Riflessioni sul compito di matematica alla maturità.
Mia figlia ha appena fatto la prova di matematica alla maturità del liceo, e quindi ho provato anche io a fare quel compito, cercando di immedesimarmi nei pensieri dello studente medio. Non quello eccellente, ma quello medio. Quello normale, insomma. E mi sono reso conto dello scollamento che esiste tra quelli del Miur che preparano le prove di esame, e la scuola reale. E siccome il Miur dovrebbe essere la scuola, questo potrebbe rappresentare un problema.
Il compito di matematica della maturità scientifica consiste in 2 problemoni e 10 quesiti. Tuttavia non bisogna fare tutto, ma soltanto 1 problema e 5 quesiti. Di più non serve, perché non ti viene comunque valutato, e quindi fare 10 quesiti a metà è assolutamente inutile. Il testo di quest'anno è visionabile qui.
Tra i due problemoni in questi ultimi anni è diventato di moda il "problema contestualizzato". Si tratta in pratica di un problema matematico che dovrebbe rispecchiare una situazione reale, suppongo con l'intento di far capire agli studenti che la matematica è importante non solo a scuola ma anche nella vita, e che serve ad affrontare problemi concreti.
Primo errore. Anzi, "primi" errori, plurale. Il primo, proprio terra terra, è che durante la prova di esame di tutto si interessa lo studente, meno che dell'essere educato in qualcosa. In quel momento i suoi interessi primari sono rivolti unicamente al fare il compito meglio che si può. E quindi è quantomeno refrattario e impermeabile a questi intenti didattico-educativi. Non in quel momento, per lo meno. Ma questo, da parte del Miur, è solo un peccato veniale.
Il secondo errore è che la matematica è innanzitutto fine a se stessa! Si può fare matematica anche chiudendosi dentro un bunker e privandosi di qualunque contatto sensoriale col mondo, e anzi, il bello della matematica è proprio questo. E' il trionfo della logica e del ragionamento, e la sua bellezza non risiede nell'applicazione pratica.
Comunque, a parte queste distinzioni da rompiballe precisino (lo ammetto), bisogna dire che la contestualizzazione dovrebbe però anche avere un senso! Dovrebbe avere un qualche aggancio con situazioni reali. Non deve essere una forzatura in modo da cacciarci dentro l'analisi matematica a tutti costi inventandosi situazioni assurde, che di reale non hanno niente! Allora tanto varrebbe lasciar stare la contestualizzazione e dare un bel problema di matematica e basta.
Nell'ultimo compito, ad esempio, il primo problemone parlava di un amministratore di condominio che deve progettare un serbatoio per il gasolio, e deve decidere la forma del tetto in base a tre parametrizzazioni in termini di funzioni matematiche, ognuna contenete un tot di valori assoluti, potenze, parametri incogniti etc.
A parte che uno si immagina subito cosa deve essere stata la riunione di condominio dove dovevano mettere ai voti la cosa. Già me lo vedo l'amministratore che dice ai condomini in ciabatte e tuta in acetato: "Allora, alzi la mano chi è a favore della prima funzione, quella con 1 + modulo di x tutto elevato alla 1 su k. Adesso voti invece chi preferisce l'opzione b, quella con la polinomiale di terzo grado". Nessuno per l'opzione c, quella con il coseno di pi greco mezzi per x alla k? E poi, signori, vi ricordo che la sommità deve avere un punto angoloso di non meno di dieci gradi!".
Ma a parte questo, che razza di problema reale è? Per chiederti quale funzione approssima meglio un certo disegno hanno imbastito una pagina e mezzo di chiacchiere inutili sconfinanti nel demenziale, su una questione che mai e poi mai accadrà nella realtà. Non era meglio non contestualizzare, che inventarsi un problema del genere?
Ad esempio, sempre in tema di contestualizzazione, un po' di tempo fa avevano dato un compito (era una simulazione di prova d'esame) in cui un artigiano voleva costruire una scatola per scarpe di tipo universale, buona per tutti i numeri, e per questo aveva pensato che la scatola doveva essere (cito dal testo):
E poi era in dubbio se usare un'esponenziale di polinomi, una somma di seni e coseni al quadrato, o piuttosto una semplice cubica. Il dilemma tipico dei costruttori di scatole di scarpe, insomma. A parte che non ci sarebbero comunque entrate le scarpe col tacco 12 e nemmeno i miei stivaletti pitonati, uno che legge, se ha un attimo di lucidità in quel momento di ansia, gli viene da dire: "Ma andatevene affanculo, voi, l'artigiano e tutta la matematica! Ma mi state prendendo in giro? Mi volete far credere che questo è il motivo per cui si studia la matematica al liceo? Per scegliere se progettare scatole di scarpe con la forma di una polinomiale cubica o una somma di esponenziali? Ma siete scemi?"
"a base rettangolare di dimensioni 20 cm per 30 cm e che l’altezza, procedendo in senso longitudinale da 0 a 30 cm, segua l'andamento così descritto: ad un estremo, corrispondente alla punta della scarpa, l’altezza è 4 cm, a 10 cm da questo estremo la sagoma flette e l’altezza raggiunge 8 cm, a 20 cm dall’estremo l’altezza raggiunge 12 cm, mentre all’altro estremo l’altezza è zero".
E poi era in dubbio se usare un'esponenziale di polinomi, una somma di seni e coseni al quadrato, o piuttosto una semplice cubica. Il dilemma tipico dei costruttori di scatole di scarpe, insomma. A parte che non ci sarebbero comunque entrate le scarpe col tacco 12 e nemmeno i miei stivaletti pitonati, uno che legge, se ha un attimo di lucidità in quel momento di ansia, gli viene da dire: "Ma andatevene affanculo, voi, l'artigiano e tutta la matematica! Ma mi state prendendo in giro? Mi volete far credere che questo è il motivo per cui si studia la matematica al liceo? Per scegliere se progettare scatole di scarpe con la forma di una polinomiale cubica o una somma di esponenziali? Ma siete scemi?"
Quindi, mi permetto un consiglio personale agli esperti del Miur: se proprio volete contestualizzare i problemi di analisi matematica, date problemi che abbiano un senso, oppure - molto meglio - lasciate perdere la contestualizzazone e date problemi di analisi matematica e basta, evitando questa buffonata di farli apparire casi reali, che tanto non ci crede nessuno, e anzi fate solo incazzare, col risultato che uno vorrebbe conoscere quell'amministratore di condominio o quell'artigiano per dirgli in faccia che si trovino una donna, uno svago, un torneo di burraco, qualcosa insomma, ma che la smettano di scassare la minchia agli studenti.
A parte la contestualizzazione, però, i problemi e i quesiti proposti, in genere sono belli. Sono come dovrebbero essere, secondo me, i problemi e i quesiti di matematica. Sono problemi e quesiti in cui il ragionamento, l'arguzia e l'intuito contano molto di più della macchineria. Sono problemi dove saper intuire la strada giusta, quella più furba, ti trasforma spesso un esercizio apparentemente difficilissimo in una sciocchezza.
Il problema però sta che quello che si fa a scuola non è finalizzato ad affinare le capacità di ragionamento e arguzia, ma piuttosto la macchineria. Le verifiche date durante l'anno sono tipicamente una lotta contro il tempo: 20 limiti di funzione da calcolare in un'ora, poco più di qualche minuto per esercizio. Calcoli di derivate di funzioni che non entrano in due righe di foglio protocollo, tanto sono lunghe. Insomma, compiti dove devi far partire a manetta la macchineria e farla andare come un treno, senza errori, e dove soprattutto non puoi permetterti di fermarti a riflettere, perché perderesti tempo prezioso. Ultimamente questo genere di verifiche, da quello che sento in giro, va di gran moda. Non ci sarebbe niente di male se poi non ti dessero un compito di maturità dove il tempo a disposizione è veramente l'ultimo dei tuoi problemi (ci sono 6 ore di tempo), e dove il ragionamento gioca invece un ruolo fondamentale.
Ad esempio il secondo problemone della maturità di quest'anno non richiedeva praticamente calcoli, ma solo molto ragionamento, basato su tutto quello che si è appreso sulle derivate, gli integrali, e la matematica del liceo in generale. Il primo dei 10 quesiti, poi, basato sull'integrale della funzione Gaussiana, si risolveva in un minuto se uno sapeva cos'è la funzione Gaussiana e che forma ha il suo grafico (e non è argomento comunemente svolto nei programmi), e se si applicavano ragionamenti che niente hanno a che fare con la macchineria e l'applicazione delle regole. Altrimenti diventava un problema molto difficile, perché in genere di fronte a un integrale ti insegnano a risolverlo a testa bassa applicando le regole, e non a fermarti a riflettere su che forma ha la funzione da integrare, perché magari con quell'informazione il problema diventa banale. E guarda caso quell'esercizio lo hanno fatto in pochissimi.
Si potrebbe dire che è colpa degli insegnanti, dato che ormai lo sanno che al Miur da un po' di anni a questa parte propongono problemi di questo tipo. Certamente in parte lo è, perché a mio parere si potrebbe trovare un ragionevole compromesso tra l'apprendere a essere veloci nell'applicazione di meccanismi standard, e l'imparare a risolvere i problemi con tecniche non standardizzate, che richiedono innanzitutto ragionamento e una veduta di insieme della matematica che si acquisisce soltanto con l'abitudine a questo tipo di approccio.
Però il punto è che gli insegnanti si devono comunque confrontare con il dover completare un programma ministeriale che è diventato sterminato. In quinta liceo ai miei tempi ci si fermava agli integrali. Adesso in aggiunta si fanno, o si dovrebbero fare: il calcolo combinatorio e delle probabilità, le equazioni differenziali, i solidi di rotazione con relativi integrali e la geometria analitica nello spazio. Tutte cose importanti, non discuto, ma mi chiedo se veramente al liceo bisogna fare tutto questo, con l'evidente controindicazione di penalizzare la qualità dell'apprendimento, relegando il tempo per riflettere in secondo piano in favore della semplice applicazione di regolette standardizzate. C'è poco da fare, se nelle stesse ore devi fare il doppio della roba, il tempo che ci puoi dedicare si dimezza. E anche quello che puoi realmente assimilare diminuisce. E' un esempio di contestualizzazione della matematica, no?
E lo stesso accade nel programma di fisica. Una volta a fisica al liceo non si facevano esercizi. Per lo meno era raro. Adesso invece si fanno soprattutto esercizi. Giusto, per carità, in fisica saper risolvere gli esercizi è importante. Ma nel frattempo il programma si è centuplicato. Adesso in quinta si fa elettromagnetismo, teoria della relatività, fisica atomica, fisica moderna, etc etc. O per lo meno si dovrebbe fare. Tutto per forza di cose in modo superficiale, perché l'insegnante deve andare veloce, se vuole finire il programma. Di nuovo, essendo le ore sempre le stesse e contestualizando...
E il risultato è che fisica diventa, per gli studenti, per lo meno per la maggior parte degli studenti, una sterminata accozzaglia di formule da cui pescare quelle giuste per fare gli esercizi. E invece in fisica, se non comunichi la magia, il fascino di quelle formule, se non fai vedere che dietro quelle espressioni matematiche c'è il mondo vero (lì si che bisogna contestualizzare!), se non fai vedere che dietro certe cose all'apparenza aride o scontate ci sono problemi concettuali incredibili e magari irrisolti, il tutto rischia di diventare di una noia mortale.
Ma soprattutto dietro questa corsa a terminare programmi sterminati senza un attimo di tregua, penalizzando per forza di cose il ragionamento e la riflessione, si cela secondo me un problema di importanza molto più fondamentale e di grande impatto sulla società. E cioè che quelli bravi, quelli che hanno una marcia in più, non avranno comunque problemi, perché sono bravi di loro. Quelli ci sono sempre e emergeranno sempre, anche senza chiedere loro espressamente di risolvere 20 esercizi in 30 minuti, e non avranno comunque problemi nemmeno col compito di maturità, dove conta il ragionamento e la logica. Ma tutti gli altri, cioè quelli che nel bene e nel male costituiranno il cittadino medio, e quindi la società, rischiano di essere tirati su come polli in batteria, privati della bellezza di qualcosa che difficilmente avranno modo di imparare e apprezzare altrove, e cioè dell'importanza del riflettere di fronte alle cose.
Ma soprattutto dietro questa corsa a terminare programmi sterminati senza un attimo di tregua, penalizzando per forza di cose il ragionamento e la riflessione, si cela secondo me un problema di importanza molto più fondamentale e di grande impatto sulla società. E cioè che quelli bravi, quelli che hanno una marcia in più, non avranno comunque problemi, perché sono bravi di loro. Quelli ci sono sempre e emergeranno sempre, anche senza chiedere loro espressamente di risolvere 20 esercizi in 30 minuti, e non avranno comunque problemi nemmeno col compito di maturità, dove conta il ragionamento e la logica. Ma tutti gli altri, cioè quelli che nel bene e nel male costituiranno il cittadino medio, e quindi la società, rischiano di essere tirati su come polli in batteria, privati della bellezza di qualcosa che difficilmente avranno modo di imparare e apprezzare altrove, e cioè dell'importanza del riflettere di fronte alle cose.