Dieci domande banali, dieci risposte per niente scontate
Diciamocelo chiaramente: fisica alle superiori era una gran palla. Per me, per lo meno, lo era decisamente. Tutti quei piani inclinati, molle, fili infiniti percorsi da corrente e pendoli inestensibili, che allo studente gli viene da chiedersi: ma in che mondo vivono i fisici? Un universo parallelo? Quando mai nella vita ti trovi a dover affrontare il problema di quanto si allunga una molla di massa nulla e costante elastica k su un piano inclinato senza attrito con attaccata una massa m avente carica elettrica q, attirata da un campo elettrico costante di valore E? Ma dove sta il nesso con il mondo reale, quello vero?
E quando ti portano in laboratorio poi cosa ti fanno vedere? Ancora il piano inclinato coi campanelli che suonano quando cade la pallina, o delle assurde ruote che girando fanno scoccare scintille. Di nuovo, dove sta il mondo reale in tutto questo?
Adesso poi, nei licei scientifici, c'è la rincorsa alla risoluzione di problemi di fisica sempre più complessi. Le simulazioni delle possibili prove per l'esame di maturità (perché per la seconda prova potrebbe anche uscire fisica) propongono esercizi praticamente a livello universitario. In tutto questo ci si dimentica che la fisica, se non la si apprezza nel profondo, se non se ne capisce la bellezza, diventa qualcosa di non troppo diverso dai quesiti della settimana enigmistica, e il libro un formulario dove pescare la formula giusta da applicare.
Adesso poi, nei licei scientifici, c'è la rincorsa alla risoluzione di problemi di fisica sempre più complessi. Le simulazioni delle possibili prove per l'esame di maturità (perché per la seconda prova potrebbe anche uscire fisica) propongono esercizi praticamente a livello universitario. In tutto questo ci si dimentica che la fisica, se non la si apprezza nel profondo, se non se ne capisce la bellezza, diventa qualcosa di non troppo diverso dai quesiti della settimana enigmistica, e il libro un formulario dove pescare la formula giusta da applicare.
Personalmente penso che il peggiore affronto che si faccia alla fisica a scuola sia far sì che gli studenti la percepiscano soprattutto come un incomprensibile e inutile guazzabuglio di formule fini a se stesse, senza riuscire a trasmettere quello che essa ha di magico, e cioè che dietro quelle formule apparentemente aride e svincolate dalla realtà, dietro quegli stupidi noiosissimi esperimenti c'è il mondo, quello vero. Ci siamo noi! E soprattutto che dietro certe affermazioni che spesso ci vengono propinate per scontate e banali - quattro righe sul libro di testo - si nascondono a volte problemi concettuali incredibilmente profondi e affascinanti.
La grandezza e il fascino della fisica stanno nel fatto che quelle formule apparentemente applicabili a eventi ideali e inesistenti nella realtà, e che vengono utilizzate per descrivere esperimenti con marchingegni antiquati e assurdi, sono le stesse che ci permettono di descrivere il mondo e di interpretarne i fenomeni, dal funzionamento delle stelle alle cose più banali e insospettabili su cui sbattiamo il naso tutti i giorni. La grandezza della fisica è che essa è ovunque, in qualunque nostra interazione con la realtà, e non esiste, come ci induce a credere la scuola (certa scuola, ci sono ovviamente le eccezioni), soltanto in un mondo parallelo popolato da molle, leve, piani senza attrito, pendoli che oscillano e formule da ricordare a memoria piene zeppe di lettere greche.
Ecco quindi dieci domande che implicano dieci riflessioni su fenomeni banalissimi, che tutti abbiamo osservato o che diamo per scontati (ma su cui quasi mai ci siamo soffermati, perché all'apparenza troppo ovvi e banali) per riconciliarsi con l'odiata fisica. Dieci piccoli-grandi problemi scelti più o meno a caso, dieci domande apparentemente stupide che nascondono grandi questioni fondamentali per la comprensione della natura. Dieci perché che testimoniano la magia della fisica.
Perché non cadiamo nel pavimento?
Una cosa che proprio non capivo al liceo era che se appoggiavi un corpo su un piano, il piano reagiva con la famosa "reazione vincolare", che era sempre uguale e opposta al peso del corpo. Come se il piano fosse intelligente. Ci metto un corpo da un chilo? Pronti con la reazione vincolare da un chilo! Ce lo metto da 10 chili? Ecco a voi una bella reazione vincolare da 10 chili giusti giusti! Il piano pensante!
Io di sicuro non ero una cima, ma se semplicemente mi avessero fatto notare che mettendo un corpo da 10000 chili non avrei prodotto una reazione vincolare da 10000 chili ma avrei sfondato il pavimento, avrei capito. Sarebbe bastato così poco! La reazione vincolare è il risultato della modifica della struttura della superficie del piano quando ci si appoggia sopra un peso. La struttura del piano di supporto si modifica (a livello microscopico se il peso è piccolo, e anche a livello macroscopico se non lo è) a causa del peso, e finché il corpo non sprofonda, per forza di cose la reazione vincolare è uguale e opposta al peso stesso, perché la somma delle forze deve essere zero. Se il corpo pesa poco, il piano non c'è bisogno che si scomodi troppo a modificarsi per bilanciare il peso e non farsi trapassare. Se invece il corpo pesa molto, il piano deve adattarsi di brutto chiedendo ai legami delle molecole che lo compongono un grosso sforzo collaborativo. E se il corpo pesa troppo, le molecole dicono "basta, questo è troppo per noi" e il pavimento schiatta sotto il peso.
Ci sono casi in cui la reazione vincolare non fa il proprio dovere |
Quello che mi sarebbe piaciuto sapere, al liceo, è però che cosa causa la mitica reazione vincolare. Adesso so che la modifica del pavimento che localmente sostiene il peso dell'oggetto è dovuta alla repulsione elettrica tra gli elettroni degli atomi del pavimento e quelli degli atomi dell'oggetto che ci appoggio sopra. E' una forza elettrica! E' merito dell'elettricità, che non serve solo a far accendere le lampadine, ma anche a non farci sprofondare nel pavimento!
In parte, però. Oltre alla repulsione elettrica fra elettroni c'è in realtà un altro capolavoro della natura che in qualche modo ci mette del suo: il Principio di Pauli. Il principio di Pauli impedisce a particelle di spin semi-intero (1/2, per capirci) di stare nello stesso posto con la stessa energia e spin (con gli stessi "numeri quantici", per essere precisi). E gli elettroni, guarda caso, sono particelle di spin 1/2. Il risultato è che quando cerchiamo di avvicinare troppo gli elettroni degli atomi dell'oggetto che appoggiamo sul tavolo con gli elettroni degli atomi del piano di supporto, il Principio di Pauli entra in azione, e si manifesta tenendo lontano il peso quel tanto che basta a non essere violato. Questa stralunata legge che si studia a chimica al liceo ancor prima che a fisica, ci impedisce di sprofondare al piano di sotto. Ma fa anche altre incredibili magie, che vedremo più avanti.
PS: esiste un certo dibattito su quanto sia effettivamente rilevante il Principio di Pauli nel non sprofondare nel pavimento. Molti dicono che il motivo sia sostanzialmente nella repulsione elettrica e basta. La mia opinione è che il Principio di Pauli sia comunque fondamentale, perché senza di esso gli atomi sarebbero radicalmente diversi, e sostanzialmente la materia non avrebbe il volume che ha. E la reazione vincolare, alla fine, è la materia che si ribella a chi vorrebbe ridurre il suo volume all'interno.
Perché gli atomi sono diversi fra loro?
Perché l'atomo di idrogeno è diverso dall'atomo di ossigeno, e ogni atomo ha quella che chiamiamo "valenza", cioè la capacità di appiccicarsi ad altri atomi per formare legami chimici di vario tipo? E soprattutto, perché ogni atomo ha le SUE specifiche proprietà chimiche?
Uno potrebbe pensare che sia una domanda stupida, e chiedersi perché mai dovrebbe essere il contrario. Atomi diversi, proprietà diverse, no? E invece c'è sotto qualcosa di speciale.
Per capirlo vediamo come si costruisce un atomo. Cominciamo dal più semplice, l'atomo di idrogeno. Per fare un atomo di idrogeno si prende un nucleo di carica +1 (è una convenzione che sia +1), e gli si avvicina un elettrone che, una volta decisa la convenzione, ha carica -1. L'elettrone tenderà ad andare il più vicino possibile al nucleo, perché la natura è sempre molto pigra (una legge fondamentale anche questa), e se può stare nel minimo stato di energia lei ci va di corsa. E l'elettrone vicino al nucleo rappresenta lo stato di energia minore.
L'elettrone in realtà non andrà proprio addosso al nucleo, perché il principio di indeterminazione di Heisenberg glielo impedisce. Andare addosso al nucleo significherebbe essere localizzato in posizione e velocità, e Heisenberg lo vieta. La natura su piccole distanze fa cose strane. Quindi l'elettrone andrà il più vicino possibile al nucleo, ma quel tanto che basti da non essere sufficientemente localizzato, muovendosi qua e là a caso, in modo da tenere buono Heisenberg. Abbiamo fatto l'atomo di idrogeno.
Adesso aggiungiamo un +1 di carica al nucleo mettendoci un protone (bisognerà metterci anche dei neutroni ogni tanto, che hanno carica elettrica zero ma si attraggono con i protoni grazie alla forza nucleare, e rendono quindi più stabile il nucleo, ma questo al momento è irrilevante) e avviciniamo un altro elettrone, per fare il secondo atomo in ordine di complessità, l'atomo di elio. Anche questo secondo elettrone vorrebbe avvicinarsi il più possibile al nucleo, per rispettare la ben nota regola di pigrizia massima della natura, però...
Però oltre al solito principio di indeterminazione di Heisenberg c'è anche il Principio di Pauli. Il Principio di Pauli, di cui abbiamo parlato poco sopra, impedisce al nuovo arrivato di occupare la zona dove si è piazzato l'altro elettrone. Gli impedisce di "spalmarcisi" sopra, come il principio della massima pigrizia vorrebbe. Altrimenti ci sarebbero due elettroni nello stesso posto con le stesse proprietà, e questo fa molto arrabbiare Pauli.
E allora la natura dice al secondo elettrone: va bene, puoi stare assieme all'altro tuo amico nello stato di minore energia possibile, ma almeno qualcosa di diverso lo devi avere. E l'elettrone sceglie l'unica cosa che può avere di diverso dall'altro suo amico: lo spin. E ci si mette accanto ma con lo spin rovesciato! Sempre 1/2, ma "girando" in senso opposto. E quindi l'atomo di elio è obbligato dal Principio di Pauli a essere sostanzialmente diverso da quello di idrogeno.
Tavola periodica degli elementi. La posizione degli elementi riflette le loro proprietà chimiche, che a loro volta sono dettate dal Principio di Pauli |
E capiamo che se l'atomo di idrogeno, con quell'elettrone da solo all'esterno, cerca di acchiappare tutto quello che gli passa accanto, l'elio ha raggiunto la pace dei sensi e se ne fotte di tutto (lo chiamano "nobile", infatti). Non lo smuove nemmeno il Carbonio, che fa balotta con tutti.
Adesso, se vogliamo costruire altri atomi, man mano che aggiungiamo elettroni il principio di Pauli obbligherà i nuovi arrivati ad assumere caratteristiche sempre diverse in modo da non sovrapporsi mai con i precedenti. In pratica, quindi, permetterà ai vari elettroni di posizionarsi nel minore stato di energia possibile sempre compatibilmente con i livelli già occupati, creando livelli via via diversi. Quelli che in chimica si chiamano "orbitali".
Questo si traduce in una differenziazione tra i vari tipi di atomi, requisito essenziale per produrre la varietà della materia. Senza principio di Pauli tutti gli elettroni si sarebbero cacciati nella stessa configurazione più "basica", tutti spiaccicati il più vicino possibile al nucleo, come i fan di Springsteen sotto il palco, e in pratica tutti gli atomi sarebbero stati praticamente uguali, senza differenziarsi in modo sostanziale fra loro, e quindi senza avere la possibilità di legarsi in maniera diversa e peculiare con gli altri atomi. E voi non sareste qui a leggere questo meraviglioso blog! (e nemmeno io a scriverlo).
Perché gli atomi hanno carica elettrica zero?
Ce lo insegnano a scuola, no? La somma delle cariche elettriche degli elettroni dell'atomo compensa la carica elettrica del nucleo. D'altra parte la carica elettrica dell'elettrone è -1, e quella dei protoni che compongono il nucleo è +1, e ci sono tanti elettroni quanti sono i protoni e quindi è aritmetica elementare: la somma fa zero.
E sì, ma chi l'ha detto che la carica elettrica dell'elettrone deve essere esattamente uguale e opposta a quella del protone? Elettrone e protone sono due particelle molto diverse fra loro. Come dare per scontato che galline e condor abbiano lo stesso esatto numero di penne. Anzi, galline e condor hanno di sicuro più cose in comune che elettroni e protoni.
L'elettrone, da quello che ne sappiamo, non ha una sua struttura interna. E' una particella "elementare". Il protone invece è una particella composta da sottostrutture che chiamiamo quark e gluoni. L'elettrone è molto leggero, il protone è 2000 volte più pesante. L'elettrone non sente la forza nucleare, il protone invece sì. Quindi non esiste proprio nessun motivo ovvio per cui queste due particelle debbano avere cariche elettriche che si compensano alla perfezione, a parte certi estetismi (simmetrie, dicono i fisici) nelle leggi della natura. Piuttosto, il fatto che questo accada ci sta a indicare che forse, tutto sommato, non abbiamo capito che cosa sia questa proprietà che chiamiamo "carica elettrica" di cui parliamo tranquillamente.
Schema di un atomo. Il motivo per cui gli elettroni sono sempre azzurri e i protoni rossi resta tuttora un mistero. |
Un altro aspetto interessante e veramente speciale è inoltre che la carica elettrica è "esattamente" quel valore lì (noi diciamo + o -1, ma è una convenzione). Non è che un elettrone ha un pochino più di carica e un altro un po' di meno, e in media hanno carica -1. No, hanno tutti, ma proprio tutti, esattamente la stessa carica elettrica. Non si sgarra da quel valore, e questo rende gli elettroni tutti perfettamente identici. E lo stesso per i protoni.
In genere, qualunque oggetto costruiamo, sebbene fatto in serie nella catena di montaggio, se lo guardiamo in dettaglio notiamo minuscole differenze da esemplare a esemplare. Cinque micron di vernice in più in un punto, una minuscola bavetta di metallo che non è andata via, etc. Con gli elettroni o con i protoni, invece, e in generale con tutte le particelle del mondo microscopico, la natura ha prodotto un numero spropositato di esemplari tutti perfettamente identici nel vero senso della parola.
E' la differenza fra il mondo macroscopico e quello microscopico. Se così non fosse, se qualche elettrone venisse male, e se tra gli elettroni e i protoni ci fosse un piccolissimo sbilancio di carica, la materia non sarebbe elettricamente neutra, e formarne grandi aggregati diventerebbe impossibile. E il mondo sarebbe governato da enormi forze di attrazione o repulsione elettrica. E esistere sarebbe un problema.
Perché quando la luna è una piccola falce nel cielo, il resto del cerchio della luna è comunque un po' visibile?
La luna non ha atmosfera, e quindi il leggero chiarore visibile sulla parte non direttamente illuminata dal sole non può essere imputabile alla diffusione della luce solare da parte della sua atmosfera, che per l'appunto non esiste. La risposta è che quel debole chiarore che si vede sulla parte "buia" della luna viene dalla nostra terra. La terra riflette parte della luce del sole, e di riflesso illumina la luna. E' bello vedere una traccia dell'esistenza del nostro pianeta fuori nello spazio, anche se in modo indiretto. E' bello sapere che lassù, sulla luna, la notte in quel momento sarebbe rischiarata dalla terra. E' bello sapere che da lassù, dalla luna, se ci fosse qualcuno, in quel momento ci vedrebbe e direbbe: "guarda, stanotte c'è la terra piena!".
PS: Metto le mani avanti per i nerd. La "terra piena" sarebbe in realtà passata da uno o due giorni, perché si verifica quando dalla terra c'è luna nuova. Se dalla terra vediamo una piccola falce di luna, dalla luna vedono la terra "quasi" piena ma non completamente piena.
La luna non ha atmosfera, e quindi il leggero chiarore visibile sulla parte non direttamente illuminata dal sole non può essere imputabile alla diffusione della luce solare da parte della sua atmosfera, che per l'appunto non esiste. La risposta è che quel debole chiarore che si vede sulla parte "buia" della luna viene dalla nostra terra. La terra riflette parte della luce del sole, e di riflesso illumina la luna. E' bello vedere una traccia dell'esistenza del nostro pianeta fuori nello spazio, anche se in modo indiretto. E' bello sapere che lassù, sulla luna, la notte in quel momento sarebbe rischiarata dalla terra. E' bello sapere che da lassù, dalla luna, se ci fosse qualcuno, in quel momento ci vedrebbe e direbbe: "guarda, stanotte c'è la terra piena!".
PS: Metto le mani avanti per i nerd. La "terra piena" sarebbe in realtà passata da uno o due giorni, perché si verifica quando dalla terra c'è luna nuova. Se dalla terra vediamo una piccola falce di luna, dalla luna vedono la terra "quasi" piena ma non completamente piena.
Perché la luna durante l'eclissi totale (di luna) diventa rossa?
Durante l'eclissi di luna la terra si frappone fra sole e luna, e quindi la oscura. Però la luna non diventa completamente nera e invisibile, ma si colora di un bel rosso cupo. Perché? Per lo stesso motivo per cui al tramonto il sole diventa rosso. Infatti durante l'eclissi di luna i raggi solari vengono intercettati dalla terra, e per questo la luna si oscura. Però i raggi solari che attraversano l'atmosfera terrestre, che è solo un sottilissimo strato attorno alla terra, vengono diffusi così come avviene al tramonto. E come al tramonto la componente azzurra della luce visibile proveniente dal sole (le lunghezze d'onda più piccole) è diffusa maggiormente mentre quella rossa lo è molto meno, tanto da proseguire quasi in linea retta. Il risultato è che soltanto le lunghezze d'onda corrispondenti al rosso (quelle maggiori) arrivano sulla superficie lunare, da cui il suo colore durante le eclissi. Dalla luna vedrebbero la terra completamente nera, ma circondata da un sottile anello rosso.
Durante l'eclissi di luna la terra si frappone fra sole e luna, e quindi la oscura. Però la luna non diventa completamente nera e invisibile, ma si colora di un bel rosso cupo. Perché? Per lo stesso motivo per cui al tramonto il sole diventa rosso. Infatti durante l'eclissi di luna i raggi solari vengono intercettati dalla terra, e per questo la luna si oscura. Però i raggi solari che attraversano l'atmosfera terrestre, che è solo un sottilissimo strato attorno alla terra, vengono diffusi così come avviene al tramonto. E come al tramonto la componente azzurra della luce visibile proveniente dal sole (le lunghezze d'onda più piccole) è diffusa maggiormente mentre quella rossa lo è molto meno, tanto da proseguire quasi in linea retta. Il risultato è che soltanto le lunghezze d'onda corrispondenti al rosso (quelle maggiori) arrivano sulla superficie lunare, da cui il suo colore durante le eclissi. Dalla luna vedrebbero la terra completamente nera, ma circondata da un sottile anello rosso.
Luna rossa durante un'eclissi di luna |