Nel romanzo Angeli e Demoni di Dan Brown si parla di scienziati del Cern che trasportano clandestinamente una valigetta di antimateria fuori del laboratorio, con lo scopo di distruggere il Vaticano. Non so quanti abbiano preso seriamente la storia (nel caso del Codice da Vinci, sempre dello stesso autore, alcuni lo avevano fatto: fonte). Di sicuro però si capiva fin dall'inizio del romanzo che le cose non potevano essere prese proprio alla lettera. Lo si capiva da quando una lussuosa auto del Cern con annesso autista andava a prendere all'aeroporto uno dei protagonisti del romanzo, e tornando indietro percorreva il tratto Aeroporto di Ginevra-Cern a 200 all'ora.
A parte che il Cern non possiede, che io sappia, nessuna lussuosa auto con autista, ma anzi le macchine del Cern sono dei furgonati bianchi con il minimo sindacale degli optional, il tratto di strada fra l'aeroporto e il Cern ha il limite a 60 e è talmente pieno di autovelox che nessuno ma veramente nessuno si azzarda a fare di più. Nemmeno l'autista del Cern, che comunque non esiste.
Ma a parte questo, in molti si sono chiesti se sia possibile produrre antimateria a sufficienza da rappresentare un rischio per il mondo, tanto che il Cern ha dedicato una pagina web al film Angeli e Demoni per spiegare alcuni aspetti dell'antimateria. Perché in effetti è vero che al Cern si produce antimateria. Esiste perfino l'Antimatter Factory!
L'esistenza di antiparticelle è prevista teoricamente da molto tempo, da quando negli anni 30 del secolo scorso il fisico Paul Maurice Dirac formulò un'equazione per descrivere il comportamento quantistico dell'elettrone in modo compatibile con la teoria della relatività. Questa equazione ammetteva soluzioni di energia negativa, che furono interpretate nel tempo come l'esistenza di elettroni del tutto identici ai normali elettroni, ma di carica positiva, ovvero quelli che oggi vengono chiamati "positroni", cioè le antiparticelle degli elettroni.
In breve tempo furono scoperti sperimentalmente i positroni, e con il tempo tutte le possibili antiparticelle delle particelle note. Bisogna specificare che le antiparticelle esistono non soltanto per particelle cariche, ma anche per quelle neutre, come ad esempio i neutroni. L'antineutrone ha carica elettrica zero come il neutrone, ma ha altre proprietà (si chiamano numeri quantici) che caratterizzano il neutrone di segno opposto, rendendone quindi possibile l'esistenza dell'antiparticella. L'esistenza delle antiparticelle è quindi assodata ormai da quasi 100 anni.
La cosa interessante è che quando mettiamo assieme una particella e la sua antiparticella, ad esempio un protone e un antiprotone, otteniamo qualcosa che ha numeri quantici additivi nulli. In questa situazione le due particelle si "annichilano", producendo fotoni, cioè energia. L'energia prodotta espressa in Joule è la somma delle masse del protone + antiprotone (che hanno massa uguale) espresse in Kg, moltiplicato per la velocità della luce al quadrato, con la velocità della luce espressa in m/s. Nel caso dell'anichilazione protone-antiprotone l'energia prodotta è dell'ordine di un decimiliardesimo di Joule, ovvero qualcosa di assolutamente insignificante nell'ambito delle energie macroscopiche a cui siamo abituati. Tanto per fare un esempio, è l'energia cinetica di una tipica formica in movimento.
Il problema sorge se, invece di far annichilare una singola particella con la sua antiparticella, potessimo far annichilare una quantità macroscopica di materia con l'analogo di antimateria, cioè un insieme di atomi o molecole con l'analogo assieme di antiatomi (o antimolecole), ovvero atomi composti da antinuclei e antielettroni. In pratica quello che si paventava nel romanzo di Dan Brown. Se, ad esempio, potessimo far annichilare 1 Kg di materia con 1 Kg di antimateria, otterremmo un'energia di 10 alla 16 Joule, che corrisponde a più di mille volte la bomba di Hiroshima. Anche un solo grammo di materia contro l'analogo di antimateria causerebbe quindi una distruzione enorme.
Quindi la domanda che si impone è: è possibile produrre antimateria a sufficienza da costituire un pericolo di questo tipo? La risposta sintetica è NO, anzi ASSOLUTAMENTE NO!, e i motivi sono spiegati qua sotto.
Intanto vediamo come si produce l'antimateria. Un antiatomo è costituito, nella sua forma più semplice che è l'antiatomo di idrogeno, da un antiprotone e un antielettrone (il positrone), così come un normale atomo di idrogeno è costituito da un protone e un elettrone.
Ma come si producono gli antiprotoni? Per produrre antiprotoni ci vogliono innanzitutto dei protoni. Questi ultimi stanno ad esempio nell'idrogeno, anzi sono i nuclei dell'atomo di idrogeno, e quindi basta ionizzare degli atomi di idrogeno per ottenerli. A questo punto si infilano i protoni dentro un acceleratore di particelle, si conferisce loro dell'energia cinetica a sufficienza, e poi si fanno sbattere contro un bersaglio, ovvero altri protoni e neutroni, cioè della materia. In ognuno di questi urti vengono prodotte tipicamente un tot di particelle, ma ogni tanto anche alcune antiparticelle, tra cui ad esempio antiprotoni. "Ogni tanto" vuol dire una volta ogni qualche milione di questi urti. Queste antiparticelle prodotte possono essere "raccolte" con opportuni campi magnetici, e accumulate da qualche parte.
Ma come si producono gli antiprotoni? Per produrre antiprotoni ci vogliono innanzitutto dei protoni. Questi ultimi stanno ad esempio nell'idrogeno, anzi sono i nuclei dell'atomo di idrogeno, e quindi basta ionizzare degli atomi di idrogeno per ottenerli. A questo punto si infilano i protoni dentro un acceleratore di particelle, si conferisce loro dell'energia cinetica a sufficienza, e poi si fanno sbattere contro un bersaglio, ovvero altri protoni e neutroni, cioè della materia. In ognuno di questi urti vengono prodotte tipicamente un tot di particelle, ma ogni tanto anche alcune antiparticelle, tra cui ad esempio antiprotoni. "Ogni tanto" vuol dire una volta ogni qualche milione di questi urti. Queste antiparticelle prodotte possono essere "raccolte" con opportuni campi magnetici, e accumulate da qualche parte.
Quindi come primo ingrediente per produrre antiparticelle abbiamo bisogno di un acceleratore che acceleri protoni con sufficiente energia da creare un tot di particelle in ogni urto, in modo che fra esse ci siano anche antiprotoni. Poi abbiamo bisogno di un sistema di magneti per raccogliere questi antiprotoni e separarli dalle altre particelle. Questo già rende la cosa non proprio semplicissima, ma tutto sommato stiamo parlando di ordinaria amministrazione per le tecniche note ai fisici delle particelle. Non è quindi questo il problema.
Il problema è che per accumulare antiprotoni in numero elevato, dobbiamo evitare che essi vengano in contatto con la materia ordinaria, che contiene (fra l'altro) molto protoni. Quindi dobbiamo tenere questi antiprotoni in un contenitore dove c'è un vuoto il più spinto possibile. Deve essere molto vuoto perché ogni protone in giro è un potenziale distruttore di ogni antiprotone che abbiamo prodotto con tanta fatica. Se un antiprotone che abbiamo penato a produrre e isolare va a sbattere con un protone che trova in giro... pufff... scompaiono entrambi.
Non solo, ma dobbiamo anche evitare assolutamente che questi antiprotoni che vogliamo accumulare entrino in contatto con le pareti del contenitore, perché anche a quel punto..puff! Doppio pufff! La parete infatti contiene un gran numero di protoni, ognuno dei quali sarà ben felice di scegliersi il suo antiprotone e annichilarsi con esso. E per impedire che questo accada abbiamo bisogno di costruire delle efficienti trappole magnetiche, che evitino agli antiprotoni di entrare in contatto con le pareti, restandone il più possibile distanti.
Tutto questo, sebbene complesso, si può fare. Anzi, viene fatto! Ad esempio l'acceleratore Tevatron, che ha funzionato per una ventina di anni o più al laboratorio Fermilab vicino Chicago, accelerava protoni e antiprotoni. Quindi doveva essere in grado di accumulare e tenere separati dalla materia ordinaria gli antiprotoni per realizzare gli esperimenti (il quark top è stato scoperto grazie a questo acceleratore). Anche al Cern, a partire dagli anni 80, sono stati effettuati svariati esperimenti che necessitavano della produzione di antiprotoni, tra cui quello che ha permesso a Carlo Rubbia di vincere il premio Nobel.
Ma quanti antiprotoni sono stati prodotti in tutto questo tempo nei vari acceleratori? Risposta: grosso modo l'equivalente di una decina di miliardesimi di grammo. Quello che serve, in termini di energia che si otterrebbe facendoli annichilare con la materia ordinaria, per tenere accesa una lampadina in salotto per qualche ora. Per produrre un grammo di antimateria, con le tecniche attuali, ci si impiegherebbe quindi l'equivalente di un miliardo di anni. Se l'Ordine Mondiale e la Spectre hanno un attimo di pazienza si può fare!
E se volessimo produrre positroni, le antiparticelle degli elettroni? Perché comunque un antiatomo, l'elemento necessario per costruire l'antimateria, ha anche bisogno degli antielettroni, non solo degli antiprotoni! I positroni sono prodotti in modo naturale da certi decadimenti radioattivi che avvengono spontaneamente in natura. Ad esempio il nostro corpo contiene l'isotopo Potassio-40, che decade emettendo positroni, ad un ritmo di circa 180 ogni ora. Le banane, che sono ricche di Potassio, sono sorgenti di positroni, ovvero di antiparticelle. Eppure nessuno esplode mangiando una banana! Anzi, i positroni sono perfino usati nella diagnostica medica, nella tecnica denominata "pet" (positron-emission tomography). Quindi anche per l'antimateria, come per il Lardo di Colonnata e il tiramisù, il rischio è nella quantità.
In realtà per produrre positroni in quantità elevata (ad esempio per esperimenti di fisica delle particelle) non si usano le banane, ma tecniche un po' diverse, che adesso non è il caso di sviscerare. In ogni caso è una cosa che dal punto di vista tecnico la si sa fare per bene.
In realtà per produrre positroni in quantità elevata (ad esempio per esperimenti di fisica delle particelle) non si usano le banane, ma tecniche un po' diverse, che adesso non è il caso di sviscerare. In ogni caso è una cosa che dal punto di vista tecnico la si sa fare per bene.
Ma finora non abbiamo parlato di vera antimateria. Abbiamo parlato di antiparticelle. E se volessimo produrre proprio antimateria? E' possibile produrre antiatomi, o magari antimolecole? In questo caso dovremmo prendere antiprotoni e antielettroni, in precedenza prodotti come abbiamo detto sopra e amorevolmente conservati, e avvicinarli sperando che si piacciano e formino atomi di anti-idrogeno.
E' quindi possibile produrre antiatomi di idrogeno, i più semplici (e ci si è fermati lì, produrre antiatomi più complessi o addirittura antimolecole è al momento un'impresa tecnicamente inaccessibile per le difficoltà imposte dalle leggi della natura), ed è stato fatto in esperimenti del Cern, che hanno prodotto alcune decine di migliaia di antiatomi (fonte). Se può sembrare un numero elevato, ricordo che stiamo parlano di atomi, ovvero qualcosa come un miliardesimo di miliardesimo di grammo. La difficoltà sta nel fatto che per costruire un antiatomo di idrogeno, il più semplice, bisogna prendere un positrone e un antiprotone e accostarli con la dovuta delicatezza in modo che si appiccichino assieme a formare un antiatomo di idrogeno. Il problema a quel punto è che se con gli antiprotoni o con i positroni i campi magnetici servivano a confinarli e non farli sbattere sulle pareti del contenitore, con un antiatomo, che ha carica elettrica zero come i normali atomi, i campi magnetici diventano inservibili. E quindi se un antiatomo decide di spataccarsi contro le pareti del contenitore non c'è niente che possiamo fare per fermarlo. E quando lo fa, si annichila con un atomo della parete, emettendo un piccolissimo fiotto di energia, sostanzialmente pari a quello di un protone che si annichila con un antiprotone. Qualcosa di insignificante. Finora si è riusciti a tenere intrappolata una manciata di antiatomi per circa un quarto d'ora al massimo, e è considerato un record (fonte).
Quindi produrre grandi quantità di antimateria e soprattutto immagazzinarla è impossibile. Men che meno metterla in una valigetta e portarla in giro per distruggere il Vaticano. Sicuramente impossibile con le attuali tecnologie, ma impossibile anche per le leggi fisiche, dato che nessuna legge fisica a noi nota permette di evitare che gli antiatomi se ne stiano alla larga dagli atomi per un tempo sufficientemente lungo.
C'è un altro aspetto che va inoltre considerato: il costo. Quanto costa produrre antimateria? Fare l'antimateria richiede molta più energia di quella eventualmente ottenibile da essa. Circa un miliardo di volte in più. Il risultato è che un grammo di antimateria costerebbe qualcosa come un milione di miliardi di euro. Se ci mettiamo anche il miliardo di anni necessario a produrlo, direi che ci sono cose più convenienti da fare che incaponirsi a produrre antimateria per distruggere il mondo.
Ma allora perché i fisici si ostinano a produrre l'antimateria e cercare di "conservarla"? La risposta è: per studiarne le proprietà. Da quello che sappiamo, infatti, l'antimateria è quasi del tutto identica alla materia ordinaria. Per le leggi della natura, materia e antimateria sono praticamente la stessa cosa, a parte un piccolo inghippo che ha a che fare con le interazioni deboli (che ci permetterebbe di distinguere, nel caso dovesse tornare utile, un extratterreste fatto di antimateria, come raccontato qui)
Infatti quando studiamo un antiatomo prodotto in laboratorio, questo si comporta esattamente come un normale atomo. Assorbe la luce, si eccita, si diseccita, si muove, cade (*) come un normale atomo. I suoi orbitali, e quindi i suoi legami chimici, sono gli stessi dei normali atomi. E quindi una molecola di anti-acqua sarebbe assolutamente indistinguibile da una comune molecola d'acqua (salvo metterle a contatto). Insomma, non è mai stato trovato niente di diverso fra il comportamento degli atomi e quello degli antiatomi.
Quindi, se la natura è così democratica fra i due tipi di materia, non si capisce perché nell'universo ci sia materia ma non antimateria. O meglio: se la natura fosse realmente così democratica fra materia e antimateria, allora nei primi istanti di vita dell'universo avrebbe dovuto produrre materia e antimateria in eguale quantità! Se le sue leggi non fanno preferenze fra le due, quelle stesse leggi avrebbero dovuto produrre materia e antimateria allo stesso modo. Il risultato sarebbe stato che i due tipi di materia si sarebbero dovuti annichilare completamente, trasformandosi in fotoni, e quindi impedendo in partenza la formazione di galassie, stelle, pianeti come li conosciamo, per assenza totale di materia prima. E non ci sarebbe stato nemmeno l'autore di questo blog!
Quindi il fatto stesso che invece esistono galassie, stelle, pianeti e l'autore di questo blog significa che la natura, nelle prima fasi di vita dell'universo, deve aver prodotto più materia che antimateria in quantità tale per cui, dopo l'annichilazione dell'antimateria con la quantità di materia corrispondente, la materia in eccedenza, quella che non ha trovato più antimateria per annichilarsi, ha potuto assemblarsi indisturbata in nuclei, atomi, molecole, galassie, stelle, pianeti e autori di blog.
Tutto questo quindi è stato possibile perché ad un certo istante della vita dell'universo primordiale, la natura ha scelto fra materia e antimateria! Ad un qualche istante è intervenuto qualche meccanismo nelle leggi della natura, un meccanismo a noi sconosciuto, che ha preferito produrre più materia che antimateria. O meglio più materia di un tipo rispetto al suo anti. Questo implica che, sebbene al momento non riusciamo a scorgere nessuna differenza sostanziale fra materia e antimateria, in realtà una differenza importante deve esserci, e questa differenza ha avuto un ruolo determinante nell'evoluzione dell'universo primordiale.
E notate bene che già dopo due o tre minuti di vita dell'universo i giochi erano fatti (i primi minuti di vita dell'universo sono raccontati qui), Infatti noi sappiamo, perché lo misuriamo direttamente, che dopo due o tre minuti non c'era traccia di antimateria nell'universo, ma c'erano già i protoni e i neutroni che si stavano assemblando nei nuclei di idrogeno e elio.
E sappiamo anche, dagli esperimenti di fisica dell particelle, che le leggi fisiche che sono intercorse per gran parte di quei due-tre minuti iniziali non potevano fare distinzione fra materia e antimateria. Lo sappiamo perché, di nuovo, lo misuriamo. Negli esperimenti di fisica delle particelle che facciamo in laboratorio, che riproducono localmente le condizioni dell'universo appena nato, e nei quali quelle leggi fisiche entrano in gioco, non c'è traccia di questa differenza che la natura ha deciso di mettere in atto tra materia e antimateria.
Quindi, se questa differenza in qualche modo c'è stata (e sappiamo che deve esserci stata perché altrimenti non saremmo qui) deve essere intercorsa quando l'universo era estremamente più caldo e denso di quello che sappiamo ipotizzare finora. Non molto prima in termini di tempo (al massimo qualche minuto), ma in quei pochi minuti l'universo primordiale ha combinato l'iradiddio, e con i moderni esperimenti di fisica delle particelle stiamo cercando di risalire alle caratteristiche di quei momenti. In particolare ci sono esperimenti, come LHCb al Cern di Ginevra, o altri in preparazione in Giappone, che si prefiggono di ricercare effetti di questa sottile ma fondamentale differenza che la natura mette in atto fra materia e antimateria. Una differenza a cui dobbiamo il fatto che esistiamo, e scusate se vi sembra una curiosità da poco!
Nota (*): sono in preparazione esperimenti che vogliono misurare con alta precisione se la forza di gravità agisce su un antiatomo allo stesso modo che su un normale atomo. Ovvero se l'antimateria e la materia sentono la forza di gravità allo stesso modo. Non ci si aspettano differenze, ma i fisici sono sempre diffidenti, e se non mettono il dito non credono.