martedì 18 dicembre 2018

Comunicare con gli alieni

Una doverosa premessa: alcune delle cose che leggerete qua sotto le ho imparate da un collega e amico, l'astrofisico Sandro Bardelli, che ringrazio per avermi portato a conoscenza di certi gossip.  I commenti e le considerazioni sono invece soltanto miei.

L'argomento è come comunicare con gli alieni. Supponiamo che da qualche parte nell'universo ci sia qualche civiltà aliena capace di intendere e di volere, e che conosca le basi dell'elettromagnetismo, tanto da saper costruire antenne ricetrasmittenti: potremmo comunicare con loro? E soprattutto, cosa gli diremmo?

Intanto c'è un problema di tempi. Della serie "cogli l'attimo". Per capirci, se una civiltà aliena tecnologica relativamente vicina a noi, diciamo 10 anni luce, avesse mandato un messaggio in giro per la galassia mettiamo 150 anni fa, noi non ce ne saremmo accorti, perché all'epoca le equazioni di Maxwell, ovvero le basi dell'elettromagnetismo, ancora non si trovavano nemmeno sui libri di scuola. Quel messaggio, inviato sotto forma di onda elettromagnetica, sarebbe passato sulla terra completamente ignorato dagli umani dell'epoca. E quindi magari potrebbe accadere anche a noi una cosa del genere: troviamo un pianeta promettente, con l'atmosfera giusta, le dimensioni giuste, la distanza giusta dal suo Sole, gli mandiamo un segnale del tipo "ciao, noi amici, noi volere sapere come voi fatti" (con gli alieni conviene parlare all'infinito, evitando futuri anteriori e trapassati prossimi per facilitare la comprensione), e loro invece magari sono ancora lì a smazzolarsi con le clave, o a posizionare pietroni di granito da 200 tonnellate uno sopra l'altro per sapere che giorno è.

L'alternativa più probabile, allo stato attuale delle cose, è invece che ci sia qualcuno capace di ricevere il messaggio, ma che non risponda, perché dopo 20 anni di Radio Maria hanno bannato tutte le frequenze provenienti dalla terra, come si fa con quelli che ti vogliono vendere i filtri dell'acqua per il rubinetto,  che dopo la prima volta che ti chiamano registri subito il numero nella blacklist del cellulare, e non rispondi più. 

Inoltre il punto è: quanto vive una civiltà tecnologica? Noi lo siamo più o meno da un centinaio di anni. Ma ci saremo fra, mettiamo, 500 anni? 1000 anni? O avremo esaurito tutte le risorse del pianeta? Io, onestamente, non me la sento di scommettere sul futuro dell'umanità in un tempo maggiore del secolo. Invidio gli ottimisti, in questo senso. Quindi può darsi che il messaggio, seppure in linea di principio comprensibile da una presunta civiltà aliena, arrivi (o magari CI arrivi) troppo tardi quando ormai quella civiltà si è estinta o comunque ha altri problemi più seri che captare frequenze in giro per l'universo.

E poi una conversazione con un extraterrestre fatta in questo modo non sarebbe proprio agevole. La nostra galassia, tanto per restare vicino casa, ha un diametro di 100000 anni luce. Vuol dire che se inviamo un segnale da un lato all'altro della galassia, questo ci mette 100000 anni ad arrivare. Ma senza andare così distante, supponiamo che ci sia qualcuno a 20 anni luce da noi. Inviamo il segnale: "pronto, mi senti? C'è qualcuno? Passo" (è importante dire "passo", altrimenti c'è il rischio che gli alieni stiano li ad aspettare che la frase sia conclusa, e non ti rispondono). Passano 20 anni, e gli alieni rispondono. Però la loro risposta arriva dopo altri 20 anni, cioè 40 dal nostro invio. A quel punto captiamo: "zxcrzz sxzzzcr scusi può ripetere? Il segnale è crzcrzurbato! Passo.". Insomma, non ne verrebbe fuori un dialogo molto articolato.

Altro aspetto interessante è che tipo di segnale inviare agli eventuali alieni, che in pratica significa anche chiedersi che caratteristiche potrebbe avere un eventuale segnale inviato da alieni. Innanzitutto, inviare segnali in tutte le direzioni implicherebbe disporre di una potenza stratosferica, e quindi bisognerebbe decidere a priori in che direzione inviare il segnale, scegliendo stelle promettenti, che quindi potrebbero avere pianeti promettenti per la vita intelligente.

E poi che frequenza usare per non confondersi con il fondo? L'universo è pieno di radiazioni elettromagnetiche di tutti i tipi. Non solo, l'interazione del segnale inviato con la materia che incontrerebbe lungo il percorso potrebbe modificarlo, assorbirlo, attenuarlo, diffonderlo etc, con il risultato di non farlo arrivare a destinazione.

Gli astronomi hanno individuato la frequenza ideale di 1,420 GHz, che è la frequenza dell'idrogeno neutro. Questa frequenza corrisponde a una lunghezza d'onda di circa 21 cm, e è quella che viene assorbita o emessa dall'idrogeno neutro quando l'elettrone dell'atomo di idrogeno inverte il suo spin. Questa transizione energetica si chiama in gergo "transizione iperfine", e la sua frequenza (o lunghezza d'onda) è calcolata con estrema precisione dall'elettrodinamica quantistica. Questo tipo di radiazione elettromagnetica è comunemente utilizzata per identificare la presenza di nubi di idrogeno nell'universo. Questo aumenta anche la probabilità che un segnale con questa frequenza venga captato per caso. Il progetto SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) utilizza questa tecnica.

Nel 1974 venne usato il radiotelescopio di Arecibo per inviare un messaggio in codice a ipotetici alieni. Il messaggio, di 1679 bit in totale,  fu trasmesso verso M13, un ammasso globulare distante circa 25000 anni luce dalla terra. La sequenza di 0 e 1 che costituiva il messaggio era una matrice 23 × 73, che conteneva dati sulla nostra posizione nel sistema solare, la figura stilizzata di un essere umano, la forma a elica del DNA, ed il contorno del radiotelescopio stesso. La matrice 23 × 73 fu scelta perché 23 e 73 sono numeri primi, e in base a algoritmi mentali che personalmente non comprendo, questo avrebbe dovuto destare l'attenzione degli alieni nei confronti di questa serie di bit in arrivo. Il tutto, bisogna dire, non aveva pretese troppo serie, ma era una specie di tentativo simbolico.

Che non avesse pretese serie, lo si capisce immediatamente se si osserva il messaggio inviato, quando questo viene rappresentato graficamente. La matrice è quella riportata in figura. Dove c'è lo 0 è nero, dove c'è 1 è acceso. I colori sono aggiunti soltanto per evidenziare le varie figure, e non sono ovviamente presenti nel messaggio inviato. A me ricorda un gioco che avevo da bambino, una lavagnetta piena di buchi e tanti tasselli colorati da infilarci dentro, in modo da fare i disegni. In alternativa potrebbe essere lo schema per uno scendiletto in punto croce, di cui magari gli alieni sono molto appassionati. Quegli svolazzi in alto rappresentano chiaramente la molecola del DNA (cos'altro potrebbe essere!), mentre l'essere umano stilizzato è ben visibile in rosso. Quello sotto, che sembra uno space invader, dovrebbe schematizzare il radiotelescopio. Che dire... Stendiamo un velo pietoso. Speriamo che mai nessun alieno riceva un simile messaggio, perché ci faremmo veramente un figurone. Se ci va bene ci risponderanno mandandoci una schermata di Tetris. Per fortuna M13 è distante 25000 anni luce, per cui una eventuale risposta se la beccheranno i nostri posteri, ammesso che ci sia ancora qualcuno in giro da queste parti. 

Comunque, nei primi anni 70, la Nasa decise di inviare ai presunti alieni dei messaggi molto più concreti e comprensibili di eventuali segnali radio, montando delle placche metalliche sulle sonde Pioneer 10 e 11, destinate ad uscire dai confini del sistema solare.  Queste placche contenevano informazioni su noi umani, e sul nostro sistema solare, che avrebbero dovuto spiegare agli eventuali alieni che avessero intercettato queste sonde, di che pasta siamo fatti.


Placca posizionata sui Pioneer 10 e 11, e destinate a eventuali alieni intelligenti.
La placca fu preparata dall'astrofisico Carl Sagan, in collaborazione con il collega Franck Drake. Essa è stata disegnata per contenere informazioni su chi siamo, da dove veniamo, e dove siamo nella galassia, metti caso che qualcuno la trovi e ci voglia contattare, o magari farci un'improvisata e venirci a trovare per Natale. Nella placca si vede, in alto a sinistra, chiarissima a chiunque, una rappresentazione schematica della transizione iperfine per inversione di spin dell'Idrogeno. Cosa altro infatti potrebbero essere quelle due palle, se non lo schema della transizione iperfine dell'idrogeno per inversione di spin? 

Più sotto, quelle righe che partono da un punto centrale, rappresentano la distanza relativa, dal centro della galassia, di 14 pulsar, il cui periodo è indicato in numeri binari su ogni trattino. Metti che trovino la placca, e metti che alcune di queste pulsar siano visibili dal loro pianeta, con opportune triangolazioni dovrebbero essere in grado di risalire (grosso modo) alla nostra posizione nella Via Lattea. Su una delle pulsar, però, si sono sbagliati, approssimando in modo non corretto il periodo, tanto per mettere un po' di pepe al problema e renderlo un po' meno banale. Insomma, il problema della Susy della Settimana Enigmistica, in confronto, è una roba da scuola materna, ma qui ci si rivogeva ad alieni che avevano almeno 7 in matematica al liceo.

Sotto, in basso, c'è il nostro sistema solare. Non in scala, né per quello che riguarda le distanze né per le dimensioni del sole e dei pianeti. Diciamo un disegnino da scuola elementare. E poi c'è Plutone, che quella volta era un pianeta, e adesso non lo è più. Tutti i pianeti e il sole sono poi disegnati in 2-D, per cautelarsi sulla possibilità che i terrapiattisti abbiano ragione. Già che c'erano potevano includerci anche i simboli astrologici dei pianeti, metti che Astra si venda anche in giro per la galassia.

Poi c'è il disegno schematizzato del Pioneer, sul quale erano appiccicate le placche. Che almeno quello, gli alieni, se non sono proprio de coccio, dovrebbero capirlo.

E infine c'è il capolavoro: il disegno di noi umani. Il clou: l'uomo e la donna. Quello che dovrebbe servire a mostrare agli alieni come siamo fatti. Che è poi quello che vorremmo sapere anche noi, se trovassimo una placca analoga su una loro astronave. Che ci frega se anche loro sanno la struttura iperfine dell'idrogeno, o quanti pianeti ci sono nel loro sistema solare. Quello che vorremmo sapere è se sono fatti come noi, se hanno 4 o 5 braccia, 3 occhi, e se le loro sembianze somigliano anche solo vagamente a quanto descritto qui.

A questo punto, Sagan e compari hanno dato veramente il meglio.

Il maschio del disegno alza il braccio, della serie "io amico!". La posizione della mano serve a mostrare il pollice opponibile, di cui noi umani siamo orgogliosissimi. Magari invece gli alieni di pollici opponibili ne hanno 6 dozzine a mano, per un totale di 15 mani, e diranno "ma che sfigati questi qua!". La donna sta dietro al maschio, leggermente in secondo piano. Muta, giustamente, come si impone alle donne quando il maschio parla. Io avrei invece messo la donna davanti, e il maschio dietro che spinge il carrello del supermercato.

I due umani, i rappresentanti delle nostre sembianze, sono nudi. Giustamente, mica potevano metterli coi pantaloni scampanati tre taglie sotto, alti e strettissimi in vita, come andavano negli anni 70!

Però... Insomma... Col maschio, secondo me, sono stati un po' di manica corta. Non vorrei dire, ma secondo me potevano azzardare un po' di più. Mica tanto, ma sminuire i maschi della razza umana in questo modo! A che pro? Anzi, io, al posto di Sagan, mi sarei un po' divertito e avrei esagerato disegnando l'uomo con una sontuosa erezione, di quelle da far impallidire John Holmes. Di quelle che poi si sparge la voce in tutta la galassia e gli alieni assumono automaticamente un atteggiamento reverenziale verso noi terrestri. Altro che struttura iperfine dell'idrogeno: sono queste le cose che fanno colpo nell'universo!

E poi nel disegno manca qualcosa. Alla donna manca qualcosa!

Su questa punto sembra che Sagan volesse metterci tutto quanto, ma non abbia avuto tempo materiale di finire il disegno. Ha disegnato la struttura iperfine, la distanza delle pulsar, Il sole con Giove e Saturno con gli anelli, il Voyager che ci gira attorno, tutti i numeri in binario, etc etc, ma quando è stato il momento di disegnare la topa della donna, non ha avuto tempo.  Doveva partire il Pioneer, il tempo stringeva e dovevano attaccarci la placca, e alla Nasa lo chiamavano di continuo per chiedergli: "Allora Carl, hai finito 'sto disegno?" E lui rispondeva, "Eeeehhh... un attimo! Mi manca di disegnare la topa alla donna, e non trovo mai il tempo!". Che poi, insomma, manco avesse dovuto disegnarci la cacciata dal paradiso terrestre! Era solo questione di farci un trattino, una righetta verticale con la penna.

Seriamente parlando (anche se non sembra), pare in realtà che alla Nasa abbiamo discusso parecchio su come disegnare i genitali ai due prototipi di umani (fonte, fonte)  e alla fine abbiano deciso di disegnare solo quello dell'uomo. Senza strafare, peraltro. Sul disegno dei genitali della donna, invece, non se la sono sentita di fare il trattino, per non offendere il senso del pudore degli alieni, e hanno lasciato tutto liscio. La giustificazione è stata che nell'arte classica i genitali li disegnavano così (fonte, fonte). Suppongo che non fossero a conoscenza di questo.

Comunque... mettiamoci un attimo nella mente di questi alieni. Già ricevono un disegno con la pulsar sbagliata, e passi. Si ritrovano un sistema solare che non ci si capisce niente, e che sembra disegnato da un bambino, e passi. Poi però si ritrovano anche una donna nuda, ma disegnata senza genitali. Se ci sommi il fatto che da anni ricevono Radio Maria, e quindi già una mezza idea su noi terrestri se la sono fatta, che figura ci facciamo? Tanto valeva metterci la foto di Sallusti e la Santanchè, a quel punto.

Questa placca con uomini e donne nudi, anche se disegnati incompleti, ha suscitato realmente polemiche e indignazione negli Stati Uniti, tanto che alcuni giornali pubblicarono l'immagine censurata, senza i genitali, e perfino senza i capezzoli della donna (fonte). Ulteriori polemiche furono anche suscitate dal fatto che i due umani disegnati sono tendenzialmente di razza caucasica (bianchi). Pare che all'inizio l'uomo dovesse essere disegnato con una capigliatura afro alla Billy Preston, ma poi alla fine hanno optato per i capelli alla David di Michelangelo.

Sulle sonde Voyager, lanciate alcuni anni dopo, è stato anche messo un disco, con incisi alcuni suoni quotidiani e musiche rappresentative di noi umani. C'è un po' di tutto: il canto delle balene e degli uccelli, il fischiare del vento, e l'alfabeto coi rutti recitato da Franco, il mio compagno del liceo. Per le musiche, si va da Bach a Chuck Berry, fino alle canzoni peruviane, quelle che ti scassano la minchia con i pifferi in tutte le piazze. Manca però Sfera Ebbasta, ma solo perché quella volta non esisteva. A Carl Sagan, per evitare ulteriori polemiche, fu impedito di inserire ulteriori immagini di nudo (fonte). Peccato, perché nel frattempo aveva trovato il tempo per finire di disegnare la topa. I Voyager e i Pioneer arriveranno in prossimità di qualche stella fra decine di migliaia di anni. Possiamo stare tranquilli che non ci incolperanno per la figuraccia.

martedì 11 dicembre 2018

Tutto (o quasi) quello che serve per scoprire il Bosone di Higgs

Questo articolo vuole raccontare in modo sintetico come funziona un moderno esperimento di fisica delle particelle. Quali sono i suoi ingredienti, e quali sono i punti di cui bisogna tener conto per fare questo tipo di ricerca. Per fare questo ho scelto un esempi concreto: la scoperta del Bosone di Higgs al Cern di Ginevra, anche se lo stesso vale per qualunque altro tipo di ricerca in questo settore.

Una teoria o un modello che ne prevedano le caratteristiche: le caratteristiche del Bosone di Higgs sono ben previste dal cosiddetto Modello Standard delle particelle elementari. Una teoria che ha avuto riscontri molto precisi nei dati raccolti da vari esperimenti in questi ultimi decenni. La particella di Higgs e le sue caratteristiche sono ben previste dal Modello Standard, esclusa la sua massa, che non è definita a priori. Esistevano dei limiti, sia teorici che sperimentali, e si sapeva che essa doveva essere superiore a 115 GeV, e probabilmente non troppo elevata, diciamo inferiore a circa 300 GeV.  La massa del bosone di Higgs è estremamente piccola se confrontata con le normali masse di oggetti piccoli del macroscopico (un granello di sabbia è 10 alla venti volte più pesante del bosone di Higgs) ma è un valore elevato nell'ambito delle masse tipiche delle particelle elementari conosciute. Ovviamente non solo ciò che è previsto dalle teorie esistenti è ricercato a LHC. Un inquadramento teorico rende solo più semplice come e dove cercare.

Calcoli teorici che prevedano quanto frequentemente il Bosone di Higgs potrebbe essere prodotto con un acceleratore, quando si fanno urtare fra loro due protoni, come avviene ad LHC. E' necessario sapere, in pratica, quanti eventi in cui è prodotto un Bosone di Higgs ci si aspetta di avere nei vari mesi di presa dati, date le condizioni di funzionamento dell'acceleratore. I pratica si vuole sapere in anticipo se l'esperimento è fattibile, e che tipo di risultato ci si aspetta dal punto di vista statistico. Con il termine "evento" i fisici delle particelle chiamano la singola collisione, e quello che accade o viene prodotto in essa.

Un acceleratore di particelle adatto. Ebbene sì, senza un acceleratore di particelle di quelli giusti non se ne fa niente. Deve avere l'energia sufficiente per produrre il bosone di Higgs, ma anche la "luminosità" giusta. Vediamo cosa vuol dire. L'acceleratore principale del Cern, oggi, si chiama LHC, che sta per Large Hadron Collider. Accelera protoni contro altri protoni in direzione opposta, a energie di 7-8 TeV (milioni di milioni di elettronvolt) nella fase iniziale (quella in cui è stato scoperto il bosone di Higgs) e 13 TeV al momento. 13 TeV è un'energia piccola se rapportata al mondi macroscopico (grosso modo quella di una zanzara in volo), ma enorme se la immaginiamo assegnata a un singolo protone (una zanzara ha almeno 10 alla 21 protoni). I parametri fondamentali di un acceleratore sono 2: l'energia a cui avvengono le collisioni, e la luminosità, che sostanzialmente ci dice quanto "buoni" sono i fasci di particelle. Una luminosità alta si traduce, in generale, in un grande numero di collisioni prodotte, e quindi permette di poter disporre di un campione statistico sufficientemente elevato. In particolare, per eventi che la teoria ci prevede essere rari, avere alta luminosità è importante. L'energia serve invece a "creare" particelle pesanti grazie alla famosa relazione fra massa e energia. Queste particelle non esistono stabilmente, e hanno alta massa (come il Bosone di Higgs) ma possono essere prodotte, anche solo per un istante (in genere poi si trasformano immediatamente in altre particelle più leggere) a partire dall'energia disponibile negli urti. Per produrre il Bosone di Higgs e per studiarne le proprietà servono quindi sia energia elevata che alta luminosità. E' per questo che, prima di LHC, tutti i tentativi di scoprirlo sono stati infruttuosi: non esistevano acceleratori con queste caratteristiche.


Un apparato sperimentale. E' un insieme di strumenti che ha il compito di svelarci (rivelare, e non rilevare) quello che succede nei miliardi di urti fra particelle che verrano prodotti, e trasformarlo in qualcosa di comprensibile ai computer, e in ultima analisi agli esseri umani. Un rivelatore di particelle è un insieme di strumenti che circonda il punto in cui i protoni si scontrano, con una struttura tipo cipolla. Ognuno di questi strumenti è finalizzato a un compito ben preciso: vedere (rivelare) le tracce delle particelle, la loro energia, il loro impulso, la loro carica elettrica, e più in generale la loro natura, cioè dirci se sono elettroni oppure muoni, o che altro. Le uniche particelle note non direttamente osservabili sono i neutrini, che per loro natura interagiscono in modo estremamente raro con la materia, e quindi non esiste nessuna ragionevole speranza che lascino traccia del loro passaggio negli strumenti dell'apparato sperimentale. La loro presenza è vista in modo indiretto, tramite energia mancante nella collisione (nell'evento). Questo ovviamente presuppone che si misuri in modo il più preciso possibile l'energia effettivamente rilasciata dalle particelle "visibili", in modo da poter stimare quello che manca.

Un trigger. Trigger significa "grilletto". Più in generale è un meccanismo che attiva una serie di altre azioni. Nel nostro caso è un sistema, un misto di elettronica e software, che ha il compito di decidere se l'urto che è avvenuto un istante prima sia degno di essere acquisito e immagazzinato nell'archivio dei dati raccolti, o possa essere scartato senza rimpianti. Il trigger da quindi lo "start" all'acquisizione dei dati (il grilletto, appunto). Il problema cruciale del trigger nasce dal fatto che il numero di collisioni che si produce a LHC è di 40 milioni al secondo. Siccome ogni collisione implica circa 1 megabyte di dati, se tutti questi dati fossero acquisiti e salvati su memoria permanente, questo implicherebbe 40 terabyte di dati al secondo, cioè un rate che non sarebbe sostenibile. La complicazione che deve risolvere il trigger sta quindi nello scremare in tempo reale i dati, e scegliere di acquisire solo quelli interessanti per un'analisi successiva.  Il punto importante è che, a LHC, la quasi totalità degli urti che si producono sono poco interessanti per le ricerche che ci si prefigge di fare. Tanto per capirci, a fronte di 40 milioni di collisioni al secondo, grosso modo solo una ogni 10 miliardi include un bosone di Higgs al suo interno. Il trigger quindi deve decidere, in tempo reale, se le informazioni appena raccolte rappresentano eventi potenzialmente interessanti, scremando il numero di eventi raccolti in modo intelligente, e riducendolo dai 45 MHz iniziali a circa 1000 Hz, ovvero di un fattore 45000. I 1000 Hz finali di eventi raccolti rappresentano un numero gestibile sia dai computer che dalle memorie esterne (quando LHC cominciò a prendere dati, nel 2010, questo numero era 100 Hz). Questo processo di scrematura veloce va fatto andando a guardare le informazioni raccolte dall'elettronica, e poi operando una veloce analisi quasi online, che non pretende di essere precisa, ma sufficientemente accurata da scartare gli eventi inutili preservando con buona efficienza quelli "giusti", in modo da ritrovarsi con un campione finale sufficientemente piccolo da poter essere trattato dallo storage, ma allo stesso tempo sufficientemente grande da includere tutto ciò che può essere interessante per l'analisi dei dati.


Un database delle calibrazioni. Le condizioni di un apparato così complesso variano nel tempo. I canali di elettronica si rompono, ci sono malfunzionamenti temporanei di vario tipo, le tensioni variano, la miscela dei gas usati è influenzata dalla pressione atmosferica e da altre condizioni esterne, il guadagno dell'elettronica non è esattamente costante. Tutto questo deve essere monitorato e archiviato, in modo da poter poi interpretare correttamente i dati raccolti.

La ricostruzione degli eventi. Questo marasma di impulsi elettrici deve essere trasformato in qualcosa di comprensibile all'essere umano: il percorso delle particelle, il loro impulso, la carica elettrica, etc. Per fare questo esistono codici software che trasformano le informazioni grezze (raw) negli eventi ricostruiti, su cui è possibile far girare gli algoritmi di analisi dati. Nel processo di ricostruzione è essenziale attingere dal database delle calibrazioni per interpretare e eventualmente correggere correttamente i dati grezzi raccolti, e convertirli in quantità fisiche su cui fare affidamento (che siano cioè affette da incertezze il più possibile piccole, e comunque valutabili).

Un programma di analisi dati. I dati vanno analizzati calcolando efficienze, valutando il fondo, scartando ciò che non serve, e producendo istogrammi.

Una simulazione. Un ingrediente fondamentale. Esistono programmi che tramite tecniche di Montecarlo simulano i processi fisici noti, e anche la produzione di particelle ipotizzate, di cui possiamo conoscere il modo in cui verrebbero prodotte. La stessa cosa è stata fatta anche con il bosone di Higgs. Questi programmi simulano il passaggio delle particelle nel rivelatore, usando una descrizione il più possibile precisa di tutta la geometria dell'apparato sperimentale, e producono un output del tutto identico a quello dei dati veri. In questo modo è possibile utilizzare il programma di analisi dei dati sia sui dati veri che su quelli simulati, in modo da effettuare utili confronti, ottimizzare il programma di selezione dei dati su quelli simulati, e valutare eventuali punti critici dell'analisi.

Uno studio degli errori sistematici. La bestia nera di qualunque misura scientifica. L'errore sistematico è quel fattore di cui non hai tenuto conto, che potrebbe inficiare la misura, alterarla, e produrre un risultato sbagliato. Mentre gli errori statistici, cioè quelli dipendenti dalle fluttuazioni del campione di dati usato, sono calcolabili in modo relativamente semplice, quelli sistematici sono tutta un'altra cosa. Possono esserci effetti subdoli, calibrazioni sbagliate, fondi non tenuti in giusta considerazione, effetti nella selezione e nell'interpretazione dei dati, che possono alterare quello che si vuole effettivamente misurare. Lo studio degli errori sistematici occupa un ruolo centrale in misure tipo la scoperta e lo studio delle proprietà del bosone di Higgs, come in tutte le altre analisi sui dati di LHC.

Uno studio "blinded" (in cieco) prima di guardare effettivamente i dati. Feynman, che di fisica se ne intendeva, diceva che "la cosa più facile è cadere vittima dei propri pregiudizi scientifici, e lo scienziato è il primo a farsi fregare". In pratica vuol dire che, se non si prendono opportune precauzioni, è possibile selezionare e interpretare i dati raccolti dando un peso diverso a quelli che supportano la nostra ipotesi, rispetto a quelli che la negano, pur restando in perfetta buona fede. Detto in parole povere, è facile inventarsi, pur senza volerlo, osservazioni di cose che in realtà non esistono, tramite opportune manipolazioni dei dati. Per cautelarsi da questo rischio concreto, la selezione degli eventi e la tecnica di analisi, per una ricerca come quella del bosone di Higgs, va decisa e "congelata" prima di guardare i dati, utilizzando la simulazione e i dati che non contengono il segnale della presenza del bosone di Higgs. Altrimenti c'è il rischio di effettuare selezioni ad hoc che rischierebbero di aumentare in modo artificioso il segnale rispetto al fondo, facendoci credere di osservare quello che invece non c'è. Per questo i dati della scoperta del bosone di Higgs sono stati "svelati" (unblinded) soltanto poco prima dell'annuncio della scoperta, e tutti i possibili effetti sistematici sono stati valutati "in cieco". E' come quando si vuole studiare l'effetto di un farmaco: se non si effettua uno studio in cieco, lo sperimentatore rischierebbe di effettuare azioni e procedure, basate sui suoi personali pregiudizi, che potrebbero seriamente influenzare i risultati della ricerca (ad esempio valutare in modo diverso un miglioramento dello stato di salute del paziente, da un peggioramento)

Un esperimento di controllo. Al Cern due esperimenti indipendenti hanno osservato il bosone di Higgs nei rispettivi dati raccolti (del tutto indipendenti fra loro) e con le stesse proprietà. Un solo esperimento che dovesse osservare qualcosa di nuovo e inconsueto, in generale non è sufficiente per trasformare questa osservazione in una scoperta da far studiare nei libri di scuola. Ci vuole sempre qualcun altro che controlli e replichi la misura. La scienza è piena di grandi scoperte che sono state smentite da esperimenti successivi. Uno fra tutti: la fusione fredda.

Una grande quantità di ricercatori, soprattutto giovani. Per far funzionare esperimenti così complessi ci vogliono migliaia di persone. Chi costruisce l'apparato sperimentale e controlla che funzioni a dovere, chi si occupa della presa dati, del processamento dei dati, e dell'analisi, e parallelamente chi costruisce l'acceleratore, lo mette a punto, ne controlla il funzionamento, e è capace di risolvere gli innumerevoli problemi tecnici quotidiani. Nell'immaginario collettivo lo scienziato è un tipo alla Einstein, anzianotto, strambo, solitario, un po' fuori dal mondo. Uno di quelli che si chiude nello scantinato, mescola qualche provetta, e scopre "la formula". La realtà è molto diversa: i ricercatori che fanno funzionare questi esperimenti sono giovani, e devono essere in grado di lavorare in equipes con altri ricercatori che provengono da tutte le parti del mondo. I giovani sono il motore della ricerca, e senza di essi tutto questo non sarebbe possibile. Ma d'altra parte i giovani sono i motori del mondo, e non solo della ricerca. Sono il motore di tutto ciò che è nuovo, innovativo, e dirompente. Picasso iniziò il periodo rosa e blu a 20 anni, e Michelangelo scolpì la Pietà a 22 anni, mentre Fermi formulò la statistica delle particelle di spin semi-intero, lavoro che lo rese celebre, a 24 anni. Gli altri, gli anziani, quelli di una certa età, sostanzialmente passano il tempo a mandare mail, e poi si prendono il merito. Sto esagerando, ma non troppo.

E infine, quando tutto è pronto, ci vuole un Powerpoint in Comic Sans...





domenica 18 novembre 2018

Ma è sicuro al 100%?

Pretendere dalla scienza risposte senza senso


Mi è capitato di leggere recentemente una dichiarazione di un politico sul tema delle vaccinazioni, che diceva più o meno così (cito a memoria): "Finché non avremo la prova che i vaccini sono sicuri al 100%, la pratica delle vaccinazioni non può essere resa obbligatoria".

Non voglio qui entrare nel merito dell'importanza di vaccinarsi e di vaccinare, argomento ampiamente dibattuto, e sul quale, penso, non ci sia proprio niente da aggiungere. Voglio invece parlare di quel 100%. Quella richiesta di pretendere una certezza al 100%, che mostra impietosamente come la cultura scientifica, ma forse, ancor più, la conoscenza di come funzionano le cose del mondo, sia ancora lontana mille miglia dalla mente dei cittadini. E se quel cittadino è anche un politico, ovvero una persona che deve prendere le decisioni per la comunità, il problema è ancora più grave.

Chiedere se qualcosa è vero al 100% è una frase molto usata in modo colloquiale, ma in campo scientifico è completamente priva di senso. L'evento certo, nella scienza non esiste. Prendere un'aspirina o un antidolorifico può avere effetti collaterali anche gravi per certe persone, e buttandosi da un aereo senza paracadute c'è comunque la remotissima ma non nulla probabilità di cavarsela (fonte). Anche mangiare una ciliegia o un'oliva nasconde il rischio tutt'altro che trascurabile di morire soffocati, e passeggiare tranquillmente in campagna implica sfidare la probabilità, tutt'altro che nulla, di morire per una puntura di calabrone. Tutte queste pratiche sono ben lontane dall'essere sicure al 100%.

Ma il punto è che richiedere che, secondo la scienza, qualcosa sia certo al 100%, è una sciocchezza dal punto di vista concettuale.  Facciamo un esempio. Supponiamo di voler sapere se un dado è truccato. Sembra una domanda sensata, no? E la risposta che ci aspetteremmo è SI, è truccato, oppure NO, non lo è. Il politico di cui sopra, certamente si aspetterebbe una risposta del genere, e anche, ne sono convinto, la maggior parte di noi. Domanda semplice, risposta semplice. Eppure le cose, nella realtà, sono diverse da quello che avviene nel linguaggio, e nel sentore comune.

Prendiamo il nostro dado, e cominciamo a lanciarlo, per vedere se è truccato. Lo lanciamo - diciamo - 30 volte. Supponiamo di ottenere questa distribuzione per le uscite. La distribuzione è in realtà ottenuta con un generatore di numeri casuali, simulando un dado NON truccato, però facciamo finta di non saperlo, e supponiamo che questo sia il nostro risultato dopo i 30 lanci.

Una possibile distribuzione delle uscite delle facce di un dado, dopo 30 lanci


Cosa possiamo dire, di fronte a questo risultato? Possiamo dire se il dado è truccato oppure no? Ad esempio potrebbe essere truccato da far uscire un po' più raramente i numero 3 e 4, e più spesso il 6, ma certamente non possiamo esserne certi. 

Per forza, direte voi! Con 30 lanci le fluttuazioni statistiche sono grandi anche se il dado non è truccato! Ma con molti più lanci, invece..! E invece scopriremo presto che è l'idea di poter escludere che il dado sia truccato ad essere intrinsecamente sbagliata.

Bene, adesso supponiamo di fare non 30, ma 300 lanci. E otteniamo questa distribuzione.
Distribuzione osservata delle uscite delle facce di un dado, dopo 300 lanci

Cosa possiamo dire dopo 300 lanci? Il vuoto dei numeri 3 e 4 si è riempito, ma il picco al numero 6 permane. Possiamo escludere che sia truccato? Io non me la sentirei, onestamente. Certo, non sarà enormemente truccato, non sarà tale da far uscire quasi sempre lo stesso numero (che poi solo un deficiente produrrebbe un dado truccato in quel modo, perché lo sgamerebbero dopo pochi lanci), però potrebbe ancora essere un po' truccato. Ad esempio se in un casinò avessi un dado con il 6 che esce in quel modo, questo aumenterebbe significativamente le uscite di numeri alti.

Quindi, per non tirarla troppo alla lunga, facciamo una prova con 60000 lanci! Eccola.

Distribuzione osservata delle uscite delle facce di un dado, dopo 60000 lanci

Oh, questa sembra decisamente piatta. Ma è realmente piatta? Assolutamente no, anche se le fluttuazioni sono in linea con quello che ci aspetteremmo per un dado non truccato, con 60000 lanci. E quindi possiamo dire che il dado certamente (al 100%, secondo le aspettative del nostro amico politico) non è truccato? Assolutamente no! Potrebbe essere poco truccato, ma comunque quel tanto che basti da far uscire il numero 2 un po' meno degli altri, e i numeri 3 e 4 un po' di più. Non possiamo certamente escluderlo.

E, avrete capito, potremmo andare avanti a lanciare dadi, e la conclusione sarebbe sempre la stessa. Anche in presenza di un dado realmente non truccato, non potremmo MAI escludere con assoluta certezza che il dado non sia truccato. Potremmo soltanto porre dei limiti a quanto al massimo può essere truccato, a seconda del tipo di truccaggio che assumiamo come ipotesi. Con l'aumentare del numero dei lanci, potremo escludere via via livelli di truccaggio sempre più piccoli. In questo caso, con 60000 lanci, potremmo dire che questo dado non può essere platealmente truccato,  ma non potremmo mai realmente escludere che sia truccato in assoluto. E il discorso vale anche per un dado professionale, da casinò. Essendo un oggetto materiale, avrà certamente piccole asimmetrie nella distribuzione della materia che lo compone, tanto da produrre una piccola differenza di probabilità di uscita da faccia a faccia,  rispetto al valore 1/6, atteso per un dado ideale.

E quindi chiedersi se il dado è truccato, SI o NO, non significa nulla. Anzi, è una pretesa proprio sensa senso! Bisogna anche associarci la parolina magica, e cioè "quanto" dovrebbe essere truccato. Allora sì, potremmo eventualmente escludere l'ipotesi alternativa di un dado truccato in un dato modo, catalogandola come estremamente improbabile.

Lo stesso discorso vale per i vaccini cari al nostro politico. Sono sicuri al 100%? Certamente no! MA domandarsi una cosa del genere semplicemente non ha senso. Nulla è certo al 100%!

A questo punto consideriamo invece questa notizia pubblicata dai media: un asteroide che è stato osservato muoversi in modo anomalo per essere un asteroide. E quindi il titolo: "Non escluso che si tratti di una nave spaziale aliena". Che a me la prima cosa che è venuta da dire è: "ma tu lo sai come si muoverebbe un'astronave aliena?". Si sa come si dovrebbe muovere un asteroide, ma l'astronave aliena? Certo, ci sono alcuni ragionamenti che lasciano supporre che gli alieni, se esistessero, guiderebbero alla cazzo (fonte), ma in realtà non sappiamo nemmeno se esistano, figuriamoci come si sposterebbe una loro eventuale astronave.

Qui però il problema è ancora più subdolo che con il dado. Con il dado avevamo l'ipotesi nulla (il dado non è truccato), e l'ipotesi alternativa (il dado è truccato), per la quale potevamo però fare svariate assunzioni a priori, dato che in realtà non sapevamo COME poteva essere truccato né QUANTO poteva essere truccato. Ad esempio potevano supporre che uscissero un po' più spesso (il 10% in più?) i numeri dispari, oppure più frequentemente il numero 6, e meno il 2 e il 4, etc. La nostra ipotesi alternativa a quella nulla, era perfettamente quantificabile in termini di probabilità di uscite, e testabile lanciando i dadi un sufficiente numero di volte.

Qui l'ipotesi nulla è che si tratti di un asteroide. L'ipotesi alternativa è che sia invece un'astronave aliena, della cui esistenza, forma, colore e modo di muoversi conosciamo però rigorosamente zero, a parte il fatto che dovrebbe comunque rispettare le leggi della fisica.

Supponiamo quindi che il moto dell'oggetto ci appaia strano e poco compatibile con quello di un asteroide. Ci autorizza questo a concludere che allora è un'astronave aliena? Di cui non sappiamo né se esistono, né come sono fatte, né tanto meno come si muoverebbero? Perché qui si sta dicendo con nonchalance che siccome non sembra un asteroide, allora non si può escludere che sia una mega astronave di quelle lunghe come La Puglia. Se non è un asteroide, sono gli alieni, no? What else?

Come dire che se la mattina di Natale trovo delle impronte di fuliggine per terra, e sono fortemente convinto di non essere stato io, allora è stato certamente Babbo Natale che mentre dormivo è passato dal camino. Non si scappa, o l'una o l'altra! Ci trovate una leggera fallacia logica sotto?

Questo mi ricorda quando l'esperimento Opera del Gran Sasso se ne uscì con la notizia che, da alcune misure sulla velocità dei neutrini, questi ultimi sembravano viaggiare di pochissimo più veloci della luce. La misura, all'epoca, era altamente incompatibile con quello che ci si aspettava dalle fluttuazioni statistiche e sistematiche per neutrini con la velocità regolamentare. Alcuni dicevano che c'era solo una probabilità su un milione, o qualcosa del genere, che fosse una fluttuazione dell'ipotesi nulla (cioè i neutrini "normali"). 

A parte che il tutto - come si scoprì in breve tempo - era causato da un cattivo collegamento di un cavo, ovvero un fattore che non era stato considerato, in quel calcolo di quanto improbabile era il dato osservato. A parte questo, la cosa interessante è che quasi nessuno, nella comunità dei fisici, credeva che si stesse osservando il superamento della velocità della luce. Tutti ci speravano, perché sarebbe stata una scoperta epocale, ma quasi nessuno ci credeva realmente.  Perché?

Perché l'ipotesi che i neutrini (o altre particelle) potessero realmente andare a velocità superiori a quelle della luce appariva (e appare tuttora) estremamente improbabile, data la mole infinita di dati e di teoria a supporto della relatività, raccolti in questi anni. Ovvero il fatto che le misure sembravano incompatibili con l'ipotesi nulla (i neutrini NON vanno più veloci della luce), in nessun modo rendeva automaticamente valida l'ipotesi alternativa, cioè che i neutrini superassero realmente la velocità della luce. Ricordate la storia delle impronte di fuliggine? Osservarle per casa la mattina di Natale e non saper spiegare la loro origine, perché avevo passato lo Swiffer giusto prima di andare a letto, non rende automaticamente vera l'ipotesi dell'esistenza di Babbo Natale!

Con l'asteroide siamo sullo stesso livello. Okay, vediamo un asteroide che si muove in modo strano. Potrebbe essere un problema di misura, di strumento, di fattori ottici non considerati in modo appropriato, o non so che altro. In tutto questo, l'ipotesi (il "prior", come si chiama in gergo statistico) che si tratti di un'astronave aliena, ha una probabilità comunque piccola, come la storia che i neutrini possano realmente andare più veloci della luce. Maggiore però della probabilità dell'esistenza di Babbo Natale. Questo ve lo concedo!





giovedì 26 luglio 2018

Eclissi di luna: perché la luna si vede rossa?

Domani ci sarà un'eclissi di luna. Succede quando la terra si frappone fra sole e luna, impedendo quindi alla luce proveniente dal sole di illuminare la luna, che altrimenti ci apparirebbe come luna piena, come mostrato nello schemino della figura, che ovviamente non è in scala reale. 




I media l'hanno definita la "luna di sangue", tanto per fare colpo, ma il motivo è che la luna durante l'eclissi appare effettivamente rossa.

Domanda: perché rossa e non semplicemente scura? O magari del tutto nera, visto che la terra è certamente uno scudo impenetrabile per i raggi del sole.

Il merito del colore rosso, che rende sicuramente affascinante un'eclissi di luna, è dell'atmosfera terrestre, e di un fenomeno ottico che si chiama Diffusione Rayleigh, oppure, in inglese, Rayleigh Scattering.

La luce del sole è in realtà una sovrapposizione di onde elettromagnetiche di frequenze diverse, dal rosso al giallo, al verde via via fino al blu e violetto. Quando la luce entra nell'atmosfera terrestre, interagisce con le sue particelle in modo diverso a seconda della sua frequenza, e viene diffusa (deviata) verso direzioni diverse da quella iniziale. In particolare, la luce blu, che ha frequenza maggiore, viene deflessa maggiormente da quella rossa, che ha frequenza minore.

Allora durante un'eclissi succede che quando la luce incontra la terra, essa viene completamente assorbita, e non c'è verso che passi. Ma quando invece passa sui bordi esterni del cerchio terrestre, attraversando l'atmosfera, la luce viene diffusa in modo diverso a seconda delle sue diverse frequenze, ovvero del suo colore, e le frequenze blu vengono deviate molto poi di quelle rosse. 

Il risultato è che ila componente blu verrà deviata a grande angolo, e in direzione della luna arriverà solo la parte rossa della luce, che verrà poi anche un po' rifratta dall'atmosfera stessa in modo da illuminare tutto il disco lunare. Ed ecco che la luna ci appare rossa.

Questo stesso fenomeno è responsabile del fatto che il cielo, di giorno, è blu! La componente azzurra della luce che viene dal sole viene infatti diffusa molto di più di quella rossa, e viene quindi sparpagliata da tutte le parti, facendo apparire il cielo blu. In teoria dovrebbe essere violetto, e non blu, perché il violetto è diffuso ancor più del blu. Però il nostro occhio ha recettori che vedono meglio il blu del violetto, e quindi il violetto perde rispetto al blu. 

Ed è anche lo stesso motivo per cui al tramonto il sole è arancione. Il motivo è che al tramonto la luce del sole, essendo radente, attraversa più atmosfera per arrivare ai nostri occhi di quanto non faccia in pieno giorno. E quindi il maggiore spessore dell'atmosfera diffonde maggiormente la componente blu di quanto non accada in pieno giorno, facendo apparire il sole più rosso. E' una questione di sottrazione, insomma. Tolgo il blu, resta il rosso. Sempre il solito Scattering Rayleigh, sempre la fisica, da tutte le parti!

Ah, dimenticavo! Tutto questo vale per le persone normali. Per i terrapiattisti, invece, sulla luna si vedrà soltanto una riga nera.

mercoledì 25 luglio 2018

Un Sindonologo in gioielleria.

Di recente è uscito un nuovo studio scientifico sulla Sindone di Torino, il lenzuolo che la tradizione vuole essere il drappo funebre che ha avvolto il corpo di Cristo. Lo studio, A BPA Approach to the Shroud of Turin, pubblicato sul Journal of Forensic Sciences da due italiani, Mattero Borrini, della School of Natural Sciences and Psychology, Liverpool, e John Moores University di Liverpool, e Luigi Garlaschelli docente universitario di chimica (oggi in pensione) e membro del Cicap (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze).

Lo studio, riassunto qui, è stato effettuato tramite tecniche forensi che studiano la direzione delle tracce di sangue (le stesse moderne tecniche utilizzate oggi comunemente dalla polizia scientifica). Esso evidenzia che almeno metà delle tracce di sangue presenti sulla Sindone sono false, cioè posticce e malamente aggiunte a mano, perché aventi caratteristiche incompatibili con le macchie ematiche che ci si aspetterebbe dal sangue perso da un uomo crocifisso.

A parte l'articolo in sè, la cosa che mi ha incuriosito è la reazione di tanti, sia fra i Sindonologi che fra i credenti (intesi come credenti che la Sindone sia autentica, categoria ampiamente sovrapposta alla precedente), reazione che si può sintetizzare in: e l'altra metà? Come a dire: "okay, dici che una metà è falsa, però allora l'altra metà è vera!". Che, sul momento, ingenuamente, uno potrebbe dire: "in effetti...".

Ad esempio, leggo tra i commenti in calce a  questo articolo (vedi a proposito anche la nota a piè pagina):

E l'altra metà? Mi sembra la domanda più interessante. perché se metà delle macchie è autentica, non cambia di una virgola il cosiddetto mistero della Sidone (sic). Non è che metà macchie implica che rimanga solo metà mistero. 

E poi c'è il nulla cosmico di questo articolo su L'Avvenire, dove l'autore, Gianni Gennari, tra l'altro scrive: 

"falsa metà delle macchie di sangue" – e l'altra metà? Si sorvola...

A parte che lo studio non dice che l'altra metà sia vera, dato che conclude che "almeno" metà delle macchie è falsa, la cosa che mi ha colpito in queste affermazioni è il modo di ragionare di chi scrive "e l'altra metà?", lasciando sottintendere che comunque il mistero della Sindone resta inalterato. Un modo di ragionare che sembra apparentemente sensato, ma che invece va contro tutto quello che è il nostro normale, quotidiano modo di accostarci ai problemi. 

Infatti a questo punto io mi immagino Gianni Gennari che ha un suo gioielliere di fiducia. Non so se compri gioielli, ma supponiamo che ogni tanto lo faccia, magari per fare un regalo. E quindi va apposta in una gioielleria, anzi proprio da quel gioielliere lì, perché di lui si fida, dato che, giustamente, il gioiello lo vuole autentico, e con tutti i ciarlatani che ci sono in giro, vuole un gioielliere che mostri tutte le certificazioni giuste e in regola. E infatti ogni gioiello in vendita da quel gioielliere ha la sua bella certificazione di autenticità.

Poi un giorno succede una cosa inaspettata: due studiosi di gemme scoprono che almeno metà dei gioielli messi in vendita da quel gioielliere sono falsi! Nonostante le certificazioni che ne comprovavano l'autenticità, sono fondi di bottiglia! E quindi le certificazioni stesse, fornite dal gioiellere, erano false!

Ora, io immagino che Gennari, (e chi, come lui, dice: "e l'altra metà?") proprio basandomi su quello che egli stesso scrive, da questo gioielliere continuerà ad acquistare tranquillamente, perché comunque l'altra metà dei gioielli non era implicata nello studio.

Suppongo che la scoperta che almeno metà dei gioielli spacciati per veri erano in realtà falsi non intacchi minimamente la sua cieca fiducia su quel gioielliere! Suppongo che non abbia nessun problema ad acquistare un anello con diamante da 5000 euro, perché solo metà dei gioielli era falsa, e se il diamante è nell'altra metà... Il meraviglioso mondo dei Sindonologi in gioielleria!

E poi mi immaginio il Sindonologo che compra tranquillo su ebay anche se legge su metà dei commenti dei clienti che il venditore si tiene i soldi e non consegna la merce. Per non parlare poi quando agli autogrill quelli del gioco delle tre carte vedono arrivare un Sindonologo! Basta far vedere che metà delle volte non ti fregano e è fatta!




Nota: Baima Bollone, nell'articolo, afferma di uno degli autori dello studio: "Garlaschelli è conosciuto da tempo come una persona contraria all’autenticità della Sindone". Invece lui, che afferma in questa intervista che è assolutamente possibile che i neutroni emessi durante la resurrezione abbiano alterato il contenuto di C14 sul telo, si considera neutrale! Perché si sa che la resurrezione emette neutroni, no?


PS: l'alternativa è il Sindonologo dall'assicuratore, come nella vignetta: "Ha mai avuto incidenti? Mai, a parte tre dei nostri cinque figli!"

venerdì 20 luglio 2018

Psicologia degli scienziati fai-da-te.

Sono sempre esistiti, non c'è niente di nuovo. Sono quelli che hanno la passione per la scienza, tipicamente per la fisica di frontiera, pur non avendo fatto studi specifici e pur facendo tutt'altro nella vita, e che tuttavia si autoconvincono che la loro passione sia sufficiente per riuscire a dare contributi fondamentali al progresso scientifico. E quindi, forti di questa convinzione, si inventano teorie più o meno strampalate, e le propongono al mondo. Una volta avevano vita dura ad emergere e sbandierare le loro "scoperte", ma oggi, col web, i social network, e le mailing list dei ricercatori carpite dalla rete, è tutta un'altra storia.

Da questo tipo di pseudoscienziati escludo quelli in malafede, che sono probabilmente la maggior parte. Questi sono ben consapevoli della loro incompetenza, e cercano semplicemente di guadagnarci soldi, e quindi venderti qualcosa, qualche tipo di cura miracolosa, un corso di guarigione quantica, o una sbrodolata di ovvietà spacciate per consigli a cui nessuno aveva mai pensato prima. Oppure ti chiedono soldi per continuare i loro inesistenti studi, tipo per comprare un microscopio elettronico che costa mezzo miliardo di euro, e che comunque non saprebbero nemmeno usare, perché il microscopio elettronico non lo vendono con le istruzioni come i comodini dell'Ikea, e se non sei un esperto del campo, al massimo lo usi come appendiabiti. Di questi non voglio parlare.

Gli scienziati fai-da-te che intendo io, si dividono in due tipologie.

Gli incazzati. Sono quelli che sono convinti di aver fatto la scoperta epocale che butta nel cesso tutti i libri di fisica finora scritti, ma si sentono osteggiati o ignorati dalla scienza ufficiale. Si sentono vittime della potentissima lobby dei fisici teorici, che vuole a ogni costo tacitare le loro rivoluzionarie scoperte, e si considerano quindi la voce libertaria che l'establishment scientifico vorrebbe sopprimere.

Esempi di questo tipo ce ne sono a tonnellate. Tipo un paio di scocomerati che, con frequenza più o meno mensile, mandano e-mail chilometrici a una lista infinita di fisici, che va dal direttore del Cern giù giù fino a includere anche me, in cui, oltre a elencare le loro scoperte, schiumano rabbia e minacciano di interpellare il Tribunale dell'Aja, l'Onu e Amnesty International, denunciando la scienza in toto, colpevole di ignorare deliberatamente le loro scoperte, con lo scopo di voler insabbiare quello che, secondo loro, darebbe una svolta all'umanità.

Tanto per dare l'idea di cosa stiamo parlando, uno di questi sostiene che il Bosone di Higgs scoperto al Cern non sarebbe altro che un atomo di Xenon,  che casualmente ha una massa simile all'Higgs, e che sarebbe quindi stato scoperto dagli esperimenti mentre stava tranquillamente vagando dentro Lhc per i cavoli suoi. Il tipo si è fatto tutti i calcoli sulla densità dello Xenon in atmosfera, e insomma, secondo lui è chiaro che l'Higgs è in realtà un atomo di Xenon. Visto che i fisici a cui si è rivolto non hanno ritrattato la scoperta, ma presumibilmente lo hanno perfino ignorato, il tipo in questione ha scritto al comitato del Nobel chiedendo che vengano tolti un tot di premi Nobel assegnati su questo argomento e su altri correlati, perché, secondo lui, frutto di ricerche fraudolente.

Questa categoria è la manifestazione patologica di una categoria ben più vasta, che include tutti quelli che, senza alcuna competenza, sviluppano teorie sull'universo, sulle particelle elementari e sui temi fondamentali della fisica, e li propongono in rete, sui social, sui loro siti web. All'interno di questa grande cerchia, c'è la seconda categoria:

I falsi timidi. I falsi timidi si propongono all'inizio dicendo: "io avrei pensato che... ma non potrebbe forse essere che... io non ho competenze ma supponiamo che...".  Timidamente, insomma. Ma poi, quando gli spieghi che non può proprio essere come dicono loro, a quel punto si trasformano, da Dottor Jekyll a Mister Hyde. A quel punto non se ne fanno una ragione che, secondo gli esperti, la loro Teoria del Tutto, che mette in relazione le onde gravitazionali con il big bang e l'impazzimento della maionese, non sia valida.

Per inciso, queste teorie fai-da-te sono sempre molto ambiziose. Non è che si limitano a cercare di spiegare qualcosa di molto specifico e limitato, tipo perché quando hai fretta ti ritrovi sempre uno davanti a te che si avvicina lentissimo al semaforo facendo scattare il rosso, ma poi lui passa lo stesso. No, in genere puntano al top, tipo unificare le interazioni fondamentali, o spiegare l'origine della materia oscura, il problema dell'antimateria, quello che c'era prima del big bang, e amenità simili.

E a quel punto è inutile che gli dici che la sua teoria fa acqua da tutte le parti, perché loro ti rispondono: "ma che ne sai che non può essere così?" Del tipo: "se non si sa cosa sia la materia oscura, perché non può essere fatta di antimateria? O di guanciale per l'amatriciana? Chi può dire che non è così?" Su Facebook ci sono alcuni gruppi di interesse scientifico dove ogni tanto questi tipi fanno incursione generando flames mostruosi, nei quali in breve tempo si arriva a fare affermazioni inequivocabili sulla moralità delle rispettive madri, e che inevitabilmente costringono i moderatori a bloccare i commenti.


E poi il chiodo fisso dello scienziato fai-da-te è Einstein. Lo scopo della vita di tutti quelli che appartengono a questa categoria sembra essere quello di dimostrare che la teoria della relatività è sbagliata. E quindi passano il tempo a scervellarsi proponendoti orde di gemelli che partono e vanno in tutte le direzioni, e si mandano segnali di luce, sincronizzano orologi, precipitano dentro buchi neri, tutto con lo scopo di dimostrare che la relatività è sbagliata e loro, post-tetelgrafonici in pensione, finalmente lo hanno scoperto.

Perché hanno letto "teoria della relatività", e pensano che la teoria della relatività sia solo una teoria. Una cosa che potrebbe essere vera ma forse anche no - chi può dirlo! - dato che è una teoria. Non sanno, invece, che la teoria della relatività, in particolare la teoria della relatività ristretta, che è quella contro cui più di tutto si accaniscono (forse perché la teoria della relatività generale è molto più difficile?), si chiama teoria perché i fisici hanno un vocabolario che è al massimo di un centinaio di parole. In realtà è una "teoria" che, negli ultimi 100 e passa anni, è stata rivoltata come un calzino da una miriade di esperimenti che mai hanno mostrato disaccordo con le previsioni.

Ma soprattutto non sanno che la teoria della relatività ristretta è parte integrante di una quantità di fenomeni che essi osservano quotidianamente, e con i quali convivono ignari, tipo tutti i fenomeni elettrici. Non sanno che se la relatività fosse sbagliata, quei fenomeni che vedono tutti i giorni non potrebbero avvenire. La teoria della relatività ristretta, ad esempio, è un tutt'uno con l'elettromagnetismo, e se la dinamo della loro macchina funziona e gli ricarica la batteria, è perché è vera la teoria della relatività.

martedì 19 giugno 2018

Basta che vibri 2: la vendetta

 
Alcuni giorni fa Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo sulla Xylella, il parassita che sta distruggendo gli ulivi del Salento. Il titolo è inequivocabile: "la bufala della Xylella - non è il batterio a uccidere gli ulivi". L'articolo, credo leggibile solo in versione cartacea, lo vedete in figura qua sotto. Non volevo parlarne, perché altri lo hanno fatto molto meglio di me, ma non ce l'ho fatta, perché di fronte a certe cose non si può tacere. In passato avevo scritto un articolo che si intitolava "Basta che vibri". Questo ne è la degna continuazione.

L'articolo del Fatto Quotidiano riporta il parere del Prof. Pietro Perrino, ex direttore dell'Istituto di genetica vegetale del Cnr di Bari, il quale sostiene che la causa della morte degli ulivi non è il famoso batterio, come in passato sostenuto da numerosi altri esperti agronomi, ma l'inquinamento e le criticità ambientali, che nel Salento sarebbero più forti che altrove. Il tutto, se non riuscite a leggere l'articolo dalla foto che ho allegato, è riassunto bene qui.


Ma poi, alla fine dell'articolo, il professor Perrino ci regala una perla di sapienza. Eccola qui:

La fisica quantistica insegna che l'inquinamento causa malattie, perché interferisce negativamente con le frequenze vibrazionali, come l'olivo e l'intero ecosistema. La suscettibilità delle malattie è conseguenza di frequenze vibrazionali distruttive, prodotte dall'inquinamento. Esistono già dei prodotti, come Bio Aksxter e Gold Manna, che hanno l'effetto di disinquinare e influenzare positivamente le frequenze delle piante trattate e dell'ecosistema.
Ora, io non so nulla di agronomia, né di Xylella. Non so come la si combatta, a malapena so annaffiare un geranio, e quindi su questo proprio non potrei esprimermi. Ma sono un fisico. Di mestiere faccio il fisico, e so che cosa dice e di cosa si occupa la meccanica quantistica. Il mio lavoro quotidiano è fare esperimenti su fenomeni quantistici. E quindi, su questa ultima frase del Prof. Perrino, posso affermare con assoluta certezza che si tratta di una colossale puttanata. Una di quelle cose che non stanno né in cielo né in terra. Un'accozzaglia di frasi prive di senso, di affermazioni non definite, per le quali la meccanica quantistica non c'entra nulla.

Ad esempio "la fisica quantistica insegna che l'inquinamento causa malattie", è un po' come dire che i legami covalenti delle molecole dell'acqua sono responsabili del fatto che se ci leghiamo una pietra al collo e ci tuffiamo in mare, anneghiamo. Certo, la meccanica quantistica è lo strumento per descrivere il mondo microscopico, e siccome tutto è fatto di atomi, potremmo pensare che allora tutto è spiegato dalla meccanica quantistica. Ma è come dire che se ci facciamo male quando diamo una capocciata contro la trave della mansarda, o se ci cade un ferro da stiro sul piede, è colpa della meccanica quantistica.

E poi quel "interferisce negativamente con le frequenze vibrazionali". Cosa (stavo per scrivere "che cazzo") vuol dire "interferisce negativamente con le frequenze vibrazionali"? Spiegamelo, se sei capace. Sono qui che aspetto! E' la caratteristica di tutte le pseudoscienze, questa: usare termini non definiti per poter affermare qualunque cosa senza tema di essere smentiti. Come si fa a smentire un'affermazione che non significa nulla? 

Che poi 'ste frequenze vibrazionali piacciono veramente tanto ai quantum-fuffari. Non sanno cosa siano, nessuno infatti ha mai definito cosa sia una frequenza vibrazionale (esisterà anche una frequenza statica?), ma a loro piace un casino cacciarle dappertutto. Basta che qualcosa vibri, e 'sta gente non capisce più niente. Che si trovassero un lavoro nel campo dei martelli pneumatici, che lì di vibrazioni ne farebbero un'abbuffata! Ma forse, chissà, quelle non interferiscono positivamente.

E poi la perla finale: i prodotti consigliati per disinquinare, sempre in base ai precetti della meccanica quantistica! Alla fine, gira e rigira, dietro tutte queste supercazzole, c'è sempre la solita cosa: money! Per ogni scemenza proposta come panacea di tutti i mali, ci sarà sempre qualcuno che la metterà in vendita.

Comunque, dicevo, io non sono un agronomo, e quindi non saprei contestare il Prof. Perrino quando parla di agronomia. Ma se lo stesso Prof. Perrino mi scrive questo trafiletto finale in cui vaneggia di frequenze vibrazionali positive e negative, io automaticamente so con certezza che del Prof. Perrino non posso fidarmi nemmeno quando parla di agronomia. 

E' come se andassi dal medico, e a un certo punto questo mi dicesse che le onde gravitazionali causano l'ulcera, o che i terremoti fanno venire l'alluce valgo. Mi rivesto e me ne vado, perché di un medico così non so che farmene.

Comunque bisogna dire che i quantum-cazzari si stanno evolvendo, e per certi versi stanno migliorando. Di questo bisogna dargliene atto. 

Infatti, fino a un po' di tempo fa, le frequenze vibrazionali erano sempre tutte positive. L'universo per loro era tutto un volemose bene di vibrazioni positive, tutti collegati in armonia da queste onde di bontà. Tanto è vero che, per giustificare l'inesistente efficacia dell'omeopatia, una volta appurato che dentro i prodotti omeopatici non c'è nulla se non acqua, tiravano in ballo la memoria dell'acqua stessa, che in base a non ben definite frequenze positive si ricordava del prodotto curativo che aveva diluito. Le frequenze che trasportano il bene, appunto.

E, colpevolmente quanto inspiegabilmente, si dimenticavano di spiegarci come mai le molecole d'acqua si ricorderebbero perfettamente delle meravigliose proprietà curative dell'estratto di Antimonium Crudum o dell'Anacardium Orientale, con le quali erano entrate per qualche minuto in contatto, e non dei miliardi di colibatteri fecali con i quali vanno abitualmente a braccetto negli scarichi di mezzo mondo, oppure dei pesticidi e degli inquinanti che riempono la nostra aria, e quindi il vapore acqueo.

E invece ecco un'improvvisa inversione di tendenza: in questo articolo il Prof. Perrino ci mostra che un cambiamento è in atto anche fra i quantum-pallonari. Perrino parla finalmente, forse per la prima volta, di frequenze vibrazionali negative! Esistono anche quelle, quindi, e non solo quelle pace-e-bene che ci avevano raccontato fino a ieri. E, visti tutti i capolavori di bontà di cui siamo capaci noi umani, mi sa che queste frequenze negative devono essere un bel po'! Fuffari, coraggio: c'è tutto un nuovo mercato da sfruttare davanti a voi, quello delle frequenze negative. Intanto preparatevi però anche per le frequenze neutre, perché in questo mondo in continua evoluzione bisogna sempre essere un passo avanti!

giovedì 7 giugno 2018

Lanciarsi contro un muro e scoprire che quel muro è trasparente

Nessuno sano di mente si lancerebbe di corsa, a testa bassa, contro un muro di cemento, anche se su Youtube di sicuro si trova qualcuno che lo ha fatto, e poi, orgoglioso, lo ha condiviso.

E se lanciassimo una boccia da biliardo contro un'altra boccia, avendo cura di prendere la mira con precisione, non c'è dubbio che le due bocce urterebbero fra loro. La famosa "impenetrabilità dei corpi" ci garantisce che, con la mira giusta, le due bocce sbatterebbero una contro l'altra. L'idea che le due bocce si attraversino l'una con l'altra come se fossero trasparenti, non è nemmeno pensabile.




Invece nel mondo submicroscopico succede normalmente. E' normale che le particelle, anche prendendo accuratamente la mira, si ignorino e si attraversino reciprocamente. Per capire come questa cosa sia possibile, chiediamoci: perché due bocce da biliardo, se prendiamo la mira giusta, "sbattono"? Cosa vuol dire che "sbattono"?

Il responsabile è la forza elettromagnetica che agisce fra gli atomi delle due bocce. Gli elettroni degli atomi che compongono la parte esterna delle due bocce, durante l'urto si avvicinano, e avendo tutti la carica elettrica dello stesso segno, si respingono. E quindi noi vediamo le due bocce "urtarsi", e cambiare direzione. La cosiddetta "impenetrabilità dei corpi" non è altro che la manifestazione della forza elettrica fra gli elettroni degli atomi che li compongono, che non tollera che gli atomi si "compenetrino" più di tanto, per lo meno se gli urti avvengono alle energie conferite alle bocce da due giocatori di biliardo.

Ma cosa succede se invece di due bocce da biliardo, composte da un numero altissimo di particelle, prendiamo due singole particelle? Ad esempio due elettroni? Cosa fanno due elettroni, oppure due protoni, se ne lanciamo uno contro l'altro, avendo cura di prendere bene la mira?

Questo è ciò che si fa negli acceleratori di particelle, in cui si fanno urtare singole particelle contro altre singole particelle. E quello che si osserva è che le particelle si possono attraversare fra loro anche se "prendiamo bene la mira".

La frase "prendere bene la mira" è scritta in virgolettato perché per due oggetti quantistici come due elettroni non possiamo sapere se stiamo prendendo bene la mira, perché un elettrone non ha mai una posizione ben definita. Quindi non ha realmente senso dire che stiamo prendendo bene la mira. Quello che possiamo fare (e che viene fatto negli acceleratori) è prendere due "mucchietti", o "pacchetti" contenenti un numero molto grande di elettroni (tipo un centinaio di miliardi), e renderli filiformi, molto stretti nelle dimensioni trasversali, tipo qualche decina di micron, e lunghi qualche centimetro nella direzione lungo cui si muovono. E poi accelerare questi pacchetti di elettroni gli uni contro gli altri, e farli scontrare. In questo modo si massimizza la probabilità che due elettroni, uno di un pacchetto e uno di un altro, si trovino esattamente in rotta di collisione.  Poi capiremo meglio cosa significa questo. Lo dico per i talebani della fisica, che già si stanno stracciando le vesti, indignati per l'imprecisione del linguaggio!

Ma tutto questo non basta. Pur "prendendo la mira" con la massima accuratezza, l'interazione fra due particelle, ovvero la possibilità che passando vicinissime l'una all'altra "facciano qualcosa", dipende dal tipo di interazione con cui possono "fare qualcosa". E non solo, ma la probabilità che succeda qualcosa cambia a seconda dell'energia a cui facciamo scontrare le particelle. Niente a che vedere con le due bocce di biliardo, che se le lanciamo piano o forte, queste si scontrano comunque, e è impossibile che si auto attraversino senza accorgersi l'una dell'altra.

Nel mondo submicroscopico, invece, esistono processi, come l'interazione nucleare (detta interazione forte), in cui  il fatto che succeda qualcosa è molto probabile. Si chiama "forte" apposta. Se ad esempio lanciamo protoni contro protoni in un acceleratore, la probabilità di interazione è molto elevata. E più aumentiamo l'energia dei due protoni, più questa probabilità aumenta.  All'acceleratore Lhc del Cern, che fa scontrare protoni contro protoni all'energia nel centro di massa di 13 TeV, ogni volta che un mucchietto di protoni attraversa un altro mucchietto di protoni, avviene una collisione. Anzi, tipicamente qualche decina di protoni di uno dei due mucchietti decide che è il caso di interagire con un equivalente numero di protoni dell'altro mucchietto, ad ogni incrocio dei fasci di particelle.

In realtà quello che succede è che le sottostrutture dei due protoni, cioè i quark e i gluoni che stanno al loro interno, interagiscono tra loro tramite la forza forte. Il risultato è che, ogni volta che i due mucchietti di protoni si incrociano, viene prodotta un'iradiddio di particelle, visibili come tracce come nel caso della figura qua sotto, dove si vede che in qualche centimetro di lunghezza (le dimensioni della figura) spuntano fuori tracce che hanno origine da una ventina di coppie diverse di protoni che hanno interagito reciprocamente. Ogni colore è un urto diverso fra coppie di protoni.



Con gli elettroni invece, che non sentono la forza nucleare, le interazioni avvengono essenzialmente tramite la forza elettrica, che è molto meno pimpante della forza nucleare. Il risultato è che, pur avendo cura di collimare per bene i fasci di elettroni in un acceleratore, quando questi si incontrano la probabilità che gli elettroni si "scontrino" è molto ma molto inferiore rispetto a quello che avviene fra i loro cugini protoni. E con gli elettroni, contrariamente ai protoni, non serve nemmeno aumentare l'energia di collisione. Anzi, con gli elettroni in generale più alta è l'energia di collisione, minore è la probabilità  che avvenga qualcosa. All'acceleratore Lep del Cern, che faceva scontrare elettroni contro positroni (le antiparticelle degli elettroni), tipicamente avveniva in media una interazione ogni secondo, nonostante i mucchietti di elettroni e positroni si incrociassero ogni 20 microsecondi circa. Nella maggior parte degli incroci non succedeva niente: elettroni e positroni si ignoravano tranquillamente e passavano oltre.

E poi ci sono particelle chiamate neutrini. I neutrini non hanno la capacità di sentire la forza nucleare, e non avendo carica elettrica non sentono nemmeno la forza elettromagnetica. L'unica loro possibilità di interagire col resto del mondo, a parte la forza di gravità, che è enormemente meno intensa delle altre interazioni fondamentali e in questo caso può essere tranquillamente ignorata, è la cosiddetta "interazione debole", che già dal nome si capisce che è loffia.

Il risultato è che i neutrini, quando incontrano un blocco di materiale fatto di atomi, cioè protoni, neutroni e elettroni, non sanno che cavolo fare, perché non hanno la capacità di sentire le cariche elettriche e nucleari di tutto il ben di dio che si para loro davanti. E quindi non possono far altro che tirare dritti, passando attraverso come se il blocco di materiale fosse perfettamente trasparente. Questo è il motivo per cui in questo momento noi siamo attraversati continuamente da neutrini che provengono dal sole, dal cosmo e dalla radioattività naturale, ma nonostante questo non succede assolutamente nulla. Ogni centimetro quadrato del nostro corpo, ogni secondo è attraversato da 60 miliardi di neutrini provenienti dal sole. Poi ci sono quelli che provengono dal cosmo o dalla radioattività ambientale. Una smitragliata continua che ci lascia però completamente indifferenti. La materia è completamente trasparente per i neutrini.

Non completamente in realtà. I neutrini, avendo una carica debole, interagiscono solo tramite questa. E l'interazione debole è debole, ma non è zero. E quindi ogni tanto anche il neutrino vede la carica debole che sta dentro un elettrone, un protone o un neutrone (dentro i quark che li compongono, per la precisione), e decide di combinare qualcosa. Ma essendo l'interazione debole, questo qualcosa avviene molto ma molto raramente.

Tanto per dare l'idea, mediamente su 60 miliardi di neutrini che ogni secondo attraversano ogni singolo centimetro quadrato del nostro corpo, solo uno ogni 100 anni interagisce realmente, ovvero "sbatte" contro qualcosa al nostro interno. Per tutti gli altri siamo perfettamente trasparenti. 

Il risultato è quindi che una spessa lastra di ferro rappresenta un ostacolo per protoni e elettroni, ma non per i neutrini, per i quali la terra stessa rappresenta un ostacolo che è ben poca cosa. Per vedere i neutrini interagire con la materia, i neutrini devono essere tanti, e il bersaglio deve essere grande. Con tanti neutrini e un bersglio bello grosso, si può massimizzare, per quanto possibile, la probabilità che qualcuno faccia qualcosa di diverso dal passare attraverso. E alla fine i numeri saranno in ogni caso piccoli.
 
Diversa è la situazione se i neutrini hanno energie molto elevate. In quel caso la loro capacità di interagire con la materia aumenta proporzionalmente alla loro energia. Però neutrini di questo tipo sono rari in natura, e vengono prodotti soltanto in eventi astrofisici molto speciali.

Questa diversa propensione ad interagire con la materia viene quantificata con una grandezza nota come "sezione d'urto". La sezione d'urto è un'area (si misura in sottomultipli del cm^2) e rappresenta sostanzialmente la superficie dell'ostacolo che la particella proiettile vede di fronte a sè, quando viene sparata su un'altra particella. Per una boccia di biliardo, costituita da un grandissimo numero di atomi, la sezione d'urto è la superficie trasversale dell'altra boccia, che è grosso modo di una ventina di cm^2.

Per le particelle elementari, invece, è molto diverso. Tanto per fissare dei numeri, un protone alle energie di Lhc vede il protone che gli viene incontro come se questo avesse una superficie di un centinaio di miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di centimetro quadrato, che corrisponde alle dimensioni di un nucleo atomico di medio numero atomico. Più aumentiamo l'energia del protone incidente, più questo vede grande il protone bersaglio, ovvero aumenta la sezione d'urto di interazione. Il motivo non è che il protone bersaglio diventi realmente più grande, ma che il protone proiettile, al crescere della sua energia, vede con sempre maggiore dettaglio le sottostrutture del protone bersaglio, che gli appare quindi via via più complesso, offrendogli maggiori possibilità e modi di interagire.

Al contrario, un elettrone alle energia del Lep (al picco della Z, per i più esperti) ha una sezione d'urto che è circa 2 milioni di volte più piccola. E' chiaro che per un proiettile elettrone, di fronte a un bersaglio così piccolo, dove l'essere piccolo non è legato alle reali dimensioni, ma è dovuto alla difficoltà con cui esso ci interagisce, mancarlo è molto probabile, e anche collimando bene i fasci di particelle è molto probabile che nello scontro la maggior parte delle volte non succeda nulla.

Contrariamente a ciò che succede per i protoni, aumentando l'energia degli elettroni la sezione d'urto decresce (salvo alcune situazioni particolari). Ovvero l'elettrone bersaglio appare all'elettrone proiettile sempre più piccolo, tanto maggiore è l'energia di quest'ultimo. Questo avviene perché l'elettrone non sembra avere sottostrutture interne. E quindi, aumentando l'energia dell'elettrone proiettile, ovvero aumentando il suo potere risolutivo nel vedere il bersaglio, questo gli appare semplicemente sempre più piccolo. Non sappiamo quindi quali siano le reali dimensioni dell'elettrone (contrariamente al protone), ma possiamo semplicemente dire che è più piccolo di un tot, dove quel tot è il massimo potere risolutivo ottenibile per il proiettile con cui lo andiamo a studiare.

Nel caso dei neutrini, invece, al neutrino che impatta su un blocco di ferro, il materiale appare costituito da bersagli (i nuclei atomici) che hanno superfici non del nucleo atomico, come succede per i protoni, ma circa 20 ordini di grandezza più piccole, ovvero un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di cm quadrato (spero di averli messi tutti!). 10 alla meno 45 cm quadrati. Ovvero una sezione d'urto piccolissima. E con bersagli così piccoli, prima di beccarne uno, ce ne vuole! Ecco perché una trave di ferro è completamente trasparente per i neutrini, ma molto meno per gli atomi della nostra fronte, quando ci diamo una capocciata: è una questione di sezione d'urto delle interazioni deboli nel primo caso, e delle interazioni elettromagnetiche nel secondo.

Ma la natura ha escogitato anche un altro modo per farci passare attraverso i muri. Si chiama "effetto tunnel". L'effetto tunnel è un fenomeno quantistico, legato al comportamento ondulatorio della materia a livello microscopico. In sostanza l'effetto tunnel permette a una particella di attraversare una barriera energetica anche se la particella non possiede l'energia sufficiente per attraversarla. E' come dire di poter saltare un muro alto tre metri, anche se al massimo si è capace di saltare un metro. Questo fenomeno diventa possibile soltanto a livello microscopico. Quindi mettetevi il cuore in pace: se avete organizzato un picnic e vi siete dimenticati l'apriscatole, e decidete di aspettare che il tonno esca fuori dal barattolo per effetto tunnel, è consigliabile cercarsi piuttosto una pizzeria nella zona, perché l'attesa potrebbe farsi decisamente lunga.  Però, se siamo qui a cazzeggiare, è perché l'effetto tunnel avviene invece continuamente all'interno del sole, fra i nuclei atomici che lo compongono.

E' infatti grazie all'effetto tunnel che i nuclei atomici al centro del sole riescono ad avvicinarsi e compenetrarsi così tanto da dare luogo ai processi di fusione nucleare, e produrre quindi l'energia che permette al sole stesso e anche a noi umani di esistere. Infatti, all'interno del sole, sebbene la temperatura sia di svariati milioni di gradi, essa da sola non sarebbe sufficiente a far avvicinare abbastanza i nuclei atomici tanto da vincere la loro repulsione reciproca, dovuta al fatto che essi hanno cariche elettriche uguali. Però, quando si avvicinano, entra in gioco anche l'effetto tunnel, che rende possibile ai nuclei di scavalcare la barriera energetica dovuta alla loro repulsione elettrica, e quindi permette loro di avvicinarsi in modo sufficientemente frequente, tanto da garantire l'esistenza di questo blog, e del suo autore. E dei suoi lettori.