del fatto che stanno per estinguersi, e cercano di organizzarsi razionando il cibo, il tutto condito da grandi tensioni e psicodrammi. Così, tanto per variare, perché diciamocelo, questi film di zombie oggi come oggi, oltre a non rispettare il ciclo preda-predatore, sono di una noia mortale. Ne hai visto uno, li hai visti tutti!




domenica 24 aprile 2016

Se Galileo avesse avuto il microonde...

Misurare la velocità della luce in cucina

 

Tra le tante cose che ha fatto Galileo Galilei, oltre a inventare la scienza, c'è quella di aver cercato di misurare la velocità della luce. Doveva aver già subodorato che andava veloce (la convinzione comune all'epoca era che la sua velocità fosse infinita) ma ciò nonostante gli venne comunque la curiosità di misurare quanto veloce andasse. Segno che nessuno ci aveva mai provato, come spesso accadeva all'epoca, in cui si fornivano spiegazioni ai fenomeni naturali senza poi prendersi la briga di controllare se fossero vere o magari assurdamente sbagliate. Che è poi la stessa cosa che fanno oggi le pseudoscienze: riempono siti web di teorie su teorie, senza mai controllare se sono vere.

Galileo invece prese un amico, due lanterne, e due teli. L'amico lo scelse tra quelli che avevano i riflessi buoni, vedremo tra poco perché. Si mise su una collina con la lanterna coperta dal telo (stando attento a non prendere fuoco; questo i biografi non lo dicono, ma mi sento di aggiungerlo come contributo personale alla storia del grande scienziato pisano). Spedì l'amico su una collina  distante con l'altra lanterna, posizionandolo in modo che comunque potevano vedersi a vicenda, e gli chiese di tenere la lanterna coperta (stando sempre attento a non prendere fuoco).

Poi ad un certo punto Galileo (vedi nota a piè pagina) scopriva la lanterna, e la luce diventava libera di viaggiare in direzione dell'amico, che essendo stato scelto particolarmente sveglio, non appena vedeva la luce della lanterna che lo scienziato aveva scoperto, doveva, velocissimo, scoprire la sua, la cui luce sarebbe ritornata verso Galileo.

Il quale, con i suoi sofisticatissimi cronometri elettronici, misurava il tempo passato da quando egli aveva scoperto la sua lanterna, a quando la luce del suo amico gli perveniva indietro. Da tutto questo, essendo la velocità uguale allo spazio percorso diviso il tempo impiegto (a quel tempo i libri di fisica finivano più o meno a quel capitolo, e studiare fisica alle superiori era come studiare storia nella preistoria: due paginette in tutto), e essendo lo spazio pari a due volte la distanza dall'amico (distanza che era stata misurata in qualche modo), una semplice divisione e ecco misurata la velocità della luce.

L'esperimento sembra ingenuo ma non lo è affatto, perché ci dice chiaramente che nessuno aveva mai provato a fare questa misura. Altrimenti non si sarebbe tentato un esperimento che ai nostri occhi appare impossibile da realizzare nella pratica. Infatti il punto è che, se non conosciamo la velocità della luce, quando vediamo qualcosa accadere non sappiamo quanto tempo ci ha messo la luce ad arrivare fino a noi. Vediamo lo "stop" dell'esperimento, ovvero l'arrivo della luce ai nostri occhi, ma non sappiamo quando è avvenuto lo "start", cioè quando la luce è partita, ovvero quando è avvenuto l'evento che vediamo.  E dato che niente viaggia più veloce della luce, prima di percepire l'arrivo della luce non abbiamo alcuna informazione sul fatto che quell'evento sia già avvenuto. E quindi l'esperimento di Galileo è solo apparentemente ingenuo, perché rappresenta il primo tentativo di avere il controllo sia sullo "start" che sullo "stop". Un'ovvietà oggi, forse, ma evidentemente un grande salto di ingegno a quell'epoca in cui il metodo scientifico muoveva i primi passi.

In sostanza Galileo sapeva che la luce andava veloce, ma il fatto stesso che non avesse fino in fondo l'idea di quanto veloce andasse, ce la dice lunga su quanto scarsa fosse, fino ad allora, l'attitudine umana a controllare e cercare di capire i fenomeni naturali, anche i più banali. Infatti se la convinzione generale che la velocità della luce era infinita  fosse maturata da una serie di osservazioni, Galileo probabilmente non si sarebbe mai sognato di effettuare un esperimento che, sappiamo oggi, era destinato a fallire miseramente.

I problemi tecnici dell'esperimento infatti erano di non poco conto. Intanto la misura del tempo. All'epoca non c'erano i cronometri, e Galileo misurava il tempo riempiendo un secchio d'acqua, e facendoci un buco, in modo da contare quante gocce cadevano attraverso il buco. Una clessidra, in pratica. Assumendo che l'intervallo di tempo fra una goccia e l'altra fosse lo stesso (ipotesi ragionevole, perché quando i rubinetti gocciano di notte, scassano la minchia con frequenza incredibilmente costante), il numero di gocce cadute era proporzionale al tempo passato. Chiaramente le gocce dovevano cadere frequentemente per misurare la velocità della luce. Addirittura Galileo faceva in genere il buco sufficientemente largo da far cadere l'acqua di continuo, e pesare poi il secchio con l'acqua. Il peso (tolto della tara, altro mio contributo fondamentale alla biografia di Galileo) era proporzionale al tempo passato.

L'altro problema era il tempo di reazione dell'amico nel sollevare il telo sulla sua lanterna, e di Galileo stesso nel percepire l'arrivo della luce di ritorno e fermare il "cronometro". Tutte cose che non sarebbero state un problema se la luce avesse avuto la velocità di una Multipla bipower a metano in fase di sorpasso, ma che diventano un problema sperimentale importante per qualcosa che in un secondo percorre quasi la distanza fra la terra e la luna.




Il risultato è che Galileo non riuscì a misurare la velocità della luce, perché i tempi di reazione erano di gran lunga dominanti sul tempo che la luce impiegava a percorrere il tragitto di andata e ritorno. Se Galileo avesse avuto un laser, o una sorgente di luce molto collimata, avrebbe potuto sbarazzarsi dell'amico e del suo tempo di reazione puntando il raggio di luce su uno specchio, ma in ogni caso non sarebbe cambiato nulla dal punto di vista pratico, perché la luce impiega solo 3 milionesimi di secondo a percorrere la distanza di un chilometro. Decisamente troppo poco rispetto ai tempi di reazione umani. 

Al limite Galileo avrebbe potuto mettere un limite inferiore alla velocità della luce, ovvero dire: "non so quanto va veloce la luce, ma sicuramente va più veloce di tot, perché altrimenti ne avrei misurato la velocità". Che è poi quello che sostanzialmente fece, perché non se la sentì di dire che la luce aveva una velocità infinita, come invece tutti affermavano, manifestando anche in questo caso di aver compreso fino in fondo lo spirito del metodo scientifico (d'altra parte lo aveva inventato lui!), secondo il quale assegnare velocità infinita alla luce in un esperimento che non ha la sensibilità sufficiente per effettuare la misura è un'operazione assolutamente arbitraria e non giustificata.

In pratica, assumendo un'incertezza dovuta al tempo di reazione totale di 0,3 s (0,2 per l'amico, e 0,2 per Galileo, sommati in quadratura, per fare i precisini), e volendo fare una misura precisa al 20% (trascurando tutti i problemi legati alla misura del tempo col secchio), Galileo avrebbe dovuto piazzare l'amico più o meno dalle parti della luna. Un po' scomodo per l'epoca. Peò il solo fatto che egli ci abbia provato rappresenta dal punto di vista concettuale una importante conquista nello studio dei fenomeni naturali.

Ma oggi, nel 2016, ognuno può essere Galileo, e misurare la velocità della luce con un esperimento casalingo che sicuramente non ci farà passare alla storia, ma ci farà sentire scienziati almeno per un giorno. "You can be Galileo, just for one day". Misurare la velocità della luce col forno a microonde di casa!

Tutto quello che ci serve è un forno a microonde (ma va?), un righello, e una tavoletta di cioccolata.

I forni a microonde cucinano emettendo microonde (ma va?), che sono onde elettromagnetiche come la luce visibile usata da Galileo, ma con frequenza di 2.45 GHz, cioè grosso modo 100000 volte inferiore della luce visibile. Le onde elettromagnetiche di questa frequenza pongono in rotazione le molecole d'acqua contenute nei cibi (e non in oscillazione come spesso si dice, perché la frequenza di oscillazione è circa mille volte maggiore). In pratica le molecole d'acqua, che sono assimilabili a piccoli dipoli elettrici, si mettono a ruotare avanti e indietro attorno al loro asse sotto l'effetto del campo elettromagnetico oscillante all'interno del forno, e nel fare questo comunicano calore al cibo per attrito.

L'idea alla base della misura della velocità della luce è molto semplice: bisogna misurare la lunghezza d'onda delle onde nel microonde. Il segreto è fare in modo che il piatto del microonde non ruoti, e di metterci sopra un cibo che cuocendosi si ammorbidisca. Il motivo sarà chiaro fra poco. Per questo scegliamo come cibo la tavoletta di cioccolato. La marca è irrilevante, ma suggerisco di sceglierla buona, perché poi dopo ce la mangeremo, sacrificandola nel nome della scienza. Un raro esempio in cui, finito l'esperimento, uno si può mangiare l'apparato sperimentale.

Le onde prodotte dal microonde sono di tipo stazionario, cioè gli estremi dell'onda sono vincolati agli estremi del forno, dove il campo deve essere quindi nullo. Questo significa in pratica che le dimensioni del microonde non possono essere arbitrarie, ma devono essere un multiplo di metà della lunghezza d'onda. Essendo la frequenza del microonde fissata, l'onda avrà quindi i suoi picchi e valli (ovvero i suoi punti di massima ampiezza e intensità) in punti ben determinati, e in quei punti la cioccolata si ammorbidirà di più scaldata dall'onda (e quindi, sciogliendosi grazie al calore, quei punti saranno ben visibili). Ecco perché il piatto non deve girare. Nel microonde i piatti vengono fatti girare per garantire una più uniforme "illuminazione" del cibo che vogliamo cuocere, che altrimenti cuocerebbe molto nei punti dove l'onda ha la massima intensità, e molto meno dove ha il minimo dell'intensità.

Adesso non ci resta altro che tirare fuori la tavoletta di cioccolata e, trattenendo l'impulso di mangiarcela, misurare prima con un semplice righello la distanza fra i baricentri (stimati più o meno a occhio) dei punti dove la cioccolata si è ammorbidita di più. Quella distanza corrisponde alla distanza fra un massimo e un minimo dell'onda, ovvero mezza lunghezza d'onda. Quindi adesso raddoppiamo quel numero che abbiamo misurato (un'operazione matematica facile persino per uno sciachimista) e quello che abbiamo misurato è la lunghezza d'onda dell'onda elettromagnetica di frequenza 2.45 GHz del nostro microonde.

 
Siccome la frequenza f e la lunghezza d'onda lambda di un'onda sono legate alla velocità dell'onda v (che nel nostro caso è la velocità della luce, in genere indicata con c) dalla formula:

                                                                c = lambda x f, 

mettiamo dentro i numeri e ricaviamo c.

Facciamo la prova sul serio: la distanza fra i baricentri delle due bolle sciolte è di 6 cm, con un'incertezza di grosso modo mezzo centimetro. Quindi la lunghezza d'onda, che vale il doppio, dalla nostra misura viene 12 cm con un'incertezza di +/- 1 cm. Da cui, moltiplicando per 2.45 GHz, viene fuori c(misurata) =  294000000 m/s con un'incertezza dell'8%. Il valore di riferimento della velocità della luce è, al momento, di 299792458 m/s. 

Tutto sommato niente male, alla faccia di Galileo!




Nota: Galileo fa parte di quella ristrettissima cerchia di persone famose che vengono chiamate solo per nome, e pur senza aggiungere il cognome nessuno ha dubbi sulla loro identità.  Gli altri che godono di questa speciale proprietà sono Michelangelo, Raffaello, Napoleone e Belen. 

PS. In rete si trovano decine di siti che in italiano o in inglese, via testo o tramite video, descrivono in dettaglio questo tipo di esperimento molto meglio di quanto abbia fatto io. Cito ad esempio questo bel sito in italiano.

domenica 17 aprile 2016

Con me ha funzionato, quindi funziona

Frasi fatte sull'omeopatia


Alcuni giorni or sono Salvo Di Grazia, medico, ha pubblicato su Il Fatto Quotidiano un articolo sull'omeopatia. Si tratta di un articolo volutamente provocatorio e minimalista, perché la domanda posta nel titolo, "Che cos'è l'omeopatia", ha una risposta che è essa stessa molto minimalista: nulla. Non essendoci nulla nei prodotti omeopatici, inteso come un qualunque principio attivo, la risposta alla domanda su quali sono gli ingredienti e gli effetti di un prodotto omeopatico è un semplice foglio bianco.



In tanti non l'hanno capita e si sono indispettiti, tirando in ballo la solita supponenza dei medici, la chiusura mentale della scienza, etc, etc.

Ma la cosa che ho trovato veramente interessante sono i commenti dei lettori. Di alcuni lettori. Sì perché quando si parla di ignoranza scientifica in Italia, ecco, quei commenti ne sono lo specchio. Perché l'ignoranza scientifica non è il non sapere di scienza. Non è non sapere di atomi, di genoma, o di farmacologia. Sarebbe una bella pretesa chiedere che la gente sappia cos'è un orbitale atomico o una base azotata. L'ignoranza scientifica è piuttosto non comprendere la metodologia e il modo di procedere della scienza. Non solo, è non avere idea che quel modo di procedere è quello ha portato alla comprensione dei fenomeni del mondo, quello che ci ha permesso e ci permette tuttora di distinguere le dicerie, le supposizioni e le convinzioni errate dai fatti. L'ignoranza scientifica è non sapersi porre le domande in modo scientifico, e quindi neanche comprenderne l'importanza. I commenti dei lettori ce lo spiegano bene.

Vediamo:


"Avevo la dissenteria, vado dal farmacista che mi propone un omeopatico, e mi è passata.  Stavo male davvero e non posso pensare ad un effetto placebo, non sono una persona condizionabile, e non so quanto si possano condizionare nausea, vomito e diarrea. Il suddetto rimedio ha avuto effetto sulla nausea in poche ore, rallentando le scariche e il vomito che sono sparite nelle 24 ore successive."

Commento: non ti viene in mente che il caghetto (il nome scientifico per la dissenteria) in genere, a meno che non ti sei abbeverato al collettore fognario di Taranto, passa da solo? E - sempre in genere - se bevi un po' di liquidi e eviti di finire la cofana di parmigiana di melanzane rimasta dalla sera prima, passa al massimo entro 24 ore? Perché mai dovrebbe essere quindi merito della pasticca omeopatica?  Mi viene in mente mio padre, che quando ha il raffreddore si imbottisce di farmaci (allopatici) ma nonostante questo, come a tutti, il raffreddore gli passa comunque dopo una settimana. Però per lui è merito degli spray e delle caramelle.


"Ho avuto un inverno pieno di bronchiti e tosse, poi ho preso un prodotto omeopatico e da un mese non ho più niente."

Si chiama "primavera", honey! In inverno in genere ci si ammala di tosse, bronchiti e raffreddori vari, in primavera e estate molto meno. Succede a tutti, anche senza prendere farmaci di alcun tipo. Anche io potrei dire che ho avuto un inverno con raffreddori e mal di gola, ma poi un paio di settimane fa ho mangiato due crostini caldi con sopra due fettine finefinefine di lardo di Colonnata, e da quella volta non ho più fatto una starnuto. Che sia stato tutto merito del lardo?


"Io uso omeopatia e medicina allopatica. Se  posso uso l'omeopatia, se poi vedo che non funziona prendo l'antibiotico."

With compliments! Ti piace vincere facile! Se guarisci, è merito dell'omeopatia. Se invece non guarisci, oh... mica si può pretendere tutto dall'omeopatia!


"Se tanta gente la usa, deve per forza funzionare".

Tanta gente va anche dai maghi, dalle fattucchiere, si fa leggere le carte, le mani, l'iride, l'asimmetria del viso, i fondi del caffè, i peli delle ascelle. Tanta gente per secoli si è curata con i salassi e con pratiche che oggi sappiamo assurde, se non addirittura dannose. Una miliardata di cinesi si cura coi baffi di tigre e il corno del rinoceronte. E infine, centinaia di miliardi di mosche adora sguazzare nella merda. Non possono essere tutti nel torto! Non volevo dirla, ma l'ho detta.


"In fondo perché non tentare, non si sa mai..come l'oroscopo, sono tutte ca@@ate ma qualcuno siccome male non fa segue i consigli del suo segno zodiacale"

Siamo sicuri che male non fa? Se ho un focolaio polmonare e invece di prendere l'antibiotico mi curo con il Passeraceum Cuprum in diluizione CH30, dove sulla confezione stessa c'è scritto: "pasticche da 1g, contenuto: saccarosio, 1g", siamo sicuri che male non faccia?


"Non è effetto placebo perché una bimba piccola non sa nemmeno cosa le stai dando"

Hai mai sentito parlare di coccole?  La mamma ti da un bacino sulla bua... quelle cose lì? E' dimostrato che il placebo funziona sugli animali, figuriamoci se non funziona sui bambini!


"Ha dovuto ricredersi (una che non credeva nell'omeopatia, n.d.r) quando ha visto guarire completamente il suo orecchio andato a brandelli in un incidente"

Eccheccazzo! Adesso stai a vedere che pure Lazzaro è risorto con l'omeopatia!


"Sarebbe interessante che pubblicasse i dati relativi elle sperimentazioni cliniche fatte in doppio cieco.Allora si stupirebbe dell'effetto terapeutico del placebo e che vale la pena anche se si dubita sull'efficacia di una terapia somministrarla se l'esperienza di molti dice il contrario."

Cercando di interpretare l'italiano, e inserendo le virgole dove dovrebbero stare (omeopatico anche nella punteggiatura!), penso che il commento voglia dire che, anche se è un placebo, visto che il placebo riesce a curare, ben venga il placebo. A parte che il placebo funziona solo se uno non sa di assumere un placebo. Se a un malato gli dai un prodotto omeopatico dicendogli "guarda, è pari a un placebo, ma è dimostrato che il placebo a volte aiuta", sei passato sul potere del placebo come uno schiacciasassi. Tanto valeva che gli dicessi "guarda, ti do questo, non serve a niente, è pure scaduto, se ti fa qualcosa è solo un effetto psicologico, altrmenti cazzo pretendi da un bicchiere d'acqua?!". E comunque, è eticamente corretto dare placebo ai malati? Se io vado dal medico perché sto male, è giusto che il medico mi prenda per il culo, detto come va detto, dandomi una pasticchina di zucchero spacciandomela per un rimedio sicuro? Perché magari il placebo mi funziona, ma il giorno in cui scopro che il mio medico mi ha dato zuccherini facendomi credere che erano farmaci efficaci, io perdo fiducia in quel medico, e magari anche nella medicina in generale, e addio per sempre effetto placebo!

"Con me ha funzionato."

Finora abbiamo (quasi) scherzato, ma questa è l'obiezione seria. Questo è il punto cruciale. Perché io non dubito che lui, o lei, siano guariti, o comunque si siano sentiti meglio dopo aver preso un prodotto omeopatico. E che gli vai a dire a uno che ti dice "con me ha funzionato"? Se su di lui ha funzionato, mica gli puoi dire di no!

Però uno dovrebbe chiedersi: se con me ha funzionato, vuol dire anche che funziona in generale? Vuol dire che si può considerare come un prodotto che, entro le normali eccezioni, curi o aiuti a curare il dato sintomo, la data malattia?

Perché è questo che vorremmo sapere quando compriamo un prodotto in farmacia, no? Vogliamo sapere se in generale è efficace, sperando di rientrare nei casi positivi della statistica. Difficilmente acquisteremmo un farmaco che ha funzionato solo su poche persone (ma su di loro ha funzionato!), perché sarebbe un po' come comprare un biglietto della lotteria.

Se Eleonora Brigliadori, e tanti come lei, tutte le mattine appena alzata si beve un bicchiere della sua urina, e grazie a questa si sente bene, o per lo meno ne è convinta, vuol dire che bere la propria urina funziona? Che fa bene? Se lo chiedi a Eleonora Brigliadori lei ti dirà di sì, ma questo ci basta per dire che funziona?

Ecco quindi che capiamo che a noi non ce ne frega niente di sapere che il tal prodotto con Eleonora Brigliadori, con una ragioniera di Tarvisio o con un direttore di Banca di Matera ha funzionato. Dell'esperienza dei singoli non ce ne frega proprio niente!  Non è che il farmacista ci dice "guardi, le do la lista delle persone con cui ha funzionato, a riprova del fatto che questo prodotto fa bene". A noi interessa sapere se statisticamente funziona! Ci interessa sapere che quella lista sia la più lunga possibile, non che ci sia una lista!

E quindi non sarà il caso di fare una statistica seria? Non ti viene in mente, caro commentatore dell'articolo che dici "con me ha funzionato", che questo in alcun modo sancisce il funzionamento in assoluto? E che sia importante fare una statistica seria quando si parla di un farmaco, omeopatico o meno, per sapere veramente se funziona? Non ti viene in mente che per tanti che dicono "con me ha funzionato" ce ne possono essere altri che diranno "con me non ha funzionato", e quello che conta è sapere chi dei due è maggiore in numero, e soprattutto di quanto? Questa è la domanda giusta da porsi se si ha una vaga idea di come funziona la scienza.

Perché altrimenti potremmo concludere che fumare 40 sigarette al giorno non è detto che faccia male, dato che c'è gente che lo fa e arriva tranquillamente a 80 anni. E allo stesso modo non fumare e avere un'alimentazione e una vita sana non è vero che aiuti a prevenire le malattie, perché ci sono salutisti che schiattano di cancro a 60 anni. Ci basta prendere i singoli casi o preferiremmo avere una statistica seria?



Se ci basta l'esperienza dei singoli (al commentatore dell'articolo evidentemente basta) possiamo allora andare da Keith Richards, il chitarrista dei Rolling Stones, uno che nella vita ha sperimentato droghe di tutti i tipi, ha tracannato l'equivalente di un treno di autobotti di Bourbon, e fuma tre pacchetti di sigarette al giorno da circa 50 anni a questa parte, e guardandolo mentre suona il riff di Jumping Jack Flash con l'energia di un ventenne concludere che bere, fumare e drogarsi in modo smodato fa bene.  Con Keith Richards ha funzionato, e quindi, secondo il metodo statistico degli omeopati, funziona!







venerdì 8 aprile 2016

Errori da non fare in caso di suicidio: tracannare pillole omeopatiche

Quando un tentato suicidio diventa comico


In genere un tentato suicidio è sempre un fatto tragico. Anche se si risolve bene, è difficile riderci sopra. Ma ci sono delle eccezioni. Ci sono casi in cui un tentato suicidio può finire a tarallucci e vino. 

E' successo qualche anno fa a New York, ad Alexa Ray, figlia del noto cantante Billy Joel. Disperata per la fine di una relazione amorosa, la ragazza ha telefonato al suo ex avvisandolo: "voglio morire". E poi, per mettere in pratica il suo terribile progetto, ha trangugiato una quantità smodata di un farmaco che suppuneva pericoloso se preso in grandi quantità, come accade spesso con i normali farmaci. Dopodiché, forse resasi conto di aver fatto un gesto sconsiderato, ha chiamato i soccorsi, dicendo al telefono di avere difficoltà respiratorie.