mercoledì 27 marzo 2019

Se E=mc², perché non ci trasformiamo in energia?

Un esempio in cui trasformiamo completamente la massa in energia secondo la famosa equazione


La relazione E=mc² è forse l'equazione più famosa della fisica, ma anche la più abusata e mal interpretata. Essa nasce all'interno della relatività ristretta, e definisce una relazione tra massa a riposo di una particella (o genericamente di un corpo) e energia. La massa a riposo è la massa del corpo misurata quando lo vediamo fermo.

Innanzitutto è necessario chiarire che quel segno di uguale va letto come equivalenza, piuttosto che uguaglianza. Questo è in generale vero per ogni formula in fisica. Non è esattamente come dire che 2 + 2 è uguale a 4, e quindi che parlare di massa di un corpo o della sua energia è la stessa cosa, ma che la massa di un corpo equivale matematicamente a una certa quantità di energia. Non vuol dire, quindi, che dato un corpo di una certa massa abbiamo automaticamente la corrispondente energia pronta all'uso, da utilizzare al bisogno. Se così fosse avremmo risolto i problemi energetici della terra da un pezzo.

E quindi cos'è quella "E"? Che energia si intende, in questa formula? E soprattutto, può un corpo dotato di massa a riposo m trasformarsi in energia? E in quali condizioni può farlo? Domanda non da poco, perché se moltiplichiamo un Kg di massa per la velocità della luce al quadrato, viene fuori una quantità di energia spropositata, confrontabile con quella sprigionata dall'esplosione del più potente test nucleare. Quindi perché non succede che ci trasformiamo in energia? Che cosa tiene buona la massa di tutto ciò che vediamo attorno a noi, noi compresi, e le impedisce di trasformarsi in una spaventosa quantità di energia? E quando, invece, la massa a riposo può scomparire per trasformarsi in energia?

Partiamo dal facile, e prendiamo un elettrone, una singola particella. Molto semplice, senza struttura interna (per quel che ne sappiamo) e dotata di massa a riposo. Perché - pufff -  non scompare trasformandosi in un piccolo fiotto di energia? Un lampo di raggi gamma? Cosa tiene a freno quell'energia che matematicamente è insita nella sua massa?

Il freno è nel fatto che l'elettrone ha una carica elettrica, e da quello che sappiamo, in qualunque processo avvenga in natura, la carica elettrica totale deve restare invariata. Tanta carica elettrica c'era all'inizio, tanta carica elettrica deve esserci alla fine. Quindi, siccome l'elettrone è la particella dotata di carica elettrica più leggera che esista in natura, non sappiamo come far scomparire un elettrone senza violare la conservazione della carica elettrica. La massa dell'elettrone è quindi vincolata a restare tale, perché se la facessimo sparire tramutandola in fotoni (cosa che peraltro è impedita anche da altri principi di conservazione) violeremmo una regola che per la natura è sacra, cioè faremmo sparire della carica elettrica.

C'è però un modo per far sparire un elettrone e farlo diventare energia: appiccicarlo alla sua antiparticella, il positrone. Il positrone è una particella assolutamente identica all'elettrone, stessa massa, stesso spin, ma con carica elettrica opposta. Se l'elettrone ha carica -1 (quel segno meno è una convenzione, ovviamente), il positrone ha carica elettrica +1. Quindi, se appiccichiamo un elettrone e un positrone uno contro l'altro, formiamo uno stato che ha carica elettrica zero. E a questo punto la natura ne approfitta subito, e trasforma la massa dell'elettrone e del positrone in energia, in quantità pari a 2 volte m moltiplicato c al quadrato. In questo caso faremmo letteralmente sparire della materia trasformandola in energia, che in questo caso si manifesta sotto forma di emissione di fotoni.

Questa storia, che messa così sembra avere del fantascientifico, avviene in realtà continuamente in natura, anche all'interno del nostro corpo. Infatti il corpo umano contiene Potassio, e in particolare l'isotopo 40, cioè il caso in cui il nucleo dell'atomo di Potassio ha 19 protoni (cosa che lo contraddistingue come elemento Potassio) e 21 neutroni, per un totale appunto di 40. Il Potassio 40 è radioattivo, e occasionalmente, tra i suoi modi di decadimento, esso emette un positrone, l'antiparticella dell'elettrone. Le banane, che sono ricche di potassio, sono anche esse piccole sorgenti di positroni. 

Quando un positrone viene emesso all'interno del nostro corpo, esso incontra un elettrone tra gli ennemila elettroni degli ennemila atomi che lo circondano, e con esso si annichila, trasformando la somma della sua massa e quella dell'elettrone in energia, secondo la famosa equazione. L'energia emessa da questa scomparsa di materia è ovviamente molto piccola, in termini di energia "macroscopica", perché le masse che facciamo svanire sono quelle di due singole particelle elementari. Altrimenti non saremmo qui a parlarne.



L'annichilazione di elettroni e positroni, che si trasformano quindi in energia, è alla base del funzionamento della PET, la Positron Emission Tomography, una tecnica diagnostica molto comune. In pratica un radioisotopo che decade emettendo positroni viene appiccicato a sostanze tipo il glucosio, e iniettato nel corpo umano. Il glucosio è usato dalle cellule del nostro corpo, e le cellule tumorali ne sono particolarmente avide. Quindi la sostanza contenente glucosio in breve tempo si andrà ad accumulare sul tumore, e nel frattempo il radioisotopo emetterà i suoi positroni, che localmente annichileranno emettendo raggi gamma, rendendo quindi visibile tramite opportuni strumenti la zona affetta. E=mc² e antimateria al lavoro, insomma. Poi c'è chi si chiede a cosa serva la ricerca di base!

A questo punto uno potrebbe chiedersi: ma se il problema è la carica elettrica che non può scomparire, perché invece di prendere un singolo elettrone non prendo un atomo, o addirittura un insieme di atomi? Gli atomi, e quindi le molecole, hanno carica elettrica totale zero, e a questo punto perché la materia non si trasforma in energia? Cosa lo impedisce? Non certo la legge di conservazione della carica elettrica, che è zero fin da subito!

In natura, per fortuna, esistono altri principi di conservazione, che fanno sì che, in qualunque processo fisico, certe quantità vengano sempre conservate: tanto ce n'era all'inizio, tanto ne deve restare alla fine, qualunque cosa accada in mezzo. Due di queste leggi di conservazione che i fisici delle particelle conoscono bene si chiamano conservazione del "numero barionico" e conservazione del "numero leptonico".

Queste due quantità dai nomi strani sono caratteristiche dei protoni e neutroni (il numero barionico), e degli elettroni (il numero leptonico). Un protone, o un neutrone, ha numero barionico +1 e numero leptonico nullo. Un elettrone ha invece numero leptonico +1 e numero barionico nullo. Analogamente un antiprotone o un antineutrone hanno numero barionico -1 e numero leptonico nullo, e un positrone (l'antielettrone) ha numero leptonico -1 e numero barionico nullo. Protone e neutrone fanno infatti parte della categoria di particelle dette "barioni", mentre l'elettrone appartiene alla categoria dei "leptoni". Quello che ci interessa in tutto questo è che, qualunque cosa succeda, qualunque processo avvenga, le somme dei numeri barionici e leptonici prima del processo e dopo il processo devono restare inalterate. Se ho tot barioni all'inizio, tot ne devo avere alla fine, e lo stesso per i leptoni. La natura ha deciso così, e finora nessun esperimento ha mai mostrato il non rispetto di questa decisione.

Questo impedisce che la materia, che è elettricamente neutra, possa trasformarsi tranquillamente in un fiotto di raggi gamma, come invece abbiamo visto che può avvenire nell'annichilazione di un elettrone con un positrone. Questo fatto potrebbe avvenire soltanto violando la conservazione dei numeri barionici e leptonici, cosa che, a quanto sembra,  la natura ha deciso di vietare. O per lo meno di rendere incredibilmente improbabile, dato che finora processi di questo tipo non sono mai stati osservati, nonostante i fisici abbiano messo a punto parecchi esperimenti per ricercarli. Se la natura ha mai violato questo principio che adesso rispetta meticolosamente, lo ha fatto nei primissimi istanti di vita dell'universo, quando questo blog e il suo autore ancora non esistevano.

Un modo per studiare la eventuale violazione del numero barionico è cercare se un protone possa decadere in altre particelle più leggere che hanno numero barionico nullo. Un processo che violerebbe il numero barionico e leptonico contemporaneamente sarebbe ad esempio il decadimento di un protone in un positrone (l'elettrone positivo o antielettrone) più un pione neutro, una particella che ha numero barionico e leptonico nullo. In questo caso all'inizio si avrebbe numero barionico + 1 (il protone), e alla fine numero barionico 0 (il protone è scomparso trasformandosi in positrone e pione neutro). Allo stesso tempo all'inizio il numero leptonico è 0, e alla fine -1 (se l'elettrone ha numero leptonico +1, il positrone ha numero leptonico -1).

Esperimenti di questo tipo sono stati effettuati, e vengono tuttora effettuati monitorando enormi quantità di materiale (tipicamente acqua, ma non solo), aspettando che avvenga un processo come quello menzionato sopra. Si usano grandi quantità di materiale perché esso rappresenta una grande quantità di protoni. Se il processo ricercato è molto raro, la possibilità di osservarlo diventa elevata osservando lo stato di un numero elevatissimo di protoni, come ad esempio una grande piscina d'acqua.

Finora gli esperimenti hanno dato esito negativo. Nessuno ha mai osservato un processo del genere, per cui, in accordo con le regole del metodo scientifico, questo non significa che il processo non possa avvenire in assoluto, ma che, se avviene, deve essere estremamente raro (altrimenti ce ne saremmo accorti). Tanto maggiore è il numero di protoni tenuti sotto controllo, tanto più, in caso di esito negativo, deve essere raro il processo cercato. Questo significa che, se il protone potesse decadere violando il numero barionico, la sua vita media sarebbe estremamente grande. Al momento le misure indicano una vita media del protone maggiore di 10 alla 33 anni, cioè molto maggiore dell'età dell'universo, che è "solo" di 10 alla 10 anni, miliardo più miliardo meno. C'era una pubblicità che diceva: "regala un diamante, un diamante è per sempre". Un protone lo è molto di più. Anche se, quando lei apre la custodia della confezione regalo, non fa lo stesso effetto.








martedì 12 marzo 2019

I numeri di Chernobyl: chi ha ragione?

Una lettura critica dei numeri sul disastro di Chernobyl, e un'occasione per ripassare alcune regole del metodo scientifico.


Ancor oggi, dopo più di 30 anni, parlare di Chernobyl in modo sereno è praticamente impossibile. Non appena si cerca di fare un'analisi seria e il più possibile obbiettiva sulle conseguenze dell'incidente si scatena il putiferio, e tutti si schierano come tifosi di calcio. In pratica sembra che le uniche due posizioni possibili siano o che Chernobyl è stato un disastro epocale, con milioni e milioni di morti, oppure che si è trattato di un evento enormemente sovradimensionato dai media, e che nella realtà non è poi successo niente di così tragico come te lo raccontano. In particolare, poi, sembra impossibile parlare dell'incidente di Chernobyl senza ricondurre il discorso all'essere pro o contro il nucleare, che invece è completamente un'altra questione.

A me, in questo caso, non interessa affatto il dibattito (ultracomplesso, ma quasi sempre affrontato in modo molto superficiale da entrambe le fazioni) sull'essere a favore o contro il nucleare. Questo articolo non è quindi una discussione sul nucleare, si o no, né tantomeno sul nucleare in Italia. Qui io voglio semplicemente raccontare, in un modo che personalmente ritengo obbiettivo, perché supportato da fonti officiali, quanto è successo 30 anni fa, cercando di usare il metro della scienza e dei dati oggettivi e non quello della tifoseria. Anche perché poi, alla fine, si scopre che le due posizioni così estreme su quanto è successo a Chernobyl sono in molti casi solo apparentemente così diametralmente opposte, e nascono spesso (quando non causate dalla malafede) da interpretazioni diverse delle misure, a causa di una comprensione a volte approssimativa della metodologia scientifica.

E quindi, in ciò che segue, dirò cose che in alcuni casi faranno la gioia del filonuclearista, e in altri casi quello dell'ambientalista duro e puro. Il motivo di questo comportamento apparentemente schizofrenico è che la realtà non è mai bianca o nera come tanti invece immaginano, e che, tralasciando le posizioni motivate dalla malafede o dall'ottusità (molto comuni da entrambe le parti) spesso affermazioni che ci appaiono diametralmente opposte sono il risultato di una diversa interpretazione degli stessi dati. Sarà un po' lungo, ma spero interessante.


La premessa importante è che i dati che citerò non sono frutto di opinioni, ma sono direttamente estratti dai report ufficiali, pubblicati e reperibili in rete, delle agenzie che hanno studiato in dettaglio l'evento di Chernobyl.  La relazione più completa, esaustiva e scientificamente corretta sugli effetti del disastro di Chernobyl è redatta dall'UNSCEAR, l'United Nation Scientific Committee on the Effect of Atomic Radiation, che riassume il lavoro di centinaia di scienziati e specialisti che si sono occupati dell'argomento. Tutti i documenti dell'UNSCEAR relativi a Chernobyl sono visionabili qui. Un altra sorgente di documenti affidabile è quella dell'American National Cancer Institute (fonte) dove sono riassunti, anche per il grande pubblico, numerosi studi sugli effetti dell'incidente sulla salute delle popolazioni interessate. Altre informazioni si possono trovare riassunte dall'Oms (fonte, fonte), dal Chernobyl Forum (fonte), e dal rapporto degli effetti dell'incidente in Bielorussia (fonte).

Penso che Chernobyl sia stato un evento molto devastante, anche solo per l'impatto sociale e emotivo che ha avuto. Indipendentemente dal numero effettivo di vittime, di cui parleremo più avanti, non si può ignorare che un'intera zona nel raggio di 30 Km dalla centrale sia stata evacuata da un giorno all'altro, ed è tuttora disabitata. In questa zona era compresa anche la città di Prypyat, che contava 50000 abitanti. E non si può trascurare il fatto che l'impatto emotivo del disastro della centrale abbia avuto effetti in tutta Europa. In Italia, per esempio, la gente aveva smesso per mesi di comprare verdure e bere latte, mettendo temporaneamente in crisi un intero settore dell'economia. Molti dicono che è stata una decisione assolutamente immotivata, perché il livello di radiazione in Italia non era poi così diverso da quello che si trova tipicamente nelle aree termali, e che un abitante di Bari, in seguito a Chernobyl, ha assunto una dose non diversa da quella che avrebbe assunto in un soggiorno di un paio di settimane a Pozzuoli.

Questo è assolutamente vero, ma nella pratica che differenza fa? Il punto importante è che la gente ha comunque reagito smettendo di mangiare verdure e bere latte per mesi, cambiando le proprie abitudini e mandando temporaneamente all'aria un intero settore economico e alimentare. E trascurare questo fatto solo perché è imputabile all'ignoranza dei cittadini in tema di radiazioni significa, a mio parere, non riuscire a vedere il problema nella sua interezza. Un incidente in una centrale nucleare come quello di Chernobyl, volenti o nolenti, ha un impatto enorme, di gran lunga maggiore dell'inquinamento costante ma apparentemente invisibile di una raffineria, anche se, al computo dei morti e degli effetti negativi sulla salute, la raffineria vince a mani basse. Il fatto che la percezione del rischio da parte della gente, che ci piaccia o no, sia ben diverso nei due casi, è qualcosa che non può essere ignorato, e che quindi, a mio parere, deve essere messo nel computo totale, quando si parla di Chernobyl. A questo proposito un effetto tra i più importanti dell'incidente è stato proprio quello di indurre nelle popolazioni delle zone colpite e di quelle limitrofe un enorme strascico di depressione, apatia e sfiducia nella vita, sfociato in molti casi in alcolismo, suicidi e degrado degli stili di vita, come esplicitamente certificato dalla Oms e dall'UNSCEAR (fonte, fonte)

Questa premessa è secondo me fondamentale, perché l'impatto che ha avuto Chernobyl sulla vita sociale e economica non solo della zona limitrofa, ma di mezza Europa, viene spesso tranquillamente ignorato, come se a contare fossero solo i numeri delle vittime. E se a contare fossero solo i numeri delle vittime non ci preoccuperemmo di spiegare esercito e polizia per rendere sicure le stazioni e gli aeroporti dai terroristi, ma investiremmo piuttosto in insetticidi e zanzariere, perché morire della puntura di un'ape o di una vespa è, numeri alla mano, immensamente più probabile che morire per un attentato. Eppure qualche decina di terroristi può paralizzare il mondo, mentre miliardi di api no.

Un'altra premessa che ritengo altrettanto importante, è che invece le immagini che circolano costantemente sui bambini malati di cancro negli ospedali oncologici dell'Ukraina e della Bielorussia, che vorrebbero testimoniare la tragedia di Chernobyl, con la tragedia di Chernobyl non c'entrano proprio. Non c'entrano innanzitutto perché in un ospedale pediatrico oncologico per forza di cose ci sono sempre bambini malati di cancro, in Bielorussia come a Pavia o a Miami. E poi non c'entrano perché, essendo bambini, all'epoca di Chernobyl semplicemente non erano ancora nati. E infine vedremo che ci sono anche altri motivi per cui non c'entrano affatto. Quindi, se quelle immagini e quei filmati c'entrano con Chernobyl, è perché sono il simbolo di un becero sciacallaggio perpetrato da gente meschina che utilizza la tragedia di alcuni bambini per portare acqua al proprio mulino di ecologista della domenica.

Piuttosto bisogna invece dire che molti di quei bambini sono orfani o sono stati abbandonati, perché vivono in una terra dove la qualità della vita è di gran lunga inferiore alla nostra. Le cause sono molte: le guerre, le instabilità politiche, le disuguaglianze e le tensioni sociali e gli effetti del drammatico e improvviso crollo del regime sovietico, che ha causato un drastico cambiamento e un impoverimento delle popolazioni già povere delle ex repubbliche sovietiche. In tutto questo Chernobyl non c'entra nulla. Come pure non c'entra con i bambini che, anni or sono, venivano in vacanza un paio di settimane in Italia, ospiti di qualche famiglia italiana. Si diceva che venivano per ripulirsi dalle radiazioni, che dal punto di vista scientifico è una totale idiozia. Anche in quel caso quei bambini avevano semplicemente bisogno di una vita migliore, e anche solo due settimane di svago potevano parzialmente contribuire a donare loro un pizzico di felicità. Le radiazioni, che non possono essere ripulite da nessuna vacanza, non ci azzeccavano proprio niente.

Ma adesso veniamo all'incidente in sé e al numero delle vittime.

Innanzitutto bisogna sottolineare che l'esplosione non è stata un'esplosione nucleare, come invece molti credono, ma è stata causata dalla pressione del vapore acqueo, che ha fatto saltare il tetto del reattore, liberando nell'aria il suo contenuto ricco di isotopi radioattivi. Una centrale nucleare non può fisicamente esplodere come una bomba atomica. Lo impediscono le leggi della natura, e non gli accorgimenti tecnici, perché l'arricchimento dell'uranio usato nelle centrali è troppo basso per dar luogo a una reazione come quella che avviene nelle bombe. Di gran lunga troppo basso. Quindi chi associa Chernobyl all'esplosione di una bomba atomica dice una sciocchezza.

Il motivo per cui si è arrivati a non riuscire più a gestire il reattore, fino a provocare l'esplosione che ha provocato lo scoperchiamento del tetto del reattore con conseguente liberazione nell'aria del suo contenuto radioattivo, è un'incredibile serie di disattenzioni, superficialità del personale, incompetenza, sottovalutazione dei rischi e inadeguatezza dei sistemi di sicurezza della centrale. Il tutto durante quello che doveva essere, paradossalmente, un test di sicurezza. Tutto ciò che si diceva non sarebbe mai potuto accadere in una centrale nucleare (gli esperti da dibattito tv facciano un esame di coscienza!) è invece accaduto in poche ore. Un ottimo riassunto degli eventi si trova ad esempio qui.

A Chernobyl ci sono state alcune decine di morti accertate, causate da sindrome acuta da radiazione o comunque direttamente imputabili all'evento senza ambiguità alcuna. Sono quegli operatori (su un totale di un migliaio circa) che, nelle ore successive allo scoperchiamento del reattore, sono stati mandati sul luogo nel tentativo di spegnere l'incendio. L'altissima dose di radiazione assorbita da questi poveretti in poche ore (compresa fra 1000 e 10000 volte la dose normalmente assorbita in un anno dalla radioattività naturale) è stata fatale per alcuni di loro. Anche la caduta di un elicottero con il suo carico umano durante le fasi di intervento urgente, sebbene non direttamente legata alle radiazioni, è comunque direttamente imputabile all'esplosione del reattore. Il numero di queste vittime accertate è stimabile in una sessantina, a fronte di più di un centinaio di malati.

Ma veniamo agli isotopi radioattivi diffusi nell'atmosfera, quelli che hanno causato i danni radiologici a breve e lungo termine, e su cui tanto si discute. I radio-isotopi sono nuclei atomici di vari elementi chimici, prodotti dalle reazioni nucleari all'interno del reattore durante il suo normale funzionamento. Questi nuclei hanno la caratteristica di essere instabili, ovvero dopo un certo tempo caratteristico, che varia a seconda del tipo di nucleo, "decadono", cioè si trasformano in altri tipi di nuclei, emettendo particelle ionizzanti. Queste ultime (e non i nuclei in sé) sono ciò che normalmente chiamiamo "radiazioni". Le particelle ionizzanti (elettroni, positroni, fotoni, neutroni, etc) emessi dal decadimento degli isotopi radioattivi possono avere infatti effetti nocivi dal punto di vista biologico quando attraversano il nostro corpo, effetti che a lungo termine possono causare il cancro o altri tipi di patologie.

La mappa qua sotto mostra come si sono diffusi nelle regioni circostanti alla centrale gli isotopi rilasciati dall'esplosione del reattore. Le zone colorate in rosso scuro sono quelle con maggiore concentrazione di isotopi radioattivi. Si nota una diffusione a macchia di leopardo, causata dalle condizioni atmosferiche, dai venti e soprattutto dalle piogge, che hanno contribuito a depositare gli isotopi al suolo. Per inciso si vede subito che l'Italia è stata interessata in modo veramente marginale. Invece, sebbene Chernobyl si trovi in Ucraina, le zone maggiormente interessate dal deposito di isotopi radioattivi si trovano in Bielorussia, che è una nazione confinante.



Il problema a questo punto è stimare quante vittime ci sono state, e eventualmente ci potranno essere in futuro, imputabili alle radiazioni rilasciate nell'ambiente, in aggiunta a quella sessantina di cui parlavamo prima, per i quali la relazione di causa-effetto con le radiazioni è inequivocabile.

Qui la cosa si fa difficile, perché il cancro, uno degli effetti più comuni delle radiazioni ionizzanti in eccesso, non è mai direttamente collegabile alla causa, se non in termini statistici. Non solo, ma l'insorgere della malattia può avvenire anche a distanza di anni dall'evento che ne è stato causa. E quindi il lavoro da fare è quello di valutare se, nelle popolazioni interessate dal disastro, ci sono stati o ci sono tuttora casi di tumore in eccesso rispetto a quello che avveniva prima dell'esplosione della centrale, e rispetto a ciò che avviene in aree o presso popolazioni non in relazione con l'evento. E la cosa non è così semplice come potrebbe sembrare, e cercherò di spiegare perché.

Bisogna poi sottolineare che non esistono statistiche sugli effetti sulla salute di incidenti simili (l'evento di Fukushima è avvenuto dopo). Le uniche statistiche disponibili  sono quelle relative agli effetti delle due bombe di Hiroshima e Nagasaki. Tuttavia questi ultimi non possono essere direttamente confrontabili con gli eventuali effetti di Chernobyl, per vari motivi. Innanzitutto perché il materiale radioattivo delle due bombe è enormemente inferiore a quello contenuto nel reattore di Chernobyl. Stiamo parlando di qualche decina di chilogrammi di Uranio arricchito contenuto nelle bombe (quella di Nagasaki era in realtà al Plutonio) contro qualche centinaio di tonnellate di materiale ricco di isotopi radioattivi! (anche se solo una parte di esso è stato liberato nell'atmosfera). Chernobyl ha emesso nell'aria una quantità di isotopi radioattivi alcune centinaia di volte superiore alle bombe sul Giappone.

In aggiunta la vita media e la tipologia degli isotopi nei due casi è diversa, e quindi un confronto diretto è difficile. Le morti di Hiroshima sono state principalmente causate dall'esplosione e dall'altissima temperatura da essa provocata, e solo in seconda battuta dalle radiazioni. Inoltre c'è una grande differenza sugli effetti da irradiazione da radiazioni intense ma assunte in breve tempo, come è avvenuto principalmente a Hiroshima, e assunzione di isotopi radioattivi tramite il cibo e la respirazione in modo non elevato ma continuato nel tempo, come avvenuto a Chernobyl. Tutto ciò rende difficile il confronto fra i due casi. Dettagli possono essere trovati qui e nelle referenze in esso citate.

Un effetto certo e ben rilevato del disastro di Chernobyl sono i casi di tumore alla tiroide (fonte).  Il cancro alla tiroide è causato dall'isotopo Iodio 131, che fa parte della mistura di isotopi radioattivi emessi da un reattore a fissione come quello di Chernobyl. Lo Iodio 131 si deposita nel terreno e viene assimilato respirando ma soprattutto mangiando verdura, e in questo modo può entrare a far parte del latte prodotto dalle mucche che si sono cibate dell'erba contaminata, e quindi nel ciclo alimentare. Le fasce di popolazione più colpite sono state i bambini e gli adolescenti, che hanno assunto latte contaminato nei giorni successivi all'incidente. Lo Iodio 131 ha tuttavia una vita media di circa 8 giorni. Vuol dire che dopo 8 giorni il numero di isotopi di Iodio 131 si riduce della metà. E così via ogni 8 giorni successivi. Il risultato è che dopo qualche settimana tutto lo Iodio 131 emesso dal reattore si è ridotto a livelli non elevati, e quindi da questo punto di vista i rischi cessano di esistere. Tuttavia gli effetti sulla salute derivanti dall'ingestione di Iodio 131 possono manifestarsi anche molto tempo dopo che questo isotopo è completamente decaduto.

Studi epidemiologici hanno mostrato un inequivocabile aumento dei casi di cancro alla tiroide in particolare in Bielorussia, soprattutto per le giovani fasce di età, come mostrato nel grafico qua sotto. La correlazione è chiara, e si vede che, per la fascia di età tra zero e 14 anni, il numero di casi di cancro crolla drasticamente dopo l'anno 2000, in quanto nessuno degli appartenenti al campione in questione era ancora nato all'epoca del disastro. In totale si stima che al 2005 circa 5000 casi di cancro alla tiroide siano imputabili all'evento, con un incremento fino a 10 volte il livello precedente al disastro. Sebbene le stime future siano affette da grande incertezza, l'aumento di casi di cancro alla tiroide presso le popolazioni che all'epoca assorbirono Iodio 131 perdurerà ancora nel tempo (vedi la componente del grafico relativa a 20-24 anni, ovvero quella che comprende individui già nati all'epoca, che non accenna a decrescere nel tempo).





Nelle zone maggiormente influenzate dalle radiazioni gli effetti furono significativamente attutiti dalla somministrazione di pastiglie di Iodio non radioattivo. Fortunatamente il cancro alla tiroide è uno di quelli che, se opportunamente trattato, ha una probabilità di guarigione tra le più alte. Al momento si stima che i decessi siano stati solo l'1% dei casi registrati.

Oltre allo Iodio 131, altri isotopi radioattivi sono stati diffusi nell'atmosfera. In particolare il Cesio 137, che ha una vita media di 30 anni. I rischi per la salute, anche in questo caso, sono nella loro ingestione prolungata nel tempo tramite la respirazione o tramite il cibo. In media la dose assorbita dai 530000 lavoratori che si sono alternati per arrestare l'incendio nella centrale e per metterla in sicurezza è di 120 mSv (milliSievert). Per confronto la dose di una TAC che è di circa 9 mSv (13 volte inferiore), e la dose media annua di fondo naturale è 2.4 mSv (50 volte inferiore). Le 115000 persone evacuate dalla zona attorno alla centrale hanno assorbito in media 30 mSv, mentre si stima che chi ha continuato a vivere nelle zone limitrofe non evacuate abbia assorbito in 20 anni circa 9 mSv in eccesso rispetto al fondo, ovvero l'equivalente di una TAC, che di per sé non costituisce una dose a rischio.

Pertanto, a parte il cancro alla tiroide, per il quale la correlazione con l'evento di Chernobyl non è messo in discussione, per gli altri tipi di cancro la situazione non è chiara. Questo è dovuto a vari fattori. Innanzitutto la dose assorbita mediamente non elevata, e la non immediata correlazione fra la data dell'evento e l'insorgere della malattia. E poi la mancanza di dati epidemiologici precedenti (Chernobyl è stata una prima assoluta) che non permettono di valutare con sicurezza che cosa ci si aspetti di osservare. In particolare non è affatto chiaro l'effetto sulla salute di basse dosi di radiazione, non molto superiori al fondo, assimilate in modo prolungato nel tempo.

In ogni caso, trascurando questo aspetto, il modo in cui è necessario procedere per studiare l'eventuale effetto di un evento come Chernobyl sulla salute rappresenta un interessante esempio del modo di procedere scientifico, e di come esso possa venire frainteso dall'opinione pubblica e dai media, che tipicamente non sono abituati al linguaggio della scienza.