domenica 28 novembre 2021

Errori di comunicazione: quando gli scienziati non sanno prevedere cosa capirà il pubblico.

In questa pandemia si è molto parlato di errori di comunicazione da parte degli scienziati. Chi fa Scienza in effetti non sempre sa anche comunicare la Scienza, e a volte si dicono cose che gli altri scienziati sanno interpretare nel loro vero significato, ma che invece il pubblico interpreta in modo completamente diverso. E in certi casi l'interpretazione che ne viene data può essere molto sbagliata, se non addirittura controproducente per il messaggio che si vorrebbe veicolare.

E quindi, se non si è esperti di comunicazione e non si fa prima l'esercizio di immedesimarsi nella mente del pubblico medio, il rischio è che affermazioni proferite in buona fede e con un significato scientifico ben chiaro agli scienziati possono trasformarsi in mostruosità per chi ascolta dal divano di casa.

Il problema nasce anche dal fatto che oggi la Scienza è diventata "pop". Lo scienziato è pop, la scoperta scientifica, anche se non ci capisci niente, è diventata pop, e ti ritrovi eventi pubblici dove si parla di neutrini o onde gravitazionali in cui la gente si accalca per entrare, perché vuole sentire la Scienza raccontata dai diretti protagonisti, e non dai giornalisti scientifici. Una volta, anche solo in tempi recenti, non era così. Solo una ventina di anni fa al Cern, alla fine del progetto Lep, si credeva di avere "quasi scoperto" il Bosone di Higgs. Il tutto, oggi lo sappiamo, era una banale fluttuazione statistica neanche troppo degna di essere raccontata, ma all'epoca ci fu un gran dibattito all'interno della comunità degli addetti ai lavori. Tuttavia a nessuno venne in mente di chiamare giornalisti o tv per pubblicizzare la presunta scoperta. Oggi non sarebbe così, e infatti i neutrini superluminali, che nel tempo di una settimana si sono trasformati da scoperta epocale di quelle che ti fanno riscrivere i libri di fisica a uno stupido cavetto collegato male, hanno guadagnato le prime pagine dei giornali.



Quindi lo scienziato, a volte suo malgrado, a volte per sua stessa iniziativa, è chiamato sempre più spesso a comunicare direttamente, in prima persona, il suo lavoro al pubblico. Ma il problema è che il pubblico spesso sa poco di Scienza, per cui non è detto che capisca, oppure, e questo è anche peggio, può capire in modo molto sbagliato. E quindi diventa sempre più importante imparare a cautelarsi su questo aspetto, imparando a prevedere come il pubblico interpreterà le frasi che diciamo.

Ecco quindi una serie di affermazioni tipiche ma molto fuorvianti che ho sentito più volte dire da scienziati, anche famosi, nel campo che conosco meglio, che è la fisica delle particelle elementari. Sono affermazioni che io reputo errori di comunicazione grossolani, da evitare assolutamente, perché vorrebbero stupire, ma rischiano invece di essere interpretati da un comune cittadino in modo molto distorto. In alcuni casi la cosa si traduce semplicemente in un fraintendimento, ma in molti altri casi può avere l'effetto di generare preoccupazione verso l'attività degli scienziati e la Scienza in genere, della serie "ma ci possiamo fidare di questi pazzi?".

LHC è il luogo più caldo dell'universo: al suo interno si raggiungono temperature 100mila volte maggiori dell'interno del Sole. L'ho sentito dire un sacco di volte. Come a voler intendere "visto che figate che sappiamo fare?". Invece mio padre, che di me tutto sommato si fida, un giorno mi ha detto: "Senti, ma ho sentito di queste temperature enormi che create sottoterra. Oh, ma possiamo stare tranquilli? Non è che combinate un casino!?". D'altra parte questo è ciò che viene in mente di primo acchito a qualunque persona inesperta di fisica ascoltando quella frase. Il punto fondamentale che invece bisognerebbe spiegare molto chiaramente è che quella non è una vera temperatura. Anzi, non è affatto una temperatura! Quella frase sta a significare che le singole collisioni fra coppie di protoni nell'acceleratore, in termine di energia, corrispondono a quelle che si avrebbero se avessi un gas di protoni a una temperatura pari a 100mila bim bum bam volte l'interno del Sole. Ma al Cern sono solo due protoni alla volta che si scontrano! Non c'è nessun gas incandescente, dentro l'acceleratore! Non c'è nessuna quantità macroscopica di materia a quella temperatura. Capisco che dire tutto questo è complesso e ridimensiona lo stupore. Però se non lo dici, se non sei ultra chiaro su questo aspetto (e non è per niente facile essere chiari se stai parlando a un pubblico che non sa molto di fisica) la gente, che queste cose non le sa, è garantito che come reazione immediata si preoccupa. D'altra parte sarebbe una bella pretesa credere che la gente pensi subito: "Ah, giusto, perché E è uguale a kT, e quindi posso assimilare l'energia di ogni singolo protone all'energia che avrebbe un protone all'interno del Sole dove la temperatura è di svariati milioni di gradi." La gente, ovviamente, la prima cosa che pensa è che la sotto c'è un blob di roba mostruosamente incandescente che Dio solo sa come fai a maneggiarlo, e che se ti sfugge di mano fondi mezza Ginevra.

A LHC ricreiamo il Big Bang!  Questa "vulgata" è talmente diffusa che il giorno in cui è stato acceso per la prima volta LHC - mi trovavo a Londra - il Times titolò: "The World Survives the Big Bang". Ecco: un fisico che dice in TV o a una conferenza pubblica che a LHC si cerca di replicare il Big Bang per me andrebbe preso, gli si mette un bel camicione arancione, e lo si porta a Guantanamo per la rieducazione, che consiste nell'obbligo di guardarsi 24 ore su 24 la collezione integrale degli interventi televisivi di Paolo Fox. Ovviamente a LHC non si ricrea nessun Big Bang, e ciò che si intende è che le collisioni fra singoli protoni, protone contro protone, che si verificano all'interno dell'acceleratore, hanno energie comparabili con quelle che caratterizzavano l'Universo primordiale, nei suoi primi istanti di vita. Che peraltro lo stesso discorso vale anche per gli acceleratori che c'erano 20, 30, 40 anni prima di LHC. Tutti i moderni acceleratori sondano energie che, a livello di urti fra singole particelle, sulla Terra non avvengono se non nei raggi cosmici, e caratterizzavano invece l'Universo primordiale. Ma figuriamoci se si cerca di replicare il Big Bang! Frase che peraltro, cattive interpretazioni a parte, è del tutto priva di senso e equivale all peggiore divulgazione-spazzatura. Però proprio ieri, in una chat di un gruppo che dovrebbe essere scientifico, un tipo scriveva che al Cern hanno riprodotto il big bang e sotto altri commentavano  che al Cern sono tutti pazzi. Complimentoni per il bel risultato!

A LHC si sta cercando di produrre buchi neri. Anche qui... Santo Cielo! Tutti, ma proprio tutti, anche quelli che confondono il big bang con l'orologio di Londra, sanno che i buchi neri sono peggio del Dyson, e si ciucciano qualunque cosa gli capiti a tiro, che poi al massimo se ti va bene lo rivedi in un altro Universo. E nonostante l'aura demoniaca che i buchi neri hanno per il grande pubblico, questi vanno a dire in prima serata, candidi come scolaretti, che a LHC si vorrebbe tanto produrre un buco nero ma purtroppo finora niente, ma tranquilli...siamo fiduciosi di farcela! Cosa credono che possa pensare un normale cittadino che di fisica non sa niente? "Oh, che bellooooo! Speriamo che lo producano questo buco nero, così lo andiamo a visitare e ci portiamo anche la nonna, e facciamo un bel viaggio spazio-temporale!". Giustamente, invece, si preoccupano, e dicono "ma questi scienziati sono tutti matti!".

Però alcuni, i più coscienziosi, come a voler rimediare specificano: "oh, tranquilli, anche se dovessimo produrli, i buchi neri poi evaporano! Lo ha previsto Hawking!". Adesso, ragioniamo un attimo e mettiamoci nella testa di uno qualunque, tipo mio padre. Mio padre potrebbe dire: "e se Hawking si è sbagliato?" Se si è dimenticato di fare il doppio prodotto, in tutta quella marea di conti, e gli veniva che evaporano subito, e invece non è vero, e questi buchi neri poi si ciucciano tutta la Terra come un verme dentro una mela? Come la mettiamo? "Eh, scusate, Hawking si era sbagliato, la Terra smetterà di esistere fra un paio di giorni".

Io, che faccio il fisico, onestamente non mi fiderei così ciecamente della previsione di Hawking, con tutto il rispetto. Non in questo caso! In fin dei conti è solo una previsione teorica, che nessuno, ma proprio nessuno ha mai verificato. Né, mai nessuno, ha mai visto un buco nero evaporare! Anzi, vi dirò: a me fa proprio ridere la gente che in rete scrive "MA TANTO EVAPORANO!!!", come se fosse una cosa scontata. E se poi non evaporano, perché si instaura un processo che ancora non conosciamo, cosa dici? "Ah, scusate... ci siamo sbagliati... Adesso però c'abbiamo sto buco nero che si aggira di qua e di là, e ci sembra anche che ieri fosse più smilzo. Qualcuno sa per caso come smaltirlo? Andrà nell'indifferenziato?".

Se invece mi fido di LHC, e del fatto che i suoi eventuali micro buchi neri, dovessero mai essere prodotti, sarebbero assolutamente innocui, che evaporino o meno, non è certo perché l'ha detto Hawking (con tutto il rispetto...) ma è perché questi eventuali micro buchi neri quantistici, che esisterebbero qualora la gravità fosse bla bla etc etc...in eventuali extra dimensioni submillimetriche bla bla etc etc..., insomma, questi micro buchi neri, qualora fossero ammessi dalle leggi della Natura, sarebbero stati già prodotti in abbondanza nei raggi cosmici che da svariati miliardi di anno colpiscono costantemente la Terra con energie a volte perfino superiori alle energie dei protoni di LHC. Questo ci rende tranquilli che un eventuale buco nero prodotto a LHC sarebbe soltanto interessante dal punto di vista scientifico senza risucchiarci tutti, e non il fatto che Hawking ha previsto che tanto evaporano! (Sempre con tutto il rispetto!) E lo stesso discorso vale per tutte le possibili stranezze che si potrebbero produrre a LHC, se la Natura avesse deciso che così deve essere: se queste stranezze fossero possibili, sarebbero state già prodotte in abbondanza nelle interazioni dei raggi cosmici nei miliardi di anni in cui noi non c'eravamo ancora ma la Terra e l'Universo sì, e il fatto che siamo ancora tutti qui a cazzeggiare significa che quei processi, qualora dovessero avvenire, non possono essere nocivi. Lo so, è lungo da dire, e rischi di far calare l'audience, ma se l'alternativa è che dal salotto di casa i telespettatori ti danno del pazzo scriteriato, forse è un prezzo che vale la pena pagare.

Al Cern produciamo antimateria. Ecco: Dan Brown allora aveva ragione, e questi pazzi vogliono distruggerci! Già ci vedi la Gianotti che esce dall'ufficio con una 24 ore che tiene legata al polso con una catenella di Niobio-Titanio, che di sicuro contiene qualche chilo di antimateria da dare agli Illuminati, che poi la spargeranno con le scie chimiche e i vaccini attivandola poi tramite il 5G e i microchip sottopelle, perché tanto quelli del Cern hanno l'antidoto. Dicendo che al Cern si produce antimateria, che è vero, occorrerebbe anche far presente subito dopo che produrre antimateria è un processo estremamente complesso e costoso, e che per i fisici anche alcuni singoli antiatomi sono sufficienti per dire che si produce antimateria.  Quindi al Cern è vero che si produce antimateria, ma in quantità estremamente irrisoria per farci saltare tutti in aria, ma sufficiente per studiarne le proprietà, che è ciò che interessa alla Scienza. Infatti il totale di antimateria finora prodotta artificialmente al Cern e nel resto del mondo in esperimenti analoghi equivale a una decina di miliardesimi di grammo. Un po' poco per distruggere il mondo, considerato che particelle di antimateria sono presenti in modo assolutamente naturale anche dentro le banane, quelle che diamo ai bambini perché sono buone e fanno bene. Anche questo, già che ci siamo, andrebbe detto in prima serata. Per vedere l'effetto che fa, come cantava Iannacci.

E poi c'è Zichichi, con perché un piatto di spaghetti non esplode e tutto il resto del suo campionario, ma questo è un caso a parte, che rimando a un articolo dedicato.




domenica 21 novembre 2021

La Terza Dose e la Statistica di Bayes.


 

Su un gruppo di no-vax e no-green-pass leggo questo scambio di battute.

A parte le reazioni non raccontabili che mi vengono d'istinto, questo dialogo, che sintetizza un punto di vista che è comunque abbastanza trasversale e diffuso, è l'ennesima dimostrazione di quanto la cultura scientifica sia da sempre lontana dalla cultura media della società. Di nuovo, a costo di ripetermi e diventare noioso, è del tutto inutile insegnare la chimica e la fisica con programmi scolastici sulla carta sterminati, se poi non si riesce a comunicare la mentalità scientifica, l'approccio scientifico alle cose del mondo. Il risultato sarà che quelle nozioni probabilmente verranno comunque dimenticate e di Scienza non resterà nulla, tantomeno quel modo di ragionare che fa la differenza con le chiacchiere da bar.

Questo scambio di battute, nell'intento dei partecipanti, si può riassumere dicendo che gli scienziati che si occupano dei vaccini non hanno idea delle loro affermazioni: prima dicono due dosi, poi tre, e pertanto brancolano nel buio. E quindi la conclusione ovvia è che di essi e della Scienza non possiamo fidarci.

Gli errori di comunicazione da parte degli scienziati verso il pubblico certamente ci sono e ci sono stati (anche gli scienziati sono esseri umani, e a volte un microfono davanti alla bocca gioca brutti scherzi), ma il problema di fondo è che quegli errori di comunicazione vanno poi a cadere nel mare di grande ignoranza del metodo scientifico che affligge cittadini, politici e giornalisti, con il risultato che le due cose assieme generano mostri come questo scambio di opinioni. Se la società avesse gli anticorpi, ovvero la consapevolezza di come procede la Scienza, e conoscesse la capacità di ragionare secondo la Scienza, anche gli errori di comunicazione da parte degli scienziati avrebbero un effetto più blando nel generare confusione.

Dove sta il problema in questo caso? Nel non avere idea di come si costruisca il sapere scientifico. E di questo voglio parlare.

Sostanzialmente la Scienza, quando si trova ad analizzare un certo fenomeno, procede cercando di rispondere continuamente a questa domanda: alla luce dei dati che conosco già, e in base ai nuovi dati che ho appena acquisito, qual è la probabilità che il modello che ipotizzo descrivere il fenomeno che sto studiando sia corretto? E quindi qual è la probabilità che le previsioni che da quel modello posso trarre siano vere?

Notate che questa probabilità è una probabilità un po' strana. Non è il calcolo delle probabilità che si studia a scuola che, salvo casi rarissimi, riguarda il solito lancio dei dadi, o la probabilità di fare un terno, di pescare tot palline rosse e nere in una scatola, e cose del genere. Il calcolo delle probabilità nel mondo reale, e quindi anche nella Scienza, nella maggioranza dei casi è un'altra cosa, ed è quello che abbiamo prima menzionato. In questo caso la probabilità equivale a chiedersi: quanto ci scommeterei che quello che sto dicendo sia vero?

Di primo acchito questa definizione di probabilità (si chiama Bayesiana, in matematica) può lasciare interdetti. Però, se ci pensiamo bene, la totalità delle nostre azioni e delle decisioni che ci troviamo a dover prendere nella vita non sono mai basate su probabilità tipo lancio di dadi, o estrazione dei numeri del Lotto. Tutte le decisioni che prendiamo, e che quindi si basano su quanto crediamo corrette le nostre valutazioni dei fatti, non si basano sulla statistica che generalmente si studia a scuola (che si chiama statistica "frequentista", in gergo, perché basata su frequenze ben note di accadimenti di certi fenomeni, tipo l'uscita del rosso o del nero, di un ambo al Lotto e simili), ma sulla probabilità cosiddetta "condizionata".

Condizionata a cosa? Condizionata a ciò che sappiamo già, e alle osservazioni che abbiamo appena effettuato su quel fenomeno. Infatti la domanda che continuamente ci poniamo, nella Scienza come nella nostra quotidianità, quando ci confrontiamo con qualcosa di nuovo è del tipo: che probabilità c'è che una certa affermazione sia vera, alla luce di tutto quello che già conosco?

Facciamo un esempio: le previsioni del tempo. Come si fanno le previsioni del tempo? Supponiamo di voler sapere adesso, nella seconda metà di Novembre, che tempo farà a Natale. Possiamo fare una serie di misure sui parametri atmosferici e meteorologici di oggi, e darli in pasto a un computer, con tutti i nostri migliori programmi di predizione meteorologica. All'inizio, prima di fare questa operazione, la nostra previsione su che tempo farà a Natale sarà agnostica: non ne abbiamo idea. Dopo questa procedura avremo una risposta, sebbene estremamente vaga. La nostra previsione basata sulle osservazioni di oggi non è più agnostica, ma si traduce in un risultato che è comunque estremamente incerto per il meteo di Natale, per il semplice fatto che fra qui e Natale possono intervenire nuovi fattori ad alterare le nostre previsioni.

Però, reiterando questa procedura nei giorni e nelle settimane successive, usando ogni volta come punto di partenza il risultato della previsione precedente, si potranno via via integrare e affinare le previsioni con nuove osservazioni e correggere il tiro, e man mano la previsione di che tempo farà a Natale sarà sempre più probabile, ovvero più credibile, tanto che tre o quattro giorni prima la previsione, arricchita dalle nuove informazioni che ho acquisito nel frattempo, sarà altamente probabile. Quindi il fatto che le previsioni meteo cambino man mano che ci si avvicina alla data di cui si vuole sapere la previsione non significa che quelli delle previsioni meteo "non ci capiscono niente", e che una volta dicono una cosa una volta un'altra. Significa che la previsione meteo si aggiusta e diventa più probabile proprio grazie ai dati che nel frattempo vengono raccolti.

Cosa vuol dire probabile in questo caso? Vuol dire quanto ci scommetteremmo sopra. Non è una probabilità frequentista, tipo il lancio di una moneta, ma una probabilità condizionata a quello che già sappiamo, che abbiamo osservato sul meteo e sulle condizioni atmosferiche nei giorni precedenti, e su ciò che sappiamo su come funziona l'atmosfera, i venti, le correnti calde e fredde etc, che ci permette di rendere sempre più probabile, sebbene mai assolutamente certa, la previsione per il tempo che farà a Natale.

E questo modo di procedere è con noi, oserei dire "dentro di noi", continuamente, ogni giorno, per qualunque cosa facciamo e di cui vogliamo valutare la probabilità. E' la statistica "Bayesiana", da Thomas Bayes, un matematico e monaco presbiteriano inglese del 1700, che per primo formalizzo questo tipo di calcolo delle probabilità.

Se ad esempio decidiamo di investire del denaro in azioni, lo facciamo in base all'andamento di quelle azioni, e a ciò che già conosciamo su come si comportano quelle azioni. Non abbiamo la certezza del risultato, ma la nostra convinzione sulla giustezza o meno dell'investimento viene modellata e costruita osservando ciò che nel frattempo accade e è accaduto, tramite un processo di tipo Bayesiano.

Provate a pensarci: tutta la nostra vita, ogni nostra decisione, ogni nostra opinione, su qualunque argomento, è un continuo aggiustare le nostre convinzioni in base a ciò che già conosciamo, che sperimentiamo, e che impariamo di nuovo nel frattempo. 

Io ad esempio non avevo mai fatto la besciamella. Ho letto la ricetta, ma la prima volta che ho provato a farla l'ho buttata. Però, da quell'esperienza, ho capito che avevo messo troppa farina. La volta dopo ne ho messa di meno, e è venuta una cosa dignitosa, anche se decisamente migliorabile. La volta dopo, quindi, ho messo un po' più di latte, perché dall'esperienza precedente avevo capito che quello avrebbe aiutato, e insomma, adesso so fare una besciamella che mi sento di definire buona. Il tutto è avvenuto partendo da una posizione che potremmo definire "agnostica" (come gli scienziati per il Covid, o come i meteorologi per le previsioni meteo a Natale, neanche io sapevo molto della besciamella, se non un po' di teoria generica). Però, in seguito al risultato ottenuto, ho fatto ipotesi su come avrei potuto migliore il risultato successivo, e iterando questo processo sono arrivato a definire più che soddisfacente la mia ricetta della besciamella. Inconsciamente ho applicato l'approccio Bayesiano: dalle osservazioni ho fatto ulteriori ipotesi sulle azioni successive da intraprendere, stimando di volta in volta cosa sarebbe potuto accadere, fino ad arrivare a un risultato certamente ancora migliorabile, ma comunque ottimale per il mio scopo.

Anche la scienza, in ultima analisi, funziona così. Tutti i risultati scientifici si basano su una credibilità che si costruisce e si modifica nel tempo in base alle osservazioni, ai risultati positivi o negativi che si ottengono.

Tutto questo modo di analizzare i dati, che se ci pensiamo bene è il nostro modo usuale di comprendere il mondo da sempre, è descritto dalla statistica Bayesiana, che sostanzialmente si occupa di valutare quanto sono vere certe affermazioni su un dato fenomeno, in base a ciò che osserviamo e conosciamo di quel fenomeno.

E cosa c'entra questo con i vaccini?

C'entra perché anche per i vaccini le nostre conoscenze sull'efficacia delle vaccinazioni si affinano nel tempo all'aumentare dei dati raccolti, così come si affinano le previsioni del meteo all'aumentare dei dati meteorologici, o come si affinano le conoscenze sulla realizzazione della besciamella all'accumularsi dei "risultati sperimentali".

Il vaccino anti Covid, così come il Covid stesso, non esistevano fino a due anni fa. La nostra conoscenza sugli effetti del virus e del suo vaccino è cresciuta e cresce nel tempo all'aumentare dei dati. A me ad esempio fanno ridere quelli che dicono di non volersi vaccinare perché non si conoscono gli effetti a lungo termine del vaccino. E' certamente vero in linea di principio, sebbene il vaccino sia stato sviluppato seguendo tecniche già ben note da chi si occupa professionalmente di realizzare vaccini. Ma allo stesso tempo bisognerebbe anche chiedersi: e gli effetti  a lungo termine del virus si conoscono? Anche il virus è una novità! Le nostre conoscenze aumenteranno quindi sia sul virus che sul vaccino, e magari cambieranno ancora con il crescere dei dati. Ma se cambieranno non sarà perché gli scienziati "non hanno idea di ciò che dicono", ma proprio perché più passa il tempo e più hanno idea di ciò che dicono! E' così che funziona la Scienza, perché così funziona il nostro modo di comprendere il mondo.

Quindi la convinzione, che in alcuni diventa a volte una pretesa, che la scienza scolpisca nella pietra le proprie affermazioni, e non debba più rivederle alla luce dei nuovi dati, significa non avere capito nulla non solo di come funzioni la Scienza, ma di come funzioni in generale il modo di interfacciarsi e comprendere il mondo da parte degli esseri umani. E permettetemi, non è solo una manifestazione di ignoranza, ma anche di una discreta stupidità, di cui sarebbe bene non andare fieri.

martedì 16 novembre 2021

Rivedere dal vivo un evento già avvenuto, metti caso ve lo siate perso.

Con le Supernove è possibile.

Metti caso che eravate allo Stadio Azteca di Citta del Messico il 17 Giugno 1970, durante il secondo tempo supplementare di Italia-Germania, semifinale dei Mondiali di Calcio. Il risultato era sul 3 a 3, e l'Italia stava attaccando. La palla arriva a Boninsegna, che scatta sulla sinistra e poi butta la palla verso il centro, un po' indietro, e propro in quel momento qualcosa vi distrae, e distogliete lo sguardo per un attimo. Sentite un boato di folla, e quando rivolgete di nuovo lo sguardo verso il campo di gioco vedete la palla dentro la rete tedesca, e gli azzurri che si abbracciano. Eravate proprio lì, ma vi siete persi un gol che resterà mitico, quel tiro di piatto di Riverà che farà vincere l'Italia 4 a 3 in quella che verrà ricordata come una delle partite più emozionanti della storia del calcio.

Vorreste fare un rewind, vorreste modificare per un attimo le leggi della fisica e tornare solo per un momento indietro nel tempo, per rivedere e rivivere in diretta quel momento che per vostra distrazione vi siete persi, ma non si può. Il tempo va solo avanti, e un evento passato non si può riportare al presente.

"Un evento passato non si può riportare al presente". 

Per forza: se è passato, è passato, e se ce lo siamo perso, se eravamo distratti, niente ce lo potrà far rivivere in diretta. Al massimo possiamo sperare che qualcuno lo abbia registrato con qualche telecamera per farcelo rivedere.

Nell'ottobre 2014 una Supernova di tipo Ia, una stella che esplodendo diventa luminosissima, viene ripresa dal telescopio Hubble nello stesso campo dell'ammasso di galassie MACS J1149+2223. La luce emessa dalla Supernova, che verrà chiamata Supernova Refsdal, in onore dell'astronomo norvegese Sjur Refsdal, ha viaggiato per più di 9 miliardi di anni prima di arrivare allo specchio di Hubble. Ma la cosa interessante è che la sua immagine appare contemporaneamente in 4 punti diversi all'interno di MACS J1149+2223.

Questo è infatti dovuto all'effetto, ben noto e osservato in molti altri casi, di "gravitational lensing". In  pratica la luce della Supernova, che è ben più distante dell'ammasso MACS J1149+2223, il quale dista "solo" 5 miliardi di anni luce, incontrando l'enorme massa dell'ammasso lungo il suo percorso verso Hubble, viene da essa curvata gravitazionalmente come passando attraverso una lente, e in questo modo riusciamo a vederla contemporaneamente in più punti diversi. E' un fenomeno previsto dalla Teoria della Relatività Generale ormai ben noto.

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 Le posizioni dove è apparsa la Supernova Refsdal nel 2014, e la posizione prevista per la sua riapparizione nel 2015

Tuttavia stavolta succede qualcosa di speciale: gli astronomi prevedono che ulteriori immagini dello stesso evento dovranno rendersi visibili in seguito, in base alla distorsione che il campo gravitazionale dell'ammasso introduce sui percorsi della luce emessa dalla Supernova nell'arrivare fino a noi. Quindi prevedono che ulteriori immagini della stessa esplosione, dello stesso e unico evento fisico, quello che normalmente riterremmo ormai appartenere al passato, saranno nuovamente visibili entro circa un anno. E infatti la stessa Supernova, o meglio lo stesso evento, quello che pensavamo appartenesse ormai al passato, si ripropone in un replay perfetto dopo circa un anno, nel Dicembre 2015, facendo ricomparire la stessa esplosione osservata un anno prima proprio dove gli astronomi avevano previsto.

 

 
La Supernova Refsdal appare dove precedentemente previsto, tra Ottobre 2015 (quando non era ancora visibile) e Dicembre 2015. L'incertezza temporale dell'esatta riapparizione è dovuta ai cicli di misura del Telescopio Hubble.

Ora, pensandoci bene: ma non è una cosa fantastica? Noi stiamo vedendo lo stesso evento fisico accadere più volte, in tempi diversi.

Questi eventi non sono così rari nell'Universo. Nell'ammasso di galassie MACSJ0138, la Supernova Requiem è apparsa in tre punti diversi simultaneamente nel 2016, per poi scomparire a breve, come è normale per una Supernova. Ma si prevede che ci sarà una replica dello stesso evento fra una ventina di anni, nel 2035, con un incertezza di un paio di anni in più o in meno. Chi si è perso l'evento, potrà rivederlo in diretta, perfettamente replicato. Gli astronomi calcolano anche che la stessa Supernova sia stata visibile una cinquantina di anni fa, come singola immagine, in un altro punto dell'ammasso. Solo che nessuno se ne era accorto, perché all'epoca non c'erano tecniche di osservazione dell'Universo distante così sofisticate come oggi.

Insomma, lo stesso evento, fisicamente lo stesso, esattamente lo stesso, che ci appare accadere più volte a tempi diversi. L'idea che il passato sia unico e irripetibile non è più vera nell'Universo su grande scala. Non è fantastico? Quanti filosofi avrebbero potuto immaginare un evento del genere come realmente possibile?

 

https://apod.nasa.gov/apod/image/2111/MACSJ0138_Hubble_1762.jpg

 Nell'immagine a sinistra, dentro i cerchietti, la Supernova Requiem nella sua triplice copia nell'anno 2016. A destra, nel 2019, nei cerchietti non c'è più nulla: la Supernova Requiem si è spenta. Il cerchietto in alto a sinistra è dove si ipotizza debba apparire nel 2035.



Ulteriori dettagli su:

https://arxiv.org/pdf/1512.04654.pdf

https://viewspace.org/interactives/unveiling_invisible_universe/dark_matter/supernova_refsdal 

https://www.media.inaf.it/2021/09/16/ritorno-al-futuro-della-supernova-requiem/