mercoledì 27 gennaio 2021

Il buco nero nel centro della Via Lattea con la matematica del liceo.

Premi Nobel per la Fisica del 2020, assegnati a Roger Penrose, Reinhard Genzel e Andrea Ghez (una donna, finalmente!) hanno come tema comune i buchi neri. In particolare, gli ultimi due nomi hanno effettuato lo studio di Sagittarius A, un oggetto astrofisico situato al centro della nostra Via Lattea, a 27000 anni luce dalla terra, già noto per essere una intensa sorgente radio. Il lavoro indipendente dei gruppi di ricerca coordinati da Genzel e Ghez ha portato alla scoperta che Sagittarius A è in realtà un buco nero supermassiccio. Molte galassie hanno la caratteristica di avere un buco nero di grande massa al loro centro (fonte), pari a milioni o addirittura miliardi di masse solari. 

La zona di stelle al centro della nostra Via Lattea. Sagittarius A si trova nel riquadro.

Il raggio di un buco nero (quello che tecnicamente si chiama "Raggio di Schwarzschild") caratterizza la superficie della sfera di non ritorno in un ipotetico viaggio verso un buco nero, la superficie sulla quale la velocità di fuga per uscire dal buco nero assume il valore della velocità della luce. Nulla, neanche un raggio di luce, se emesso all'interno di questa superficie, potrebbe fuoriuscirne, e essere visibile al mondo esterno. Non è una superficie fisica, non è la superficie del buco nero, non è la superficie che delimita la materia del buco nero dal mondo esterno. E' una superficie ideale, matematica. Il valore del raggio di questa ipotetica sfera cresce proporzionalmente alla massa del buco nero, e vale:

dove M è la massa del buco nero, G è la costante di gravitazione, e c è la velocità della luce. 

Se potessimo idealmente comprimere la terra tanto da formarne un buco nero, il suo raggio di Schwarzschild sarebbe grosso modo pari a un centimetro. Per il sole esso varrebbe invece circa 3 Km. Al centro della galassia M87, nella costellazione della Vergine, a una cinquantina di milioni di anni luce da noi, c'è un buco nero (recentemente "fotografato") la cui massa stimata è di 6.6 miliardi di masse solari, che corrispondono a un raggio di Schwarzschild di una ventina di miliardi di chilometri, circa 3 volte la distanza di Plutone dal Sole. 

Sagittarius A, il buco nero supermassiccio nostrano (che però non è il buco nero più vicino alla terra!), è un po' più magro, dato che ha una massa stimata di circa 4 milioni di masse solari, che corrispondono a un Raggio di Schwarzschild di circa 12 milioni di chilometri. Circa  17 volte le dimensioni del nostro sole, e corrispondenti a 40 secondi luce. La distanza terra-sole, per confronto, è pari a circa 500 secondi luce, grossomodo 8 minuti.

Il lavoro che ha portato Reinhard Genzel e Andrea Ghez a vincere il premio Nobel riguarda la misura dei parametri di Sagittarius A, e ha del meraviglioso. Infatti, a parte gli inevitabili aspetti tecnici, ci sono alcune caratteristiche delle misure effettuate che sono fruibili e godibili da chiunque, senza essere necessariamente esperti della materia, e che generano pura meraviglia. Questi due gruppi di ricerca hanno infatti ricavato le caratteristiche del buco nero di Sagittarius A osservando il moto delle stelle attorno al centro della nostra galassia, una zona di alta densità stellare, e mappando quindi nel tempo la posizione delle singole stelle. E quello che hanno osservato è qualcosa di inaspettato e meraviglioso per chiunque.

Infatti, normalmente, per tutti noi le stelle sono "stelle fisse". Sono sempre lì, non a caso le chiamavano così fin dall'antichità. Sono talmente distanti che la loro posizione reciproca non cambia ai nostri occhi se non usiamo strumenti sofisticati e protraiamo le osservazioni per tempi relativamente lunghi. Insomma: osservare le piccole mutazioni delle posizioni relative delle stelle, se non si è addetti ai lavori e motivati dalla propria ricerca, non è certamente qualcosa di entusiasmante. Invece l'osservazione delle stelle vicine al centro della galassia ha mostrato un vero putiferio (fonte). Una pogata generale di stelle, come succede tra il pubblico sotto il palco di un concerto metal. In questo intreccio di orbite si nota che tutte hanno un punto in comune, un fuoco dell'ellisse. In quel punto c'è la causa di tutti i loro convulsi movimenti. Il filmato spettacolare di quello che succede al centro della nostra Via Lattea è questo

Ci sono decine di stelle che orbitano attorno a un punto, con orbite più o meno ellittiche, che seguono sostanzialmente le leggi di Keplero. Certo, un buco nero è un oggetto che per definizione è legato alla Teoria della Relatività Generale, ma nonostante questo il moto di quelle stelle è comunque ben descritto dalle vecchie leggi di Newton, e la Relatività Generale influisce solo con correzioni, tipo effetti di precessione (come si osserva, in piccolo, anche per il pianeta Mercurio). In pratica, quindi, le leggi di Newton permettono già di darci un quadro molto buono di cosa c'è al centro della galassia, e che determina quel moto così folle delle stelle che gli stanno attorno.

In particolare c'è una stella che si chiama S2. Il periodo di osservazione del centro galattico da parte dei due gruppi di ricerca ha permesso di mappare con ottima precisione il moto di questa stella. Nel filmato essa compie un'ellisse completa con un periodo di 16 anni, un semiasse maggiore pari a 970 volte la distanza terra-sole, e un punto di maggiore avvicinamento a Sagittarius A di circa 17 ore luce, più o meno 4 volte la distanza fra il sole e Nettuno. Nel punto di massimo avvicinamento, la stella si muove a una velocità stimata pari a più di 7500 km/s, ovvero quasi il 3% della velocità della luce. E' bellissimo vederla muoversi, lentamente quando è nel punto più distante, e poi accelerare di colpo e svirgolare al passaggio al periastro. Sembra un video gioco. Nel punto più vicino a Sagittarius A, la teoria di Einstein prevede un redshift gravitazionale abbastanza sostanzioso, in aggiunta al redshift dovuto alla velocità. Tale redshift è stato misurato, in ottimo accordo con la teoria. Informazioni più dettagliate sulle caratteristiche di questa baraonda galattica, e le informazioni che se ne possono trarre sulle leggi fisiche, si possono trovare ad esempio qui e qui.

Ma la cosa bella è che, in base a questi parametri, possiamo calcolare la massa dell'oggetto responsabile del moto della stella.

Non sarà un calcolo preciso, certo, perché useremo la Legge d Newton. Non terremo conto delle varie correzioni legate alla Teoria della Relatività Generale, e nemmeno di tanti altri effetti. Ma dal divano di casa, con la sola fisica del terzo liceo, possiamo fare una stima di quanta massa deve esserci in quel punto senza luce attorno al quale si muove la stella S2, e assieme a lei tutte le altre di questo filmato. E il risultato di questo conto un tanto al chilo, sarà sorprendentemente accurato.

In particolare useremo la terza legge di Keplero, che peraltro deriva pari pari dalla legge di Newton. Se il moto della stella fosse circolare, dalla legge di Newton della gravitazione universale potremmo scrivere che

dove R è il raggio dell'orbita, v è la velocità tangenziale della stella che orbita, T è il periodo di rivoluzione, M è la massa che cerchiamo, e G è la solita costante di gravitazione universale. Il calcolo usa il fatto che la velocità in un moto circolare uniforme è la lunghezza della circonferenza diviso il tempo T impiegato a percorrerla. Sono cose da terza liceo, appunto.

Nel nostro caso il percorso di C2 non è una circonferenza, ma un'ellisse. In questo caso, però, si può dimostrare che il raggio R deve essere sostituito dal semiasse maggiore. Chiamiamolo "a". A questo punto, sostituendo R con a, con un semplice passaggio di algebra, abbiamo che la massa dell'oggetto misterioso che stiamo cercando vale:

In realtà M, a essere precisi, sarebbe la massa dell'oggetto attorno a cui ruota il corpo in questione (S2) sommato alla massa dell'astro centrale, ma la massa della stella S2 è dell'ordine di una decina di masse solari, e vedremo che il suo ruolo è del tutto ininfluente. Comunque questo ci dice per inciso che la terza legge di Keplero, a voler essere precisi, è approssimata, perché in essa ci sarebbe anche una leggerissima dipendenza dalla massa del pianeta (che nel nostro caso è la stella S2). Siccome però nel caso del nostro Sistema Solare le masse dei pianeti, anche i più grandi, sono piccole rispetto alla massa del sole, la Terza Legge di Keplero funziona molto bene sia per la Terra che per Giove.

Perfetto. Allora adesso mettiamoci dentro i numeri: G = 6,67×10−11 N m²/kg², T = 16.05 anni = 0,51 miliardi di secondi, a = 970 au (au = astronomy units; 1 unità astronomica è pari alla distanza terra-sole) = 1.45 ×1011 m).  A questo punto usiamo la calcolatrice, sbagliamo quelle 6 o 7 volte nel fare i conti (signora, suo figlio la matematica la capisce, ma è di un distratto!), e alla fine otteniamo M = 6.3×1036 Kg. Per capire se è tanto o poco, esprimiamo questo valore in termini di multipli di masse solari: la massa del sole vale 2×1030 Kg, quindi la massa dell'oggetto misterioso attorno a cui ruota la stella S2 vale un po' più di 3 milioni di masse solari. Il calcolo corretto, ottenuto usando anche le informazioni di tutte le altre stelle, e in cui sono incluse tutte le opportune correzioni, avrebbe dato una massa di (4.154±0.014)×106 masse solari. Non male, per un conto della serva (on the back of an envelope, dicono gli anglosassoni) in cui abbiamo usato la vecchia legge di Newton, ignorando la Relatività e tutte le possibili complicazioni, che pure ci sono!

Quindi la nostra stella S2, e tutte le altre stelle della "zona", ruotano attorno a un oggetto che ha una massa di qualche milione di masse solari, concentrata in una dimensione inferiore alle dimensioni del nostro sistema solare. Questo oggetto, con quella massa, non può essere una normale stella invisibile. Quell'oggetto, con quella massa, è un buco nero. Un buco nero gigante, per l'aggiunta. Infatti, con quella massa, un buco nero ha un Raggio di Schwarzschild di 12 milioni di km. Su quella ipotetica superficie, l'accelerazione di gravità sarebbe grosso modo pari a 370mila volte quella sulla superficie terrestre.

Ma se, putacaso, fossimo in caduta libera mentre attraversiamo allegramente quella superficie, non dovremmo preoccuparci dell'enorme valore di g, perché, essendo in caduta libera, non percepiremmo nulla, e galleggeremmo come gli astronauti nella stazione spaziale. Al limite potremmo percepire piccoli effetti di stiramento, ma direi neanche tanto, perché le dimensioni di un essere umano, rispetto a 12 milioni di chilometri, sono molto piccole, e quindi la differenza di g fra testa e piedi non sarebbe significativa. "Finora tutto bene!!!", potremmo quindi comunicare ai terrestri in ascolto. Ma quel segnale, ahimè, non arriverà mai a destinazione.


PS: Massimo Germano, che ringrazio, mi fa notare che l'accelerazione di gravità al raggio di Schwarzschild, includendo anche le correzioni della relatività generale, andrebbe in realtà all'infinito, in quanto l'espressione corretta è: