mercoledì 27 marzo 2019

Se E=mc², perché non ci trasformiamo in energia?

Un esempio in cui trasformiamo completamente la massa in energia secondo la famosa equazione


La relazione E=mc² è forse l'equazione più famosa della fisica, ma anche la più abusata e mal interpretata. Essa nasce all'interno della relatività ristretta, e definisce una relazione tra massa a riposo di una particella (o genericamente di un corpo) e energia. La massa a riposo è la massa del corpo misurata quando lo vediamo fermo.

Innanzitutto è necessario chiarire che quel segno di uguale va letto come equivalenza, piuttosto che uguaglianza. Questo è in generale vero per ogni formula in fisica. Non è esattamente come dire che 2 + 2 è uguale a 4, e quindi che parlare di massa di un corpo o della sua energia è la stessa cosa, ma che la massa di un corpo equivale matematicamente a una certa quantità di energia. Non vuol dire, quindi, che dato un corpo di una certa massa abbiamo automaticamente la corrispondente energia pronta all'uso, da utilizzare al bisogno. Se così fosse avremmo risolto i problemi energetici della terra da un pezzo.

E quindi cos'è quella "E"? Che energia si intende, in questa formula? E soprattutto, può un corpo dotato di massa a riposo m trasformarsi in energia? E in quali condizioni può farlo? Domanda non da poco, perché se moltiplichiamo un Kg di massa per la velocità della luce al quadrato, viene fuori una quantità di energia spropositata, confrontabile con quella sprigionata dall'esplosione del più potente test nucleare. Quindi perché non succede che ci trasformiamo in energia? Che cosa tiene buona la massa di tutto ciò che vediamo attorno a noi, noi compresi, e le impedisce di trasformarsi in una spaventosa quantità di energia? E quando, invece, la massa a riposo può scomparire per trasformarsi in energia?

Partiamo dal facile, e prendiamo un elettrone, una singola particella. Molto semplice, senza struttura interna (per quel che ne sappiamo) e dotata di massa a riposo. Perché - pufff -  non scompare trasformandosi in un piccolo fiotto di energia? Un lampo di raggi gamma? Cosa tiene a freno quell'energia che matematicamente è insita nella sua massa?

Il freno è nel fatto che l'elettrone ha una carica elettrica, e da quello che sappiamo, in qualunque processo avvenga in natura, la carica elettrica totale deve restare invariata. Tanta carica elettrica c'era all'inizio, tanta carica elettrica deve esserci alla fine. Quindi, siccome l'elettrone è la particella dotata di carica elettrica più leggera che esista in natura, non sappiamo come far scomparire un elettrone senza violare la conservazione della carica elettrica. La massa dell'elettrone è quindi vincolata a restare tale, perché se la facessimo sparire tramutandola in fotoni (cosa che peraltro è impedita anche da altri principi di conservazione) violeremmo una regola che per la natura è sacra, cioè faremmo sparire della carica elettrica.

C'è però un modo per far sparire un elettrone e farlo diventare energia: appiccicarlo alla sua antiparticella, il positrone. Il positrone è una particella assolutamente identica all'elettrone, stessa massa, stesso spin, ma con carica elettrica opposta. Se l'elettrone ha carica -1 (quel segno meno è una convenzione, ovviamente), il positrone ha carica elettrica +1. Quindi, se appiccichiamo un elettrone e un positrone uno contro l'altro, formiamo uno stato che ha carica elettrica zero. E a questo punto la natura ne approfitta subito, e trasforma la massa dell'elettrone e del positrone in energia, in quantità pari a 2 volte m moltiplicato c al quadrato. In questo caso faremmo letteralmente sparire della materia trasformandola in energia, che in questo caso si manifesta sotto forma di emissione di fotoni.

Questa storia, che messa così sembra avere del fantascientifico, avviene in realtà continuamente in natura, anche all'interno del nostro corpo. Infatti il corpo umano contiene Potassio, e in particolare l'isotopo 40, cioè il caso in cui il nucleo dell'atomo di Potassio ha 19 protoni (cosa che lo contraddistingue come elemento Potassio) e 21 neutroni, per un totale appunto di 40. Il Potassio 40 è radioattivo, e occasionalmente, tra i suoi modi di decadimento, esso emette un positrone, l'antiparticella dell'elettrone. Le banane, che sono ricche di potassio, sono anche esse piccole sorgenti di positroni. 

Quando un positrone viene emesso all'interno del nostro corpo, esso incontra un elettrone tra gli ennemila elettroni degli ennemila atomi che lo circondano, e con esso si annichila, trasformando la somma della sua massa e quella dell'elettrone in energia, secondo la famosa equazione. L'energia emessa da questa scomparsa di materia è ovviamente molto piccola, in termini di energia "macroscopica", perché le masse che facciamo svanire sono quelle di due singole particelle elementari. Altrimenti non saremmo qui a parlarne.



L'annichilazione di elettroni e positroni, che si trasformano quindi in energia, è alla base del funzionamento della PET, la Positron Emission Tomography, una tecnica diagnostica molto comune. In pratica un radioisotopo che decade emettendo positroni viene appiccicato a sostanze tipo il glucosio, e iniettato nel corpo umano. Il glucosio è usato dalle cellule del nostro corpo, e le cellule tumorali ne sono particolarmente avide. Quindi la sostanza contenente glucosio in breve tempo si andrà ad accumulare sul tumore, e nel frattempo il radioisotopo emetterà i suoi positroni, che localmente annichileranno emettendo raggi gamma, rendendo quindi visibile tramite opportuni strumenti la zona affetta. E=mc² e antimateria al lavoro, insomma. Poi c'è chi si chiede a cosa serva la ricerca di base!

A questo punto uno potrebbe chiedersi: ma se il problema è la carica elettrica che non può scomparire, perché invece di prendere un singolo elettrone non prendo un atomo, o addirittura un insieme di atomi? Gli atomi, e quindi le molecole, hanno carica elettrica totale zero, e a questo punto perché la materia non si trasforma in energia? Cosa lo impedisce? Non certo la legge di conservazione della carica elettrica, che è zero fin da subito!

In natura, per fortuna, esistono altri principi di conservazione, che fanno sì che, in qualunque processo fisico, certe quantità vengano sempre conservate: tanto ce n'era all'inizio, tanto ne deve restare alla fine, qualunque cosa accada in mezzo. Due di queste leggi di conservazione che i fisici delle particelle conoscono bene si chiamano conservazione del "numero barionico" e conservazione del "numero leptonico".

Queste due quantità dai nomi strani sono caratteristiche dei protoni e neutroni (il numero barionico), e degli elettroni (il numero leptonico). Un protone, o un neutrone, ha numero barionico +1 e numero leptonico nullo. Un elettrone ha invece numero leptonico +1 e numero barionico nullo. Analogamente un antiprotone o un antineutrone hanno numero barionico -1 e numero leptonico nullo, e un positrone (l'antielettrone) ha numero leptonico -1 e numero barionico nullo. Protone e neutrone fanno infatti parte della categoria di particelle dette "barioni", mentre l'elettrone appartiene alla categoria dei "leptoni". Quello che ci interessa in tutto questo è che, qualunque cosa succeda, qualunque processo avvenga, le somme dei numeri barionici e leptonici prima del processo e dopo il processo devono restare inalterate. Se ho tot barioni all'inizio, tot ne devo avere alla fine, e lo stesso per i leptoni. La natura ha deciso così, e finora nessun esperimento ha mai mostrato il non rispetto di questa decisione.

Questo impedisce che la materia, che è elettricamente neutra, possa trasformarsi tranquillamente in un fiotto di raggi gamma, come invece abbiamo visto che può avvenire nell'annichilazione di un elettrone con un positrone. Questo fatto potrebbe avvenire soltanto violando la conservazione dei numeri barionici e leptonici, cosa che, a quanto sembra,  la natura ha deciso di vietare. O per lo meno di rendere incredibilmente improbabile, dato che finora processi di questo tipo non sono mai stati osservati, nonostante i fisici abbiano messo a punto parecchi esperimenti per ricercarli. Se la natura ha mai violato questo principio che adesso rispetta meticolosamente, lo ha fatto nei primissimi istanti di vita dell'universo, quando questo blog e il suo autore ancora non esistevano.

Un modo per studiare la eventuale violazione del numero barionico è cercare se un protone possa decadere in altre particelle più leggere che hanno numero barionico nullo. Un processo che violerebbe il numero barionico e leptonico contemporaneamente sarebbe ad esempio il decadimento di un protone in un positrone (l'elettrone positivo o antielettrone) più un pione neutro, una particella che ha numero barionico e leptonico nullo. In questo caso all'inizio si avrebbe numero barionico + 1 (il protone), e alla fine numero barionico 0 (il protone è scomparso trasformandosi in positrone e pione neutro). Allo stesso tempo all'inizio il numero leptonico è 0, e alla fine -1 (se l'elettrone ha numero leptonico +1, il positrone ha numero leptonico -1).

Esperimenti di questo tipo sono stati effettuati, e vengono tuttora effettuati monitorando enormi quantità di materiale (tipicamente acqua, ma non solo), aspettando che avvenga un processo come quello menzionato sopra. Si usano grandi quantità di materiale perché esso rappresenta una grande quantità di protoni. Se il processo ricercato è molto raro, la possibilità di osservarlo diventa elevata osservando lo stato di un numero elevatissimo di protoni, come ad esempio una grande piscina d'acqua.

Finora gli esperimenti hanno dato esito negativo. Nessuno ha mai osservato un processo del genere, per cui, in accordo con le regole del metodo scientifico, questo non significa che il processo non possa avvenire in assoluto, ma che, se avviene, deve essere estremamente raro (altrimenti ce ne saremmo accorti). Tanto maggiore è il numero di protoni tenuti sotto controllo, tanto più, in caso di esito negativo, deve essere raro il processo cercato. Questo significa che, se il protone potesse decadere violando il numero barionico, la sua vita media sarebbe estremamente grande. Al momento le misure indicano una vita media del protone maggiore di 10 alla 33 anni, cioè molto maggiore dell'età dell'universo, che è "solo" di 10 alla 10 anni, miliardo più miliardo meno. C'era una pubblicità che diceva: "regala un diamante, un diamante è per sempre". Un protone lo è molto di più. Anche se, quando lei apre la custodia della confezione regalo, non fa lo stesso effetto.








9 commenti:

  1. Bellissimo, molto interessante, grazie mille

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  2. Mi è piaciuto tanto. Avrei anche una domanda, sperando che riesca a formularla in modo comprensibile. Quando parlavi della tomografia e del fatto che che ce la trasformazione in energia solo nel caso che la carica elettrica cessi, pensavo al momento della morte di un corpo. Il nostro corpo se non erro ha una sua carica elettrica che nel momento del decesso si arresta, quindi mi domando può essere vero quello che hanno osservato dei studiosi russi osservando dei fotoni intorno ad un corpo morto? Se poi è l'anima o meno quello che hanno visto è un altro quesito da scoprire. Grazie dell'attenzione.

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    1. Grazie dei complimenti, innanzitutto. La materia, sia viva che inanimata, è composta di cariche elettriche positive e negative, che compongono gli atomi. Queste cariche restano inalterate e non sono influenzate dalla morte. La loro somma totale, tuttavia, è pari a zero sempre, indipendentemente dal fatto che un corpo sia vivo o morto. Se cos' non fosse, il mondo sarebbe un luogo estremamente inospitale, e tutto sarebbe sottoposto a enormi forze elettriche. Sui tentativi di evidenziare l'anima o ciò che avviene al momento della morte non sono esperto, ma sono molto scettico, perché spesso questo tipo di ricerche trova quello che vuole trovare, non so se mi spiego...

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  3. Ho letto solo adesso la tua "descrizione" hobby etc. io aggiungerei anche che è più tosto notturno, giustamente, perchè il vero consigliere non è il sonno ma il silenzio della notte. alma

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  4. Bellissimo articolo chiaro e piacevole nella lettura; l’argomento poi è affascinante

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  5. L’articolo è bellissimo, interessante per l’argomento e piacevole nella lettura

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  6. Articolo interessante che anche un modesto ingegnere :-) può capire. Ottimo anzi.

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  7. Grazie, articolo veramente interessante

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  8. Molto interessante e spiegato molto bene per me che non ce capisco niente, complimenti

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