venerdì 24 giugno 2016

La matematica del liceo e il compito di maturità

Riflessioni sul compito di matematica alla maturità.


Mia figlia ha appena fatto la prova di matematica alla maturità del liceo, e quindi ho provato anche io a fare quel compito, cercando di immedesimarmi nei pensieri dello studente medio. Non quello eccellente, ma quello medio. Quello normale, insomma. E mi sono reso conto dello scollamento che esiste tra quelli del Miur che preparano le prove di esame, e la scuola reale. E siccome il Miur dovrebbe essere la scuola, questo potrebbe rappresentare un problema.

Il compito di matematica della maturità scientifica consiste in 2 problemoni e 10 quesiti. Tuttavia non bisogna fare tutto, ma soltanto 1 problema e 5 quesiti. Di più non serve, perché non ti viene comunque valutato, e quindi fare 10 quesiti a metà è assolutamente inutile. Il testo di quest'anno è visionabile qui.

Tra i due problemoni in questi ultimi anni è diventato di moda il "problema contestualizzato". Si tratta in pratica di un problema matematico che dovrebbe rispecchiare una situazione reale, suppongo con l'intento di far capire agli studenti che la matematica è importante non solo a scuola ma anche nella vita, e che serve ad affrontare problemi concreti.

Primo errore. Anzi, "primi" errori, plurale. Il primo, proprio terra terra, è che durante la prova di esame di tutto si interessa lo studente, meno che dell'essere educato in qualcosa. In quel momento i suoi interessi primari sono rivolti unicamente al fare il compito meglio che si può. E quindi è quantomeno refrattario e impermeabile a questi intenti didattico-educativi. Non in quel momento, per lo meno. Ma questo, da parte del Miur, è solo un peccato veniale.

Il secondo errore è che la matematica è innanzitutto fine a se stessa! Si può fare matematica anche chiudendosi dentro un bunker e privandosi di qualunque contatto sensoriale col mondo, e anzi, il bello della matematica è proprio questo. E' il trionfo della logica e del ragionamento, e la sua bellezza non risiede nell'applicazione pratica.

Comunque, a parte queste distinzioni da rompiballe precisino (lo ammetto), bisogna dire che la contestualizzazione dovrebbe però anche avere un senso! Dovrebbe avere un qualche aggancio con situazioni reali. Non deve essere una forzatura in modo da cacciarci dentro l'analisi matematica a tutti costi inventandosi situazioni assurde, che di reale non hanno niente! Allora tanto varrebbe lasciar stare la contestualizzazione e dare un bel problema di matematica e basta.

Nell'ultimo compito, ad esempio, il primo problemone parlava di un amministratore di condominio che deve progettare un serbatoio per il gasolio, e deve decidere la forma del tetto in base a tre parametrizzazioni in termini di funzioni matematiche, ognuna contenete un tot di valori assoluti, potenze, parametri incogniti etc.

A parte che uno si immagina subito cosa deve essere stata la riunione di condominio dove dovevano mettere ai voti la cosa. Già me lo vedo l'amministratore che dice ai condomini in ciabatte e tuta in acetato: "Allora, alzi la mano chi è a favore della prima funzione, quella con 1 + modulo di x tutto elevato alla 1 su k. Adesso voti invece chi preferisce l'opzione b, quella con la polinomiale di terzo grado".  Nessuno per l'opzione c, quella con il coseno di pi greco mezzi per x alla k? E poi, signori, vi ricordo che la sommità deve avere un punto angoloso di non meno di dieci gradi!".

Ma a parte questo, che razza di problema reale è? Per chiederti quale funzione approssima meglio un certo disegno hanno imbastito una pagina e mezzo di chiacchiere inutili sconfinanti nel demenziale, su una questione che mai e poi mai accadrà nella realtà. Non era meglio non contestualizzare, che inventarsi un problema del genere?

Ad esempio, sempre in tema di contestualizzazione, un po' di tempo fa avevano dato un compito (era una simulazione di prova d'esame) in cui un artigiano voleva costruire una scatola per scarpe di tipo universale, buona per tutti i numeri, e per questo aveva pensato che la scatola doveva essere (cito dal testo):

"a base rettangolare di dimensioni 20 cm per 30 cm e che l’altezza, procedendo in senso longitudinale da 0 a 30 cm, segua l'andamento così descritto: ad un estremo, corrispondente alla punta della scarpa, l’altezza è 4 cm, a 10 cm da questo estremo la sagoma flette e l’altezza raggiunge 8 cm, a 20 cm dall’estremo l’altezza raggiunge 12 cm, mentre all’altro estremo l’altezza è zero". 

E poi era in dubbio se usare un'esponenziale di polinomi, una somma di seni e coseni al quadrato, o piuttosto una semplice cubica. Il dilemma tipico dei costruttori di scatole di scarpe, insomma. A parte che non ci sarebbero comunque entrate le scarpe col tacco 12 e nemmeno i miei stivaletti pitonati, uno che legge, se ha un attimo di lucidità in quel momento di ansia, gli viene da dire: "Ma andatevene affanculo, voi, l'artigiano e tutta la matematica! Ma mi state prendendo in giro? Mi volete far credere che questo è il motivo per cui si studia la matematica al liceo? Per scegliere se progettare scatole di scarpe con la forma di una polinomiale cubica o una somma di esponenziali? Ma siete scemi?"

Quindi, mi permetto un consiglio personale agli esperti del Miur: se proprio volete contestualizzare i problemi di analisi matematica, date problemi che abbiano un senso, oppure - molto meglio - lasciate perdere la contestualizzazone e date problemi di analisi matematica e basta, evitando questa buffonata di farli apparire casi reali, che tanto non ci crede nessuno, e anzi fate solo incazzare, col risultato che uno vorrebbe conoscere quell'amministratore di condominio o quell'artigiano per dirgli in faccia che si trovino una donna, uno svago, un torneo di burraco, qualcosa insomma, ma che la smettano di scassare la minchia agli studenti.

A parte la contestualizzazione, però, i problemi e i quesiti proposti, in genere sono belli. Sono come dovrebbero essere, secondo me, i problemi e i quesiti di matematica. Sono problemi e quesiti in cui il ragionamento, l'arguzia e l'intuito contano molto di più della macchineria. Sono problemi dove saper intuire la strada giusta, quella più furba, ti trasforma spesso un esercizio apparentemente difficilissimo in una sciocchezza.

Il problema però sta che quello che si fa a scuola non è finalizzato ad affinare le capacità di ragionamento e arguzia, ma piuttosto la macchineria. Le verifiche date durante l'anno sono tipicamente una lotta contro il tempo: 20 limiti di funzione da calcolare in un'ora, poco più di qualche minuto per esercizio. Calcoli di derivate di funzioni che non entrano in due righe di foglio protocollo, tanto sono lunghe. Insomma, compiti dove devi far partire a manetta la macchineria e farla andare come un treno, senza errori, e dove soprattutto non puoi permetterti di fermarti a riflettere, perché perderesti tempo prezioso. Ultimamente questo genere di verifiche, da quello che sento in giro, va di gran moda. Non ci sarebbe niente di male se poi non ti dessero un compito di maturità dove il tempo a disposizione è veramente l'ultimo dei tuoi problemi (ci sono 6 ore di tempo), e dove il ragionamento gioca invece un ruolo fondamentale.

Ad esempio il secondo problemone della maturità di quest'anno non richiedeva praticamente calcoli, ma solo molto ragionamento, basato su tutto quello che si è appreso sulle derivate, gli integrali, e la matematica del liceo in generale. Il primo dei 10 quesiti, poi, basato sull'integrale della funzione Gaussiana, si risolveva in un minuto se uno sapeva cos'è la funzione Gaussiana e che forma ha il suo grafico (e non è argomento comunemente svolto nei programmi), e se si applicavano ragionamenti che niente hanno a che fare con la macchineria e l'applicazione delle regole. Altrimenti diventava un problema molto difficile, perché in genere di fronte a un integrale ti insegnano a risolverlo a testa bassa applicando le regole, e non a fermarti a riflettere su che forma ha la funzione da integrare, perché magari con quell'informazione il problema diventa banale. E guarda caso quell'esercizio lo hanno fatto in pochissimi.


Si potrebbe dire che è colpa degli insegnanti, dato che ormai lo sanno che al Miur da un po' di anni a questa parte propongono problemi di questo tipo. Certamente in parte lo è, perché a mio parere si potrebbe trovare un ragionevole compromesso tra l'apprendere a essere veloci nell'applicazione di meccanismi standard, e l'imparare a risolvere i problemi con tecniche non standardizzate, che richiedono innanzitutto ragionamento e una veduta di insieme della matematica che si acquisisce soltanto con l'abitudine a questo tipo di approccio.

Però il punto è che gli insegnanti si devono comunque confrontare con il dover completare un programma ministeriale che è diventato sterminato. In quinta liceo ai miei tempi ci si fermava agli integrali. Adesso in aggiunta si fanno, o si dovrebbero fare: il calcolo combinatorio e delle probabilità, le equazioni differenziali, i solidi di rotazione con relativi integrali e la geometria analitica nello spazio. Tutte cose importanti, non discuto, ma mi chiedo se veramente al liceo bisogna fare tutto questo, con l'evidente controindicazione di penalizzare la qualità dell'apprendimento, relegando il tempo per riflettere in secondo piano  in favore della semplice applicazione di regolette standardizzate. C'è poco da fare, se nelle stesse ore devi fare il doppio della roba, il tempo che ci puoi dedicare si dimezza. E anche quello che puoi realmente assimilare diminuisce. E' un esempio di contestualizzazione della matematica, no?

E lo stesso accade nel programma di fisica. Una volta a fisica al liceo non si facevano esercizi. Per lo meno era raro. Adesso invece si fanno soprattutto esercizi. Giusto, per carità, in fisica saper risolvere gli esercizi è importante.  Ma nel frattempo il programma si è centuplicato. Adesso in quinta si fa elettromagnetismo, teoria della relatività, fisica atomica, fisica moderna, etc etc. O per lo meno si dovrebbe fare. Tutto per forza di cose in modo superficiale, perché l'insegnante deve andare veloce, se vuole finire il programma. Di nuovo, essendo le ore sempre le stesse e contestualizando...

E il risultato è che fisica diventa, per gli studenti, per lo meno per la maggior parte degli studenti, una sterminata accozzaglia di formule da cui pescare quelle giuste per fare gli esercizi. E invece in fisica, se non comunichi la magia, il fascino di quelle formule, se non fai vedere che dietro quelle espressioni matematiche c'è il mondo vero (lì si che bisogna contestualizzare!), se non fai vedere che dietro certe cose all'apparenza aride o scontate ci sono problemi concettuali incredibili e magari irrisolti, il tutto rischia di diventare di una noia mortale.

Ma soprattutto dietro questa corsa a terminare programmi sterminati senza un attimo di tregua, penalizzando per forza di cose il ragionamento e la riflessione, si cela secondo me un problema di importanza molto più fondamentale e di grande impatto sulla società. E cioè che quelli bravi, quelli che hanno una marcia in più, non avranno comunque problemi, perché sono bravi di loro. Quelli ci sono sempre e emergeranno sempre, anche senza chiedere loro espressamente di risolvere 20 esercizi in 30 minuti, e non avranno comunque problemi nemmeno col compito di maturità, dove conta il ragionamento e la logica. Ma tutti gli altri, cioè quelli che nel bene e nel male costituiranno il cittadino medio, e quindi la società, rischiano di essere tirati su come polli in batteria, privati della bellezza di qualcosa che difficilmente avranno modo di imparare e apprezzare altrove, e cioè dell'importanza del riflettere di fronte alle cose.

34 commenti:

  1. Grazie, Stefano! Specialmente per la chiusura del post, che dovrebbe ricordare a tutti come la "fuga dei cervelli" sia un problema ben secondario, per un Paese, rispetto a quello costituito dall'abbandono a sé stessa della stragrande maggioranza degli studenti.

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  2. Perchè il Miur non acquisisce in modo telematico i veri programmi, quelli reali, svolti nei veri licei scientifici d'Italia e sulla base di quelli poi stila la prova ministeriale degli esami? Come si può pensare che tutti gli istituti abbiano potuto completare ed approfondire i programmi, con le varie interruzioni didattiche che puntualmente si verificano ogni anno e con i recuperi in itinere che noi docenti siamo tenuti a fare per recuperare i più deboli in matematica?

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  3. Gran bel articolo, ancora una volta ragionamenti che non fanno una grinza e che dovrebbero essere la base di chi si appresta a valutare le capacità degli alunni.

    Da queste cose - perlomeno anche da esse - si tocca con mano lo scollamento e la distanza che c'è tra palazzi e vita reale, tra chi dovrebbe guidare (MIUR) e chi si trova in trincea ad insegnare. Purtroppo è solo un altro aspetto di questa nostra decadente italietta, preda dei Salvini populisti.

    Vado dicendo da tempo a familiari, amici e colleghi che la prima riforma dell'Italia deve essere quella dei cicli scolastici, una riforma seria che rivolti come un calzino il sistema scolastico italiano e lo adegui ai tempi, puntando su formazione ed educazione civica (=rispetto per se, per il prossimo, per le istituzioni) e, parimenti, puntando sulla formazione scientifica che è l'unica in grado di formare e diffondere il pensiero critico, di dare a tutti - più o meno bravi non importa - la capacità di capire se un fatto è presentato correttamente o se ci sono fallacie.

    Ci vorrebbe non dico uno statista ma almeno un David Cameron qualsiasi in grado di prendersi la responsabilità di fare qualcosa che poi, in un modo o nell'altro, è in grado di cambiare la storia del proprio Paese.

    Sognare non costa nulla, nel frattempo sono emigrato con tutta la famiglia!

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    1. Concordo in pieno! La scuola ormai è, per volontà governativa, al collasso. Indispensabile è una Riforma , ma seria, e fondamentale è l'imtroduzione del "diritto" in ogni ordine e grado, affidato ad insegnante specializzato! Chi prepara le prove d'esame non ha mai avuto di fronte una classe cui far lezione!

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  4. Insegno matematica e fisica in un liceo e mi trovo d'accordo quasi su tutto. Tutto no, perchè non ci si deve standardizzare, no? E poi un po' di diversità ci vuole... Dopo il compito di ieri devo dire che dovrò necessariamente cambiare qualcosa nella conduzione dei programmi, che sono da sempre stati, per me, orientati a far scoprire agli studenti la bellezza e la potenza di queste discipline. Il che vorrà dire tagliare parti che piacciono a me ma non al MIUR come matrici vettori o numeri complessi, in matematica e cosmologia in fisica con il terrore che poi magari si inventino una contestualizzazione che richieda proprio quegli argomenti. Sono stato criticato qualche anno fa da un collega di un altro liceo che non aveva trovato preparata una mia quinta, composta da persone che dal lato umano aveva compiuto un percorso eccellente ma che in fisica aveva "solo" capito i concetti e non ricordava tutte le formule. Beh, se non cambiamo per primi noi insegnanti non possiamo pretendere che gli "scollati" del ministero propongano poi problemi intelligenti. Per inciso i miei studenti di quell'anno sono in gran parte laureati e molti di loro in discipline scientifiche segno che forse i concetti e la crescita umana contano più delle formule. Io in ogni caso ho continuato così e anche i miei studenti attuali sono Persone cresciute umanamente, diventate cittadini consapevoli e perchè no, anche in grado di risolvere problemi reali, magari non ministeriali. Continua così Stefano, prima scherzavo, in verità sono d'accordo con te in tutto.

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  6. Buonasera, seguo a molto il suo blog e trovo i suoi interventi sempre molto interessanti e spesso divertenti. Ho una laurea in Fisica ma mi limito a fare il professore di Matematica e Fisica in un Liceo, quindi tocco ogni giorno con mano le situazioni che lei ha evidenziato (e in più pure mia figlia ha affrontato ieri la prova di matematica..). La prima parte del suo intervento è a dir poco perfetta, il ministero (o forse qualche "esperto" di pedagogia) ha deciso per la contestualizzazione e quindi contestualizzazione sia, senza badare se i problemi siano o meno sensati (a proposito del problema delle scatole da scarpe, se l'immagina come si potrebbero impilare, immagazzinare e trasportare scatole di tale forma?); nei problemi di Fisica la cosa sta diventando ancora più delirante.
    Per quanto riguarda l'acquisizione delle tecniche meccaniche di calcolo, fortunatamente, si sta cercando di abbandonare la tradizione fatta di ripetizione scervellata di n esercizi ripetitivi (o perlomeno questa è l'esperienza mia e di molti colleghi) per spostarsi verso il ragionamento. Il problema dei programmi è un problema enorme, soprattutto per la fisica che già risulta indigesta a molti ragazzi; da una parte credo sia corretto far conoscere i rudimenti di quelle parti della fisica che sono le più affascinanti dall'altra l'esperienza ormai ventennale in corsi in cui si cercava di fare ciò che è richiesto ora per tutti i licei (sperimentazioni) mi insegna che (anche con classi di studenti molto bravi e motivati) è impossibile affrontare e approfondire tutto; sarebbe quindi necessario selezionare ciò che è veramente importante della fisica "classica" per far capire ai ragazzi lo "spirito" di questa disciplina.
    La sua conclusione è un fondato timore che molti di noi condividono .

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  7. Da oggi Cameron e' libero si puo' sentire enric G. Lupo ... a parte gli scherzi. Forse al MIUR tengono alcune persone in una stanza chiusa dall'esterno selza wifi e senza finestre e quando arriva il momento di progettare prove di maturita' e INVALSI aprono la porta e li liberano.

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  8. Condivido ampiamente l'articolo, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto dei problemi contestualizzati, anzi forzosamente contestualizzati, e l'elenfantiaca mole di argomenti che le nuove indicazioni nazionali prevedano debbano essere trattati, sia in fisica che in matematica.

    A quanto sopra aggiungo che, dalla lettura del testo delle prove d'esame, si desume una richiesta/pretesa di livelli di competenza, in uscita dal liceo scientifico, abbastanza elevati.
    Peccato che, però, questo confligga in maniera stridente con la cruda realtà, che è quella di una scuola in cui
    un sessanta non lo si nega a nessuno:
    neanche a chi in matematica è un anafalbeta, e magari nella seconda prova "rimedia" un 4, 5 o un 6 quindicesimi,
    neanche a chi è stato sempre ammesso alla classe successiva, nonostante il debito formativo in matematica e/o fisica non recuperato (grazie al cosiddetto voto di consiglio),
    neanche a chi è ammesso all'esame con valutazioni sufficienti fasulle, presenti solo sul tabellone, poiché quelle vere, reali, tutt'altro che sufficienti, sono quelle presenti solo nel verbale dello scrutinio finale.

    È la solita "Italietta " dei furbetti, delle farse, delle promozioni di fatto "ope legis", in cui si sfornano norme rigorosissime, a cui se ne affiancano prontamente altre che consentano con certezza di eluderle!

    C.Guiso

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    1. Condivido ogni parola, e segnalo la situazione tragica, per la Matematica e la Fisica, nei licei non scientifici: i tagli ai programmi sono obbligatori e imposti dai dirigenti scolastici per alleggerire il carico di studio degli alunni, che si accorgeranno del danno subito solo quando saranno trombati ai test di ingresso alle facoltà universitarie!

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  9. Questo problema non riguarda solo la matematica purtroppo. La ragione è che il MIUR che contestualizza i problemi di matematica della maturità, vive in realtà in un condominio chiuso e completamente decontestualizzato dalla scuola!

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  10. Condivido in toto: frase per frase, riga per riga, parola per parola. Ha espresso chiaramente il mio pensiero sia riguardo la tipologia di prova che per la vastità delle nozioni da proporre in classe ed è per questo che ho condiviso il suo articolo sulla pagina del liceo nel quale insegno matematica fisica. E' tutto esposto ( niente di più e niente di meno) in ciò che ha scritto. Niente da aggiungere purtroppo. Resta solo da far capire il concetto a chi è entusiasta di cotanti cambiamenti. E di solito sono persone che, o non amano la matematica, o non hanno la minima idea degli obiettivi che, tramite essa, si possono raggiungere. Dico "di solito" perché in alcuni casi l'approvazione di tale approccio alla materia proviene da insegnanti di matematica ( ?? ) che tessono le lodi di questo genere di metodologia.

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  11. Aggiungo all'intervento di Carmine che il condominio del Miur è ben riscaldato al contrario di molte scuole...

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  12. Condivido al 100%! Anch'io insegno matematica e fisica, e in questi ultimi due anni sono sempre più disorientata. La mole dei programmi ormai fa sì che si ritorni al peggior "nozionismo" (altro che competenze!). Comunque al MIUR dovrebbero avere il coraggio di dirci dove tagliare: per esempio, di fronte a queste prove, ha senso dedicare ancora del tempo alla geometria? (della quale nei temi d'esame non c'è più traccia: non ditemi che il quesito meccanico sullo spazio cartesiano è geometria..)

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  13. Salve,
    il post è divertente ma non mi convince del tutto. Sembra lo sfogo del genitore preoccupato per l'ansia del figliolo torturato gratuitamente da chissà quali mostri alle dipendenze del MIUR.

    Se si deve fare un esame (non sono affatto sicuro della sua utilità) qualcosa bisognerà pur chiedere. E qui si discute del come chiederlo. Ricordo che in passato ci si lamentava del compito senza anima scollegato dalla realtà e quindi inutile (ancora prima De Finetti sbeffeggiò il MIUR accusandoli di avere la sindrome della 'trinomite'). L'accusa era che quel compito di matematica, avulso da contesti reali ed inutile per le applicazioni, in fondo appariva idiota agli stessi matematici.

    Ora ci si lamenta di eccessiva fantasia nel contestualizzarlo. Forse, ma se dovessi preferire tra il passato e la sceneggiata di oggi, io preferisco quest'ultima. Il compito degli ultimi anni è PIU' SEMPLICE di quelli degli anni passati. Tra l'altro il problema non diceva che era l'amministratore a dover fare i calcoli, ma il candidato a cui veniva chiesto di farlo a partire da 6 punti non così assurdi.

    Lo studente medio, che si pretende di difendere, meno preparato di quello vittima della trinomite, dovrebbe essere invece contento. In effetti una piccola difficoltà in più esiste rispetto al passato, e concordo: bisogna aver imparato a riflettere. Ma giusto un po', per rendersi conto che quei problemi in fondo sono alla portata di chi ha una preparazione media. Se non è abituato a riflettere la colpa di chi é? E' tutta della scuola? Pare che occorra riflettere solo a scuola e mai in famiglia per continuare a fare esercizio.
    La mole (presunta) dei programmi non giustifica il ritardo con cui alcuni arrivano all'esame. Per esempio, il calcolo delle probabilità parte già dal biennio come mai viene continuamente rimandato? Ho delle spiegazioni ma non è questo il posto per discuterne.

    Anch'io mi sento discepolo di Paul Lockhart. Non manco di dirlo ai miei studenti perché dovrebbero studiare matematica. Tuttavia trovo molto più difficile giustificare, a chi mi paga, quello che faccio con la mera bellezza. Se non si facesse anche vedere che è utile, e lo è, non credo che si troverebbe qualcuno a darmi uno stipendio.

    Grazie per il post pubblicato e per avermi ospitato.

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    1. La mia critica alla contestualizzazione forzata è in realtà un aspetto secondario della questione.
      Anzi, ho scritto che i problemi della maturità, al di là della contestualizzazione forzata, sono belli.
      Sono belli perché danno priorità al ragionamento rispetto al calcolo a testa bassa.

      Però, e questo è il punto cruciale, la quotidianità della scuola tende invece a enfatizzare l'applicazione meccanica delle regole,
      e la velocità a scapito del ragionamento. Non ho la pretesa di dire che è sempre così in qualunque scuola.
      Sicuramente esistono eccezioni, ma dal mio limitatissimo osservatorio di genitore in qualche modo conoscitore della matematica
      (sono un fisico) e amico di molti altri genitori fisici anche essi abbastanza competenti di matematica e con figli al liceo, posso dire che è una situazione frequente.

      Le cause, come ho cercato di spiegare nel mio articolo, sono a mio avviso in parte dovute a uno scollamento Miur-insegnanti,
      e in parte a programmi vastissimi, il cui completamento impone per forza di cose di sorvolare su aspetti che, secondo me, sarebbero
      invece molto più importanti, primo fra tutti insegnare questo tipo di approccio.

      Faccio un esempio concreto su come i programmi sono, sempre a mio parere, inutilmente vasti: gli ultimi giorni di liceo si fa la geometria analitica nello spazio, che ogni tanto finisce nel compito di esame, come quest'anno.
      La mia domanda è: qual è il guadagno nel fare la geometria analitica nello spazio di corsa in una settimana a fine anno del quinto?
      E cosa invece si guadagnerebbe se non la si facesse?

      Mi spiego: se uno ha capito e digerito bene la geometria analitica nel piano, se negli studi futuri dovrà fare geometria analitica
      nello spazio, questo implicherà soltanto qualche tecnicaglia in più, ma niente di concettualmente diverso da quello
      che ha già appreso e digerito. Non rappresenterà alcuno scoglio insormontabile, e si avranno già tutti gli strumenti per comprenderla.

      D'altro canto, invece, saltare questa parte di programma che secondo aggiunge poco alle competenze già acquisite,
      darebbe un po' di respiro in più per approfondire, e per enfatizzare l'aspetto logico e di ragionamento, che viene spesso penalizato
      (salvo poi scoprire che è fondamentale per risolvere la seconda prova!).

      Lo stesso discorso secondo me vale con le prove invalsi.
      Non voglio entrare assolutamente sulla polemica eterna relativa a queste prove, perché è un argomento su cui
      sono assolutamente incompetente. Però voglio sottolineare che i problemi delle prove invalsi sono bellissimi!
      Sono problemi che prediligono il ragionamento e la logica molto più dello studio pedissequo (che pure è necessario, non mi fraintenda!).
      Però la scuola, per come è impostata, non insegna ad affrontarli, non ti abitua ad avere la forma mentis giusta,
      e questo è un errore madornale!

      Quindi il mio articolo non vuole essere una malcelata protezione del genitore verso la figlia,
      che poverina ha dovuto affrontare un compito difficile,
      ma piuttosto il rammarico che la scuola a volte perda deliberatamente ottime occasioni per insegnare a ragionare,
      salvo poi chiederti di farlo all'esame finale. Tutto qui.

      Cordiali saluti, e grazie per il suo intervento, che mi ha permesso di chiarire questo punto

      Stefano

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    2. Sull'utilità della matematica aggiungo solo che 5 anni di fisica dovrebbero essere sufficienti per far intuire agli studenti che la matematica ha anche solidi agganci con il mondo reale, senza inventarsi improbabli serbatoi di gasolio o scatole di scarpe sagomate a forma di polinomiale.

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    3. Sono d'accordissimo !!! se dobbiamo contestualizzare facciamolo con argomenti che necessitano dello "strumento" matematica ! La fisica è appunto uno di questi. Diverrebbe tutto molto più accettabile e meno forzato/demenziale!! Nella vita di tutti i giorni, per una persona che nel suo lavoro non usa la matematica, bastano le nozioni di geometria del biennio, e non certo derivate, limiti e integrali. Per mia nonna, dopo aver fatto il rettangolino di maglia con i ferri da calza bastavano le proporzioni per poi produrre il maglione. Non credo che al pasticcere serva cercare la funzione che descriva il profilo della sua torta !!!

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  15. Grazie per la risposta chiarificatrice al mio intervento
    (nella fretta ho mancato la firma).

    Convengo che alcuni argomenti, ma pochi, potrebbero essere del tutto abbandonati senza far sentire la loro mancanza. E' il caso della geometria analitica nello spazio che lei cita.

    A mio modesto avviso il vero problema e' che molti colleghi hanno paura di abbandonare i vecchi e sicuri sentieri che hanno percorso molte volte e che hanno seguiti essi stessi da studenti.
    Il MIUR ha gia' mostrato diverse tracce negli ultimi anni in cui ha dichiarato un'inversione di tendenza. Non si può raggiungere la nuova meta usando le vecchie mappe. In quelle non esistono probabilità, calcolo combinatorio, un pizzico di statistica, ricerca di parametri per ottenere un buon fit, infarinatura sui metodi numerici,...
    Da fisico, sono un fisico anch'io, non posso che salutare con favore tale scelta.
    Nelle nuove mappe, per esempio, è destinata una piccola estensione alle disequazioni irrazionali, prodotti notevoli astrusi, equazioni trigonometriche complicate, scomposizioni aliene, ecc... Si tratta di tecnicaglia che nessuno oggi si sogna di fare a mano anche a livello professionale. Prima si capisce e meglio è.

    Le prove invalsi piacciono anche a me. Non capisco perché molti li detestano. Occorre preparare gli studenti ad affrontarle e costa tempo. Il tempo loro dedicato, a ben vedere, permette di cercare anche gli argomenti che "servono" davvero sul libro di matematica. Quindi dedicargli tempo non significa affatto perderlo ma guadagnarlo anche in vista dell'esame finale e dei quiz di ammissione universitari.
    Il guaio delle prove invalsi è che per rispondere a domande di matematica occorre aver letto e compreso una traccia in italiano. E non è affatto scontato che si capisca l'italiano della traccia. Sistematicamente gli studenti intendono altro o non capiscono che gli viene chiesto. Sembrerà strano, ma per saper fare matematica occorre prima sapere bene, ma molto bene, l'italiano. E qui viene a galla un altro grosso problema: i nostri ragazzi non leggono ed hanno un lessico limitatissimo e non ne sono consapevoli. Molto spesso deficienze in matematica sono mascherate da quelle in italiano.

    La faccenda è davvero complicata ed il compito di maturità non è che uno dei punti dolenti ma, credo, non il più grave di tutta la filiera.

    Di nuovo grazie

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  16. Caro collega Stefano, mi dispiace ma, per quanto tu dica delle cose giuste, non sono d'accordo con la sostanza del tuo post.
    D'accordo che la "contestualizzazione" del primo problema sia piuttosto ridicola, ma il fatto che la pratica didattica nella scuola italiana sia finalizzata alla macchineria è un male, non un bene.
    È ora di finirla con le vagonate di astruse scomposizioni di polinomi, in prima liceo, da riprendere in toto l'anno successivo con le equazioni di grado superiore al primo. È ora di finirla con le manipolazioni di radicali, razionalizzazioni, controrazionalizzazioni... È ora di finirla con le espressioni goniometriche lunghe due righe.
    E non è solo un problema italiano. C'è un bellissimo TED talk di Conrad Wolfram, di qualche anno fa, che evidenzia come, sfruttando i calcolatori, potremmo evitare di perdere tempo con tutte queste macchinerie e concentrarci di più sulla vera matematica.
    Il programma di matematica di quinta liceo non è poi così sterminato come sembra. Ci sono le equazioni differenziali (facili) e le serie numeriche, è vero; ma, per esempio, la geometria analitica solida va cominciata al secondo biennio, stando alle indicazioni nazionali, così come al secondo biennio va svolto il calcolo combinatorio e delle probabilità.
    Quest'ultimo è uno dei miei pallini, lo ammetto. Ma è possibile che, a 17 anni dalla riforma dell'Esame di Stato, quando *sempre* tra i quesiti ne era presente almeno uno di calcolo combinatorio o delle probabilità, ancora alcuni insegnanti lo releghino all'ultima settimana di quinta, se avanza tempo? E bada bene che questo l'ho visto fare mica solo da insegnanti prossimi alla pensione: l'ho visto fare da colleghi che hanno pochi anni più di me, e io ne ho 36!
    Ma cosa ci aspettiamo, d'altra parte, da gente che è entrata di ruolo con sanatorie sindacali, e che non segue un corso di aggiornamento dai tempi della Sip?

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    1. Ma infatti io sono d'accordissimo con te, e lo dico pure nel post! A me piacciono i questiti dei compiti del Miur, (tralasciando le contestualizzazioni forzate) perché implicano ragionamento, e sono stracontrario alla scuola che enfatizza la macchineria!

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    2. Per avere studenti in grado di risolvere esercizi che richiedono un modo di procedere più creativo e riflessivo e meno meccanico occorrerebbe a mio avviso:
      1) un percorso di esercizi (tanti) concepiti con quel tipo di filosofia di difficoltà crescente e che tocchino tutti gli argomenti (NB: i libri di testo non hanno abbondanza di questo genere di esercizi e non è neppure semplice inventarne senza cadere in una certa ripetitività)
      2) lezioni specificamente dedicate alla risoluzione guidata di questo genere di esercizi
      3) per realizzare quanto detto occorre infine una rinuncia ad approfondimenti rispetto al programma standard in particolare per quanto riguarda le tecniche di calcolo e gli allenamenti all'uso di queste tecniche (ad esempio si deve accettare che i ragazzi non abbiano dimestichezza con l'uso di tutte le regole di integrazione, non sappiano risolvere integrali di un certo livello di complessità, che siano abituati a studi di funzioni semplici, che non siano molto abili nel calcolo dei limiti...).

      L'idea che si possa arricchire la preparazione dei ragazzi semplicemente "aggiungendo" richieste a quelle già presenti è insostenibile (a meno di non aggiungere anche ore di lezione): se si vuole potenziare una abilità che normalmente non viene sviluppata occorre fare delle rinunce di qualche genere su altre abilità (che avrebbero richiesto allenamento) o sull'apprendimento di alcune nozioni (che avrebbero richiesto spiegazioni). Scelte del genere richiedono una presa di posizione anche coraggiose che il ministero ha sempre accuratamente evitato limitandosi a scaricare sui docenti la responsabilità di far rientrare nello stesso tempo programmi che crescevano sempre di più.

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  17. Buongiorno Smarcell,
    forse dovresti pensare ad una pagina per le domande che non sono in contesto articolo.
    Ho un quesito modello Desperade Housewife:
    ma possibile che con tutto quello che riesce a realizzare e che ha realizzato la Scienza , da accelleratori di particelle a viaggi sulla luna a sonde che oltrepassano plutone, cose incredibili e futuristiche e ancora non riescano a fare 'ventilatori silenziosi', elettrodomestici in specie aspirapolveri e lavatrici che non si sentano.
    Ma è mai possibile che sia tanto difficile far cose che non facciano rumore???
    Ho appena comprato un ventilatore ( uno dei pochi rimasti a questa data estiva peraltro) dato per 'silenziosissimo' e tralasciamo i 67 Db che sarà silenzioso giusto per un sordo eventualmente.
    Mi trovo davanti costantemente questo problema.
    Ma è mai possibile che sia così complicato fare oggetti di uso quotidiano che non emettano tutto questo rumore?
    Cos'è che rende così complesso creare cose 'silenziose'?
    Possibile che la Scienza non riesca a far niente???

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  18. Che io sappia un aspirapolvere "medio" genera un rumore di entità circa 70 Db, ed è indubbiamente fastidioso se lo dovessimo sentire per più di 10 minuti. Non ci credo che non si riesca a trovare facilmente un ventilatore più silenzioso, dai. Ma 67 Db sono dichiarati sul libretto dell'aggeggio?

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    1. Ciao Anonimo, certo che qualcosa si trova di migliore, ci sono dei condizionatori di ultima generazione che danno per 16 Db macchina interna 8 poi è da vedere) sempre sui 63 cmq quella esterna. Solo che il discorso è sempre fare i conti con quello che puoi fare in quel momento di vita, essendo anche già sopraggiunta stagione calda, non ho trovato più molto esposto e ho voluto così provare un modello che sfrutterebbe una tecnica nuovissima sperando che fosse più performante e meno fastidiosa di altri.
      Errore, mi son trovata con una cosa altrettanto fastidiosa, con un rumore diverso e più 'soffiato' ma sempre torturante, praticamente pare di stare in viaggio su un 747.
      Si i 67 Db sono dichiariti per obbligatorietà, ma a volte la presenza o meno di certe frequenze Hz rende i rumori molto più o molto meno nevrotizzanti, e quello puoi saperlo solo quando te li devi smazzare per ore haimè.

      In ogni caso la mia domanda, cercava una risposta scientifica e tecnica di fatto:
      perchè pare così difficile creare oggetti di uso comune che siano silenziosi o almeno che stiano nei minimi termini dell'udibilità?
      Qual'è insomma il motivo scientifico tecnico che rende sta cosa così impossibile da fare???

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    2. Mi scuso per i vari errori di digitazione, sono un pò distratta e forse dovrei anche cambiare anche occhiali.
      ( per non creare confusione sui Db l'8 voleva essere una parentesi non un numero)

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  19. Sono d'accordo con l'articolo al 100%

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  20. Contro l'idiozia del MIUR, firmate la petizione:
    https://www.change.org/p/ministro-dell-istruzione-rispetto-del-lavoro-di-studenti-e-docenti-all-esame-di-stato?tk=mPjYtP0euW8YsdauH19g-nN4WP0MJyFbyvvwyCr9V6w&utm_source=petition_update&utm_medium=email

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  21. «Tra i due problemoni in questi ultimi anni è diventato di moda il "problema contestualizzato". Si tratta in pratica di un problema matematico che dovrebbe rispecchiare una situazione reale, suppongo con l'intento di far capire agli studenti che la matematica è importante non solo a scuola ma anche nella vita, e che serve ad affrontare problemi concreti.»

    Sbagliato, quello glielo dovrebbero avere insegnato per i 5 anni precedenti, così come dovrebbero averle insegnato a trovare la formulazione matematica di un problema partendo da un testo generico. Quello che si sta valutando all'esame è quello, ovvero l'abilità di leggere un testo generico, comprendere gli elementi necessari per la sua formalizzazione, e quindi risolverlo, rispetto al più semplice "si risolva il seguente problema".

    I problemi della maturità sono comunque esercizi guidati e calibrati in cui una soluzione è nota a priori, nei problemi reali non è detto che esista una soluzione arguta ed elegante. Il contesto serve a verificare la capacità di selezionare quali informazioni sono importanti e quali no.

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    1. Come ho anche scritto, in linea di principio non ho niente in contrario alle contestualzzazioni, ma mi fanno ridere quelle che sfociano nel ridicolo, del tipo il costruttore di scatole di scarpe che è indeciso fra la polinomiale e la somma di esponenziali, o l'amministratore che deve trovare la funzione giusta per il tetto del deposito del metano. Ma comunque non è questo il vero problema. Questo è solo folklore. Il vero problema, a mio parere, è un programma di quinto liceo inutilmente sterminato, dove si cerca di fare (male) di tutto, una toccata e via, persino cose che io ho fatto al secondo anno di università, non comprendendo che invece questo modo di insegnare la matematica alle scuole superiori incentiva la macchineria e la mnemonizzazione, a scapito del ragionamento.

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