giovedì 14 novembre 2019

Il quantistico che fa piangere i fisici

L'entanglement quantistico spiegato ai cazzari (e speriamo che ponno capì!)

Medicina quantica, guarigione quantica, terapia quantica, architettura quantica, vino quantico, profilattico quantico. Giuro, esiste anche quello, e considerato che in meccanica quantistica esiste l'effetto tunnel, non credo sia stata una grande trovata. Da qualche anno il termine quantico, o il suo sinonimo quantistico, è diventato come la rucola, e lo trovi in tutto ciò che vorrebbe sembrare l'ultima scoperta scientifica, essendo invece una montagna di sciocchezze.



Ma a parte questo folclore, capita anche di leggere cose del genere (vedi link all'articolo completo) ad opera di un primario in psicologia di una Ausl di una importante città italiana:

"La teoria dell’Entanglement riconosce un ruolo di particolare rilevanza alla Mente e alle sue capacità di influenzare la realtà circostante attraverso l’energia/informazione degli atteggiamenti mentali, delle intenzioni e dei sistemi di credenze (...). Allo scopo di diffondere questa concezione innovativa (...) operiamo professionalmente per diffondere l’Entanglement nei processi di cura e nel mantenimento della salute."

A questo punto, di fronte a una frase del genere, a un fisico gli viene un coccolone. Nella frase in cui si dice che l'entanglement riconosce un ruolo di rilevanza alla Mente (maiuscolo!) e alla sua (della Mente) capacità di influenzare la realtà attraverso etc etc, è racchiusa tutta la totale incomprensione, da parte di chi fa queste affermazioni, di cosa sia l'entanglement, e cosa sia la meccanica quantistica. Un fisico capisce al volo che chi ha proferito questa frase non ha capito veramente nulla di queste cose.


E quindi vediamo di spiegare che cos'è l'entanglement quantistico passo passo, e spiegare anche perché l'entanglement e la meccanica quantistica non solo non c'entrano nulla con queste affermazioni, ma anzi, semmai dovessero entrarci, direbbero esattamente l'opposto! Cercherò di farlo nel modo più semplice possibile.

Quello che scriverò è più o meno il riassunto di un mio intervento al recente Cicap Fest a Padova, intitolato "Il quantistico che fa piangere i fisici".

La storia inizia alla fine del 1800, quando la fisica è rappresentata in modo emblematico da Isac Newton. La fisica Newtoniana è una fisica deterministica. Deterministica significa che, dato un sistema (una macchina fatta di ingranaggi e molle, un sistema planetario, una lavatrice...), e supponendo di conoscere con precisione le condizioni del sistema a un certo istante iniziale (la posizione, la velocità, la composizione di tutte le parti del sistema) è possibile, almeno in linea di principio, conoscere come evolverà il sistema a qualunque istante successivo, e quindi sapere come esso ci apparirà a seguito di una misura della sua "condizione".

Potrà essere complicatissimo, o perfino impossibile dal punto di vista pratico (pensiamo a un gas o un fluido, o anche il cestello coi panni della lavatrice, dove non possiamo conoscere la posizione e la velocità di tutto le particelle, e per questo possiamo descrivere il suo comportamento soltanto dal punto di vista statistico), ma concettualmente (è questo il punto) non c'è nulla che lo vieti.

E a sancire il successo di questa fisica ci pensa Urbain Le Verrier, un astronomo che a metà dell'800 ipotizza che certe anomalie dell'orbita del pianeta Urano siano dovute alla presenza di un ulteriore pianeta ancora sconosciuto, la cui presenza ne altererebbe il moto. E Le Verrier calcola, applicando proprio le leggi fisiche dell'epoca, quale dovrebbe essere la posizione nel cielo di questo nuovo ipotetico pianeta. E lo dice agli astronomi: "Astronomi, puntate i vostri telescopi lì, e vedrete che ci troverete un pianeta ancora ignoto".

Gli astronomi lo fanno e scoprono, proprio dove aveva detto Le Verrier, a meno di un grado di distanza nel cielo, quello che in seguito verrà chiamato il pianeta Nettuno.

Un successo incredibile: l'esistenza di un nuovo pianeta scoperta a tavolino, applicando le leggi fisiche note.

Sull'onda di questo successo, e nella convinzione che ormai la conoscenza dei fenomeni fisici sarebbe stata tutta una discesa, si entra nel ventesimo secolo, e si scoprono gli atomi. E dentro gli atomi i loro costituenti, gli elettroni, i nuclei, e così via. Quello che in gergo verrà chiamato il mondo dei quanti.

E qui... "Houston we have a problem"

Abbiamo un problema perché quelle leggi deterministiche, che pure avevano riscosso successi così clamorosi da farci prevedere la posizione di un nuovo pianeta sconosciuto nel cielo, falliscono miseramente se applicate al mondo dell'estremamente piccolo.

Falliscono talmente tanto che i fisici, nei primi 30 anni del ventesimo secolo, inventano una nuova meccanica per descrivere il mondo dei quanti: la meccanica quantistica.

La meccanica quantistica funziona benissimo. Descrive tutti quei fenomeni dove la fisica di Newton alzava bandiera bianca, ci da una spiegazione chiara degli spettri atomici, e combinata alla teoria della relatività ci indicherà perfino l'esistenza dell'antimateria.

Però ha un problema. Ha il problema che, contrariamente alla fisica di Newton, non è possibile dal punto di vista concettuale prevedere quale sarà l'esito di una misura su un sistema quantistico.

Infatti, mentre secondo la fisica classica una misura svela una condizione preesistente del sistema, una sua proprietà che esisteva già prima di effettuare la misura, nella fisica quantistica è l'atto della misura a determinare la condizione del sistema. Condizione che non è quindi determinata prima della misura stessa. Ma non nel senso che non è determinata perché non la conosciamo, ma proprio perché il sistema non ha una condizione determinata prima di effettuarne la misura (vedi nota 1 a piè pagina)

Quello che sa fare questa nuova fisica non è quindi quello di prevedere con certezza l'esito di una misura su un sistema quantico. La meccanica quantistica può soltanto calcolare la probabilità che, a seguito di una misura, il nostro sistema ci appaia in un certo modo, oppure un altro, o un altro ancora. L'atto della misura, secondo la meccanica quantistica, obbliga il sistema a "scegliere" fra una delle condizioni possibili, a caso in base alle probabilità assegnate (che - quelle sì - la meccanica quantistica può calcolare). Come avvenga questa "scelta", ovvero ciò che tecnicamente si chiama il "collasso della funzione d'onda", o anche la "riduzione del pacchetto", la meccanica quantistica non lo dice.

E' come se, immaginando il sistema solare come un sistema quantistico (cosa che ovviamente non è), non fosse possibile prevedere dove ci apparirà il pianeta Nettuno andandolo a cercare col telescopio, ma fossimo soltanto in grado di calcolare quale sarà la probabilità di trovarlo in un certo punto o in un altro dell'orbita. E è solo nel momento in cui puntiamo il telescopio nel cielo che il pianeta Nettuno assume una posizione definita.

Questo aspetto della nuova meccanica viene accettato per quello che è dalla maggior parte dei fisici (la cosiddetta "scuola di Copenaghen"), senza stare troppo a cavillare. Il motivo è che la meccanica quantistica funziona meravigliosamente bene, e permette e permetterà in futuro la scoperta di nuovi fenomeni, e la realizzazione di applicazioni pratiche, un paio fra tutte il laser e il transistor, il cui funzionamento è spiegabile solo tramite la meccanica quantistica.

Quindi i fisici dicono sostanzialmente "va bé, non capiamo questo aspetto della natura, ci sembra strano, assurdo o contro intuitivo, ma chi se ne frega: la meccanica quantistica funziona troppo bene per essere sbagliata, e se la natura ha deciso di funzionare così a livello microscopico, noi ne prendiamo atto". Shut up and calculate, insomma.

Questa situazione però non piace ad alcuni, tra cui Albert Einstein, che pur essendo stato uno dei padri fondatori della meccanica quantistica con la sua spiegazione dell'effetto fotoelettrico e della quantizzazione della radiazione elettromagnetica, e pur conoscendo bene l'efficacia della meccanica quantistica nel descrivere il comportamento del mondo microscopico, non se ne capacita che "Dio giochi ai dadi".

In questa frase, una delle più travisate e non capite della storia dell'umanità, in particolare da parte dei pensatori della domenica che si cimentano in tuttologia, Einstein vuole sottolineare come ritenga impossibile che un sistema, ancorché quantistico, non abbia realmente una condizione determinata prima di effettuarne la misura. Egli crede piuttosto che la natura ci appaia comportarsi così semplicemente perché la nostra conoscenza della meccanica quantistica è incompleta, ci manca un pezzo. Se conoscessimo realmente tutto del funzionamento del mondo quantistico, scopriremmo che l'esito di una misura, anche nel caso di un sistema quantistico, è perfettamente determinato fin dall'inizio, come per la fisica classica, e come per il caso del pianeta Nettuno.

Per fare una analogia (è solo una analogia, per capire cosa intende Einstein, non la prendete troppo alla lettera), è come quando lanciamo una moneta: l'esito del lancio ci appare indeterminato finché la moneta non si posa sul tavolo, e possiamo calcolarne soltanto la probabilità. Tuttavia, se conoscessimo con precisione il modo in cui lanciamo la moneta, la direzione, la velocità, le asperità del tavolo, le micro correnti d'aria, e tutti i dettagli del problema, potremmo addirittura calcolare, e quindi prevedere su che faccia si poserà la moneta.

Quindi è solo la nostra ignoranza di questo insieme di informazioni che ci fa credere che l'esito del lancio sia intrinsecamente indeterminato prima che la moneta si posi. In realtà, invece, è tutto scritto fin dall'inizio, e la moneta sa già su che faccia dovrà posarsi, fin dal momento in cui lascia la nostra mano.

E per sottolineare maggiormente quanto, secondo lui, fosse inaccettabile dal punto di vista concettuale la descrizione dei fenomeni quantistici, propone questo esperimento, all'epoca solo mentale ma realizzato in seguito, che prende il nome di argomento, o paradosso, di Einstein, Podolsky e Rosen (abbreviato EPR).

Il paradosso EPR, che rappresenta uno dei punti più importanti nella storia della comprensione dei fenomeni quantistici, e a mio parere anche uno dei contributi maggiori di Einstein alla fisica, è il seguente (vedi nota 2 a piè pagina).

Prendiamo una particella quantistica come un elettrone. Tra le varie proprietà che esso ha, c'è quella di avere uno spin. A noi in questo frangente non interessa affatto sapere cosa sia lo spin, ma ci basta sapere che, ogni volta che misuriamo lo spin di un elettrone, otteniamo o il valore "SU", o il valore "GIU'". L'elettrone, insomma, è come se avesse una freccetta che porta sempre con sé, che si presenta sempre soltanto rivolta verso l'alto o verso il basso.

La meccanica quantistica stessa prevede però che il valore dello spin non sia intrinsecamente determinato prima di effettuarne la misura, e è l'atto stesso della misura dello spin che -  in modo a noi sconosciuto, e che la meccanica quantistica non descrive -  "obbliga" l'elettrone ad assumere, in modo del tutto casuale, lo spin "SU", oppure "GIU'", con il 50% delle probabilità.

Fin qui, niente di nuovo rispetto a quanto sappiamo già.

A questo punto, dicono EPR, consideriamo una particella che abbia spin 0, e supponiamo che questa particella ad un certo punto decada in due elettroni. La particella iniziale improvvisamente - puff - scompare, e al suo posto compaiono due elettroni che si allontanano reciprocamente, uno che va da una parte, e uno dall'altra. Sembra una cosa strana, ma sono fenomeni molto comuni e molto studiati nel mondo della fisica quantistica.

Ora, siccome la particella iniziale aveva spin 0, e lo spin è una di quelle quantità che si conserva sempre nei processi fisici (come ad esempio la quantità di moto), anche la somma degli spin dei due elettroni in cui essa è decaduta dovrà essere pari a zero. E siccome gli spin degli elettroni possono essere soltanto "SU" o "GIU'", inevitabilmente i loro spin dovranno essere opposti per dare un risultato di spin nullo: se un elettrone ha spin "SU", l'altro dovrà avere lo spin "GIU'", o viceversa.

Stati di quest tipo si chiamano "entangled", che significa "intrecciato, aggrovigliato". Il motivo è che le proprietà dei due elettroni nello stato finale non sono indipendenti le une dalle altre, ma risentono del fatto che i due elettroni provengono da una particella comune, e quindi ne devono conservare certe proprietà, in questo caso lo spin. Il fenomeno di cui stiamo per parlare si chiama  "entanglement quantistico",

Sebbene lo spin dei due elettroni debba essere correlato, provenendo entrambi dalla stessa particella madre (sono entangled), la stessa meccanica quantistica ci dice che, prima della misura, il valore dello spin dei singoli elettroni è intrinsecamente non determinato, e sarà l'atto stesso della misura a "decidere" (attraverso un meccanismo che la meccanica quantistica non descrive) qual elettrone sarà "SU" e quale invece sarà "GIU'".

Allora supponiamo di fare la misura dello spin su uno dei due elettroni, mettiamo quello di destra. Un attimo prima della misura l'elettrone, secondo la meccanica quantistica, non aveva uno spin determinato, ma nel momento in cui andiamo a farne la misura l'elettrone - etvoilà! - sceglie, perfettamente a caso, uno dei due valori dello spin, o "SU", o "GIU'". Supponiamo scelga "SU". Aveva il 50% di probabilità, e ha scelto "SU" (il discorso vale analogo anche se avesse scelto "GIU'", ovviamente).

Bene: a questo punto però abbiamo la certezza che, a seguito del risultato "SU" sul nostro elettrone su cui abbiamo effettuato la misura, anche l'altro elettrone, su cui non abbiamo effettuato alcun tipo di misura, e anzi, che non ci siamo filati di striscio, assumerà istantaneamente lo stato di spin "GIU'". La misura dello spin su uno dei due elettroni ha avuto un effetto immediato e istantaneo anche sull'altro elettrone, sul quale non abbiamo agito in alcun modo.

Ma attenzione, questo avviene ovunque siano questi due elettroni, che quindi potrebbero essere ai capi estremi della galassia, o distanti miliardi di anni luce: l'atto della misura su uno dei due elettroni entangled, ha un effetto immediato e istantaneo anche sulla condizione dell'altro elettrone, ovunque esso sia nell'universo.

E questo - dice Einstein - è impossibile!

E' impossibile perché violerebbe uno dei principi sacrosanti non solo della fisica, ma più in generale del nostro modo di concepire e descrivere il mondo, anche senza sapere niente di fisica. Violerebbe la "località".

Località vuol dire che se compio un azione qui e adesso, affinché questa azione produca un effetto laggiù, qualcosa deve propagarsi fra qui e laggiù, e nel tempo che intercorre fra i due eventi. Qualcosa deve interconnettere localmente, punto per punto nello spazio e nel tempo, ciò che è avvenuto qui con ciò che si ripercuote laggiù. Non è possibile che quello che faccio qui e adesso svanisca e riappaia laggiù in un tempo successivo, senza che nulla sia avvenuto nel frattempo nello spazio che c'è fra qui e laggiù, e nel tempo che intercorre fra i due eventi.

Tutti i fenomeni che conosciamo, di qualunque tipo, rispettano questo principio, che si chiama appunto "principio di località". Questo fenomeno invece - dice EPR - lo violerebbe. E questo è impossibile.

E siccome, continua EPR, non ci credo neanche morto che possa essere violata la località, che è un cardine portante del nostro modo di descrivere tutto ciò che avviene, allora vuol dire - di nuovo - che la nostra conoscenza della meccanica quantistica è incompleta. Vuol dire che non conosciamo tutto, ci mancano dei pezzi, ci devono essere delle "variabili nascoste" che non conosciamo. Se conoscessimo questa parte che ci manca, continua EPR, come per il lancio della moneta scopriremmo che i due elettroni hanno già deciso in partenza come dovranno risultare a seguito della misura, e è solo la nostra ignoranza di come realmente funzionano i fenomeni quantistici che ci fa credere il contrario, e ci porta a concludere che venga violata la località. Se sapessimo tutto della meccanica quantistica, se conoscessimo queste variabili nascoste, scopriremmo che la località non viene affatto violata.

L'argomento EPR, quando fu proposto nel 1935, per certi versi cadde nel vuoto. I fisici in parte lo ignorarono, in parte non lo capirono, in parte lo snobbarono, sempre secondo il motto di "shut up and calculate". Se uno si va a leggere la risposta che Bohr, il guru della meccanica quantistica dell'epoca, diede a Einstein sull'argomento EPR (fonte), la reazione immediata che sorge spontanea è: "ma questo non aveva capito proprio!". La profondità e la sottigliezza del paradosso EPR deve aspettare quasi 30 anni per essere presa sul serio. Einstein nel frattempo muore.

Nel 1964 arriva John Steward Bell, un irlandese dell'Irlanda del Nord, che lavora nel gruppo teorico al Cern. John Bell prende un anno di congedo e nel frattempo mette a punto un "metodo" per mettere alla prova l'argomento EPR. Un metodo grazie al quale diventa possibile verificare sperimentalmente se i fenomeni quantistici sono realmente non locali, oppure, detto in poche parole, se gli elettroni sono d'accordo fin dall'inizio sull'esito delle misure, e quindi esistono variabili nascoste che rendono la meccanica quantistica così come la conosciamo una teoria incompleta, ed è solo per colpa di questa incompletezza che la località ci appare violata, mentre nella realtà essa viene preservata.

John Bell, formulando la "disuguaglianza" che prende il suo nome, ha l'immenso merito di trasformare quello che sembrava un problema puramente metafisico, come proposto da EPR, in un problema strettamente scientifico, proponendo un metodo per misurare, e quindi eventualmente falsificare le due ipotesi.

Nel 1964 non c'è ancora la tecnologia adatta per fare questo tipo di esperimento, e bisognerà aspettare una decina di anni. Oggi questi esperimenti sono stati effettuati una miriade di volte, in modi diversi e con tecniche sempre più raffinate. E il risultato è inequivocabile: i fenomeni quantistici violano la località. Gli esperimenti che utilizzano la disuguaglianza di Bell mostrano che nessun tipo di teoria a variabili nascoste che preservi la località è compatibile con i risultati sperimentali, risultati che al contrario sono perfettamente in accordo con le previsioni della meccanica quantistica in quanto teoria non locale.

John Bell muore improvvisamente il 1 ottobre del 1990, senza sapere che il comitato dei Nobel, che avrebbe reso noti i nomi dei vincitori di lì a pochi giorni, aveva già deciso di assegnargli il premio per la Fisica.

A questo punto abbiamo tutti gli ingredienti per capire dove nasce questo delirio sulla meccanica quantistica applicata nei campi più svariati, dal vino alla meditazione, dall'architettura alla medicina. E soprattutto abbiamo anche tutti gli ingredienti per capire dove questa gente sbaglia nel chiamare in causa la meccanica quantistica. Che siano in buona fede o in mala fede, la cosa cambia poco, perché in tutti i casi essi credono che la meccanica quantistica possa sdoganare scientificamente le loro frasi in libertà.

Vediamo dove sbagliano.

Innanzitutto l'utilizzo dell'entanglement per giustificare questa specie di olismo cosmico che caratterizza tante affermazioni, come ad esempio la dichiarazione del primario in psicologia riportata all'inizio, e addirittura l'intento di usarlo per curare le persone. Costoro basano le loro convinzioni partendo da fatto che l'entanglement mantiene una relazione fra due particelle, pur enormemente separate fra loro, tanto che una azione (una misura) compiuta su una delle due particelle si ripercuote immediatamente anche sulla condizione dell'altra, qualunque sia la distanza che le separa.

In una estrapolazione del tutto arbitraria, essi sostengono che l'entanglement indichi che tutto è in perennemente collegamento a tutto, e ogni azione che io compio si ripercuote ovunque nell'universo e allo stesso tempo tutto ciò che avviene nell'universo si ripercuote istantaneamente su di me e su tutti gli altri esseri dell'universo. Un volemosebene cosmico, insomma. Eh sì, perché l'olismo per i cazzari è sempre buono. L'olismo trasmette il bene, ma mai le cose orrende che pure continuamente avvengono nel mondo. Le molecole d'acqua si trasmettono olisticamente il ricordo di essere entrate in contatto con una molecola di principio attivo "buono", ma non si trasmettono mai il ricordo dei colibatteri.

L'errore in tutto questo sta innanzitutto nel non aver capito che il fenomeno dell'entanglement vale per coppie, o comunque per insiemi di particelle quantistiche opportunamente preparate. Non è che se prendo due elettroni a caso, questi sono entangled. Anzi, è vero il contrario! Ma oltre a questo, il  fenomeno avviene comunque solo su particelle o sistemi quantistici, e non su esseri umani di 90 chili! Ma su questo ci ritorneremo.

Non solo, ma questa gente ignora (non è colpa loro, non si può sapere tutto, ma bisognerebbe avere anche il buon senso e l'umiltà di chiedere a qualche esperto, se di mestiere fai lo psicologo e vuoi parlare di meccanica quantistica) che se si effettua una misura su una particella che è entangled con un'altra, le due particelle a quel punto smettono di essere entangled! La misura distrugge l'entanglement! A quel punto io posso prendere una delle due particelle, sbatterla contro il muro, schiacciarla sotto il tacco, modificarne il suo spin o il suo impulso, e l'altra particella non ne risentirebbe affatto! E' soltanto PRIMA della misura che sono entangled. La misura stessa fa cessare il loro essere entangled. 

Quindi non è affatto vero che tutto è in comunicazione perenne con tutto. In particolare la storia che si recita sull'equazione di Dirac (che comunque non c'entra nulla con l'entanglement, come descritto qui), secondo cui due esseri che sono stati uniti da qualcosa in passato (innamorati - ovviamente - la possibilità che uno facesse stalking all'altro non è nemmeno contemplata dagli olistici!) lo restano per sempre, è una sonora puttanata. La scemenza dell'equazione dell'amore! Non solo per la cosa in sé, ma anche perché la si vuole giustificare con l'entanglement quantistico, che dice invece proprio il contrario: lo stato di entanglement cessa di valere nel momento in cui compio qualunque azione su uno dei due elementi.

Ma andiamo avanti nell'elenco degli errori.

Una cosa che dicono spesso i cazzari (lo so, è brutto chiamarli così, ma per un fisico è difficile trovare un sinonimo adeguato, di fronte a certe scemenze) è che, siccome la misura su un sistema quantistico determina la condizione del sistema quantistico (ed è vero), e che, essendoci dietro la misura un misuratore, e quindi una mente pensante a interpretare i risultati, allora è la mente umana a determinare la realtà delle cose (vedi le dichiarazioni dello psicologo). Scemenza colossale. 

Infatti la misura in meccanica quantistica non implica affatto la presenza di un misuratore pensante. La misura è semplicemente l'interazione del sistema quantistico in questione con qualcos'altro, di dimensioni macroscopiche, ma non necessariamente. Anche l'interazione con un fotone può rappresentare una misura, addirittura senza che ci sia un'effettiva rivelazione dell'interazione stessa. Quindi la mente umana non c'entra proprio nulla, e è solo una sciocchezza messa in giro da chi vorrebbe dare all'uomo un ruolo di primo piano nell'universo, cosa che a certi piacerebbe moltissimo.

E' falsa anche perché l'universo è andato avanti da solo per quasi 14 miliardi di anni senza che nessuna "Mente" misurasse alcunché. Non è che l'universo ha aspettato l'homo sapiens, o peggio ancora i fisici quantistici, per darsi una configurazione decente. Noi sappiamo che già 13 miliardi di anni fa esistevano gli atomi, che si erano assemblati già da un pezzo, e sappiamo che quegli stessi atomi si erano uniti assieme a formare stelle e galassie, senza che nessun new ager fosse ancora in giro a scrivere libri sulla mente quantica e sul suo potere di decidere l'andamento delle cose.

Inoltre, e questo è l'aspetto cruciale, tutti questi fenomeni che rendono strano, affascinante e contro intuitivo il mondo dei quanti, cioè il mondo dell'estremamente piccolo, smettono di esistere nel mondo macroscopico! Il tavolo su cui sono appoggiato, se lo lascio qui e vado via, non è che se non lo guardo lui può andarsene ovunque nell'universo. Se nessuno lo sposta e torno fra 10 anni, trovo che ha lasciato il segno di polvere sul pavimento, che significa che lui non si è mai mosso!

Sebbene tutto sia fatto di atomi, che singolarmente obbediscono alle leggi della meccanica quantistica, tuttavia non devo rivolgermi alla meccanica quantistica per descrivere il comportamento di tavoli, sedie, montagne e esseri umani. Se così non fosse, se il mondo macroscopico obbedisse alle leggi della meccanica quantistica come i singoli atomi, se fosse vero che per esso vale il principio di sovrapposizione, e che soltanto a seguito di una misura un oggetto può assumere una posizione, una velocità o altre proprietà ben definite, col cavolo che Le Verrier avrebbe scoperto il pianeta Nettuno!

E quindi le regole del mondo quantistico semplicemente non si applicano al mondo macroscopico, cosa che peraltro è sotto gli occhi di tutti. Perché questo accada, e dove sia il "confine" fra quantistico e non quantistico, questo è tutto un altro paio di maniche, e è un problema su cui la scienza dibatte moltissimo. Ma che per un tavolino, un albero un moscerino o un essere umano non valga il principio di sovrapposizione o l'etanglement è semplicemente un dato di fatto.

E infine, è vero, come certi dicono, che l'entanglement quantistico permetterebbe di trasmettere segnali a velocità superiori a quelle della luce, violando quindi la teoria della Relatività? Sembrerebbe di sì, da quello che abbiamo detto. E non solo la velocità usata per la trasmissione sarebbe maggiore di quella della luce, ma sarebbe addirittura una trasmissione istantanea!

Invece no. L'entanglement non solo non permette di trasmettere informazioni a velocità superluminali, ma proprio non permette di trasmettere alcun tipo di informazioni, punto! Per capirlo, supponiamo che la misura dello spin SU o GIU' degli elettroni dell'esperimento sull'entanglement equivalga a ottenere un bit su o giù, 1 o zero. Noi facciamo la misura dello spin su un elettrone, e otteniamo zero o 1. Di conseguenza, se qualcuno decidesse di misurare lo spin dell'altro elettrone, otterrebbe 1 quando noi otteniamo zero, e zero quando noi otteniamo 1. Ma il punto è che noi non possiamo decidere quale sarà l'esito della nostra misura. Possiamo solo constatarlo dopo che abbiamo effettuato la misura! Questo dice la meccanica quantistica. Quindi, se misurassimo lo spin degli elettroni che ci arrivano, prodotti in modo entangled, otterremmo una serie del tutto casuale di 0 e 1, ovvero nessun tipo di informazione.

Allo stesso tempo, colui che decidesse di effettuare le misure sugli elettroni entangled ai nostri, che vanno dalla parte opposta, otterrebbe anche lui una serie del tutto casuale di 1 e zero. Non solo, ma non avrebbe nemmeno la possibilità di sapere che noi abbiamo effettuato misure sui nostri elettroni! A lui semplicemente arrivano elettroni, misura il loro spin, e ottiene risultati che corrispondono a una sequenza casuale di zero e 1. Lui non può dire altro in proposito. Non può sapere che quella serie di bit che ha trovato è il risultato del fatto che noi abbiamo effettuato, prima di lui, la misura sugli elettroni che andavano in direzione opposta, perché quella serie di bit da lui trovata è del tutto casuale, come sarebbe anche se noi non avessimo effettuato alcuna misura. Quindi, quello che sembra una trasmissione di informazioni istantanea, un modo di comunicare superluminale, di fatto non è in grado di trasmettere alcuna informazione. E' solo lo stato entangled che si manifesta per quello che è.

Concludo suggerendo un libro interessante che mi sento di consigliare, utile e molto comprensibile sulla meccanica quantistica e sull'uso improprio che se ne fa: "Il mondo quantistico. Errate interpretazioni, teorie improbabili e bufale quantiche", di Enrico Gazzola.


PS: alcuni new agers con l'infatuazione per i quanti citeranno a questo punto il libro "Il Tao della fisica" di Fritjof Capra, a supporto delle loro convinzioni. Capra era un fisico esperto di meccanica quantistica che, assieme ad altri suoi colleghi, negli anni 70, forse complice qualche sostanza di troppo, ha creduto di vedere nella meccanica quantistica analogie con la meditazione tibetana e le filosofie orientali, e altre discipline simili. Il mondo è bello perché e vario. Ecco quello che scrive capra nelle prime pagine del suo libro:
«Cinque anni fa ebbi una magnifica esperienza che mi avviò sulla strada che doveva condurmi a scrivere questo libro. In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all'oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all'improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica. […] Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita; «vidi» scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e si distruggevano particelle con ritmi pulsanti; «vidi» gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a quella danza cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne «sentii» la musica: e in quel momento seppi che questa era la danza di Siva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù.»
(Il Tao della fisica, Adelphi, 1993, pp. 11-12)
A parte che queste sensazioni, senza invocare il Dio dei Danzatori, si possono provare anche dopo essersi scofanati una teglia di parmigiana di melanzane con sottofondo di Gran Premio automobilistico, queste analogie con le religioni orientali non hanno mai portato a niente di scientifico. Quasi tutti questi fisici hanno lasciato la fisica a livello professionale, e la loro deriva ascetica ha preso vie divergenti con la fisica stessa. Per quello che mi riguarda, il Tao della Fisica è un ottimo libro se uno ha un tavolino che non spiana. Ricordo di averlo abbandonato a metà, perché mentre lo leggevo mi chiedevo continuamente: "ma cosa cazxz sto leggendo!?!?" La frase citata sopra è solo un esempio dei tanti. Per fortuna nella scienza la validità di una teoria scientifica non si misura dal numero di copie che l'autore ha venduto.

Nota 1: non uso il termine stato, ma "condizione", perché nel gergo della meccanica quantistica lo "stato" di un sistema è in realtà perfettamente determinato, tramite la funzione d'onda. Lo stato del sistema, cioè la funzione d'onda, evolve nel tempo in modo perfettamente deterministico secondo quanto previsto dall'equazione di Schrödinger, descrivendo come variano nel tempo le probabilità di trovare il sistema stesso a seguito della misura. L'atto della misura, però, causa il cosiddetto "collasso della funzione d'onda", e cioè il fatto che, fra tutte le possibili configurazioni finali, una sola ne viene scelta, in base alle probabilità che esse hanno di avverarsi. Questo processo di "scelta", avviene in modo casuale, e la meccanica quantistica non ci descrive come avvenga realmente.

Nota 2: il paradosso EPR nella formulazione originale è diverso, ma concettualmente identico a quello descritto qui. In questo caso ho anche cercato di semplificare la descrizione dell'esperimento ideale, eliminando tutti quegli aspetti che non hanno direttamente a che fare con la questione. Questo potrebbe togliere un po' di rigore, ma certamente aiuta per la comprensione.

32 commenti:

  1. Grazie per questo bellissimo articolo.
    Mi rimane una domanda. Einstein non credeva al fatto che la natura non fosse deterministica, e che quindi l'accezione probabilistica della meccanica quantistica fosse dovuta ad una nostra incompletezza di informazioni riguardo allo stato del sistema (variabili nascoste). Se ben capisco, l'esperimento da lui ideato dovrebbe far emergere se la probabilità è o meno una proprietà intrinseca di una particella: ovvero la particella si trova in uno stato preciso che noi ignoriamo, oppure ontologicamente la particella è in più stati contemporaneamente.
    Non mi è chiaro come l'esperimento permetta di discriminare queste due ipotesi.
    I 2 elettroni sono entangled (uno UP e uno DOWN). Ne selezioniamo uno. Effettuiamo una misura, e scopriamo ad esempio che risulta UP. A prescindere che il suo stato precedentemente alla misura fosse realmente UP, o fosse indeterminato, l'esito della misura sull'altro elettrone sarà inevitabilmente DOWN.
    Che cosa impariamo da questo esperimento?

    Grazie mille!
    Carlo

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    1. In effetti è un aspetto complesso. Io ho scritto che John Bell ha sviluppato "un metodo" per farlo. Quello che si osserva è che le due misure sono sempre Un-Down (o il contrario). Il metodo consiste nel misurare lo spin sui due elettroni utilizzando direzioni diverse, con angoli diversi fra loro. Di questo non ho parlato perché avrebbe complicato il discorso. Sostanzialmente con questo metodo si puo' distinguere la situazione in cui gli elettroni fossero già d'accordo rispetto al caso in cui la località è violata, e gli elettroni sono, diciam così, "telepatici". Tutte le spiegazioni divulgative di questo metodo (la cosiddetta "disuguaglianza di Bell") sono comunque complicate da capire, nonostante gli sforzi di chi le spiega.

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    2. Probabilmente il più divertente (ma che richiede comunque un certo sforzo per seguirlo) è "lo strano caso del gatto della signora Hudson" nel libro "Sherlock Holmes e i misteri della scienza" di Colin Bruce.

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    3. Tutto OK per quanto riguarda l'entanglement, nonostante le difficoltà di rendere digeribili per gli stomaci profani concetti ostici. Darei un consiglio: evitare di cedere alla tentazione di ipotizzare eventuali stati antecedenti l'intervento di misura. Evitare, cioè, di pensare a un qualche stato nascosto prima di un nostro intervento di misura; stato definibile nel caso in cui avessimo conoscenza di una struttura, magari complicatissima, ma comunque soggetta a determinismo. Dobbiamo semplicemente accettare questa realtà: la domanda di "come erano prima" le due particelle non ha significato. Esattamente come non ha significato chiedersi come era l'universo "prima del Big-Bang". In questo ultimo caso, si introduce nel discorso l'avverbio "prima". Il "prima" è un avverbio di tempo. Si commette l'errore di considerare il tempo prima che il tempo stesso acquisisse significato. Il concetto di tempo ha significato solo "dopo" l'evento del Big-Bang. Questo evento marca l'inizio dello spazio-tempo. Come diceva Hawking: "Chiedersi cosa ci fosse prima del Big-Bang è come voler andare a Nord partendo dal Polo Nord". Nel caso delle due particelle entangled, si tratta di parlare di "località", prima che tale concetto acquisti significato. Il nostro intervento di misura-osservazione determina la nascita della "località". Quindi: chiedersi cosa combinassero le due particelle prima dell'intervento di misura-osservazione è una domanda priva di significato.

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  2. Impariamo che si avrebbe una trasmissione istantanea di informazione tra le due particelle entangled, il che violerebbe la località (e quindi la relatività speciale, che sarebbe, ironia della sorte, una beffa per Einstein!). Di qui, ne deriverebbe che la meccanica quantistica produrrebbe un risultato in disaccordo con una legge nota e sarebbe dunque errata o incompleta. Il punto è, come é stato brillantemeente spiegato nell'articolo, che non si ha nessun passaggio d'informazione istantanea (o a velocità superluminale) tra le due particelle! I due osservatori distanti che misurano rispettivamente lo spin di una delle due particelle entangled devono necessariamente inviarsi un segnale per trasmettersi l'informazione sulla stringa di misure di spin ottenuta da ciascuno. E questo segnale si può propagare al più alla velocità della luce. Quindi non c'è contraddizione, non avviene alcuna trasmissione di informazione superluminale, la meccanica quantistica è corretta (con tutti i suoi risultati apparentemente controintuitivi).

    Nota bene: in gergo si dice correttamente che la meccanica quantistica è una teoria "non locale" ed infatti lo è per tutto ciò che avviene prima della misura di un'osservabile che agisce su uno stato. Ma i risultati delle misure sono sempre locali e non vi è mai trasmissione di informazione a velocità superluminale.

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  3. Ok, ma tutto questo cosa ci dice sull'interrogativo che una particella, prima della misura
    i) abbia uno stato definito che noi non conosciamo, e per questo la QM è probabilistiva
    ii) non abbia ontologicamente uno stato definito
    ?

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  4. Grande...immenso Stefano. Bellissimo articolo

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  5. Houston...abbiamo un articolo fantastico. Applausi.

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  6. Splendido articolo, grazie Stefano!

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  7. 1) Relatività e meccanica quabbtistica sono teorie che funzionano benissimo ma sono, ka seconda in particolare, assolutamente parziali. Che certi comportamenti della materia possano avere conseguenze "strane" reintra quindi nell'ambito del possibile ma non spiegabile. L'esistenza degli atomi fu intuita da alcuni filosofi della Grecia antica. Ci sono voluti 2500 anni o giù di lì per provare che avevano ragione, almeno a grandi linee.
    2) Sappiamo, intuiamo, ipotizziamo (ognuno scelga il termine che ritiene più appropriato) che il 90 % circa dell'universo è fatto di materia ed energia oscura. Siccome si tratta di roba oscura non ne sappiamo un'emerita cippa, sfuggendo a qualsiasi metodo di rilevamento diretto conosciuto. Siccome non ne sappiamo niente, possiamo tranquillamente ipotizzare, e magari fra 2500 anni si dimostrerà che è così, che 'sta roba oscura sia all'origine di fenomeni altrimenti inspiegabili. O magari verrà fuori un'altra spiegazione.
    3) Dire che ciò che funziona a livello di particelle è scorrelato dal mondo macroscopico mi sembra azzardato. Se tutto è fatto di particlelle elementari una correlazione deve esistere. Non sarà certo quella de Il Tao della Fisica, ma qualcosa, oscuro, esiste.

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    1. Vedi Vincenzo, il punto è un altro. Il punto è che oggi ci troviamo di fronte a gente che afferma che sta usando la meccanica quantistica per curare la gente, o per altre applicazioni pratiche astruse.

      Non stanno quindi ipotizzando che un giorni scopriremo che..., cosa che ovviamente è possibile, ma stanno affermando di usare GIA' la meccanica quantistica come strumento per le loro applicazioni, cos^ come si usa la corrente elettrica per far funzionare il frullatore o la tv.

      Se questo fosse vero, se realmente la meccanica quantistica servisse a curare la gente, si dovrebbero avere già le prove inconfutabili di questi nuovi ipotetici fenomeni. E questo è invece semplicemente falso, perché anzi, al momento tutto ciò che sappiamo e che emerge dalle miriadi di esperimenti effettuati è che questi fenomeni che questa gente millanta semplicemente non avvengono.

      Il punto è tutto qui: si tratta di semplice ciarlataneria.

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    2. Se è per questo, per essere ciarlatani non occorre certo ricorrere alla meccanica quantistica, basta seguire un poco la politica.
      Battute a parte, la sensazione che ho è che chi si occupa di meccanica quantistica in un certo modo fomenti i ciarlatani.
      A proposito dell'entanglement, Einstein parlò di "spooky action" a distanza. E' vero che gli esperimenti hanno dimostrato che aveva torto, ma è anche vero che la gravità, almeno fino a che lui non formulò la teoria della relatività, era ugualmente una "spooky action" a distanza. Newton non si era posto il problema di come potesse agire questa forza ma a sua giustificazione ci sta il fatto che all'epoca non si sapeva che la velocità della luce è un limite insuperabile e che è sempre la stessa qualunque sia il sistema di riferimento in cui ci si trova. La relatività ci dice invece che la gravità è un effetto della curvatura dello spaziotempo indotta dalla presenza delle masse e che in realtà i corpi si muovono in linea retta lungo una superficie curva.
      Qualcosa del genere, mi viene da immaginare, avverrà nel caso delle particelle entangled.
      Se quindi, memori di come viene spiegata la gravità, si provasse, magari qualcuno lo sta già facendo, a cercare una spiegazione per certi fenomeni che sia un poco meno "metafisica" di quelle ad oggi proposte, ad esempio il multivervo, tanto spazio i ciarlatani non lo avrebbero

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    3. Vincenzo, anche quando ci pettiniamo e il pettine attira i capelli, o quando una calamita attira un pezzo di ferro, stiamo osservando qualcosa di misterioso. Come fanno il pettine e i capelli a comunicarsi reciprocamente la loro esistenza? E il pezzo di ferro come fa a sapere che da qualche parte c'è una calamita? Lo chiamiamo campo elettrico, o campo magnetico, ma la definizione non risolve affatto il problema. Cos'è un campo elettrico? La domanda è rimasta a lungo senza risposta, e solo la fisica moderna, oggi, ne da una descrizione in termini di scambio di particelle, ma quando fu introdotto il concetto di campo, tutto ciò era misterioso. Sulla fisica quantistica ci sono vari tentativi di spiegare i collasso della funzione d'onda, e le stranezze del mondo quantistico, alcune delle quali, a mio modestissimo parere, introducono complicazoni maggiori di quelle che vorrebbero spiegare (ad esempio la teoria a multimondi). Vedremo...

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    4. Tutta la fisica ha stranezze in quantità industriale, anche se la quantistica è quella che si presta di più a stuzzicare i ciarlatani.
      Tanto per dire un'altra stranezza, nulla può andare più veloce della luce ma lo spazio può espandersi più velocemente della luce. Ne vogliamo parlare?

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    5. Possibile dato che rimane il fatto che c'è tanto ancora da scoprire ho letto che certe BIOMOLECOLE si comportano esattamente come onda/particella

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  8. Ma come, hanno fondato il Movimento Quantistico Internazionale e non mi hanno offerto la tessera, dopo anni di lavoro in meccanica quantistica? Non ho parole.

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  9. Non sapevo che avevano deciso di dare il Nobel a Bell, grazie per l'informazione.

    Il primo a fare un esperimento sulle disuguaglianze di Bell è stato Alain Aspect. Aspect contattò Bell dicendo che voleva fare un esperimento per mettere alla prova la sua disuguaglianza e la prima cosa che Bell disse fu "Ha una posizione permanente?" perché all'epoca l'argomento era per pochi appassionati e Bell temeva di rovinare la carriera di Aspect. Aspect gli disse di sì, mentendo in parte, visto che aveva una posizione che sarebbe potuta diventare permanente ma non lo era ancora.

    Sul confine tra mondo quantistico e mondo classico: non tutti concordano sulla sua esistenza. Ho sentito Zeilinger dire "there is no boundary" (non so nel frattempo ha cambiato opinione) e lui e un suo allora collaboratore, Markus Arndt, hanno mostrato comportamenti ondulatori di molecole via via più grandi, fino a una biomolecola di 15 aminoacidi (Arndt, di recente). Per loro, è solo un problema di sensibilità degli strumenti.

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    1. E io non sapevo del dialogo fra Bell e Aspect! Il confine fra classico e quantistico è un problema apertissimo. E' vero che non c'è un confine, nel senso che in linea di principio la meccanica quantistica dovrebbe essere valida sempre. Tuttavia in pratica gli oggetti macroscopici sono descritti perfettamente dalla fisica classica e non mostrano alcun comportamento quantistico. E' vero che, in particolari condizioni, esistono sistemi relativamente macroscopici che mantengono il comportamento quantistico (e anche fenomeni come la superconduttività o la superluidità lo fanno), per cui non sembra essere la dimensione degli oggetti di per sé a determinare la transizione fra quantistico e classico, ma l'interazione col mondo esterno.

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    2. Vorrei che ci spiegassi di più sul dominio della meccanica quantistica (MC) ovvero per quali oggetti è sempre applicabile?
      Mi confermate che la MC si applica sempre a cose "piccole e leggere" come limite massimo le "dimensioni e peso" di una molecola di acqua ?
      Ma come la mettiamo col numero di questi oggetti?
      Nella superconduttività, nell'effetto tunnel, nella superfluidità,... il numero di oggetti può essere molto elevato in quanto si possono avere decine di kg di elio superfluido .

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    3. Dal punto di vista concettuale la meccanica quantistica dovrebbe essere valida per qualunque sistema. Nel senso che non scritto c'è da nessuna parte che si possa scrivere la funzione d'onda per un elettrone e non per un camion. Da cui il paradosso del gatto di Schrödinger, che vuole proprio enfatizzare quali sarebbero le ripercussioni di questo aspetto.

      Tuttavia osserviamo che gli effetti quantistici scompaiono nel mondo macroscopico, ma non è chiaro dove sia il confine, e cosa causi la transizione da quantistico o classico. Esistono fenomeni collettivi come la superconduttività, che coinvolgono quantità macroscopiche di materia. Sono stati inoltre realizzati stati in cui la coerenza quantistica persiste anche per un numero rlativamente grande di atomi (i cosiddetti "gattini di Schrödinger").

      Quello che, al momento, sembra causi il passaggio dallo stato quantistico a quello classico, non è la dimensione del sistema, ma l'interazione con il mondo esterno. E un problema rilevante anche per i computer quantistici, che per mantenere lo stato di qbit devono essere raffreddati. E' un campo di studio molto aperto e interessante.

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  10. Molto interessante, grazie per l'articolo. Ho lavorato per anni nell'ambito delle cosiddette "terapie quantistiche", ho trovato ciarlatani è vero, ma anche applicazioni serie ed efficaci, queste ultime semplicemente spiegabili con un pò di conoscenza delle interazioni tra campi elettromagnetici e tessuti biologici...senza scomodare troppo il quantico. Ma purtroppo ignoranza, superficialità e infine ego di taluni personaggi portano alla perdita di credibilità di tutto il sistema.

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  11. Oggi ero in libreria ed ho notato un libro che mi ha fai tornare in mente questo post.
    Si tratta di Entanglement, di Teodorani, pubblicato da Macro (e ho già detto tutto!):telecinesi,precognizione, coscienza collettiva ecc..
    https://www.gruppomacro.com/prodotti/entanglement-pdf.
    Sono abituato alle loro "cialtronate", ma pensare che in questo caso l'autore é un astrofisico mi lascia basito!

    Lei che ne pensa Stefano?

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  12. Se non l'hai già letto, ti segnalo questo articolo in linea con il tuo
    https://fuffologia.wordpress.com/2016/02/29/6-fisici-parlano-della-ciarlataneria-quantistica/amp/

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  13. Grazie per questo articolo! Molto interessante, e spiegato in modo semplice ed efficace.

    Ho un paio di curiosità, se hai tempo e modo di rispondere:
    1) Descrivendo l'esperimento EPR dici che prima di dividersi in due elettroni "la particella iniziale aveva spin 0" M Come facciamo a saperlo? Questo spin deve essere misurato? Ciò non modifica lo stato degli elettroni? E lo spin non può essere solo up o down? Una particella più complessa ha uno "spin totale"? È collegato a quella cosa per cui due elettroni nello stesso orbitale hanno spin opposto? (ricordi di scuola che riaffiorano, potrei star dicendo cose assurde, chiedo scusa).
    2) una volta che abbiamo misurato che un elettrone ha spin "SU", cosa gli succede? Sarà in quello stato per sempre? Ritornerà in uno stato non definito appena interagisce con un'altra particella con stato non definito? E se interagisce con una particella con uno stato "definito"?

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    1. Grazie per i complimenti, innanzitutto. L'esempio dello spin è solo un esempio, ma avrei potuto considerare altre grandezze fisiche. L'entangled è una correlazione fra grandezze di particelle differenti, e l'origine dei paradossi che lo rendono intrigante e misterioso sta nel fatto che, pur essendoci questa correlazione, secondo la meccanica qantistica nessuna delle due particelle possiede un valore definito (su o giu') dello spin prima della misura stessa. Nel caso specifico dello spin, è noto che certe particelle hanno un certo spin, cosa che è una loro proprietà come la massa o la carica, ad esempio 0, 1, 2, oppure 1/2, 3/2 etc, e quella è una proprietà della particella iniziale. Lo spin può essere misurato assumendo una direzione di riferimento. Nella descrizione ho cercato di rimuovere tutte quelle complicanze che esistono nel mondo reale se uno vuole fare esperimenti sull'entanglement, cercando di lasciare solo quello che era veramente rilevante per comprendere il significato della cosa. Lo spin totale di un sistema complesso è la somma degli spin delle sue componenti (la somma non è una semplice somma algebrica). Sì, gli orbitali hanno a che fare con lo spin degli elettroni! Sul punto 2) della domanda, una volta misurato lo stato di una particella, quella (e la sua entangled dall'altra parte) resteranno in quella condizione finché una delle due (o entrambe) non interagirà con qualcosa, alterandone lo stato. Tuttavia le due particelle inizialmente entangled smettono di esserlo non appena si effettua la misura su una delle due, per cui l'interazione successiva di una delle due particelle (con, ad esempio, il cambio del suo spin) non avrà alcun effetto sull'altra particella inizialmente entangled ad essa.

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    2. Grazie mille per la spiegazione!

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  14. Ho letto e compreso l’articolo. La domanda è la seguente: per trasmettere informazione (mi accontenterei di un bit ) occorre poter “decidere cosa vuoi trasmettere” ossia vuoi fare in modo che la prima particella assuma un certo spin in modo che l’altra ce l’abbia opposto: è possibile costringerla ad avere quello spin? Se ad esempio progetto un apparato in cui far entrare la particella vicino a me costringendola ad assumere spin su, allora la seconda particella assumerà spin giù e chi farà la misura la troverà in quello stato di spin che è un autostato. Oppure il punto debole del mio disborso è che se io “preparo” la prima particella in un autostato dello spin, rompo l’entanglement ?

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    1. Non è possibile forzare il risultato di una misura su un sistema quantistico. E' il risultato del principio di sovrapposizione, ovvero il fatto che un sistema quantistico è caratterizzato da una sovrapposizione di autostati, e soltanto all'atto della misura il sistema (la funzione d'onda) "collassa" in un autostato ben definito tra quelli disponibili.

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  15. Questa è una delle spiegazioni dell' entanglement quantistico più dettagliata e comprensiva che mi sia capitato di leggere. Ti faccio i miei complimenti!

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  16. Articolo prezioso e condivisibile — segnalo un refuso: Houston, non Huston :)

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