domenica 12 giugno 2016

Capire i buchi neri con l'aritmetica di base

  
I buchi neri sono tra gli oggetti più astrusi dell'universo. Sostanzialmente si tratta di corpi celesti il cui campo gravitazionale è così intenso da far sì che niente vi possa uscire. Nemmeno la luce, da cui il termine "nero". Certo, alcuni diranno che Hawking ha dimostrato che in realtà, applicando la meccanica quantistica a un buco nero, questo può, anzi deve, alla lunga, "evaporare", emettendo particelle, e quindi contraddicendo il fatto che nulla può uscirne. Però, per i buchi neri di tipo astrofisico, di quelli che hanno origine al centro delle galassie o in seguito al collasso gravitazionale di una stella, e che sono gli unici che finora conosciamo, questa evaporazione dovrebbe accadere veramente molto alla lunga. Tanto per dare un numero, un buco nero con la massa uguale a quella del sole camperebbe qualcosa come 10 alla 66 anni. Quindi talmente alla lunga che, di fatto, tutti i buchi neri noti agli astronomi sono al momento sostanzialmente dei ciucciamateria, che si ingrassano risucchiando tutto quello che sta loro attorno grazie ad un campo gravitazionale che nelle loro immediate vicinanze diventa veramente prodigioso.

Per descrivere correttamente i buchi neri ci vuole la teoria della relatività generale, che ha una matematica non proprio alla portata, diciamo. Però alcune proprietà dei buchi neri sono descrivibili anche con la matematica di base, quella delle superiori, tanto per capirci. E la cosa interessante è che, usando questa matematica comprensibile, si impara comunque molto sui buchi neri, fino ad alcune loro proprietà che possono risultare sorprendenti, e per certi aspetti in controtendenza con quello che l'immaginario collettivo ci fornice. Ammesso che ci sia un immaginario collettivo sui buchi neri.

Cominciamo con un esempio: lanciamo un sasso in aria. Non c'è bisogno di farlo realmente, ma immaginiamo di farlo. Lo lanciamo, lui va su per un po', rallenta, e poi ricasca giù (evitiamo di farcelo cadere in testa, possibilmente).  Adesso proviamo a lanciarlo con più forza, dandogli una velocità iniziale maggiore: farà la stessa cosa di prima arrivando però un po' più in alto, ma poi ad un certo punto invertirà la direzione del moto e ricadrà inesorabilmente a terra. Se gli diamo ancora maggiore velocità andrà ancora più in alto però poi... insomma avete capito. La forza di gravità ad un certo punto gli consuma tutta l'energia cinetica, e quindi lo obbliga a fermarsi. A quel punto, il sasso, come Willy Coyote, non può far altro che precipitare.


Se però fossimo capaci di dare al sasso una velocità sufficientemente elevata, lo vedremmo salire e salire, e non tornare mai più giù. In pratica lo vedremmo allontanarsi per sempre dalla terra. Quella velocità iniziale che permette di ottenere questo strepitoso risultato si chiama "velocità di fuga", ed è la stessa che permette ad un razzo di essere mandato in orbita, o andare sulla Luna, su Giove etc. Per allontanarsi indefinitamente dalla terra, il sasso deve avere inizialmente almeno quella velocità. Se poi ha una velocità addirittura maggiore, tanto meglio.

Questa velocità, contrariamente a quello che ci si potrebbe immaginare, non dipende dalla massa del sasso o del razzo, o da quello che vogliamo lanciare nello spazio. Dipende soltanto dalla massa della terra e dal raggio della terra, e vale, sulla terra, 11,2 Km/s, ovvero circa 40000 Km/h. Se riuscissimo a sparare il nostro sasso in alto con una velocità di almeno 40000 Km/h, il nostro sasso non tornerebbe più giù. Un nuovo gioco da proporre ai luna park: "mostra la tua forza e supera la velocità di fuga: 3 lanci 5 euro!". Soppianterebbe il gioco del pugno, quello dove orde di lobotomizzati si mettono in fila sparando cazzotti stratosferici perché credono che le donne si facciano impressionare da simili prodezze. 

La velocità di fuga dipende quindi dalla massa e dal raggio del pianeta su cui ci si trova (tipicamente ci capita di essere sulla terra). Quindi, metti ci dovesse capitare di essere sulla Luna, la velocità di fuga sarebbe di soli 8000 Km/h, mentre sul Sole sarebbe di 2 milioni di Km/h. Ma sul sole magari avremmo altri problemi, tipo quello di non scottarci i piedi. Comunque, pianeta che vai, velocità di fuga che trovi.

La velocità di fuga si calcola tutto sommato abbastanza semplicemente (è un tipico esercizio da liceo). Il calcolo si basa sulla conservazione dell'energia, cinetica più potenziale, che in assenza di attrito resta sempre quella in qualunque momento del volo del nostro sasso. Se all'inizio vale tot, quel tot rimane anche a un miliardo di anni luce dalla terra, se non interviene qualche altro pianeta a risucchiarlo. Quindi quando lanciamo dalla superficie della terra un oggetto verso l'alto con velocità iniziale v, l'energia totale di questo oggetto è la somma della sua energia cinetica iniziale più la sua energia potenziale iniziale, che è quella di un oggetto posto a distanza R(0) dal centro della terra.  La massa della terra la chiamiamo M (vedi formula sotto).

Affinché questo oggetto possa allontanarsi indefinitamente dalla terra (o dal corpo celeste su cui ci dovessimo trovare), la sua velocità iniziale deve essere tale che a distanza grandissima (infinita) l'oggetto ci arrivi almeno con velocità zero. Ovvero mentre si allontana e si allontana la sua velocità decresce e decresce, ma non si azzera mai (altrimenti tornerebbe indietro) se non a distanza infinita. E quindi a distanza infinita la somma delle energie cinetiche e potenziali varrà zero (zero velocità quindi zero energia cinetica, e distanza infinita quindi zero energia potenziale). Pertanto, conservandosi la somma delle energie cinetiche e potenziale in qualunque momento del volo del nostro sasso, la somma delle energie cinetica e potenziale iniziale deve essere anche essa pari a zero. Quello è il minimo sindacale perché un corpo arrivi all'infinito (ovvero si allontani indefinitamente dalla terra), e la velocità che entra nell'espressione dell'energia cinetica iniziale (il pezzo a sinistra della formula) ci dà in questo caso la velocità di fuga. Il termine G è la costante di gravitazione universale: un numero, una costante che è sempre di mezzo quando si parla di forza di gravità.

Per calcolare la velocità di fuga sulla superficie di un pianeta di raggio R(0) e massa M, la somma dell'energia cinetica e potenziale iniziali deve essere almeno zero (se maggiore tanto meglio).

Quindi se v(0) lo chiamiamo v(f), cioè la velocità di fuga, quest'ultima si ricava dalla formula sopra, e vale:

La velocità di fuga sulla superficie di un corpo celeste di massa M e raggio R(0).

Si può notare che la velocità di fuga non dipende dalla massa dell'oggetto che lanciamo, che sia un sassolino o una stazione spaziale. Questo perché sia l'energia cinetica che quella potenziale della formula sopra dipendono da m, la massa dell'oggetto che lanciamo in aria, e che quindi possiamo tranquillamente semplificare.  Prevengo i precisini prima che insorgano puntualizzando che in questo calcolo è stata completamente trascurata la resistenza dell'aria, il cui effetto è invece fondamentale se si vuole lanciare un razzo (o un sasso) nello spazio. Ma la definizione di velocità di fuga importante dal punto di vista fisico si disinteressa dell'attrito, e per un dato corpo celeste rimane quella data sopra.
Si vede dalla formula che la velocità di fuga aumenta con l'aumentare della massa M del pianeta e decresce con l'aumentare del raggio R(0) del pianeta stesso. E' chiaro il perché: se il pianeta ha molta massa, il suo campo gravitazionale è più intenso, e quindi ci vuole una velocità grande per far allontanare il sasso all'infinito. Non solo, se il pianeta, a parità di massa, è piccolo, siccome la forza di gravità cresce con il quadrato della distanza, e la massa può essere immaginata tutta concentrata nel centro del pianeta, più è piccolo R(0) più è forte la forza di gravità, e quindi maggiore è la velocità iniziale che dobbiamo imprimere al corpo.

Adesso chiediamoci: quale dovrebbe essere il raggio R(0) di un corpo celeste di massa fissata M, affinché la velocità di fuga sulla sua superficie sia pari alla velocità della luce? Dalla formula sopra basterebbe mettere al posto di v(f) la velocità della luce c, e ci ricaviamo R(0).

Qui bisogna premettere una cosa importante. Questo calcolo, fatto in questo modo, è sbagliato. Nel senso che questi calcoli, validi per la meccanica Newtoniana, non funzionano nella teoria della relatività. E questo è un tipico caso in cui bisogna applicare la teoria della relatività generale e non la fisica di Newton. I buchi neri non sono certo oggetti da fisica classica! Però... Però il caso vuole che, anche usando la relatività generale e facendo tutti i conti giusti (molto più complessi che quelli che abbiamo fatto noi), per questo calcolo specifico il risultato viene identico! E cioè:


Il raggio di Schwarzschild, R(s), esprime le "dimensioni" di un buco nero.

dove R(s) si chiama "Raggio di Schwarzschild", che corrisponde al raggio che deve avere un corpo celeste di massa M affinché la velocità di fuga sia pari alla velocità della luce. Ma siccome un buco nero lo abbiamo appena definito come un oggetto dal quale neanche la luce riesce a scappare via, il raggio di Schwarzschild  è proprio il raggio di un buco nero.

Qui a questo punto bisogna capirci un attimo per definire cos'è il raggio di un buco nero, prima che i nerd si scatenino, dato che,  al contrario di un qualunque altro corpo celeste, non sappiamo niente di cosa ci sia dentro un buco nero, né tanto meno come sia disposta la materia, ammesso che sia disposta in qualche modo.  Nel caso di un buco nero, quindi, la superficie è una superficie ideale, matematica, che prende il nome di "orizzonte degli eventi", ovvero la superficie sulla quale la velocità di fuga coincide con la velocità della luce. Essa rappresenta la superficie che delimita il mondo accessibile alle osservazioni (quello che sta fuori) da quello che è completamente inaccessibile (quello che c'è dentro). Fuori da quella superficie i segnali luminosi possono arrivare fino a noi, dentro quella superficie non più. E' la superficie che rende il buco "nero".

Come si vede dalla formula per il raggio di Schwarzschild, il suo valore dipende solo dalla massa del corpo celeste (a parte G che è solo un numero). L'idea per far diventare un oggetto di massa M qualunque un buco nero, è quello di comprimerlo a sufficienza fino a farlo diventare piccolo quanto il raggio di Schwarzschild. E quindi, in linea di principio, qualunque oggetto, di qualunque massa, potrebbe diventare un buco nero.  Certo, non è detto che ci siano meccanismi fisici in grado di comprimerlo a sufficienza fino a quel punto, ma questo è un altro discorso.

E quindi possiamo toglierci la curiosità su quanto dovrebbe essere piccola la terra, quanto dovremmo comprimerla, per farla diventare un buco nero. Basta mettere  il valore numerico della massa della terra nella formula per R(s), cioè 6 per 10 alla 24 Kg, e otteniamo qualcosa come 1 cm. Se comprimessimo tutta la massa della terra dentro un oggetto grande come una biglia, otterremmo un buco nero con la massa uguale a quella della terra.

Lo stesso giochetto fatto con il sole, ci obbligherebbe a comprimerlo dentro una sfera di raggio pari a circa 3 Km. Se il sole fosse una palla di 3 Km di raggio, invece che di 700000 Km, sarebbe un buco nero.

Cosa sperimenterebbe, dal punto di vista gravitazionale, un eventuale pianeta distante dal sole, se al posto del sole ci mettessimo di nascosto un buco nero di pari massa? Sostanzialmente niente! A grande distanza, infatti, il campo gravitazionale del sole è descritto comunque come se la sua massa fosse tutta concentrata in un punto, e quindi i vari pianeti continuerebbero a ruotarci attorno sostanzialmente come prima. Non è che, perché il sole è diventato un buco nero, allora il suo campo gravitazionale sperimentato da Plutone diventa più grande! Non ve lo aspettavate, dite la verità.
 
E' soltanto avvicinandosi che vengono fuori i problemi. Infatti la velocità con cui un pianeta ruota attorno al sole dipende, per la legge di Keplero, dall'inverso della radice quadrata della distanza del pianeta dal sole. Per la terra è 30 Km/s, per Marte è 24 Km/s e via via a diminuire man mano che i pianeti sono più distanti. Mercurio, invece, che è il più vicino al sole, ci ruota attorno con una velocità di quasi 50 Km/s. Adesso immaginate che il sole sia un buco nero, e supponente di potervi avvicinare sempre di più ad esso. La velocità di rivoluzione del pianeta attorno al "sole-buco nero" aumenterà sempre di più, essendo adesso la sorgente del campo gravitazionale, cioè il buco nero, molto più piccolo. A 5 Km dal suo centro, e solo 2 dall'orizzonte degli eventi, la velocità di rotazione sarà di 10000 Km/s. Una trottola impazzita (vi ricordate i due buchi neri della scoperta delle onde gravitazionali?). A queste distanze la relatività generale prevede comportamenti diversi dalla gravitazione di Newton, come ad esempio che sia impossibile un'orbita stabile, e il corpo finirà inesorabilmente per spiraleggiare dentro il buco nero.

E se la terra fosse un buco nero? Che - abbiamo visto - sarebbe grande come una ciliegia? Cosa sperimenterebbe un (incauto) astronauta in caduta libera verso di essa? A grandi distanze niente di speciale. Cadrebbe in caduta libera come succede a tutti gli astronauti nella stazione spaziale. La sua velocità aumenterebbe in modo preoccupante se vista da un osservatore esterno, fino a diventare prossima a quella della luce, ma di questo lui non se ne accorgerebbe proprio. Per lui che cade non cambierebbe niente da quello che percepisce un normale astronauta quando fa le capriole davanti alla telecamera. E' soltanto avvicinandosi alla "terra-buco nero" che inizierebbero i problemi. Infatti, a distanze prossime alla superficie di un buco nero, per un buco nero di queste dimensioni, le dimensioni dell'astronauta sono addirittura maggiori delle dimensioni del buco nero. E quindi punti diversi del corpo dell'astronauta sarebbero sottoposti ad un'accelerazione di gravità diversa. Sarebbe questo a fotterlo, ancor prima di cadere dentro l'orizzonte degli eventi, perché si tradurrebbe in una specie di forza di marea che lo farebbe a pezzi prima ancora di cadere nell'orizzonte degli eventi.

Questo è vero in generale per tutti i buchi neri di dimensioni relativamente piccole, fino a qualche chilometro. Il risultato sono grandi forze di marea sul corpo che cade, dovute appunto alla diversa accelerazione di gravità che punti diversi del corpo percepirebbero avvicinandosi all'orizzonte degli eventi. Nei pressi di un buco nero di piccole dimensioni questo effetto sarebbe enorme. Però, siccome le forze di marea diminuiscono con il cubo della distanza se ci si allontana dalla sorgente del campo gravitazionale, a distanze di alcune centinaia di chilometri sarebbero già irrilevanti. 

Possiamo anche pensare di calcolare la densità di un buco nero, definendola come la sua massa diviso il suo volume. Di nuovo, il volume è il volume della sfera delimitata dall'orizzonte degli eventi, e non è il vero volume del buco nero, che non abbiamo idea di cosa possa essere, né sappiamo cosa succeda alla materia dentro a un buco nero. Quindi la densità di un buco nero non sappiamo in realtà cosa sia, e questo è solo un calcolo matematico in base alla definizione di densità che abbiamo dato. Comunque, siccome la massa di un buco nero e il suo raggio sono proporzionali (vedi la formula che da R(s)), e siccome la densità è la massa diviso il volume, e siccome il volume di una sfera è proporzionale al suo raggio al cubo, allora per un buco nero la densità, cioè la massa diviso il volume, è proporzionale all'inverso del suo raggio al quadrato.

Risultato: se un buco nero è molto piccolo, tipo la terra o il sole, la sua densità è enorme. Ma se un buco nero ha un raggio enorme, la sua densità può diventare bassa.

Di buchi neri enormi ne conosciamo molti. Si pensa che praticamente ogni grande galassia ne abbia uno al centro. La nostra Via Lattea, per esempio, non se l'è fatto mancare. Si chiama Sagittarius A, ed è un buco nero con una massa pari ad alcuni milioni di masse solari. Le sue dimensioni sono dell'ordine di una decina di milioni di chilometri, più o meno un terzo del raggio dell'orbita di Mercurio. 

In giro per l'universo, nei nuclei di galassie, ci sono buchi neri supermassicci con masse pari ad alcune decine di miliardi di masse solari. Un buco nero con una massa pari a 10 miliardi di masse solari ha un raggio di Schwarzschild di circa 30 miliardi di Km, che corrispondono a 5 o 6 volte le dimensioni del sistema solare. Un buco nero di questo tipo avrebbe densità inferiore a quella dell'acqua. Ho usato questo esempio per sottolineare come non sia necessario impacchettare la materia in modo superdenso per ottenere un buco nero. Se si ha a disposizione una massa enorme, miliardi e miliardi di stelle, non c'è bisogno di comprimere la materia in modo spropositato per avere un buco nero.

Cosa accadrebbe a uno sventurato astronauta che si avvicinasse incautamente a questo oggetto di così grandi dimensioni?  Precipitando in caduta libera non percepirebbe niente di particolarmente strano, e finirebbe ingoiato probabilmente senza accorgersene. Perfino l'attraversamento dell'orizzonte degli eventi, per l'astronauta sarebbe un evento non particolarmente degno di nota. Spesso si crede che oltrepassare l'orizzonte degli eventi significhi la distruzione di chi lo attraversa: non è vero. Chi sta fuori vedrà l'immagine di chi sta cadendo congelarsi nell'attraversamento, ma chi cade dirà "finora tutto bene", come quando si cade da un grattacielo. Attraverserà quindi l'orizzonte degli eventi senza notare nulla di strano, ma non potrà mai raccontarlo. Nella realtà attorno a questi oggetti la materia delle stelle circostanti viene convogliata e strizzata raggiungendo temperature altissime, con grande emissioni di raggi gamma e di particelle ionizzanti ad altissima energia, rendendo i buchi neri di questo tipo la sede di fenomeni tra i più estremi dell'universo. Sicuramente non il posto ideale per fare esperimenti di fisica.









14 commenti:

  1. Ciao, grazie per averci spiegato per per l'ottima spiegazione. Tempo fa da qualche parte avevo letto, purtroppo in maniera molto sbrigativa, che il nostro universo potrebbe essere all'interno di un immenso buco nero... Mi pare di aver capito che c'erano delle coincidenze tra la densità media dell'universo e il suo probabile raggio... Spero di non aver scritto una enorme Boiata... Nel caso non lo sia potresti spiegare questa teoria? Grazie. :)

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  2. Non so se esita un immaginario collettivo sui Buchi Neri, il mio è sempre stato che i buchi neri creino dall'altra parte una esplosione della dimensione d un Big Bang in pratica creando un altro universo, come fossero un po uteri planetari.
    Certo non sono un fisico teorico ma il mio immaginario fantastico o fantascientifico mi porta a immaginarli così cioè con questa funzione.
    Avevo anche letto che tra l'altro noi viaggiamo per espansione in direzione Sagittarius A e in un tempo lontano lontano prima o poi cascheremo inevitabilmente proprio dentro il buco nero presente nella nostra galassia.
    In ogni caso la domanda è un'altra: se sono oggetti impossibili da sondare entrandoci, come farete a cogliere cosa succede all'interno con certezza? come potete creare sperimentazioni per ricrearne l'ambiente?
    Oppure è dalle radiazioni ionizzanti e raggi gamma uniti magari a qualche nuova scoperta di altre particelle che riuscirere a dedurre che accade esattamente li dentro?.
    Insomma quale potrebbe essere il futuro della ricerca sui Black Hole???
    Perchè messa cosi pare quasi che ci sia un limite non oltrepassabile per cui rimarranno sempre un mistero insondabile.

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    1. L'interno di un buco nero è insondabile. Per lo meno per quello che ne sappiamo adesso. Però c'è tanto da capire anche di quello che succede fuori. Le nuove tecniche astronomiche (Hubble e i futuri telescopi, non solo nel visibile) saranno determinanti per questo. Per non parlare dell'astronomia con le onde gravitazionali, che già con la sola osserazione ci hanno mostrato un evento che coinvolgeva buchi neri assolutamente imprevisto e inaspettato, e che potrebbe invece essere molto frequente nell'universo.

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  3. Volevo aggiungere: Grazie Stefano x la dritta
    Sono riuscita a vedere la trasmissione che mi avevi segnalato, tutte 3 le puntate:
    Tutta colpa di Einstein
    Che meraviglia!!! Fantastica! Davvero interessante e molto simpatica, un bel modo di avvicinare la Scienza e il Cern al grande pubblico.
    A parte che mi sono anche vista anche un pò di Svizzera dove sono le mie vere origini e radici( vivo da sempre molto male il destino avverso che mi ha fatta nascere e crescere quì , perdipiù vivo in una città orrenda).
    Ma questo è un discorso personale che non entra ovviamente in questa sede.
    Molto ben fatta la trasmissione, mi è piaciuto tanto il discorso che Scienza Arte e Musica sono materie molto vicine tra loro.
    Avrei seguito volentieri anche altre puntate fosse per me.


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  4. Scusa Stefano avrei una domanda, probabilmente molto ingenua: immaginando di avere a disposizione una coppia di fotoni accoppiati mediante entanglement quantistico, si potrebbe pensare di spararne uno dei due oltre l'orizzonte degli eventi e di ottenere informazioni sull'interno del buco nero studiando il comportamento del secondo fotone ?

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    1. Trovi una risposta abbastanza rticolata qui: http://www.askamathematician.com/2012/12/q-two-entangled-particles-approach-a-black-hole-one-falls-in-and-the-other-escapes-do-they-remain-entangled-what-about-after-the-black-hole-evaporates/

      La risposta in breve alla tua domanda è NO, non ottieni informazioni sull'interno del buco nero, anche perché nessuna operazione su una particella che è entagled a un'altra, nemmeno fuori di un buco nero, comunica informazioni all'altra particella. Non è possible in generale comunicare informazioni tramite l'entanglement.

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    2. Ecco ma non hai risposto su come pensano di indagarli se non altro a livello proprio di ipotesi anche vaga.
      Se non è potenzialmente possibile andare oltre.
      L'articolo in inglese non sono in grado di tradurlo, ho necessità del traslator che al momento non mi funziona.
      Quindi non so se la risposta era li.

      Vorrei fare una domanda strana che non riguarda la Fisica in se:
      tra i musicisti ho sempre notato una ampia categoria di 'mancini' o 'ambidestri', anche tra i Fisici che suonino o no si incontrano tanti mancini????
      So che è domanda inconsueta, una curiosità stramba se vuoi.
      Grazie

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  5. L'interno dei buchi neri per quello che se ne sa non è assolutamente indagabile. Quindi, che io sappia, non ci sono proprio ipotesi. Al momento ci dobamo accontentarli di capire il piu' possibile guardando quello che succede fuori, migliorand le tecniche osservative (nuovi telescopi, etc).

    Sulla seconda domanda non saprei proprio. Penso che fra i fisici sia la proporzione normale come in qualunque altra attività. Secondo me tra i musicisti è semplicemente probabile che un mancino si noti di più che fra gli impiegati di banca, perché uno che usa la chitarra alla rovescio si nota subito. Non so se esistano statistiche che indichino che realmente i mancini fra i musicisti siano in maggioranza rispetto alla media. So però che le chitarre mancine in genere le devi ordnare, perché disponibili non ce le hanno mai...

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  6. Era una curiosità proprio personale, avevo notato diverse volte nel corso della vita che i musicisti erano mancini o ambidestri.
    Mio marito 'mancino' tiene lo stesso la chitarra in maniera consueta perchè di fatto è anche ambidestro.
    Però a volte si sbaglia e mi dice di cliccare sul tasto destro piuttosto che sinistro perchè per lui la sinistra è destra :).... forse soprapensiero per lapsus fà queste sovrapposizioni.
    Cmq la domanda derivava anche dal fatto che avevo letto uno studio dove era risultato che i mancini in genere avevano, come dire, una mente più brillante mediamente rispetto ai soli destrimani su campioni ovviamente più o meno equiparabili per livelli culturali sociali etc.
    Da li la curiosità di sapere se tra fisici c'era percaso una prevalenza di mancini o ambidestri considerando che tutte le menti saranno oltremodo brillanti.

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  7. A proposito di Black Hole:
    Ho letto che adesso Hawking ritiene ne esistano di due tipi, due classi con diverse caratteristiche.
    Un tipo sarebbe quello al centro delle galassie l'altro quelli al di fuori.....e ne uscirebbe sia luce che informazione.
    Questa è nuova nuova!!! Ma l'ultima non era che dovevano 'evaporare'???
    Come si fà a stare dietro a tutte queste ipotesi emergenti......
    Poi ho trovato un testo che si intitola:
    I motori della gravità di Caleb Sharf
    Che dice che i Buchi Neri sono praticamente 'motori gravitazionali'
    Quindi potrebbe aiutare la possibile scoperta di quella particella che hanno già battezzato 'gravitone'???

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  8. Non centra con l'argomento.
    Stefano, con le tue competenze, forse puoi aiutarmi a risolvere un grave problema.
    Non posso raccontare nei particolari in questa sede perchè ti chiedo questa cosa, niente di segreto , solo sarebbe troppo lungo.
    Per condensare, a seguito di una lunga e torturante vessazione da rumori e per me fastidiose frequenze Hz , ho sviluppato una forte iperacusia.
    Già di mio ero da sempre piuttosto sensibile all'azione di Decibel e di certe Frequenze Hz ma dopo l'esperienza di questa 'tortura' inimmaginabile, sono diventata ancora più sensibile.
    La zona dove per mia sciagura abito è oltretutto estremamente rumorosa, non posso cambiare casa, non posso intervenire sulla struttura nei modi che mi ha consigliato un tecnico acustico perchè troppo oneroso, e via dicendo ( e peraltro anche i tecnici acustici con gli onorari non è che scherzano, cifre belle corposette)
    Ho fatto almeno mettere una finestra antiacustica da 45 Db in camera da letto ma è servita a ben poco dato che tutto il resto della casa è esposto a rumorosità di ogni genere che filtrano da tutti i lati.
    Risultato per aumentare un po il ricercato silenzio vivo praticamente con una cuffia Peltor Optime III quasi tutto il giorno, a volte sono persino costretta ad addormentarmi con su quella di notte.
    Una tortura accessoria praticamente, potrai comprendere.
    Il guaio è che sta cuffia pur essendo stata utile a sopravvivere in condizioni avverse non mi compre tutti i rumori e sopratutto non mi copre le basse frequenze a cui io sono particolarmente sensibile.
    Avverto persino le 'in teoria' inudibili 'infrafrequenze' attraverso una vibrazione organica che mi crea da anni un malessere costante e collaterali conseguenti.
    Mi potresti dire se esiste una cuffia che non costi un'esagerazione che mi copra un range di frequenze Hz il più basso possibile? Ma che sia anche un po morbida da portare?
    Avevo pensato persino a quelle dell'areonautica ma ovviamente sono costi per me troppo alti ho visto costi che partono da 2000/3000 euro.
    Inutile dire che non è fare una gran bella vita avere questo problema di sensibilità uditiva estrema , per ultimo probabilmente per ragioni psicosmatiche di tentativo estremo di 'difesa' ho comiciato a sviluppare anche delle otiti.
    Giusto per non fare mancare niente
    Grazie se puoi darmi qualche dritta utile a migliorare questa condizione.
    Un saluto e grazie

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  9. Hmm per questo tipo di problema l'unica soluzione pratica penso che sia concentrarsi su un altro tipo di stimolo uditivo. Ad esempio musica. Quella preferita.

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    1. No purtroppo, assolutamente non serve, a questi livelli di ipersensibilità cercare di 'mascherare' i suoni irritanti con altri seppur musicali, è del tutto inutile, anzi anche la musica finisce per diventare irritante esattamente come un rumore.
      Si ricerca proprio un silenzio assoluto come in alta montagna credimi.
      Avevo comprato dei CD di noise vari, tipo rumore pioggia etc, che dovrebbero essere rilassanti ma anche quelli.... si son stati un po di aiuto ogni tanto ma nulla più.
      A volte ascolto quella tecnica di Whispering x riuscire a dormire almeno, ma durante il giorno l'unica cosa che aiuta pur essendo fastidiose da portare sono delle cuffie.
      I tappini oltre a esssere oltremodo 'intrusivi' non servono neppure quelli ( ma li porto con me se devo entrare in cenri commerciali o andare al cinema perchè il livello di Decibel di tali posti è insopportabile per me)
      Purtroppo è una problematica di cui soffre una piccola percentuale di popolazione, in genere si scatena a seguito di una pesante vessazione da rumore subita, così si sviluppa una supersensibilità, ancora nemmeno capita esattamente la causa che probabilmente è già una predisposizione presente da sempre ( ho letto degli studi molto recenti dove viene fatta l'ipotesi di una cosiddetta 'ipereccitabilità neuronale', il cervello insomma reagisce troppo agli stimoli in genere)
      La soluzione ci sarebbe stata, trasferirsi in un posto silenzioso (all'interno di un residence per esempio) ma è una cosa che per via di altre complessità non ho potuto fare.
      Così insomma speravo, intanto che attendo l'opportunità di prendere il volo da questa zona, di trovare almeno una cuffia più comoda, più leggera e con un arco di frequenze Hz che partisse dal più basso possibile.
      Tra i tanti rumori fastidiosi c'è quello continuo di una strada a elevata percorrenza con notevole emissione di basse e bassissime frequenze per non meno di 20 ore al giorno, oltrechè anche di ovvio pesante inquinamento di altro genere.
      Niente, ok, grazie lo stesso.
      Continuerò a cercare e sopratutto sperare di potermene andare al più presto da quì.

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  10. Aggiungo, giusto per la comprensione migliore del tutto, nel mio caso la causa scatenante non è stata la rumorosità ambientale in se che di suo mi era già sgradita, ma la vessazione traumatica derivata dagli impianti di un locale, anche essi grandi emettitori di basse e bassissime frequenze, perdipiù a chiusura tardiva, che emettevano non solo una rumorosità intensa in Decibel ma probabilmente infrafrequenze o armoniche per me dannose.
    Il rumore era simile ad un motorino smarmittato che forzasse in salita per 15 ore giornaliere avvertibile con intensità anche con finestre chiuse.
    Per cronaca io avvertivo questo rumore persino fino a 100 metri di distanza mentre altri non lo percepivano nemmeno o così almeno sostenevano.
    Stranezze della percezione uditiva , anche con un semplice smartphone questa rumorosità di impianti era registrabile perfino alla distanza di 100 metri.
    Da lì lo sviluppo di una ulteriore ipersensibilità poi generalizzata a qualunque rumore.
    Giusto per spiegare meglio.

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