Ma funziona veramente così?
Leggo un
articolo di Stefano Feltri su Il Fatto Quotidiano, che si intitola "
Università, ora è ufficiale, alcune lauree sono inutili". Esso fa seguito a un precedente
articolo dello stesso autore di circa un anno fa, intitolato "
Università, studiate quello che vi pare ma poi sono fatti vostri", in cui sostanzialmente si affermava che con alcune lauree si trova lavoro più facilmente che con altre, e quindi chi si iscrivere a corsi di laurea che "
non tirano" lo fa a suo rischio e pericolo. Il recente articolo, che riprende questa tesi, è supportato da una recente
indagine dell'Istat che indica come i laureati in Ingegneria, Medicina e in "Difesa e Sicurezza" (?!) trovino lavoro più facilmente che i laureati in altre discipline, in particolare quelle umanistiche. La conclusione è che iscriversi a certi corsi di laurea non solo è inutile, ma addirittura dannoso, visto che alla fine costituiscono solo una perdita di tempo.
Tanto per cominciare, anche se questa è una parentesi in ciò che voglio dire, non avevo idea di cosa fosse la laurea in
Difesa e Sicurezza. Secondo la statistica dell'Istat, il 99,4% dei laureati in questa
disciplina trova lavoro! Praticamente tutti meno qualche sfigato,
verrebbe da dire! E ci tengono nascosto un simile paese del Bengodi!? Poi cercando in rete ho scoperto (
fonte) che in "
Scienze della difesa e della sicurezza" (ci sono 3 sedi in tutta Italia: Modena, Torino e Enna):
"I laureati sono professionisti, militari o civili, dotati della
preparazione culturale (umanistica, socio-politologica, scientifica e
tecnologica) e dell'addestramento teorico-pratico adeguati per operare
con incarichi di comando, di gestione e di coordinamento
(amministrativo, logistico e tecnico-operativo)"
E' una laurea per "professionisti", che in italiano significa che lo fanno per lavoro, e quindi normalmente GIA' lavorano, come militari o come civili. E' una laurea che è frequentata principalmente da chi fa l'Accademia Militare o di Polizia. Quindi un laureato in Difesa e Sicurezza trova lavoro perché fa l'Accademia dell'Esercito e fa il militare di professione, o il carabiniere, o il poliziotto, e non perché la Laurea in Difesa e Sicurezza garantisca sicura occupazione a prescindere. Da cui quel 99,4% di laureati-occupati, talmente alto da dover far nascere un sospetto a chiunque. Un esempio perfetto di come si prendano in modo totalmente acritico le notizie che ci arrivano, senza ragionarci un attimo sopra, e le si ripropongano al pubblico a cervello rigorosamente spento.
Ma a parte questo, è certamente vero che è più facile trovare lavoro se si è laureati in ingegneria piuttosto che in filosofia. Non ne ho il minimo dubbio. Se Feltri si fermasse qui sarei d'accordo, perché starebbe asserendo una quasi ovvietà.
La cosa su cui invece trovo il discorso delirante è che, in base al fatto che si trova più lavoro con ingegneria piuttosto che con filosofia, sarebbe meglio scegliere ingegneria (o una delle facoltà con cui si trova più facilmente lavoro) invece che filosofia (o una delle facoltà con cui si trova più difficilmente lavoro). E trovo irritante che in qualche modo l'autore dell'articolo voglia colpevolizzare chi non fa questa scelta come a dire "bravo coglione! hai voluto fare lettere invece che ingegneria, lo sapevi che non si trovava lavoro, adesso non ti lamentare!"
E invece la domanda che bisognerebbe porsi, quella che Feltri si sarebbe dovuto porre, è: quel laureato in lettere e filosofia che adesso è disoccupato, se invece di iscriversi a lettere e filosofia si fosse iscritto a ingegneria, adesso cosa farebbe? Si sarebbe laureato brillantemente e adesso lavorerebbe, o è più facile che avrebbe abbandonato gli studi perché a lui le materie che si studiano a ingegneria non piacciono e non interessano?
Feltri ragiona come se la scelta dell'università fosse uguale a scegliere un paio di scarpe. Non mi piacciono moltissimo, anzi, per dirla tutta non mi piacciono proprio, ma durano di più... tengono l'acqua... e quindi alla lunga è un acquisto che ripaga! E quindi la mia passione sarebbero i testi dei classici greci, ma siccome con quelli non ci si trova lavoro mi metto a studiare i carichi delle travi portanti o l'asportazione della cistifellea. Tanto più o meno siamo lì come argomento, no? Uno vale l'altro! Come se si potesse così, tranquillamente, mettere in secondo piano le inclinazioni, le attitudini di ognuno, e potessimo ignorare ciò che ci piace ma soprattutto, udite udite, ciò che non ci piace!
Sì perché se ti piace Leopardi e non sei portato per la matematica, non è che puoi chiedere un cervello di ricambio perché con Leopardi non trovi lavoro! Hai questa sfiga, e devi conviverci! Colpa di quei libri che ti appassionavano fin da piccolo, magari, che se sapevi ti mettevi a studiare i cataloghi di condensatori e resistenze, invece di leggerti Anna Karenina, ma ormai cosa ci puoi fare?
Infatti per fare ingegneria, o medicina (lasciamo stare Difesa e Sicurezza perché abbiamo capito che è una puttanata dire che ci si trova lavoro) ti deve piacere un certo tipo di studi. Non diventi medico se ti fa impressione il sangue, o se di studiarti 7000 pagine di nomi di malattie, ghiandole e principi attivi è ultima tua vocazione nella vita. E se al liceo matematica e fisica proprio le detestavi e invece scrivevi da dio e traducevi Seneca online, non è che puoi improvvisarti studente di ingegneria solo perché poi si trova lavoro.
E ovviamente sarebbe anche vero il contrario se si trovasse lavoro con filosofia più che con ingegneria: non ci si improvvisa appassionati di Hegel se la propria vocazione è fare l'ingegnere aerospaziale.
Se non ti piacciono certe materie, gli studi universitari diventano una pena! Se non ti piacciono le materie che si studiano a ingegneria, col cavolo che ti ci laurei! Non te le fai piacere come ti fai piacere un paio di scarpe! Fai una fatica bestia, e è molto probabile che a un certo punto gliela dai su. E comunque, metti pure che ci riesci, sarai probabilmente un modesto ingegnere di modeste capacità, e tutti quelli bravi ti passeranno avanti. Tutti quelli che avevano la passione per quel tipo di studi.
Questa idea che, siccome i laureati in certi corsi di laurea trovano posto più facilmente, allora conviene studiare quei corsi di laurea, è una emerita sciocchezza, perché non tiene conto delle attitudini individuali, che sono invece determinati per conseguire quelle lauree.
E poi, lasciatemi dire, a costo di apparire retorico, che esistono anche i sogni. Sì, quelle cose che quando hai 18 anni e ti immagini adulto, ti vedi a fare un lavoro che in quel momento senti essere il TUO lavoro, quello per cui sei stato proggettato. Certo, lo sai che sarà quasi impossibile, la parte razionale del tuo cervello te lo continua a ripetere che è molto probabile che prenderai una sprangata sui denti, ma per te quell'idea è talmente importante che ci vuoi credere, e sai che farai tutto il possibile per realizzarlo. E siccome è un sogno, sei certo che lo realizzerai.
I sogni sono un ingrediente essenziale per orientare la propria vita. Sono, oserei dire, il motore della vita. Quello che ti spinge a fare le cose, a trovare la grinta, a superare le difficoltà. Andrebbero incoraggiati, invece che soppressi. Certo, poi si resta spesso scornati, ma avere un sogno (senza voler somigliare a Briatore, o a Crozza che imita Briatore) è fondamentale. "I've got to follow that dream, wherever that dream may lead", cantava Elvis, e accidenti se aveva ragione!
Sì perché io a 18 anni avevo un sogno, quello di diventare uno "scienziato". Volevo diventare un fisico e fare il lavoro del fisico. Sapevo che non era facile, ma nella mia mente sognatrice e ingenua non avevo dubbi che ce l'avrei fatta. E' proprio il potere dei sogni, no? Non si chiamerebbero così, altrimenti! Il potere di farti credere che anche lo cose razionalmente molto difficili possono diventare vere se veramente lo vuoi. E se avessi dato retta al posto facile e all'Istat, probabilmente avrei scelto qualcosa di diverso da Fisica, magari Economia e Commercio, come si chiamava allora, anche se di studiare quella roba non me ne poteva fregare di meno, e forse alla fine mi sarei pure laureato, e poi magari sarei andato a lavorare in banca o chissà cosa, incrementando di uno la statistica degli occupati per quel corso di laurea.
Per fortuna non l'ho fatto.