Per chi crede che la fisica delle particelle non sia scienza
A volte, su gruppi social di interesse scientifico, capita di leggere interventi sprezzanti di non esperti del campo, ma che si definiscono "studiosi della materia", che affermano che la nostra comprensione dei fenomeni legati alla fisica delle particelle sia sostanzialmente illusoria, e che in realtà ci siamo costruiti un modello ad hoc in cui abbiamo finito per credere acriticamente.
Per rispondere a queste affermazioni, e per sottolineare quanto esse siano distanti dal vero, questa è la storia di come i dati raccolti alcuni anni fa in una serie di esperimenti abbiano portato a due previsioni teoriche portentose, poi puntualmente verificate dagli esperimenti. Previsioni teoriche che mescolano assieme misure sperimentali di grande precisione e calcoli teorici basati sulla teoria dei campi, e quindi sulla meccanica quantistica. Il tutto a ricordarci che il modello che usiamo per descrivere la fenomenologia delle particelle elementari, il cosiddetto Modello Standard, sebbene concettualmente incompleto (e i fisici delle particelle sono i primi a dirlo) è tutt'altro che una illusione, tutt'altro che uno strumento creato ad hoc in cui gli stessi fisici hanno poi finito per credere, ma è, nel suo ambito, la quintessenza del metodo scientifico, perché permette di effettuare previsioni numeriche verificabili dagli esperimenti.
La storia che voglio raccontare inizia nel 1989, con l'entrata in funzione di un acceleratore del Cern chiamato LEP, Large Electron-positron Collider, un anello di 27 Km installato nel tunnel che adesso ospita l'acceleratore LHC, in cui venivano accelerati e fatti collidere frontalmente elettroni e positroni, questi ultimi le antiparticelle degli elettroni.
Il LEP ha funzionato fino al 2000, raccogliendo una grande quantità di dati, la prima parte dei quali, dal 1989 fino a tutto il 1995, riguardava lo studio dettagliato di una particella neutra chiamata Z, ritenuta responsabile di una categoria di fenomeni imputabili alle interazioni deboli.
Senza entrare nei dettagli, al LEP i quattro esperimenti che raccoglievano dati hanno osservato milioni di decadimenti di Z ciascuno, con lo scopo di studiarne nei dettagli le proprietà, e confrontare le osservazioni sperimentali con le relative previsioni teoriche basate sul Modello Standard. E qui viene il bello della storia.
Il modello Standard lo si può immaginare come una macchina con tante manopole, diciamo una ventina. Ognuna di queste manopole si riferisce a un parametro del Modello che non è direttamente calcolato dal modello stesso, ma deve essere misurato indipendentemente, e poi inserito come input dall'esterno. Le manopole, in pratica, servono a dare in input al Modello Standard il valore di quei parametri che non vengono previsti dal modello stesso: la massa delle particelle fondamentali, ad esempio, o le costanti di accoppiamento, tipo la carica elettrica, la costante delle interazioni forti etc. La nostra macchina è in pratica un simulatore della fenomenologia del mondo delle particelle subatomiche che è in grado di calcolare (e quindi prevedere) il valore di quantità misurabili dagli esperimenti, utilizzando il formalismo matematico della teoria. Tutto questo a patto di sintonizzare correttamente le manopole che rappresentano il valore di questi parametri esterni.
Per riprodurre con questa macchina le caratteristiche osservate della particella Z, alcune manopole sono quasi del tutto ininfluenti, nel senso che le puoi posizionare un po' come capita (si fa per dire), e l'effetto finale è di poco conto. Altre manopole, invece, conosciamo già molto bene come posizionarle, perché abbiamo già misurato quelle quantità con sufficiente precisione in altri esperimenti. Altre manopole ancora, invece, all'epoca del LEP non sapevamo proprio come posizionarle, perché si riferiscono a quantità il cui valore non era ancora noto. Non solo, ma quelle manopole in certi casi necessitano di un aggiustamento molto fine, e basta spostarle di poco che la macchina ti fornisce previsioni sballate, e ti riproduce una particella Z con caratteristiche che non hanno niente a che vedere con ciò che effettivamente si misura. E queste sono le manopole più interessanti.
Le manopole più interessanti, in pratica, sono quelle che hanno effetti importanti variando anche solo di poco la loro posizione. Tra queste, nel 1995, la più rilevante era la manopola che assegnava il valore della massa del quark top, all'epoca ancora ignoto. Ci sono poi anche altre manopole di una certa importanza, tipo quella che decide il valore della costante di accoppiamento delle interazioni forti, o elettromagnetiche. E poi c'è la manopola che assegna il valore della massa del Bosone di Higgs, all'epoca pure sconosciuto. Altre manopole, in questo contesto, come dicevo sono abbastanza irrilevanti, anche perché il loro valore è noto con sufficiente precisione per lo scopo che ci interessa.
Dal punto di vista fisico la dipendenza delle quantità osservate da tutti questi parametri (cioè dalla posizione delle manopole) passa attraverso fenomeni prettamente quantistici che si chiamano "correzioni radiative". Le correzioni radiative sono processi che impattano sul calcolo del valore delle quantità osservabili, tipo le modalità di decadimento della particella Z, alterando di un po' il risultato della previsione teorica che si otterrebbe ignorandole.
La cosa veramente importante e interessante è che nonostante al LEP non ci fosse energia sufficiente per produrre (e
quindi osservare direttamente negli esperimenti) particelle come il
quark top o il Bosone di Higgs, che sono le due particelle più pesanti nella fauna delle particelle note, la presenza degli effetti quantistici che stanno dietro le correzioni radiative rendevano le previsioni teoriche degli osservabili (cioè l'output della nostra macchina) fortemente sensibili al valore della massa di queste particelle. In pratica queste particelle, estremamente pesanti e non producibili alle energie del LEP, manifestavano comunque la loro presenza sulle quantità misurabili tramite gli effetti quantistici.
In pratica, quindi, il problema diventava quello di aggiustare al meglio le manopole della massa del quark top e della massa del bosone di Higgs per riprodurre al meglio tutto l'insieme delle quantità osservate. A questo punto il valore della massa del top e dell'Higgs utili allo scopo diventavano automaticamente le previsioni teoriche del valore di questi due parametri ignoti nell'ambito del framework matematico del Modello Standard. Il tutto grazie alla presenza delle correzioni quantistiche.
Tuttavia l'impatto del valore della massa del quark top sulla previsione delle quantità ossrvabili al LEP è molto maggiore del corrispondente impatto della massa dell'Higgs. Il motivo è che il contributo della massa del quark top nelle correzioni radiative appare in termini che sono proporzionali al quadrato della massa del top, mentre l'analogo contributo della massa dell'Higgs è proporzionale al logaritmo della massa dell'Higgs. E si sa che il logaritmo varia molto più lentamente del quadrato.
Questo vuol dire, in soldoni, che una piccola incertezza sulla massa del quark top ha un effetto significativo sulle previsioni delle quantità osservabili effettuate dalla macchina Modello Standard, mentre una incertezza del valore della massa del bosone di Higgs relativamente grande (addirittura anche un centinaio di GeV) ha comunque un impatto modesto, perché smussato dalla dipendenza logaritmica. Siccome nel 1995 nessuna delle due quantità appena menzionate era mai stata ancora misurata (il quark top era cercato attivamente al Tevatron, vicino Chicago, dagli esperimenti CDF e D0, mentre il Bosone di Higgs, sebbene cercato da anni, verrà osservato direttamente soltanto nel 2012 a LHC), si decise di posizionare la manopola della massa del bosone di Higgs a un valore "più o meno ragionevole", pari a 300 GeV (dal 2012 sappiamo che il valore corretto è 125 GeV), confidenti che la scelta non avrebbe inficiato più di tanto le previsioni della nostra macchina. In pratica, nei calcoli, metterci una massa dell'Higgs di 300 GeV o di 200 o di 400 non implicava un effetto così evidente rispetto a sbagliare anche di poco il valore impostato della massa del quark top.
A quel punto l'unico parametro realmente impattante, l'unica manopola la cui regolazione fine avrebbe avuto un effetto rilevante nelle previsioni degli osservabili, restava la massa del quark top. E quindi si è cercato quel valore della massa del quark top che ottimizzasse al meglio e simultaneamente tutte le previsioni teoriche di tutte le quantità osservabili, in modo da minimizzare le loro differenze rispetto alle corrispondenti quantità misurate dagli esperimenti LEP. Si è fatto quello che in gergo tecnico si chiama un "fit", una minimizzazione. Il risultato di questo fit era la posizione della manopola "valore della massa del quark top" che ottimizzava l'accordo fra previsioni della macchina (le previsioni teoriche) e risultati sperimentali.
Questo discorso si capisce bene dalla figura qua sopra, che mostra 11 grafici, in ognuno dei quali è riportato come varia la previsione teorica del corrispondente osservabile misurato, a seconda della massa del quark top usata come input nel Modello Standard, massa del top che all'epoca era sconosciuta. Nella stessa figura si vede anche la corrispondente misura sperimentale (con relativo errore in giallo) di ciascun parametro.
Prendiamo ad esempio la prima figura in alto a sinistra. Essa riporta, con la barra gialla, il valore misurato di Gamma_Z, la larghezza della particella Z, ovvero uno dei parametri misurati sperimentalmente al LEP, con relativa incertezza sperimentale. La linea nera centrale è il valore misurato, l'ampiezza della barra gialla rappresenta l'incertezza sperimentale, a sinistra e a destra del valore misurato. Gamma_Z è misurato in modo abbastanza preciso, ma altri parametri, come si vede dagli altri grafici, hanno misure meno precise, e quindi la banda gialla in quei casi è più larga. Nel nostro caso Gamma_Z è circa 2.5 GeV, con una piccola incertezza.
A questo punto vediamo cosa ci prevede la teoria (la nostra macchina con le manopole) per Gamma_Z. La previsione dipende fortemente da come posizioniamo la tacca della manopola relativa al valore della massa del quark top. La banda grigia riproduce infatti la previsione teorica di Gamma_Z al variare del valore di M_top, riportato nella scala in ordinata. Il fatto che la banda sia larga, e non una semplice linea, è dovuto al fatto che ci sono piccole incertezze aggiuntive legate alla posizione di tutte le altre manopole, che in questo caso contano poco, ma un po' contano, e in pratica sbrodolano la banda grigia, che idealmente dovrebbe essere una semplice linea. La zona in cui la banda grigia (cioè la previsione di Gamma_Z da parte dell Modello Standard) incontra la banda gialla (cioè la misura sperimentale) ci fornisce l'intervallo di valori più probabili per la massa del quark top. Il valore della massa del quark top che riproduce al meglio il valore di Gamma_Z misurato è tra 150 e 200 GeV, come si vede dalla figura.
Ovviamente per altre quantità questo giochino fornisce risultati un po' diversi per la nostra massa del top. Per forza, ci sono gli errori sperimentali! In più alcune misure sono più precise di altre, e alcuni parametri sono più o meno sensibili di altri al valore della massa del quark top.
Ad esempio nella terza figura in alto da sinistra, il valore ottimale sembra essere attornoe a 150 GeV, e così via. Il modo di tenere conto di tutti questi aspetti è appunto quello di fare una minimizzazione, cioè utilizzare simultaneamente tutte queste figure, ovvero le misure sperimentali di tutte queste quantità, con le relative incertezze sperimentali, per determinare il valore della massa del quark top che riproduca al meglio, con il miglior compromesso, tutto l'insieme delle misure. Un fit, in gergo. Questo processo tiene conto delle incertezze sperimentali, e ci offre la migliore previsione teorica della massa del top, il cui valore era sconosciuto all'epoca del LEP.
Il quark top fu osservato direttamente soltanto nel 1994, all'acceleratore Tevatron vicino Chicago, negli Stati Uniti. La sua massa, oggi misurata con ottima precisione, è di circa 173 GeV. Nella figura qua sotto i punti neri indicano le misure dirette, mentre la banda azzura rappresenta la previsione indiretta, a partire dalle correzioni radiative basate sui dati del LEP (non solo del LEP, in verità, ma le misure del LEP furono assolutamente determinanti). Si vede come la teoria avesse già previsto in che intervallo di massa andare a cercare il quark top.
Bibliografia:
Gfitter: Results for the Global Electroweak Standard Model Fit
The LEP Elewctroweak Working Group
Veramente illuminante e ben banalizzata. Complimenti.
RispondiEliminaGianpiero
Questa interpretazione ci voleva: argomento trattato molto bene e meglio l’utilizzo della banalizzazione efficace. Complimenti
RispondiEliminaPosso capire le critiche all'astrofisica, ove fare esperimenti in laboratorio risulta "complesso", ma pure la fisica delle particelle viene vista come poco scientifica? Ma da chi?
RispondiEliminaNonostante i miei limiti nella comprensione di questi affascinanti argomenti di fisica trovo la lettura piacevole, attraente. Complimenti
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