Il principio di indeterminazione di Heisenberg è una delle stranezze della meccanica quantistica. Einstein stesso, sebbene sia stato fra quelli che posero le basi della descrizione quantistica del mondo microscopico, si ingegnò per anni con lo scopo di trovare un esperimento ideale che lo rendesse violabile. Ma non ci riuscì.
Il principio di Heisenberg afferma sostanzialmente che non possiamo conoscere contemporaneamente, con precisione arbitrariamente alta, la posizione e la quantità di moto di una particella (la quantità di moto, o impulso, è il prodotto della massa per la velocità della particella). Per qualche congiura della natura il prodotto dell'incertezza sulla posizione della particella moltiplicato per l'incertezza con cui conosciamo la sua quantità di moto sarà sempre maggiore di un certo valore minimo, che numericamente corrisponde alla costante di Planck diviso quattro pi greco (h-tagliato mezzi).
Oppure, in alternativa e in modo del tutto equivalente, la precisione con cui conosciamo l'energia di una particella moltiplicato l'intervallo temporale in cui questa misura è stata effettuata, è sempre maggiore della solita costante di Planck diviso 4 pi greco.
Quindi se misuriamo con estrema precisione la posizione di una particella, allora la sua velocità (il suo impulso) risulterà altamente indeterminata, in modo da garantire il rispetto della disuguaglianza.
Allo stesso modo una misura molto precisa dell'energia della particella si tradurrà in una grande indeterminazione dell'intervallo temporale durante il quale la particella aveva l'energia che abbiamo determinato. Oppure, in alternativa, una collocazione temporale molto precisa di una particella si traduce in un'alta incertezza della sua energia.
Potrebbe sembrare strano, ma le verifiche sperimentali del principio di indeterminazione sono sorprendentemente poche (fonte), nonostante esso rappresenti una delle leggi fondamentali della fisica.
Ma esiste un modo per vederlo direttamente al lavoro. Un modo comprensibile a tutti: un semplice grafico, il risultato di un esperimento, per vederne i suoi effetti pratici.
Alcuni anni or sono i fisici delle particelle al Cern hanno effettuato un esperimento per studiare una particella che si chiama Z-zero. La particella Z-zero è un ingrediente fondamentale di quello che viene comunemente chiamato Modello Standard delle Particelle Elementari, e è co-responsabile della cosiddetta Interazione debole. E' stata scoperta nel 1983 da Carlo Rubbia e collaboratori, e verso la fine degli anni 80 è stato costruito un acceleratore per studiarne le proprietà in dettaglio. L'acceleratore si chiamava Large Electron-Positron collider, comunemente chiamato Lep.
Il Lep accelerava ad alte energie elettroni e le antiparticelle degli elettroni, chiamati positroni in direzioni opposte, e poi li faceva scontrare fra loro (collidere, dicono i fisici). In questi urti venivano prodotte le particelle Z-zero.
Il trucco alla base del funzionamento del Lep stava nel poter decidere con grande precisione l'energia a cui far collidere gli elettroni e i positroni. In particolare si regolava l'energia di collisione in modo da renderla uguale alla massa della particella Z-zero, con un'incertezza di una parte su centomila. In questo modo la coppia elettrone-positrone, quando si trovava a contatto nell'urto, veniva ad assumere esattamente le proprietà della Z-zero, sia come massa che come tutte le altre sue proprietà (si chiamano numeri quantici, in gergo). E quindi, di fatto, elettrone e positrone, negli urti prodotti al Lep, si trasformavano direttamente in particelle Z-zero. Ogni urto una Z-zero.
La Z-zero, tuttavia, è una particella altamente instabile, e appena prodotta svanisce immediatamente. Decade - si dice in gergo - trasformandosi in altre particelle. Il tempo che intercorre tra l'urto e il decadimento della Z-zero, cioè il tempo in cui la Z-zero resta tale, è incredibilmente breve, qualcosa come 10 alla meno 25 secondi. Un decimilionesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo. Questo tempo è così incredibilmente breve che non c'è di fatto alcuna speranza di poter osservare direttamente la Z-zero "da viva", e tutto quello che possiamo studiare sono i suoi prodotti di decadimento, il modo in cui essa muore.
Quindi in sostanza abbiamo una coppia di elettrone-positrone che si scontra con un'energia ben definita, e da quel punto in cui avviene lo scontro vediamo saltar fuori altre particelle che sono il risultato del decadimento della Z-zero. Lo studio di come decade la Z-zero ci fornisce molte informazioni inerenti alla fisica di questa particella, ed è per questo che il Lep produceva collisioni con una frequenza di circa 1 al secondo, tanto da produrre in tutto svariati milioni di Z-zero.
Ma dove sta il principio di indeterminazione di Heisenberg in tutto questo? Beh, se avete notato, abbiamo detto che la Z-zero vive per un tempo brevissimo, circa dieci alla meno 25 secondi. Questo rappresenta un intervallo temporale brevissimo entro il quale la Z-zero può esistere, e che la natura ci fornisce gratis: in pratica quando osserviamo la produzione con successivo decadimento di una Z-zero stiamo osservando un fenomeno che in media dura dieci alla meno 25 secondi.
E queste deve farci drizzare le orecchie, perché un tempo così incredibilmente piccolo deve tradursi, secondo il principio di indeterminazione, in una corrispondente indeterminazione dell'energia della particella, ovvero della sua massa. In questo caso infatti energia e massa coincidono, perché la Z-zero è prodotta ferma (elettroni e positroni hanno infatti energie uguali e direzioni opposte, e quindi il loro centro di massa è fermo nel laboratorio). Quindi, se Heisenberg ha ragione, noi dovremmo osservare una indeterminazione nella massa della Z-zero.
Ma come si manifesta una eventuale indeterminazione della massa di una particella?
Per vedere questa cosa possiamo fare così. Possiamo decidere un certo valore dell'energia di collisione degli elettroni e positroni, l'energia del centro di massa a cui li facciamo scontrare, e far funzionare l'acceleratore per un po' in queste condizioni, e contare quante volte osserviamo la produzione di una Z-zero e il suo immediato decadimento. Poi possiamo cambiare di poco l'energia nel centro di massa a cui facciamo avvenire l'urto fra elettroni e positroni, e contare di nuovo quante Z-zero vengono prodotte. E poi cambiarla di nuovo, e ripetere la stessa operazione. Ovvero fare uno "scan" in energia. E cosa osserveremo alla fine? Il grafico qua sotto.
In questo grafico è riportato sostanzialmente il numero di Z-zero prodotte, (in termini di una quantità un po' più complicata che si chiama sezione d'urto, sigma-had, la quale tiene conto di tutte le complicazioni di cui bisogna preoccuparsi nel fare questa misura, ma per i nostri scopi possiamo pensare che sia il numero di Z-zero prodotte) in funzione dell'energia di collisione degli elettroni-positroni. I punti rossi, molto piccoli, sono i dati sperimentali dei 4 esperimenti che hanno raccolto questi dati: si chiamavano Aleph, Opal, Delphi e L3. La curva verde è quella che "fitta" i dati (interpola, in italiano) secondo la forma della curva prevista dalla teoria. In ascissa c'è l'energia del centro di massa, l'energia a cui facciamo scontrare elettroni e positroni.
Cosa impariamo da questo grafico? Impariamo che c'è un valore dell'energia di collisione in cui è massima la probabilità di produrre Z-zero, che è tra 91 e 92 GeV. Se però cambiamo di poco l'energia di collisione a destra e a sinistra di quel valore in corrispondenza del quale si ha il massimo della curva (il massimo delle Z-zero prodotte), osserviamo che produciamo ancora delle Z-zero, ma un po' di meno. E più ci allontaniamo da quel valore, meno ne produciamo.
Cosa significa questo? Ricordiamoci che noi stiamo regolando accuratamente l'energia di collisione tra elettroni e positroni in modo da renderla pari alla massa della Z-zero. E' questo che ci permette di produrla.
Beh, questo grafico ci dice che non esiste una massa definita della Z-zero. Ne esiste un valore più probabile, e altri meno probabili, in modo sostanzialmente simmetrico attorno ad esso. Se regoliamo l'energia di collisione entro i valori di questa curva a campana, possiamo sempre parlare di produzione della Z-zero. Il valore nominale della massa della Z-zero viene assunto essere quello dove si ha il massimo della produzione, ma poi esiste tutto un intervallo di valori di massa in cui la Z-zero continua a essere tale. Ovvero la sua massa è indeterminata, con un'incertezza corrispondente alla larghezza di questa curva. Il principio di indeterminazione di Heisenberg, appunto.
Bellissimo articolo
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