martedì 6 agosto 2019

È l'uomo il fine dell'universo?

Il principio antropico al netto delle scemenze 


Il principio antropico è un argomento che scatena dibattiti e derive ascientifiche quasi peggio della Teoria dell'Evoluzione di Darwin. E come per la Teoria dell'Evoluzione, meno lo si conosce, e più si prende posizione sparando cose a caso. Eh sì, perché il Principio Antropico, come l'evoluzione Darwiniana, si presta a sconclusionate interpretazioni in chiave religiosa e antropocentrica, e si sa che, in questa materia, gli "uomini di cultura" a volte riescono a dare il meglio.

Questa vuole quindi essere una guida sintetica e - spero - efficace, al problema del principio antropico dal punto di vista strettamente scientifico, spogliato di tutti gli inutili orpelli che si leggono in giro, tipo le definizioni di Principio Antropico debole, forte, medio, così-così, di Tizio, di Quell'altro, e tanti altri inutili distinguo. Un esempio fra tutti di come il principio antropico porti a incredibili perversioni è il "principio antropico ultimo", proposto da Barrow e Tipler (fonte, fonte), due fisici travolti con l'avanzare dell'età da derive mistico-religiose, che afferma sostanzialmente che deve necessariamente svilupparsi una vita intelligente nell'universo. Come se gli atomi provassero una speciale gratificazione a essere parte del corpo di un filosofo piuttosto che trovarsi dentro un sasso su Plutone. Non solo, Barrow e Tipler affermano anche che, una volta apparsa, la vita non si estinguerà mai, perché altrimenti produrre vita intelligente non avrebbe senso se questa si estinguesse. Quantomeno - viene da dire - nell'affermare questo non hanno tenuto conto del livello e del numero di idiozie che può fare questa vita intelligente sul proprio pianeta.

Quindi lasciamo da parte questa pletora di definizioni, che spesso lasciano il tempo che trovano, e cerchiamo di capire da cosa nasce il problema, aspetto che ci permetterà di dare una definizione operativa del Principio Antropico, e di comprendere il succo del discorso senza fronzoli o inutili derive mistico-filosofiche, che di scientifico non hanno nulla.

Il tutto nasce da una constatazione banale e ovvia: le caratteristiche delle leggi della natura e i valori delle sue costanti fondamentali (velocità della luce, costante di Planck, massa e carica delle particelle, etc) sono tali da permettere la vita come la conosciamo.

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Grazie tante, siamo qui! Se non fosse così, non saremmo qui. Se siamo qui a porci queste domande, per forza di cose le leggi della natura devono essere tali da permettere la vita. In poche parole, espresso in questi termini, il problema esiste solo se c'è qualcuno che può porselo. Se le costanti della natura fossero state tali da impedire la formazione delle stelle o degli elementi, nessuno si sarebbe mai chiesto come mai. Fin qui, insomma, non c'è niente di strano.

Bisogna fare subito una precisazione importante. Sebbene alcuni parlino esplicitamente di "vita" quando si riferiscono al principio antropico, in realtà è sufficiente parlare di formazione di strutture complesse, ovvero gli elementi chimici. Poi non necessariamente questi possono dar origine a esseri viventi. Quindi, quando parlerò di "vita", intendo in realtà: galassie, stelle, pianeti. Alcuni ritengono che, una volta garantita la complessità, la vita sia inevitabile, ma di questo al momento non ne abbiamo alcuna prova. Forse è vero, ma non conoscendo per ora alcuna forma di vita diversa da quella presente sulla terra, neanche sotto forma di microorganismi, al momento non mi sbilancerei troppo.

Comunque, tornando al principio antropico, la cosa si fa più intrigante se si va a vedere di quanto potrebbero variare i valori delle costanti fondamentali, pur continuando a dar luogo a condizioni che permettano ancora la vita, intesa anche solo come formazione di materia complessa. Se si fa questo esercizio si scopre che la nostra esistenza è strettamente dipendente dai valori che assumono le costanti fondamentali della natura, tipo la carica elettrica, la massa dell'elettrone, la costante di struttura fine, la costante alfa delle interazioni forti, etc, ovvero quei parametri il cui valore, da quello che finora ne sappiamo, non deriva da processi fisici noti, ma di cui semplicemente prendiamo atto. Basterebbe che i loro valori fossero diversi anche solo di poco, e non sarebbe più permessa la formazione degli atomi, oppure dei nuclei, e quindi addio molecole, addio forme complesse di materia, e addio stelle, pianeti, montagne, alberi, nuvole, galline, leopardi, e esseri umani. 

In pratica è come se la macchina della natura avesse tante manopole, tanti potenziometri da posizionare lungo precise scale graduate, e per come sono effettivamente posizionate, esse permettono il realizzarsi dell'universo che conosciamo, in cui è possibile la formazione di strutture complesse, e quindi anche la vita. Basterebbe però spostare di poco la manopola della carica dell'elettrone, o quella della costante delle interazioni forti, e  tutto andrebbe a scatafascio, e non esisterebbero le galassie, le stelle, e a maggior ragione gli esseri pensanti. E non esisterebbe nemmeno questo blog! E stando alle nostre conoscenze scientifiche attuali, il posizionamento di queste manopole non scaturisce come conseguenza di altri processi fisici, ma semplicemente è quello che è. E di fronte a questa constatazione, certi sedicenti "uomini di cultura" si scatenano e partono per la tangente, tirando in ballo l'intervento del Padreterno. Alcuni arrivano infatti a postulare un "Principio biofilico", ovvero che l'universo sia fine-tuned, ottimizzato per produrre la vita. Cioè che esista una qualche linea guida, nelle leggi della natura, che obbliga i parametri fondamentali della natura ad avere i valori ottimali per la vita.

A questo punto è necessario uno stop. Sebbene quanto appena detto venga ripetuto un'infinità di volte, questa affermazione si basa ipotizzando variazioni dei singoli parametri attorno ai valori che sappiamo effettivamente avere. Della serie: se cambio di poco il parametro X, allora gli atomi non esisterebbero; se cambio il valore di Y, non esisterebbero i nuclei pesanti, etc. Ma in realtà questo discorso non considera affatto il caso in cui avvengano variazioni simultanee di tutti i parametri! E i parametri su cui poter giocare sono almeno una ventina, ad essere buoni. In altri termini potremmo sovvertire i valori di tutti o molti dei parametri fondamentali, cambiandone drasticamente il valore, e ritrovarci comunque con un universo in cui la complessità è ancora possibile.

Ad esempio esistono lavori teorici che considerano un universo senza le interazioni deboli, e cioè drasticamente differente da quello che conosciamo, in cui la formazione di strutture complesse sarebbe comunque possibile. Un altro lavoro teorico ipotizza che forme primitive di vita avrebbero potuto avere origine già nelle prime fasi di vita di un universo con parametri drasticamente diversi da quelli che conosciamo. Questo errore tipico che molti commettono quando parlano del principio antropico è descritto in modo divulgativo e chiaro in questo articolo del blog Backreaction, curato dalla fisica teorica Sabine Hossenfelder.

Alcuni, estremizzando il principio antropico, ritengono che il nostro universo sia addirittura "ottimizzato" (fine-tuned) per ottenere la vita, ovvero che esistano meccanismi intrinseci nelle leggi della natura per ottenere l'universo migliore possibile per garantire le condizioni per la vita. Se questo fosse vero, sarebbe strano avere condizioni "abbastanza buone" per garantire la formazione di strutture complesse. Tanto varrebbe avere le condizioni ideali. Una visione teista della questione, certamente giungerebbe a questa conclusione (e infatti lo fa). Ma adesso vediamo se questo è vero.

Un ingrediente determinante per massimizzare la formazione si strutture complesse quali le galassie, che sono il punto di partenza per arrivare alla vita come la conosciamo, è quello di garantire che il numero di protoni e neutroni, detti "barioni" in gergo tecnico, ovvero gli ingredienti base per formare nuclei atomici, sia massimizzato dalla natura. Massimizzare il numero di barioni significa dare alla complessità il massimo delle opportunità per formarsi.

In questo articolo si cerca di capire se è possibile falsificare l'ipotesi che il numero di barioni dell'universo sia massimizzato dalle leggi della natura. Siccome sappiamo che l'espansione dell'universo è accelerata dal fatto che la costante cosmologica è diversa da zero e positiva (quello che chiamiamo "energia oscura"), questo già di per sé indicherebbe condizioni non ottimali per il "miglior utilizzo" dei barioni al fine di costruire la vita (sempre intesa come semplice complessità). Infatti un universo che si espande troppo velocemente offre meno possibilità alla materia di aggregarsi. L'autore del lavoro sottolinea che ci sono molte incertezze sulle conclusioni, ma la cosa interessante, che lo stesso autore enfatizza, è che l'affermazione "l'universo è ottimizzato per la vita" è in linea di principio falsificabile. Al momento i dati indicherebbero che - insomma - se si voleva ottimizzare si poteva fare di meglio.

Comunque, indipendentemente da questi risultati incerti, è lecito porsi la domanda: esiste un meccanismo (a noi al momento sconosciuto) che OBBLIGA le costanti fondamentali della natura ad avere il valore che hanno? Indipendentemente dal fatto che sia il migliore possibile per garantire la formazione di strutture complesse, o sia soltanto sufficientemente buono per lo scopo? Un meccanismo che impone alla carica dell'elettrone, alla costante di Planck, alla massa del protone e a quella del neutrone - tanto per fare qualche esempio - ad avere quei determinati valori e non altri? Esiste un processo "dinamico" nelle leggi della natura, da cui scaturiscono i valori delle costanti della natura, o i loro valori sono casuali?

In pratica ci chiediamo se l'universo è così per caso (e se fosse diverso probabilmente non ci sarebbe nessuno a chiederselo), oppure è così perché è insito nelle leggi della natura che le costanti fondamentali debbano avere quei valori e non altri.

A questa domanda al momento non sappiamo rispondere. Non sappiamo, al momento, se esiste un meccanismo fisico da cui scaturiscono i valori della costante di gravitazione universale, della carica dell'elettrone, etc.

Certo, se però esistesse un meccanismo che obbligasse le costanti fondamentali ad assumere i valori che hanno e non altri, valori che permettono la formazione della vita, sarebbe interessante. A quel punto non sarebbero più le costanti della natura ad essere sotto i riflettori, ma le stesse leggi della natura. Ammesso che ci sia una differenza fra le due cose.

Ma c'è chi ha pensato a una scappatoia: il multiverso.  Il multiverso è genericamente la teoria che afferma che l'universo in cui viviamo sia uno dei teoricamente infiniti universi esistenti, ognuno dei quali con caratteristiche diverse. In alcuni di questi universi le caratteristiche saranno tali da permettere le condizioni adatte allo svilupparsi di strutture complesse, e quindi la vita. In questi universi particolari, ci saranno quindi anche esseri pensanti a chiedersi come questo è stato possibile. In tutti gli altri, che presumibilmente sono la stragrande maggioranza, non ci sarà nemmeno nessuno a lambiccarsi il cervello. Alcune teorie, tra cui le superstringhe, prevedono la possibilità del multiverso. Occorre comunque dire che questa ipotesi è tutt'altro che condivisa nella comunità scientifica, in quanto, per lo meno al momento, non falsificabile. In pratica non è possibile, per lo meno per ora, ipotizzare esperimenti capaci di smentire questa ipotesi.

Esiste però una teoria interessante, relativa a un modello che descrive le primissime fasi dell'universo primordiale, che si chiama Modello Inflazionario dell'universo (un po' di referenze: divulgativa,  divulgativa,  semi divulgativa, e l'altra più tecnica). Questo modello, introdotto negli anni 80 per giustificare alcune caratteristiche del modello del Big Bang standard altrimenti inspiegabili, prevede che, nei primissimi istanti di vita, l'universo abbia attraversato una breve fase di grande espansione (inflation, in inglese) che ha enormemente dilatato le sue dimensioni, producendo un numero virtualmente infinito di universi completamente scorrelati fra loro da rapporti di causa-effetto.

E' come se uno immaginasse l'universo primordiale come la superficie di un palloncino. Ogni punto del palloncino ha condizioni diverse, costanti di accoppiamento diverse, condizioni diverse da tutti gli altri punti, come è lecito aspettarsi da un universo appena nato. Insomma una bolgia totale. Ad un certo punto si instaura un meccanismo che improvvisamente dilata in modo esagerato ogni punto della superficie. E quindi, quelli che in origine erano singoli punti, diventano in un attimo porzioni di superficie enormi. Nell'universo primordiale, quindi, ogni singola minuscola porzione di spazio dell'universo appena nato sarebbe stata dilatata da questa fase di inflazione. Il nostro universo, quello in cui viviamo e facciamo misure, è una di quelle porzioni, che però in origine era un semplice microscopico volumetto di universo.

Ognuno di questi volumetti aveva le sue specifiche condizioni, nessuno di essi era ancora entrato in comunicazione con gli altri, dato che nemmeno segnali con la velocità della luce avevano ancora avuto il tempo di interconnetterli. L'inflazione ha esteso quei singoli volumi microscopici dilatandoli, trasformandoli ognuno in un universo separato da tutti gli altri. E adesso quegli infiniti puntini sono infiniti universi, tutti scorrelati e non comunicanti fra loro. Uno di quei puntini è oggi il nostro universo. Degli altri, non possiamo sapere nulla. Il nostro universo, quindi, sarebbe soltanto uno degli infiniti universi presenti, tutti diversi fra loro, ognuno con le proprie condizioni e caratteristiche, nella maggioranza dei casi inadatte allo sviluppo della vita.

Questa idea dell'Universo Inflazionario potrebbe apparire strampalata, una specie di favoletta alla Adamo ed Eva, sebbene il processo sia assolutamente possibile dal punto di vista matematico. Infatti, al momento, non si conosce l'origine dell'eventuale inflazione, ovvero, tecnicamente, la natura della eventuale particella responsabile di questo processo (l'inflatone, come si chiama in gergo). Però, a parte questo, i modelli inflazionari prevedono effetti sulla distribuzione della densità della materia, che nell'universo attuale si manifesterebbero in alcune caratteristiche specifiche della radiazione cosmica di fondo, quel fondo cosmico nella lunghezza d'onda delle microonde, osservabile oggi, e che rappresenta letteralmente la fotografia dell'universo primordiale, come era più di tredici miliardi di anni fa (fonte).

Quindi - e questo è il punto importante - il Modello Inflazionario è in linea di principio falsificabile. Cioè si possono effettuare misure sulla radiazione cosmica di fondo che possono smentire i modelli stessi, se i dati osservati non sono in accordo con le previsioni teoriche. Dico in linea di principio, perché esistono vari modelli per come in pratica si sarebbe svolta questa espansione violenta dell'universo, che danno luogo a caratteristiche diverse nell'universo odierno. Però il grosso dei modelli è consistente nel predire caratteristiche comuni.

La cosa interessante è che le piccole fluttuazioni di densità/temperatura misurate  nella radiazione cosmica di fondo sono consistenti con quanto previsto da questi modelli. Ovvero indicano che nell'universo di quasi 14 miliardi di anni fa sono presenti tenui differenze di densità che hanno le caratteristiche previste dall'inflazione. In questo senso sono in preparazione esperimenti che misureranno con maggiore precisione la caratteristiche della radiazione cosmica di fondo, e che potranno dire qualcosa di più su questo importante aspetto.

Al momento quindi, l'ipotesi del multiverso resta ancora una semplice ipotesi, nonostante queste interessanti corrispondenze tra le previsioni del modello e le caratteristiche della radiazione cosmica di fondo. Ma se l'ipotesi fosse vera, a questo punto sarebbe lecito pensare che in questo tripudio di universi, la maggior parte dei quali probabilmente desolatamente vuoti, ce ne saranno alcuni, forse pochissimi, non lo sappiamo, in cui le condizioni saranno tali da permettere la formazione di atomi, molecole, e magari anche esseri senzienti, che a volte si fanno anche chiamare "uomini di cultura", e che sparano cazzate ad ampio spettro. In questi universi, e solo in questi, esisterà il dibattito sul Principio Antropico. Nel resto degli universi le costanti fondamentali saranno tali da non produrre né atomi né sistemi complessi, né tanto meno qualcuno a chiedersi il perché.

4 commenti:

  1. Eccellente articolo. Divulgativo il giusto anche se, temo, molti lettori non avvezzi a ragionare in termini di particelle e di falsicabilità saranno un po' disorientati. Peccato che quasi tutte le fonti siano in inglese "tecnico"...

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  2. Ottimo articolo! Grazie per averlo scritto.

    Il principio antropico è l'ultimo rimasuglio del sistema geocentrico.

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    1. Per me, se usato correttamente, ci dà un'idea di quanto sia difficile essere quel che siamo. Cerchiamo di godercelo, di saper provare meraviglia, e di non rovinare tutto.

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  3. C'è una interesante analogia.
    Il nostro pianeta presenta condizioni molto favorevoli alla vita, tanto che nonostante tutti i nostri sforzi per autestinguerci sarà molto difficile riuscire ad eliminarla. Anche dopo una catastrofe nucleate gli scarafaggi saranno lì.

    Ma queste condizioni sono MOLTO particolari. Difficile si siano realizzate per caso, no? Possibile che temperatura, quantità di acqua, gravità, stabilità orbitale, stabilità dell'asse terrestre (che sembrerebbe richiedano un satellite anomalmente grosso) si siano tutte realizzate, no?

    Poi scopriamo che i pianeti sono altri mondi come il nostro, solo incredibilmente inospitali. Che le stelle hanno praticamente tutte pianeti, guarda caso tipicamente piuttosto inospitali (per quel che abbiamo visto ora). Che ci sono molte più galassie che stelle nella nostra Galassia, quasi tutti i puntini che is vendono nell'immagine di sfondo del blog sono galassie, non stelle.

    Quindi che esista un pianeta abitabile, abitato e con vita intelligente appare molto più ragionevole, anzi direi che sicuramente, da qualche parte, ce ne saranno altri (lo so, è una scommessa ingiustificata, ma sono DAVVERO tanti, i pianeti nell'universo osservabile).

    Oggi sappiamo che l'universo osservabile è una piccola porzione del totale dell'universo. Probabilmente ancora più inconcepibilmente piccola di quanto il Sistema Solare sia piccolo rispetto all'immagine del blog. Pensare ad un particolare pezzo di Universo "fine tuned" per la vita non è moto diverso da pensare ad un pianeta particolarmente "fine tuned" per la vita.

    Insomma siamo un'eccezione. Rendiamocene conto e cerchiamo di tenercela cara. non è molta la materia capace di provare meraviglia e di afferrare un barlume dell'immensità della realtà in cui vive.

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