domenica 11 aprile 2021

La recente misura di g-2 del muone spiegata facile (giuro!) e perché è interessante.

La comunità dei fisici delle particelle è stata attraversata da una sana corrente elettrica lo scorso 8 aprile 2021, in seguito all'annuncio di una misura più precisa di "g-2", il momento magnetico anomalo del muone. La nuova misura conferma e accentua infatti una tendenza osservata già da anni, secondo cui la misura sperimentale differisce dalla previsione teorica in modo sufficiente da suscitare una particolare attenzione. Ai fisici questa cosa piace molto, perché vuol dire che sotto potrebbe esserci qualcosa di non capito nella fisica fondamentale. Qualcosa che non torna. Che uno potrebbe subito dire: ma come, sei contento se non torna? Sei contento se hai sbagliato? Eh, sì, ai fisici piace così. Quindi cerchiamo di capire che cosa è stato misurato, e perché questa misura è importante.

Il muone è un gemello pesante dell'elettrone, particella che fa parte dell'atomo, e ben nota a chiunque fin dalla scuola. Il muone è del tutto identico all'elettrone, a parte la sua massa a riposo, che è circa 200 volte maggiore. Come conseguenza di questo, il muone è anche instabile, ovvero una volta prodotto (ad esempio grazie all'energia ottenibile facendo urtare fra loro le particelle negli acceleratori), mediamente dopo soltanto un milionesimo di secondo decade, ovvero smette di esistere come muone, e si trasforma in un elettrone e due neutrini. 

Non è l'atterraggio degli alieni accolti da uno sparuto gruppo di terresti contattisti, ma il trasporto del magnete dell'esperimento per la misura di g-2 dal Brookhaven National Laboratory al Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab) alla periferia di Chicago (fonte).
 

Avendo una carica elettrica e uno spin, il muone si comporta come una microscopica spira percorsa da corrente, o se preferite come una pallina carica che ruota, e genera un microscopico campo magnetico, con momento magnetico. Una calamitina a due poli microscopica, in pratica.  E' vero che il muone non è una pallina, e che lo spin non è una vera rotazione (i talebani della fisica su Facebook a questo punto si saranno già indignati decidendo di non leggere oltre) ma in pratica è lo stesso. Il valore di questo momento magnetico associato al muone (ma anche l'elettrone ce l'ha identico) è stato calcolato da Dirac nel 1928 nell'ambito della Meccanica Quantistica, e vale g=2, espresso in opportune unità. Il valore 2 è quanto si prevede per particelle puntiformi con carica unitaria e spin pari a 1/2, come nel caso del muone (o dell'elettrone).

Però, se si va a misurare g, non viene esattamente 2. E la causa è il vuoto.

Infatti il vuoto in fisica è qualcosa di molto più complicato del vuoto filosofico, dove idealmente non c'è nulla. Il vuoto in fisica è popolato di particelle che nascono e muoiono di continuo, esistendo per tempi brevissimi. Particelle virtuali, come le chiamano i fisici. Questo fenomeno è dovuto alla Meccanica Quantistica. E quindi il muone, come tutto il resto, muovendosi nel "vuoto", percepisce e interagisce con tutto questo agitarsi di particelle virtuali. Il risultato è che l'interazione con queste particelle virtuali ne altera le sue proprietà, e nella fattispecie il suo momento magnetico, e ce le fa apparire diverse. E quindi g, che in un vuoto "filosofico" dovrebbe valere esattamente 2,  in realtà assume un valore un po' diverso.

La cosa sorprendente è però che la Meccanica Quantistica ci permette di calcolare questi effetti aggiuntivi così strani, legati alle proprietà quantistiche del vuoto. Ci permette di prevedere numericamente quanto questo vuoto popolato di particelle effimere impatti sulle quantità che vogliamo misurare, rispetto all'effetto di un vuoto veramente vuoto, in cui questi effetti non avvengono. 

E la cosa ancora più sorprendente è che queste previsioni teoriche, questi calcoli di elettrodinamica quantistica (così si chiama questa branca della fisica), producono il miglior accordo in assoluto fra teoria e esperimento in fisica, su una vasta gamma di misure di fisica atomica. Nessuna teoria fisica disponibile, in qualunque settore della fisica, può fregiarsi di riprodurre i dati sperimentali con precisioni così elevate come l'elettrodinamica quantistica. Per capirci, stiamo parlando di differenze fra teoria e esperimento che arrivano in certi casi ad essere più piccole di 1 parte su mille miliardi. Come misurare la distanza terra-sole e sbagliarsi di 15 cm. Feynman, Schwinger e Tomonaga meritarono a pieno titolo il premio Nobel per avere dato il via a questo filone della fisica moderna.

E' quindi proprio la sorprendente precisione dei calcoli numerici sulle grandezze osservabili tipo g del muone ad offrire la possibilità di andare a cercare eventuali piccole discrepanze con le misure sperimentali. Discrepanze che potrebbero essere l'evidenza di nuovi fenomeni fisici ancora sconosciuti.

Infatti le particelle che popolano il vuoto quantistico, e che influenzano il valore di g del muone, sono tutte le particelle a noi note, ma anche, dovessero esisterne, quelle a noi sconosciute. Solo che le nostre previsione teoriche si basano ovviamente solo sulle particelle che conosciamo. Non possiamo includere nei calcoli ciò che non conosciamo. E quindi se la previsione teorica non torna con l'esperimento, questo potrebbe significare che nella teoria non abbiamo considerato qualcosa semplicemente perché non sappiamo che questo qualcosa esiste. Un qualcosa che ovviamente nella misura sperimentale mostra invece il suo effetto, perché la Natura se ne frega di cosa sappiamo o non sappiamo.

Quindi il vuoto quantistico potrebbe essere popolato anche di particelle a noi ignote, legate a fenomeni anch'essi sconosciuti, i cui effetti però diventerebbero visibili tramite la meccanica quantistica. 

Notate quindi come questi effetti quantistici siano uno strumento potentissimo, perché ci offrono una finestra su un mondo che adesso non è concretamente presente attorno a noi. Potrebbe essere un mondo di fenomeni che avevano il loro ruolo primario nell'universo primordiale, quasi 14 miliardi di anni fa, quando le energie in gioco erano altissime. Energie e fenomeni che oggi non si riescono a riprodurre nemmeno nei maggiori acceleratori di particelle, ma che lasciano le loro tenui tracce in questi subdoli e effimeri effetti quantistici.

Che dire? Speriamo che sia vero. Speriamo che le future misure confermino questa differenza con quanto previsto dalla teoria. Speriamo che sia così perché vorrebbe dire che dietro l'angolo c'è una intera classe di nuovi fenomeni da scoprire e da capire.

Per ora, la situazione è quella disegnata qua sotto. A sinistra, in verde, c'è la previsione della teoria con la sua barra di incertezza, legata ad aspetti teorici non perfettamente conosciuti, che si traducono in una ambiguità nel risultato del calcolo. A destra ci sono le misure sperimentali. La prima, in blu, è vecchia di diversi anni. Quella nuova, è quella pubblicata qualche giorno fa, e è in ottimo accordo con quella vecchia, entro la barra di errore. Notate che le due barre di errore rosse e blu hanno una tacchetta. Essa indica quanto è grande l'errore statistico rispetto al totale, che comprende anche altri tipi di incertezze, dette sistematiche. L'errore statistico è legato a quanti dati sono stati raccolti: più dati sono stati analizzati, più piccolo è l'errore statistico. L'errore sistematico è invece legato alla procedura utilizzata per la misura, alle incertezze sulla calibrazione degli strumenti, e ai vari aspetti sperimentali.

Nel nostro caso le incertezze totali sono ampiamente dominate dall'errore statistico. Il resto, l'errore sistematico, è molto piccolo. Questo fa sì che, essendo le due misure quasi totalmente indipendenti dal punto di vista del campione statistico, esse possono essere combinate come se fossero un unico insieme di dati. Il risultato della combinazione è quello in viola, chiamato Experimental Average, che ha ovviamente un'incertezza totale decisamente inferiore alle singole misure. Si vede come la differenza fra teoria (in verde) e esperimento (in viola) sia grande, nonostante l'errore. 


Quello che si farà a breve termine è cercare di ridurre ancora di più l'errore delle misure, includendo nuovi dati, che sono già stati raccolti dall'esperimento, (ma altri ne verranno ancora) ma non sono stati ancora analizzati. Alla fine si dovrebbe riuscire grosso modo a dimezzare l'errore della misura rispetto a quello attuale. A questo punto sapremo se questa differenza fra teoria e esperimento potrà considerarsi realmente significativa tanto da poter dire che c'è realmente una differenza. Nel frattempo i teorici proporranno soluzioni al motivo fisico per cui esiste questa differenza. Quali fenomeni possono influenzare il vuoto da produrre questo effetto.

Ma come si fa a fare la misura dal punto di vista pratico? Come si misura concretamente il valore di g, il momento magnetico del muone? E' interessante descriverlo per sommi capi, perché dietro c'è un sacco di fisica interessante.

Il primo problema che si incontra è molto terra terra: i muoni non sono particelle stabili. Dopo essere stati prodotti, grosso modo in un milionesimo di secondo si dimezzano in numero, e si trasformano in elettrone e neutrini. E così via, essi si dimezzano e si dimezzano ancora in numero, ogni milionesimo di secondo che passa. E questo  costituisce un problema  non da poco. Come fare quindi a tenerli in vita sufficientemente a lungo per misurare il loro valore di g? Ci viene incontro la Teoria della Relatività.

Un muone, infatti, secondo il suo tempo, vive in media un milionesimo di secondo. Se fossimo un muone, se facessimo partire un cronometro nell'istante in cui veniamo prodotti in qualche urto in un acceleratore o nei raggi cosmici, e se arrestassimo il cronometro nell'istante in cui terminiamo la nostra esistenza trasformandoci in un elettrone e due neutrini, misureremmo in media (media misurata su tanti muoni) circa un milionesimo di secondo. 

Il tempo di vita media misurato dal muone coinciderebbe con il tempo da noi misurato se il muone fosse fermo rispetto a noi nel laboratorio. Ma se il muone si muovesse rispetto a noi a velocità prossime a quelle della luce, ritenendosi fermo dal suo punto di vista, egli crederà sempre di vivere un milionesimo di secondo, secondo la sua misura del tempo. Ma per noi, che lo vediamo sfrecciare quasi alla velocità della luce, il suo tempo ci apparirà scorrere molto più lentamente, tanto da farlo vivere molto più a lungo rispetto al nostro tempo. Sufficientemente a lungo da permetterci di farci sopra tutte le misure di cui abbiamo bisogno. E' un risultato della Teoria della Relatività ristretta. 

Quindi i nostri muoni su cui vogliamo misurare g dobbiamo cacciarli dentro un acceleratore di particelle, e portarli a velocità prossime a quelle della luce. In questo modo ci appariranno vivere sufficientemente a lungo da permetterci di fare l'esperimento. Detto così sembra fantascienza, ma i fisici delle particelle queste cose le fanno ormai da quasi un secolo, e è un'operazione di routine.

La misura di g del muone si può ricavare dalla precessione della direzione dello spin dei muoni, se questi vengono posti un campo magnetico. Infatti, in presenza di un campo magnetico costante, diretto - mettiamo - verticalmente rispetto alla loro direzione di moto nell'acceleratore, lo spin dei muoni precede attorno alla direzione del campo, ruotandoci attorno esattamente come fa una trottola quando la facciamo ruotare sul pavimento. La precessione è quindi il fatto che la sua inclinazione ruota attorno all'asse verticale. E la frequenza con cui il muone precede, cioè la frequenza con cui lo spin del muone fa un giro completo attorno alla direzione del campo magnetico, dipende dal valore di g. Il modo pratico per misurare questa frequenza è contare al passare del tempo il numero degli elettroni emessi dai muoni in una data direzione, quando questi ultimi decadono mentre si muovono dentro l'acceleratore. Infatti, la direzione di emissione degli elettroni dipende da come è orientato lo spin del muone, grazie a particolari correlazioni tipiche di questi processi. 

Se tutto questo vi sembra fantascientifico e improbabile, guardate come si vede il fenomeno dal punto di vista pratico. Nella figura qua sopra è riportato il numero di conteggi degli elettroni emessi dai decadimenti dei muoni in funzione del tempo che passa. La modulazione è il risultato della precessione dello spin dei muoni nel campo magnetico. Ogni gobbetta rappresenta il tempo che lo spin del muone impiega a fare un giro completo di precessione attorno alla direzione del campo magnetico. Notate che la scala nell'asse verticale è logaritmica, e in scala logaritmica il numero dei conteggi cala nel tempo globalmente come una retta (al netto della modulazione). Questo vuol dire che il numero di conteggi in realtà cala esponenzialmente nel tempo. Esso è dovuto al fatto che i muoni, man mano che passa il tempo, decadono, e quindi diminuiscono in numero. La legge che descrive il decadimento dei muoni in funzione del tempo, e di qualunque decadimento in genere, è infatti una esponenziale negativa, che in scala semi-logaritmica appare come una retta. 
 
In pratica nel grafico si vedono i muoni che, nell'acceleratore, diminuiscono in numero nel tempo mentre precedono attorno alla direzione del campo magnetico generato dal magnete. Notate la scala dei tempi in ascissa: ogni banda equivale a 100 microsecondi, e ci sono  7 bande. Ovvero ci sono muoni che restano in vita senza decadere fino a quasi un millesimo di secondo, nonostante i muoni da fermi vivano mediamente soltanto un milionesimo di secondo. Ovvero nell'acceleratore i muoni vivono fino a mille volte più a lungo che da fermi. C'è ancora qualcuno che crede che la Teoria della Relatività sia solo una teoria?






5 commenti:

  1. La discrepanza tra i dati sperimentali e il valore teorico potrebbe però essere dovuta al valore teorico.

    https://www.nature.com/articles/d41586-021-00898-z

    Mentre i calcoli dei contributi del vuoto della QED sembrano corretti, quelli del vuoto della QCD sono più problematici. Mi gioco 2 centesimi che alla fine il problema sono i calcoli di QCD, non il Modello Standard.

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  2. Veramente interessante...approfondirò! Grazie!

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  3. Bellissimo articolo, complimenti veramente

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