venerdì 25 novembre 2016

La mancanza di cultura scientifica

Viviamo in un mondo in cui i prodotti della scienza riempono la nostra quotidianità. Dai gadget elettronici, il gps, il web, senza dimenticare tutto quello che ha a che fare con la medicina. Se una volta la poliomielite era di casa e un'infezione poteva tranquillamente portarti nella fossa, e adesso questo non accade più, non è certo perché semplicemente ci laviamo di più le mani, come certi affermano, ma è piuttosto dovuto unicamente al progredire delle conoscenze scientifiche.

Eppure, nonostante ciò, mai come oggi è diffuso lo scetticismo verso la scienza, e il sospetto verso ciò che le ricerche scientifiche possono portare. Mai come oggi le convinzioni pseudoscientifiche, complice certamente la facile via della rete, si diffondono velocemente e vengono spesso assurte a alternative più credibili e affidabili. Basti pensare alle innumerevoli terapie alternative prive di qualunque costrutto e fondamento scientifico, dal cancro curabile nei modi più fantasiosi al metodo Stamina fino al diabete che si curerebbe con una semplice dieta, senza dimenticare i sedicenti previsori di terremoti, e le convinzioni più strampalate sul funzionamento della natura, dalla biologia alla fisica.

I polmoni d'acciaio per mantenere in vita i malati di poliomielite, in un'immagine degli anni 50, prima dell'introduzione del vaccino antipolio.

La colpa, si dice, è la "mancanza di cultura scientifica", che in Italia sembra essere un problema particolarmente serio e diffuso. La mancanza di cultura scientifica che ci fa preferire le bufale e le fregature alla scienza, perché della scienza non ne capiamo il linguaggio, il metodo, il modo di procedere, mentre il modo di proporsi delle pseudoscienze è per sua natura più diretto, apparentemente meno ambiguo, rassicurante e immediatamente comprensibile, e per questo accattivante. La scienza infarcisce le sue conclusioni con tutti quei "sembra", "è probabile", "non si può escludere", mentre la pseudoscienza non dubita mai (salvo dubitare della scienza) e per questo riscuote facili consensi.

E' vero, sono d'accordo anche io: in Italia manca cultura scientifica. Il problema sorge però quando si prova a proporre una soluzione a questo problema, ovvero cosa fare (o cosa non fare) per diffondere maggiormente la cultura scientifica tra il grande pubblico.

A questo punto non sempre i pareri sono concordi. Il motivo, secondo me, è che non si ha ben chiaro cosa significhi avere cultura scientifica. E invece, per risolvere un problema, normalmente bisogna prima conoscere il problema che vogliamo risolvere. A questo proposito voglio fare un esempio di cui sono stato diretto testimone, che secondo me sintetizza al meglio cosa significhi non avere cultura scientifica.

Anni or sono, nella zona in cui vivo, aveva preso piede vietare, il giovedì e la domenica, l'uso delle auto a targhe alterne in particolari fasce orarie, con l'intento di arginare il problema dell'inquinamento da polveri sottili. Essendo il divieto di usare l'auto una indubbia limitazione, la cosa aveva immediatamente scatenato il dibattito, e i sostenitori e i contrari al provvedimento avevano preso a sfidarsi sulle pagine dei quotidiani locali e nazionali. E quindi si leggevano frasi (cito a memoria) del tipo "è un provvedimento doloroso ma necessario", oppure "non serve perché la causa sono i tir, il riscaldamento, le fabbriche...", con tutte le varie sfumature di opinioni del caso.

Siccome anche il comune in cui abito aveva aderito al provvedimento, le amministrazioni locali avevano organizzato un incontro pubblico per spiegarne le ragioni. E io ero presente. Come prevedibile, si scatenò il dibattito su chi era a favore e chi era contrario al provvedimento. Chi lo riteneva necessario e chi lo riteneva inutile. Ognuno portava le sue motivazioni, tutte apparentemente valide e condivisibili.

Bisogna a questo punto sottolineare che l'Arpa, l'azienda preposta alle misure (tra le altre cose) sulla qualità dell'aria, mette in rete da sempre, giornalmente, le rilevazioni del livello di polveri sottili prese nelle varie centraline, in città e fuori dai centri abitati, per cui è possibile per chiunque, con pochi click, controllare se il provvedimento del blocco del traffico è efficace o meno, per esempio mettendo le misure in un grafico in funzione del tempo, magari correlando centraline in zone dove normalmente c'è traffico con quelle in aperta campagna, che sono ovviamente insensibili al blocco del traffico.  In un paio di dopocena uno si può quindi ricostruire la storia delle polveri sottili della propria città degli ultimi mesi, e magari metterla in relazione alle condizioni meteo giorno per giorno. Io lo avevo fatto.

La cosa strabiliante in tutto questo è che invece nessuno di quelli che avevano una posizione forte sul problema lo aveva fatto. A nessuno era venuto in mente di guardare i dati. Né a quelli che sostenevano convinti l'utilità, anzi la necessità del provvedimento, né a quelli che, con altrettanto ardore, ne indicavano l'assoluta inutilità. Ognuno portava motivazioni e dotti ragionamenti a supporto della propria tesi, ma a nessuno era balenata la cosa più ovvia e scontata: guardare le misure! Siamo così abituati ad anteporre le opinioni ai fatti di fronte a ogni tipo di problema, che ci dimentichiamo persino che possano esistere i fatti. Non siamo abituati ad essere consapevoli che l'opinione su un qualunque problema vale zero di fronte al dato, al numero, alla misura. Numero che a nessuno era venuto in mente di controllare. E è paradossale che nemmeno i più contrari al provvedimento, che spiattellando il grafico sotto il naso dell'amministratore avrebbero vinto a mani basse, avevano avuto l'ardita intuizione di consultare le misure e anteporle alle loro opinioni. La prova evidente di quanto poco siamo abituati ad affrontare i problemi nel modo che invece, nella scienza, rappresenta la norma.

Ecco, questo fatto, a mio parere, sintetizza al meglio cosa significhi non avere cultura scientifica. Non comprendere la differenza fra opinione e dato di fatto e perdere tempo a discutere a colpi di "secondo me" quando le misure, pubbliche, mostrano inequivocabilmente, in questo caso specifico, che il livello di polveri sottili se ne infischia altamente dello stop al traffico, per lo meno attuato con quelle modalità, tra targhe alterne, fasce orarie, euro 3, 4 e 5, permessi speciali e furbetti. Questo fatto secondo me è emblematico dello spirito antiscientifico che ci permea, seppure in modo totalmente inconsapevole. E' il medioevo riportato pari pari nel nuovo millennio. E' il Cardinale Bellarmino di fronte alle immagini del telescopio di Galileo, che antepone le sue convinzioni all'immagine dei satelliti di Giove.

E allora come fare?

Innanzitutto bisogna avere chiaro che la mancanza di cultura scientifica non è, come certi credono, non sapere di scienza. Si può essere studiosi umanisti e avere ugualmente una profonda cultura scientifica. Avere cultura scientifica non è sapere come sono fatti gli atomi o le galassie, i quark, il genoma, o essere esperti di computer. Magari può aiutare, ma non è indispensabile. Avere cultura scientifica significa capire il linguaggio e i metodi della scienza, e far sì che essi appartengano alla nostra cassetta degli attrezzi, sia che si parli di quark, di vaccini o di stop del traffico alle targhe alterne.

Avere cultura scientifica significa possedere la piena consapevolezza che l'opinione deve soggiacere al dato, al numero, e che il risultato delle misure deve guidare l'opinione, e non il contrario. E' l'importanza dei fatti, così ignorata sia quando si parla di scienza che di altri eventi di importanza sociale, politica o culturale.

Avere cultura scientifica significa comprendere il linguaggio della scienza. Ad esempio significa sapere che la scienza non può per sua natura escludere categoricamente che un fenomeno possa avvenire, e quindi non potrà mai dirci "assolutamente sì" oppure "assolutamente no", come invece fanno le pseudoscienze. Ma allo stesso tempo significa comprendere cosa implichi il fatto che un certo fenomeno non sia mai stato osservato. E quindi se leggiamo che nessuno studio evidenzia la nocività dei cellulari questo vuol dire, tanto per capirci, che non si esclude in modo categorico che i cellulari possano essere nocivi, ma allo stesso tempo, se non sono mai stati osservati danni alla salute, allora i cellulari non possono far male così a capocchia come certi invece affermano.

Avere cultura scientifica significa avere la consapevolezza che per fare scienza è necessario avere un bagaglio di competenze e di conoscenze che non si improvvisano. Significa avere ben chiaro che se non si è esperti di un dato settore, e se magari di lavoro si fa tutt'altro, non c'è verso che le nostre opinioni su un tema tecnico/scientifico possano competere con quelle di chi su quel tema ci lavora da una vita. Non basta informarsi, perché per quanto ci possiamo sentire dotti sull'argomento, dobbiamo farcene una ragione: gli esperti, in quanto tali, alle nostre obiezioni ci avevano già pensato da un bel po'.

E allora come incentivarla, come incrementarla, questa benedetta cultura scientifica? Non lo so, o meglio ho alcune idee in proposito, di cui parlerò poi, ma so per certo cosa è inutile, cosa non serve.

Per cominciare, la cosa più inutile per diffondere la cultura scientifica è infarcire i programmi scolastici di nozioni di scienza, dalla fisica moderna alle frontiere della genetica e della biologia, facendo studiare di tutto, fino alle scoperte fatte ieri pomeriggio.

Prendiamo il programma di fisica del liceo scientifico. Sulla carta c'è tutta la fisica, compresa la relatività, la meccanica quantistica, la fisica subnucleare, il Modello Standard, i raggi cosmici e il Bosone di Higgs. Segno evidente che chi ha pensato questi programmi è al massimo un nerd, ma sicuramente non è uno che ha la cognizione di quello su cui ha preso decisioni.

Sì perché per comprendere effettivamente l'importanza della meccanica quantistica o delle recenti scoperte della fisica, ci vogliono basi matematiche e conoscenze approfondite che al liceo non si hanno e non si possono avere. Non solo, ma bisogna avere veramente assimilato nel profondo ciò che chiamiamo fisica classica.  E senza quelle basi matematiche e quel solido background che vorrei chiamare "culturale", la meccanica quantistica e tutto il resto diventano soltanto una lettura alla Focus. Una storiella, dove un giorno i fisici, non si capisce bene perché, hanno deciso che l'atomo si comportava in un certo modo etc etc.  Una storiella magari anche interessante, ma niente di più di un'ulteriore nozione.

Non è quindi forse meglio fare meno, ma farlo meglio, e far approfondire non i dettagli e i chiacchiericci, ma i concetti fondamentali, ma soprattutto l'approccio ai problemi? Quei concetti che invece vengono sorvolati perché il target primario è riuscire a finire un programma vasto in modo ridicolo? L'acquisire cultura scientifica passa innanzitutto attraverso il ragionamento, e non il sapere la favoletta sull'elettrone che non riesci a localizzarlo, e il ricordarsi a memoria la formula dell'energia dell'atomo di Bohr o le trasformazioni di Lorentz. E' inutile fare tonnellate di esercizi di fisica se poi nessuno ti fa notare il fascino della fisica. Sarai bravo a fare gli esercizi (ma in realtà non lo sarai mai abbastanza), ma non avrai capito la fisica, e la logica che ha portato a costruire le leggi della natura come le conosciamo.

E infine, per capire come funziona la scienza, bisogna fare tonnellate di laboratori. Solo misurando, non importa cosa, ma misurando e ragionandoci poi sopra assieme, discutendo sulle scelte, sulle approssimazioni, su cosa influisce sulla precisione della misura, si capisce come funziona la scienza. Lo scopo del laboratorio non deve essere quello di fare una bella relazione, ma di capire il metodo. Secondo me, almeno per i primi due anni del liceo, fisica dovrebbe essere soltanto laboratorio! Lo spirito critico, che è alla base della cultura scientifica, si sviluppa sbattendo il naso con il problema di misurare qualcosa quando ci sono tanti fattori che remano contro, che mescolano le carte, e fare misure in laboratorio è l'unico modo.

E infine un suggerimento che potrà sembrare apparentemente fuori luogo, ma di cui sono straconvinto, su come sviluppare il ragionamento e lo spirito critico, che è l'ingrediente fondamentale della cultura scientifica: riscoprire, fin dalle elementari, la scrittura! I temi, i riassunti, le ricerche, in cui la stampa da computer e il cut and paste sono tassativamente vietati! Un foglio bianco da riempire con i pensieri usciti dalla propria testa. Una ricerca come si usava quando ero bambino, che implica leggere un testo, CAPIRLO, e riassumerlo con parole proprie. Comprensione e sintesi, ovvero il nocciolo del metodo scientifico! Se non si fa questo esercizio con un testo in lingua italiana, imparando a comprenderlo e sintetizzarlo, come si può pretendere di apprezzare i risvolti e le implicazioni nascoste delle trasformazioni di Lorentz o della legge di Lenz?

E quindi un suggerimento: basta con queste schede precompilate, dove se vuoi scrivere qualcosa hai al massimo due righe di spazio, basta con le risposte multiple, le crocette e le fotocopie, che se c'è un responsabile della deforestazione globale è la scuola italiana dell'obbligo. Basta con le verifiche solo scritte, di materie tradizionalmente orali. Riscopriamo le interrogazioni, dove se non sai parlare o se usi parole scelte a caso lo capisci anche tu sul momento, e non solo perché la prof te lo ha segnato in rosso.  Imparare a porsi in modo critico di fronte alle cose, che è poi l'ingrediente alla base della cultura scientifica, alla fine non è poi un'impresa così difficile.





6 commenti:

  1. .....ho letto "a campione" ed ho letto tante cose che mi piacciono !

    Nicola

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  2. E si ho anch'io un mini blog http://www.dimidium-physicus.xyz
    ho utilizzato uno spazio che avevo da tempo ma non utilizzavo...non credo che arriverò ai tuoi livelli...sei sempre un mostro...dove lo trovi il tempo....?!? ricercatore, marito, padre, fotografo, musicista, astronomo dilettante, "blogger"...dove lo trovi il tempo ?!? Ovviamente nel mio "coso" troverai qualche annotazione che direi a carattere "metafisico" piuttosto che religioso che magari non ti piacerà...ma fa parte di me da sempre non cambierò certo in avanzata senescenza...a presto vecchio mio...Nicola

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  3. Aaargh! Lentz! Urge correzione.

    In realtà, si potrebbe fare una discreta quantità di meccanica quantistica, anche al liceo, con esercizi, mettendone in luce gli aspetti più controintuitivi. Ma che il "programma" (anche se non si chiama più così) del liceo è ipertrofico (mentre scende sempre più il livello in ingresso degl studenti) è un dato di fatto. Purtroppo quest'anno ci sarà quasi sicuramente fisica nella seconda prova dell'Esame di Stato e le simulazioni che girano fanno paura per contenuto, complessità anche formale (derivate, integrali ed equazioni differenziali: nientemeno). Con questa situazione, dare all'insegnamento liceale della fisica la giusta dimensione culturale è impossibile.

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  4. Sono in pieno accordo sulla importanza dell'esperienza di laboratorio e credo che sia fondamentale far capire ai ragazzi in quale modo nel tempo, i filosofi prima e gli scienziati poi, abbiano costruito un metodo di indagine per conoscere la realtà che ci circonda. Penso che un sistema interessante possa essere anche quello di proporre in maniera didattica, la vita di grandi scienziati e pensatori che hanno contribuito a costruire i processi conoscitivi con i quali si sono per così dire svelati molti dei misteri del mondo fisico

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  5. Mi maturai nel 1968, Liceo Classico. Conservo ancora qualche testo scolastico. Allora erano i tempi di Liceo Classico...classico: 2 ore alla settimana di Matematica e Fisica per il triennio finale. Le lezioni di Fisica, però, si svolgevano quasi esclusivamente in laboratorio: piano inclinato, caduta dei gravi nel vuoto, termologia, gas, pressioni...tutto sui banchi del laboratorio, con qualche formula finale, molto semplice, tanto da ricordarla facilmente. Il dono che mi diede il vecchio Prof. Clemente? La curiosità! La curiosità di approfondire: cosa che ho fatto negli anni, pur svolgendo una professione totalmente avulsa da formule e teoremi. Aprivo ieri i testi dei miei figli ed oggi quelli dei miei nipotini (elementari): restavo basito allora per gli uni, resto basito oggi per gli altri. Gigantismo nozionistico assurdo: non esiste il tempo materiale perché venga loro insegnato e fatto capire il contenuto dei testi. In più, ricalco smarcell, nessuno chiede loro di ripetere con parole sue i concetti, giusto per capire se hanno capito e se sanno parlare. Per ovviare a questo, e qui mi fermo per non tediare, obbligavo i figli ed ora i nipoti ad un semplice esercizio: descrivere a parole un banale oggetto quotidiano, che so...una matita, come se dovessero fornirne l'immagine mentale ad un cieco. Confesso di aver perso parecchi punti nella loro considerazione...

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