domenica 21 novembre 2021

La Terza Dose e la Statistica di Bayes.


 

Su un gruppo di no-vax e no-green-pass leggo questo scambio di battute.

A parte le reazioni non raccontabili che mi vengono d'istinto, questo dialogo, che sintetizza un punto di vista che è comunque abbastanza trasversale e diffuso, è l'ennesima dimostrazione di quanto la cultura scientifica sia da sempre lontana dalla cultura media della società. Di nuovo, a costo di ripetermi e diventare noioso, è del tutto inutile insegnare la chimica e la fisica con programmi scolastici sulla carta sterminati, se poi non si riesce a comunicare la mentalità scientifica, l'approccio scientifico alle cose del mondo. Il risultato sarà che quelle nozioni probabilmente verranno comunque dimenticate e di Scienza non resterà nulla, tantomeno quel modo di ragionare che fa la differenza con le chiacchiere da bar.

Questo scambio di battute, nell'intento dei partecipanti, si può riassumere dicendo che gli scienziati che si occupano dei vaccini non hanno idea delle loro affermazioni: prima dicono due dosi, poi tre, e pertanto brancolano nel buio. E quindi la conclusione ovvia è che di essi e della Scienza non possiamo fidarci.

Gli errori di comunicazione da parte degli scienziati verso il pubblico certamente ci sono e ci sono stati (anche gli scienziati sono esseri umani, e a volte un microfono davanti alla bocca gioca brutti scherzi), ma il problema di fondo è che quegli errori di comunicazione vanno poi a cadere nel mare di grande ignoranza del metodo scientifico che affligge cittadini, politici e giornalisti, con il risultato che le due cose assieme generano mostri come questo scambio di opinioni. Se la società avesse gli anticorpi, ovvero la consapevolezza di come procede la Scienza, e conoscesse la capacità di ragionare secondo la Scienza, anche gli errori di comunicazione da parte degli scienziati avrebbero un effetto più blando nel generare confusione.

Dove sta il problema in questo caso? Nel non avere idea di come si costruisca il sapere scientifico. E di questo voglio parlare.

Sostanzialmente la Scienza, quando si trova ad analizzare un certo fenomeno, procede cercando di rispondere continuamente a questa domanda: alla luce dei dati che conosco già, e in base ai nuovi dati che ho appena acquisito, qual è la probabilità che il modello che ipotizzo descrivere il fenomeno che sto studiando sia corretto? E quindi qual è la probabilità che le previsioni che da quel modello posso trarre siano vere?

Notate che questa probabilità è una probabilità un po' strana. Non è il calcolo delle probabilità che si studia a scuola che, salvo casi rarissimi, riguarda il solito lancio dei dadi, o la probabilità di fare un terno, di pescare tot palline rosse e nere in una scatola, e cose del genere. Il calcolo delle probabilità nel mondo reale, e quindi anche nella Scienza, nella maggioranza dei casi è un'altra cosa, ed è quello che abbiamo prima menzionato. In questo caso la probabilità equivale a chiedersi: quanto ci scommeterei che quello che sto dicendo sia vero?

Di primo acchito questa definizione di probabilità (si chiama Bayesiana, in matematica) può lasciare interdetti. Però, se ci pensiamo bene, la totalità delle nostre azioni e delle decisioni che ci troviamo a dover prendere nella vita non sono mai basate su probabilità tipo lancio di dadi, o estrazione dei numeri del Lotto. Tutte le decisioni che prendiamo, e che quindi si basano su quanto crediamo corrette le nostre valutazioni dei fatti, non si basano sulla statistica che generalmente si studia a scuola (che si chiama statistica "frequentista", in gergo, perché basata su frequenze ben note di accadimenti di certi fenomeni, tipo l'uscita del rosso o del nero, di un ambo al Lotto e simili), ma sulla probabilità cosiddetta "condizionata".

Condizionata a cosa? Condizionata a ciò che sappiamo già, e alle osservazioni che abbiamo appena effettuato su quel fenomeno. Infatti la domanda che continuamente ci poniamo, nella Scienza come nella nostra quotidianità, quando ci confrontiamo con qualcosa di nuovo è del tipo: che probabilità c'è che una certa affermazione sia vera, alla luce di tutto quello che già conosco?

Facciamo un esempio: le previsioni del tempo. Come si fanno le previsioni del tempo? Supponiamo di voler sapere adesso, nella seconda metà di Novembre, che tempo farà a Natale. Possiamo fare una serie di misure sui parametri atmosferici e meteorologici di oggi, e darli in pasto a un computer, con tutti i nostri migliori programmi di predizione meteorologica. All'inizio, prima di fare questa operazione, la nostra previsione su che tempo farà a Natale sarà agnostica: non ne abbiamo idea. Dopo questa procedura avremo una risposta, sebbene estremamente vaga. La nostra previsione basata sulle osservazioni di oggi non è più agnostica, ma si traduce in un risultato che è comunque estremamente incerto per il meteo di Natale, per il semplice fatto che fra qui e Natale possono intervenire nuovi fattori ad alterare le nostre previsioni.

Però, reiterando questa procedura nei giorni e nelle settimane successive, usando ogni volta come punto di partenza il risultato della previsione precedente, si potranno via via integrare e affinare le previsioni con nuove osservazioni e correggere il tiro, e man mano la previsione di che tempo farà a Natale sarà sempre più probabile, ovvero più credibile, tanto che tre o quattro giorni prima la previsione, arricchita dalle nuove informazioni che ho acquisito nel frattempo, sarà altamente probabile. Quindi il fatto che le previsioni meteo cambino man mano che ci si avvicina alla data di cui si vuole sapere la previsione non significa che quelli delle previsioni meteo "non ci capiscono niente", e che una volta dicono una cosa una volta un'altra. Significa che la previsione meteo si aggiusta e diventa più probabile proprio grazie ai dati che nel frattempo vengono raccolti.

Cosa vuol dire probabile in questo caso? Vuol dire quanto ci scommetteremmo sopra. Non è una probabilità frequentista, tipo il lancio di una moneta, ma una probabilità condizionata a quello che già sappiamo, che abbiamo osservato sul meteo e sulle condizioni atmosferiche nei giorni precedenti, e su ciò che sappiamo su come funziona l'atmosfera, i venti, le correnti calde e fredde etc, che ci permette di rendere sempre più probabile, sebbene mai assolutamente certa, la previsione per il tempo che farà a Natale.

E questo modo di procedere è con noi, oserei dire "dentro di noi", continuamente, ogni giorno, per qualunque cosa facciamo e di cui vogliamo valutare la probabilità. E' la statistica "Bayesiana", da Thomas Bayes, un matematico e monaco presbiteriano inglese del 1700, che per primo formalizzo questo tipo di calcolo delle probabilità.

Se ad esempio decidiamo di investire del denaro in azioni, lo facciamo in base all'andamento di quelle azioni, e a ciò che già conosciamo su come si comportano quelle azioni. Non abbiamo la certezza del risultato, ma la nostra convinzione sulla giustezza o meno dell'investimento viene modellata e costruita osservando ciò che nel frattempo accade e è accaduto, tramite un processo di tipo Bayesiano.

Provate a pensarci: tutta la nostra vita, ogni nostra decisione, ogni nostra opinione, su qualunque argomento, è un continuo aggiustare le nostre convinzioni in base a ciò che già conosciamo, che sperimentiamo, e che impariamo di nuovo nel frattempo. 

Io ad esempio non avevo mai fatto la besciamella. Ho letto la ricetta, ma la prima volta che ho provato a farla l'ho buttata. Però, da quell'esperienza, ho capito che avevo messo troppa farina. La volta dopo ne ho messa di meno, e è venuta una cosa dignitosa, anche se decisamente migliorabile. La volta dopo, quindi, ho messo un po' più di latte, perché dall'esperienza precedente avevo capito che quello avrebbe aiutato, e insomma, adesso so fare una besciamella che mi sento di definire buona. Il tutto è avvenuto partendo da una posizione che potremmo definire "agnostica" (come gli scienziati per il Covid, o come i meteorologi per le previsioni meteo a Natale, neanche io sapevo molto della besciamella, se non un po' di teoria generica). Però, in seguito al risultato ottenuto, ho fatto ipotesi su come avrei potuto migliore il risultato successivo, e iterando questo processo sono arrivato a definire più che soddisfacente la mia ricetta della besciamella. Inconsciamente ho applicato l'approccio Bayesiano: dalle osservazioni ho fatto ulteriori ipotesi sulle azioni successive da intraprendere, stimando di volta in volta cosa sarebbe potuto accadere, fino ad arrivare a un risultato certamente ancora migliorabile, ma comunque ottimale per il mio scopo.

Anche la scienza, in ultima analisi, funziona così. Tutti i risultati scientifici si basano su una credibilità che si costruisce e si modifica nel tempo in base alle osservazioni, ai risultati positivi o negativi che si ottengono.

Tutto questo modo di analizzare i dati, che se ci pensiamo bene è il nostro modo usuale di comprendere il mondo da sempre, è descritto dalla statistica Bayesiana, che sostanzialmente si occupa di valutare quanto sono vere certe affermazioni su un dato fenomeno, in base a ciò che osserviamo e conosciamo di quel fenomeno.

E cosa c'entra questo con i vaccini?

C'entra perché anche per i vaccini le nostre conoscenze sull'efficacia delle vaccinazioni si affinano nel tempo all'aumentare dei dati raccolti, così come si affinano le previsioni del meteo all'aumentare dei dati meteorologici, o come si affinano le conoscenze sulla realizzazione della besciamella all'accumularsi dei "risultati sperimentali".

Il vaccino anti Covid, così come il Covid stesso, non esistevano fino a due anni fa. La nostra conoscenza sugli effetti del virus e del suo vaccino è cresciuta e cresce nel tempo all'aumentare dei dati. A me ad esempio fanno ridere quelli che dicono di non volersi vaccinare perché non si conoscono gli effetti a lungo termine del vaccino. E' certamente vero in linea di principio, sebbene il vaccino sia stato sviluppato seguendo tecniche già ben note da chi si occupa professionalmente di realizzare vaccini. Ma allo stesso tempo bisognerebbe anche chiedersi: e gli effetti  a lungo termine del virus si conoscono? Anche il virus è una novità! Le nostre conoscenze aumenteranno quindi sia sul virus che sul vaccino, e magari cambieranno ancora con il crescere dei dati. Ma se cambieranno non sarà perché gli scienziati "non hanno idea di ciò che dicono", ma proprio perché più passa il tempo e più hanno idea di ciò che dicono! E' così che funziona la Scienza, perché così funziona il nostro modo di comprendere il mondo.

Quindi la convinzione, che in alcuni diventa a volte una pretesa, che la scienza scolpisca nella pietra le proprie affermazioni, e non debba più rivederle alla luce dei nuovi dati, significa non avere capito nulla non solo di come funzioni la Scienza, ma di come funzioni in generale il modo di interfacciarsi e comprendere il mondo da parte degli esseri umani. E permettetemi, non è solo una manifestazione di ignoranza, ma anche di una discreta stupidità, di cui sarebbe bene non andare fieri.

13 commenti:

  1. Vaglielo a spiegare... si fermerebbero alla seconda riga. PS: sull'esempio della besciamella però non sono del tutto d'accordo, mi sembra più un caso di successo per approssimazioni successive. Che ovviamente non è un concetto del tutto slegato dalla probabilità di Bayes.

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  2. Pecchi di ingenuità pensando che tutti siano consapevoli ed accettino il fatto che la vita di tutti sia basata su un continuo aggiustare le proprie convinzioni. Per molti questo processo di aggiustamento c'è ma non ne sono consapevoli. La Verità è quella che hanno capito Loro ed è quella, fissa ed immutevole. Si tratta di un ulteriore problema che si aggiunge a quello della mancanza di cultura scientifica o, forse, un suo corollario. Comunque la vita è difficile ma per fortuna ogni tanto leggo un tuo post e la vita migliora di un po'.

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  3. Bene! La spiegazione per coloro che hanno un grado di istruzione universitario non si presta a critiche e per questo ti ringrazio. Però debbo dire, per onor del vero, che i cosiddetti scienziati (....e in Italia ne vedo pochi sullo specifico del COVID, visto che anche i dilettantistici tentativi fatti di sviluppare un vaccino, si sono rivelati fallimenti) devono imparare la differenza tra realtà percepita e realtà vera.

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    1. Gli scienziati purtroppo non sempre sanno comunicare la Scienza. Anzi, in generale non lo sanno fare, e immedesimarsi nella mente della gente e immaginare cosa essa capisca a fronte di quello che si vorrebe invece comunicare, spesso non è facile se non ci si è abituati. Il rischio in questo caso è quello di fare danni ulteriori, e su questo sono d'accordo.

      Tuttavia assistiamo continuamente (anche ieri sera in un dibattito tv) a gente che non capisce ad esempio che con l'85% dei vaccinati è normale che numericamente i malati siano numericamente di più tra i vaccinati, ma che se si fa il rapporto con la popolazione di riferimento, che è ciò che conta per verificare l'efficacia del vaccino, viene fuori che la frazione di malati tra i non vaccinati è enormemente maggiore rispetto al caso dei vaccinati. Non capire questo nemmeno se te lo spiegano (è quello che succede ogni volta, e anche ieri sera è successo con l'ospite in studio!) non è un problema di errata comunicazione, ma di becera ignoranza.

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  4. Sono d'accordo. L'ignoranza della gente nella maggior parte delle discipline scientifiche non provoca danni, ma in territorio pandemico l'ignoranza può fare danni significativi. Per questo credo sia ancora più necessaria una comunicazione 'a prova di ignorante' cioè una comunicazione che smascheri la faziosità becera e arrivi, soprattutto, alla gente. Così i beceri ignoranti si troveranno isolanti.

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  5. Grazie per quest'ottima disamina, più che mai necessaria.
    Secondo me integra perfettamente il post del 16 settembre sulle pretese "certezze" della scienza. Io vedendo il dibattito degli ultimi mesi su covid e vaccini sono sempre più convinto che gli oppositori alla campagna vaccinale siano coscienti di questi meccanismi e non perdano occasione per sfruttarli per il proprio fine, che è quello di gettare discredito sulla scienza. Deridono gli scienziati che si mostrano dubbiosi e cambiano versione ogni settimana (facendo finta di non sapere che in realtà, in una certa misura, è normale) e al tempo stesso quelli che fanno affermazioni o previsioni troppo nette e perentorie vengono criticati perché dogmatici, scientisti, ecc. In questo modo i detrattori cadono sempre in piedi, ovviamente a prezzo della coerenza. Ma finché hanno maree di followers adoranti (e che capiscono pochissimo di statistica ed epistemologia), credo che gliene importi poco.

    Un esempio: all'inizio della campagna vaccinale nessuno sapeva quanto esattamente sarebbe durata la protezione (ma già veniva data per probabile la necessità di richiami) né qual era l'efficacia rispetto al contagio e alla trasmissione; in seguito la variante delta ha aumentato ulteriormente le incertezze, quindi era davvero difficile prevedere quale sarebbe stato lo scenario.
    Tutto questo non impedisce ai suddetti detrattori di inventarsi argomenti fantoccio ("ci avevate detto che proteggeva al 100% dall'infezione!" "ci avevate detto che la protezione dura anni!" "ci avevate detto che non ci sarebbe stato bisogno di nuove restrizioni!" ecc. Ma chi l'ha mai affermato questo?) per poi autocompiacersi quando si illudono di aver colto in fallo gli scienziati e noi che li seguiamo. È una tecnica subdola, fondata sulla disonestà intellettuale, che bisogna sforzarsi di denunciare e smascherare.

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  6. Quello che hai scritto è utilissimo per chi già prima aveva un'idea più o meno ben definita di cos'è e come procede la scienza. Potrebbe però essere devastante per coloro che non avevano, non hanno e non avranno gli strumenti culturali e sostanziali per fare un ragionamento di senso compiuto, ovvero incidentalmente proprio quelli a cui fai riferimento nel tuo pezzo.
    Questi infatti continueranno a ripeterti che si tratta di un gigantesco esperimento e che loro non vogliono far parte di nessun esperimento.
    Ho maturato la triste convinzione che la mancanza di basi culturali e di coscienza di sé sia inversamente proporzionale all'abbondanza di cieca fede aprioristica: quando le condizioni in premessa sono queste non ci vedo alcuna possibilità di intervento.

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    1. Le condizioni di intervento sono quelle di garantire il principio dell'intangibilità del proprio corpo, così come garantito dalla Dichiarazione Universalie dei Diritti Umani e dalla Convenzione di Oviedo.
      Se lei si "fida della scienza", si vaccini pure.... ma non può obbligare, in NESSUN MODO, chiunque altro a farlo.

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  7. C'è una questione scientifica che non è stata presa in considerazione da questa disamina: la relazione tra raccolta di dati e massificazione della raccolta di dati. Non è concepibile che in un vero metodo scientifico si utilizzi un campione di massa fatto da esseri umani per raccogliere dati di studio. Solitamente questo è sempre stato un elemento di conferma dei dati. Anche quando i dati raccolti dimostrano delle notevoli discrepanze da ciò che è stato definito negli studi preliminari, nessuno ha mai messo in discussione questi farmaci. Per riprendere l'esempio della besciamella, è come se anziché la questo alimento fosse venuta una crema pasticciera e anziché interrogarsi se fosse il risultato da ottenere, si vedesse solo che è commestibile lo stesso. Un vero metodo scientifico avrebbe bloccato le somministrazioni ai primi danni irreparabili tra cui le morti in fasce d'età che non sono mai state a rischio covid. Questa è Scienza, non far finta che sia tutto normale il fatto che giovani abbiano danni irreparabili o che siano addirittura defunti nel silenzio è vergognoso soprattutto per chi si dice scienziato

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  8. Mi scusi, ma lei avrebbe preferito un vaccino testato solo in vitro? Secondo lei una provetta e un essere umano sono equivalenti? E se, nell'ipotesi di un test solo in vitro, si fosse poi scoperto che sugli esseri umani erano presenti importanti effetti collaterali non osservati in vitro, non avrebbe (giustamente!) osservato che un test in vitro non può essere considerato esaustivo per un vaccino, o per un farmaco di qualunque tipo? Per il resto, non so dove lei abbia lett dell'ecatombe dei giovani che cita, ma la invito a informarsi su fonti serie.

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  9. Il prof. Sergio Albrignani a Novembre dichiarò perentoriamente che la 3a dose avrebbe garantito una immunità di almeno 5-10 anni.... evidentemente ignora l'esistenza del Teorema di Bayes, assieme a tutti i membri del CTS e chi pubblicò gli studi farlocchi a cui ha fatto riferimento.
    Spero che il Prof. Marcellini si prenda l'incarico di spiegarglielo bene; in modo da evitare di fare nuove figure da peracottari.

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  10. Com'è che nessuno dice più nulla sui "fantastici" vaccini? Perché non si parla della necessità di verificare del livello di anticorpi PRIMA di procedere con l'inoculazione dell'ennesimo vaccino? Gli effetti avversi non erano fantasie e adesso che comincia ad emergere una casistica, perché se ne parla poco? E, a proposito di "scienza", nessuno si è posto il problema del gravissimo conflitto di interessi di molti tecnici ?

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