venerdì 3 maggio 2019

Il futuro dell'omeopatia

Un personale suggerimento alle case produttrici di prodotti omeopatici


Per comprendere a fondo questa proposta innovativa e rivoluzionaria, è necessario prima riassumere come si confezionano i prodotti omeopatici. 

Innanzitutto si prende un principio attivo, che tipicamente ha il nome di quelle cose da film di Henry Potter, tipo Anacardia Voluptuosa, oppure Ledum Palustre. L'idea alla base, ammesso che ce ne sia una, è che il simile cura il simile. Hai difficoltà a digerire? Ti prendi un po' di Guanciales Amatricensis, che però deve essere estremamente diluito. Non dormi? Basta un po' di Coffea Cruda diluitissima (questa esiste davvero), e così via.  Vabbè, non stiamo a questionare sul fatto che non esiste uno straccio di prova che il simile cura il simile (il dolore di un calcio nei maroni non è mai passato con un altro calcio nei maroni dato più piano). Non è questo il punto.


Come avviene la diluizione? Il processo è ben noto: prendo una parte di principio attivo, e lo metto in 100 parti di acqua, e scuoto per bene. Poi di quello che ho ottenuto ne prendo un centesimo, e ci aggiungo 100 parti di acqua, e così via, per molte volte. La chimica di base, sconosciuta ai tempi di Hahnemann (l'inventore dell'omeopatia) ci dice che, dopo 12 diluizioni di questo tipo, la probabilità che nell'intero preparato ci sia una sola molecola di principio attivo è sostanzialmente pari a zero. Questo perché una mole di una sostanza (che è una "ragionevole" quantità macroscopica di materia) contiene un numero di molecole pari al Numero di Avogadro, 6.023 x 1023. Quindi, se e a ogni diluizione ottengo una mole di principio attivo e acqua, ogni volta diluito di un fattore 102, già dopo 12 diluizioni avrò mediamente tolto tutte le molecole di principio attivo. E molti prodotti omeopatici arrivano tranquillamente a 30 diluizioni, ma se ne trovano anche con 100 diluizioni (CH30 e CH100).

Ma non importa, perché - dicono gli omeopati - nello scuotimento l'acqua si ricorda del principio attivo. E' così semplice!

Su questo ci torniamo fra un attimo. 

Prima bisogna chiarire una cosa importante: lo scuotimento. Lo scuotimento va innanzitutto fatto su una Bibbia. Ebbene sì, questo dice Hahnemann.  Ci si chiede se alla Boiron avranno messo le Bibbie nella catena di montaggio. E un musulmano che volesse curarsi con l'omeopatia, come fa? Ci sarà una linea speciale che sbatte i preparati sul Corano, oppure per un musulmano l'omeopatia non può funzionare per questioni di principio?

E' comunque curioso e istruttivo il motivo per cui Hahnemann sosteneva che bisogna shakerare i preparati a ogni diluizione. Non è per mescolare bene, come ingenuamente si potrebbe credere. L'arguto medico, che in quanto a acume non era secondo a nessuno, si era accorto che quando andava in carrozza a casa dei malati per portare la medicina, i malati guarivano più facilmente (fonte). E a cosa imputò questa differenza, il nostro fior fiore di scienziato? All'effetto placebo, direte voi? Al fatto che se un medico ti fa la diagnosi di persona, auscultandoti e palpandoti, e poi dandoti lui stesso la medicina (siamo nel 1700), è meglio che per interposta persona? Che ti infonde maggiore fiducia, e che quindi ti predispone psicologicamente alla guarigione? Che una diagnosi dopo una visita accurata è meglio che una diagnosi via whatsapp? 

Macché! Il nostro acuto osservatore conclude che il merito della maggiore efficacia dei farmaci è che quando lui va dai pazienti in carrozza, i farmaci vengono sballottati! E quindi - genio! - sbattendoli ogni volta chissà che portento di medicine diventeranno! E già che ci siamo, sbattiamoli su una Bibbia, che affidarsi al Padreterno non guasta mai. Che spettacolo eh? Chi crede all'omeopatia crede a questo.
 
C'è poi da dire una cosa. Siamo nel 1700, e non si aveva idea dell'esistenza dei virus, né dei batteri, la chimica era alchimia, l'igiene e i disinfettanti te li raccomando, e la fisiologia umana era ancora un territorio sostanzialmente sconosciuto. In questo contesto, spesso la cura chiamiamola "tradizionale" poteva essere peggiore del non fare niente. George Washington, presidente degli Stati Uniti, e quindi uno che certamente era seguito dai migliori medici dell'epoca (era il 1799), ammalato di laringite, morì per disidratazione in seguito ai continui salassi (fonte), che all'epoca si credeva avrebbero portato via il morbo. Se non gli avessero fatto nulla, probabilmente alla fine sarebbe guarito. Quindi non stupisce affatto che i preparati di Hahnemann, che non contenevano nulla al loro interno se non acqua, scossi o non scossi dalle carrozze, a volte fossero più efficaci delle cure fantasiose e spesso pericolose in voga all'epoca.

Ma torniamo al nostro preparato omeopatico.

A questo punto, siccome il numero di Avogadro non è un'opinione, e che dopo una dozzina di diluizioni 1 a 100 è incontrovertibile anche per gli omeopati che il numero di molecole di principio attivo contenute nel preparato diventi zero, questi ultimi, in tempi recenti, si sono inventati la memoria dell'acqua. Quindi sì, il principio attivo dopo tante diluizioni scompare del tutto, ma le molecole d'acqua si ricordano comunque di essere entrate in contatto con esso, e ne assumono le proprietà. E a quel punto il gioco è fatto. Che poi non è neanche vero che le molecole d'acqua sono entrate in contatto col principio attivo, perché in una diluizione a CH30 o maggiore, comunissima nei prodotti omeopatici, le molecole d'acqua del preparato finale il principio attivo non l'hanno mai visto! Ma ovviamente, dicono gli omeopati, le molecole d'acqua, anche se nessuna di esse è mai entrata in contatto col principio attivo, si tramandano il ricordo delle prime molecole, che hanno avuto la fortuna di incontrare la salmastra gauduriosa iniziale. Tutto chiaro, no? E' scienza di frontiera, questa!

Peccato che gli esperimenti realizzati smentiscano categoricamente che l'acqua abbia memoria (fonte).

Che poi uno a questo punto dovrebbe chiedersi come mai una molecola d'acqua si ricordi di una molecola dal nome ridicolo con la quale è entrata in contatto per pochi secondi mentre la sbattevano su una Bibbia, e non abbia invece ricordo di tutte le altre schifezze con cui è entrata in  contatto nella sua storia: virus, batteri, streptococchi, colibatteri fecali, inquinanti di tutti i tipi, rum per mojiti, sciacquature di piatti, olio di palma, etc. La scienza omeopatica, su questo aspetto, tace.

Comunque, a parte questi cavilli, il problema sorge quando vogliamo mettere il preparato omeopatico dentro una pillola, che tipicamente è una pallina di zucchero. Come facciamo, dato che il nostro preparato curativo è una boccia d'acqua? Come si trasferisce il potere curativo dell'acqua omeopatizzata in una pasticca?

Semplice: spruzziamo l'acqua sulla pasticca! 

Però... scusate un attimo! Ma anche ammesso che l'acqua si ricordi del principio attivo (che non è vero, ma supponiamo!), l'acqua nella pasticca evapora! E con essa il ricordo del medicamento! E se dubitate di questo, uno dei più venduti farmaci omeopatici in assoluto, messo in commercio da uno degli zuccherifici con maggior fatturato al mondo, in un rigurgito di onestà, sulla sua etichetta riporta: una pasticca di 1 g contiene: zucchero 1 g (fonte). Più chiaro di così!

E allora come facciamo, se l'acqua che si ricordava del principio attivo se ne è andata in giro per l'atmosfera, e il nostro grammo di pasticca è in realtà solo un grammo di zucchero?

Ma è semplice, su! Emmammamia, quanta pignoleria! In quel breve tempo in cui l'acqua è stata spruzzata sulla pasticca, giusto prima di evaporare e scomparire nell'aere, le sue molecole, veloci come lepri, hanno comunicato alle molecole di zucchero il ricordo del principio attivo con cui non loro, ma altre molecole d'acqua erano entrate in contatto! Ma è così ovvio, no?! E' fisica e chimica di base, questa, su!

Ebbene sì, gli omeopati, i medici omeopati, che per diventare medici hanno studiato e dato esami di chimica, biologia, farmacologia, e anche un bel po' di altra roba, credono a questo. Non solo alla storia della shakerata sulla Bibbia, ma anche che le molecole di zucchero si ricordano di un principio attivo con cui non sono mai entrate in contatto, perché il ricordo è stato loro tramandato da molecole d'acqua le quali, neanche loro, sono mai entrate in contatto con questo principio attivo. Spettacolare, direi. 

A questo punto, però, ecco il suggerimento per le ditte produttrici di prodotti omeopatici. Con grande senso di altruismo, lo dispenso gratis.

Cari zuccherifici, perché fare tutta questa pagliacciata delle pilloline? La spruzzatina dell'acqua, la catena di montaggio, etc etc? Se le molecole i ricordi se li passano così facilmente (solo i ricordi belli, ovviamente), dal principio attivo all'acqua, dall'acqua all'altra acqua, e dall'altra acqua allo zucchero, perché non vendere una boccetta piena d'aria e basta? Quell'aria che è stata a contatto con l'acqua etc etc? Perché lo zucchero dovrebbe ricordarsi dell'acqua, e l'aria no? O il semplice contenitore di vetro?

E quindi il mio suggerimento è "the ultimate homeopathy": boccette vuote, contenenti aria che è stata in contatto con l'acqua che è stata in contatto con l'acqua che è stata in contatto con il vingardum goduriosus aforensis cuprum. Evvai! Molto eco-friendly, tra l'altro! E se poi quell'aria dovesse disperdersi all'apertura della boccetta, tanto meglio! Sarebbe una diluizione aggiuntiva, e il portentoso medicamento andrebbe a permeare tutto l'ambiente, con grandi benefici per grandi e piccini. Ma non è geniale? Basta solo ricordarsi di sventolare l'aria con una Bibbia, per rendere il tutto più efficace. O al limite con un santino.