lunedì 11 maggio 2020

L'ignoranza scientifica ai tempi del Coronavirus.

Ciò che chiediamo adesso alla scienza ne è lo specchio.


Si dice spesso che in Italia manchi la cultura scientifica. E' vero. Ma ci si dimentica sempre di spiegare cosa sia una società che ha cultura scientifica. La cultura scientifica non è sapere tanto di scienza. Non è sapere di galassie, particelle o virus, visto che siamo in tema. Certo, può aiutare, ma non è quella la cultura scientifica. 

La cultura scientifica è conoscere come funziona la scienza, il suo modo di procedere, il suo linguaggio, il suo metodo nell'affrontare i problemi, il suo modo di porsi le domande, la sua capacità di mettersi in discussione, e il modo in cui essa può o non può rispondere. Tutto questo non si insegna e non si impara con quei ridicoli programmi sterminati del liceo di oggi, in cui in fisica (la materia che conosco, e su cui posso dire la mia) si fa studiare di tutto, fino alle scoperte più recenti, anche senza avere le competenze matematiche necessarie, trasformando la scienza in un imparaticcio di nozioni, un immenso formulario in cui individuare la formuletta giusta per risolvere il problema. Non è saper risolvere le equazioni differenziali o gli integrali di volume in quinta liceo che darà maggiore conoscenza scientifica. E gli effetti di questa ignoranza scientifica, gli effetti del non aver capito che cos'è la cultura scientifica, si vedono drammaticamente nel modo in cui la nostra società si è posta nei confronti della scienza durante questi due mesi di emergenza Coronavirus. Tutto questo al netto delle voglie di protagonismo di alcuni medici a cui abbiamo assistito in questi ultimi mesi: anche i virologi sono esseri umani con annessi pregi e difetti, e anche fra loro si trovano esempi di tutto il campionario. Ma la scienza è un'impresa collettiva, e come tale va considerata, indipendentemente dal comportamento dei singoli scienziati.

Bisogna però innanzitutto dire che il Coronavirus ha avuto anche un effetto positivo nel nostro modo di rapportarci con la scienza, anche se dubito che sia stato effettivamente recepito e fatto proprio per il futuro: dopo aver deriso e snobbato in molte occasioni la scienza, raccontando la storiella che essa sia solo uno dei tanti modi, tutti equivalenti, per raggiungere la conoscenza, ecco che, di fronte a un virus che rischia di rimandarti al creatore, tutte le forme di conoscenza alternative, quelle che alla fine dovevano essere tutte equivalenti e ugualmente lecite, sono state messe in soffitta. All'improvviso tutti hanno gli occhi puntati solo sulla scienza, e non sulla filosofia tibetana o sull'ayurveda, e si aspettano che la scienza, e non l'iridologia o la meditazione quantica, risolvano il problema. All'improvviso si chiede agli scienziati, e solo a quelli, e non agli omeopati, ai fioristi (o fiorai) di Bach, ai medici alternativi, ai guaritori o ai vari taumaturghi da tv, di tirarci fuori dalla merda, per dire le cose come stanno.

Per non parlare poi degli astrologi, nessuno dei quali, alla fine del 2019, momento in cui effettuano le loro previsioni sull'anno successivo per poi invadere i programmi tv e le rubriche dei giornali, ha notato negli astri l'evento di gran lunga più colossale e impattante della storia dai tempi dell'invasione della Polonia da parte di Hitler. Che uno si chiede cosa stessero guardando, alla fine del 2019, per non notare una cosa del genere nell'ambito dell'incredibile potere predittivo messo a disposizione dagli astri! A parte la strepitosa cannata di Paolo Fox, che prevede per i primi mesi dell'anno un momento di crescita, in particolare molto vantaggioso per i viaggi (vedi il filmato), in questa puntuale previsione si legge testualmente: "Sarà un anno di look diversi e simpatici. Non abbiate timore di cambiare modo di porvi, a cominciare dai capelli. Ci saranno molteplici situazioni per mostrarsi in modo insolito, e con ottimi risultati". Chiaramente si riferisce al vezzo di portare la mascherina, e al fatto che con 3 mesi senza parrucchieri stiamo rimpiangendo la moda anni 70!  Comunque ho il sospetto che li ritroveremo tutti - gli astrologi - alla fine del 2020 per raccontarci senza ritegno cosa succederà nel 2021.

Comunque, a parte l'esserci momentaneamente dimenticati dei ciarlatani che puntualmente, in tempi normali, ci offrono le loro infallibili soluzioni per la salute, in questo frangente di emergenza è apparso chiaro quanto poco sappiamo di come funzioni la scienza.

La prima cosa che salta agli occhi è la pretesa di avere dagli scienziati risposte o ricette certe e immediate. Un esempio semplice e banale è il preteso uso "scientifico" delle mascherine, definite, a seconda dei giorni, inutili, addirittura controproducenti, oppure indispensabili pena contagio certo, anche se sei da solo in cima alla Marmolada. In tutto questo si è dimenticato il buon senso, che vuole la mascherina utile in molti casi, ma il cui uso da solo, soprattutto se non appropriato, non può ovviamente garantire nessuna certezza a fronte delle molteplici situazioni in cui possiamo venirci a trovare. Provate a ricapitolare mentalmente tutti i filmati, i meme, gli slogan e le affermazioni drastiche e talebane sulla assoluta necessità oppure sulla completa inutilità della mascherina che abbiamo visto in questi ultimi mesi. Da mettersi le mani nei capelli.

Certezza. E' proprio ciò che chiede alla scienza chi non ha capito nulla di scienza. Certezza nelle previsioni, nelle risposte, nelle procedure da adottare. Non si comprende che la scienza non può garantire nessuna certezza, perché l'incertezza è una sua caratteristica fondamentale. Non a caso nella prima lezione di laboratorio in fisica si studiano gli errori, cioè il fatto che qualunque affermazione quantitativa, qualunque misura scientifica è intrinsecamente affetta da un'incertezza, da un livello di credibilità, che dipende da tanti fattori, quali il metodo di misura, gli strumenti usati, il contesto, e i fattori esterni non sempre controllabili.



La certezza è anche ciò che manca in situazioni in cui la conseguenza di un'azione compiuta può verificarsi dopo molto tempo, e essere alterata e influenzata da una moltitudine di fattori concomitanti, come accade nella situazione che stiamo vivendo. Gli eventuali esiti positivi, ma anche quelli negativi, contribuiscono però entrambi alla conoscenza scientifica. I fallimenti fanno parte del processo scientifico, ma questo aspetto è difficilmente compreso. Il fatto che un esperimento con esito negativo, che non trovi o addirittura neghi l'effetto previsto, possa contribuire comunque anch'esso in modo importante alla conoscenza scientifica, non appartiene evidentemente alla cultura comune.

Fanno sorridere poi le richieste agli esperti di epidemiologia sul "giorno esatto in cui si avranno zero nuovi contagi". Addirittura a un certo punto è uscito un articolo sui giornali in cui per ogni regione si prevedeva il giorno in cui ci sarebbero stati zero contagi, con un anticipo di un paio di mesi. Della serie, siamo a metà aprile, e il 26 giugno le Marche avranno zero contagi. I giornali hanno anche pubblicato la tabella, regione per regione. Demenziale! Demenziale non aver capito, sebbene chiaramente specificato dagli esperti, che quella previsione era un'estrapolazione puramente matematica in base ai dati disponibili al momento, che chiaramente è affetta da un'incertezza che dipende dalla situazione contingente e dal modo in cui si effettua l'estrapolazione, e che non tiene ovviamente conto di altri fattori che potranno intervenire nel futuro a modificare quella previsione, comunque già intrinsecamente imprecisa. Demenziale non comprendere che quella estrapolazione matematica ci serve solo ad avere il polso della situazione, e non a conoscerne i dettagli esatti.

Fa sorridere anche la smaniosa aspettativa del "picco". Ecco, oggi è il picco! No, non è ancora il picco! Ma quando sarà il picco? "Non è ancora picco, purtroppo!" (con il commentatore mesto, che sembra gli sia morto il gatto). E magari poi c'è chi si arrabbia perché gli scienziati sono vaghi sul giorno in cui ci sarà questo mitico picco, incapaci di fare previsioni esatte. Anche qui, tutto è dovuto alla stupida convinzione che i dati reali seguano necessariamente una precisa funzione matematica, e non siano infuenzati da tanti altri fattori che rendono incerta una previsione che si vorrebbe certa. Questo articolo sull'arrivo del picco, aspettato come il Messia, sintetizza perfettamente quanto appena detto.

E poi le fluttuazioni statistiche. Ogni giorno al Tg c'è il giornalista di turno che riporta i dati dei contagi, dei decessi e dei guariti del giorno, che esordisce con "oggi migliorano i guariti ma purtroppo i decessi tornano a salire, sono 50 più di ieri". Se avessero fatto un po' di laboratorio al liceo conoscerebbero bene il concetto di errore statistico, e ci avrebbero risparmiato questo mantra giornaliero: in un trend in calo non ti aspetti per forza che ogni giorno i contagi siano sempre minori del giorno precedente.

La richiesta continua agli scienziati di avere risposte in breve tempo. Quante volte abbiamo sentito in questi giorni la frase "non ci capiscono niente, sono passati 3 mesi e ancora non si sa se... etc etc." Se sapessimo come funziona la scienza, sapremmo anche che la scienza ha bisogno di tempo. La scienza ha bisogno di verifiche continue, di controlli, di mettersi in dubbio e in discussione, di cercare controesempi, di cercare di falsificare continuamente i risultati ottenuti. La scienza ha bisogno di effettuare esperimenti, perché al contrario delle altre forme di conoscenza, cerca anche riscontri oggettivi alle sue ipotesi, e questi esperimenti richiedono tempo. E nel caso dell'epidemia di quest'anno, ci troviamo di fronte a una situazione che in era moderna non si era mai vista, e sulla quale nessuno aveva esperienza, nemmeno gli scienziati.

La diversità di opinione fra scienzati, viene spesso interpretata come "non ci capiscono niente neanche loro". Come se la scienza debba essere monolitica, univoca nei pareri. Invece la dialettica fra scienziati fa parte del motore della scienza. Le nuove idee, le proposte, e anche gli inevitabili errori e le strade sbagliate, contribuiscono in ugual modo alla conoscenza scientifica. Le diverse opinioni all'interno della comunità scientifica contribuiscono al progresso scientifico attraverso la capacità della scienza stessa di mettersi in discussione. Indignarsi e scandalizzarsi delle diversità di opinioni fra scienziati su un argomento nuovo e in evoluzione come la situazione che stiamo sperimentando, e chiedere invece certezze immediate unanimemente condivise,  è solo uno dei tanti modi in cui si manifesta l'ignoranza scientifica della nostra società.

Per tanti è infatti difficile comprendere che la scienza è un'impresa collettiva, oggi più che mai. Un'impresa in cui si sedimentano le conoscenze, che si accrescono tramite nuove scoperte ma anche attraverso i fallimenti e i vicoli ciechi. Invece la percezione che tanti hanno della scienza è quella da film di fantascienza di serie B, in cui lo scienziato è un genialoide che lavora da solo nel suo sottoscala e poi all'improvviso, l'unico al mondo, scopre "la formula"! La scoperta epocale, fatta all'iprovviso, mescolando a caso due sostanze! E' questa idea della scienza da film tipo Ritorno al Futuro che ha fatto credere a tanti, semplici cittadini ma - ciò che è grave - anche politici e "uomini di cultura", che uno come Vannoni (quello del caso Stamina), di mestiere docente di tecniche pubblicitarie a un'università telematica, potesse realmente aver trovato, l'unico al mondo, la cura per una malattia su cui lavorano da anni ancora senza successo migliaia di scienziati in tutto il mondo.

Su questa linea si colloca la richiesta sempre più pressante di sapere quando ci sarà un vaccino: è quasi pronto, no ancora no, lo sarà fra un anno, ci vorranno anni, funziona?, e se poi il virus muta, funziona? A parte che tutto ciò fa sorridere (ma anche incazzare), dopo la polemica demenziale e medievale sulla utilità/nocività delle vaccinazioni a cui abbiamo assistito in questi ultimi anni (quando tutto va bene, dalle malattie infettive ci si protegge con le tisane, quando va male "oh, ma quanto ci mettono per il vaccino?!?!?"). Ma anche in questo caso, di nuovo, la scienza, al contario dei pensatori della domenica, non ha risposte pret-a-porter, suadenti e rassicuranti. Sono i taumaturghi da prima serata tv, quelli acclamati dalle folle, ad averle! La scienza deve prima capire come agisce questo virus, se e come si evolve, e sperimentare per ottenere un vaccino. Cosa che richiede tempo. Ah, per inciso, se e quando ci sarà il vaccino, questo sarà stato realizzato dopo averlo testato sugli animali. Forse adesso appare chiaro anche a certi animalisti ottusi, quelli che liberano i topi dei labortori vanificando di colpo anni di ricerche, che l'alternativa sarebbe testare il vaccino direttamente sugli esseri umani. Se credono che questa sia la strada, che si facciano avanti: la ricerca li accoglierà a braccia aperte. Ma dubito che ci sarà la fila.

Insomma, nell'era degli esperti da tastiera abbiamo deriso la scienza, l'abbiamo impoverita di mezzi e uomini, l'abbiamo sostituita con surrogati inutili quando tutto sommato andava tutto bene, abbiamo gettato discredito sulla cultura scientifica, abbiamo organizzato dibattiti tv su argomenti di salute pubblica in cui si contrapponevano disk jokey a scienziati, abbiamo creduto che, con internet a spiegarci tutto, bastasse poco per diventare non dico esperti, ma comunque abbastanza preparati tanto da poter dire la nostra con cognizione di causa su clima, energia, vaccini, evoluzione della specie, cura del cancro e buchi neri. Abbiamo creduto a siti tipo noncelodiconomaetuttovero.it piuttosto che a Nature, salvo poi cambiare improvvisamente rotta davanti a una difficoltà di quelle serie, quelle in cui la nostra conoscenza acquisita sui social conta meno di zero, quella in cui taumaturghi e falsi medici non sanno che pesci prendere. Ed ecco che da zero a mille vogliamo adesso dalla scienza che ci risolva il problema, e che lo faccia subito e bene. Speriamo che, usciti da questa situazione, ci si ricordi finalmente della scienza e della sua importanza nella società anche quando non ci sono epidemie a minacciarci. Ma ho i miei dubbi.




7 commenti:

  1. Concordo pienamente con te, a parte il fatto che gli scienziati dovrebbero fare capire chiaramente al pubblico quando quello che affermano è una opinione o una teoria, anzichè una certezza. Penso che sia da questo che possa nascere il fatto che "non ci capiscono niente nemmeno loro".
    O sono vittime di editing giornalistico o hanno fama di protagonismo e possono fare la fine di paolo volpe.

    RispondiElimina
  2. Sei un po' ottimista. Ci sono già novax che non vogliono il vaccino anticovid, ciarlatani che propongono cure improbabili, negazionisti e tutto il solito campionario

    RispondiElimina
  3. Dopo aver visto Report ieri sera mi sono convinto che bisogna distinguere la Scienza dagli scienziati e dai ricercatori; mentre la prima è un metodo probabilmente nato nel terzo secolo avanti Cristo durante l'Ellenismo in Grecia, il cui scopo era quello di spiegare i fenomeni del mondo circostante, mi sembra che oggi essa abbia assunto connotati diversi da quelli originari e che assieme a sua figlia , la Tecnologia, rappresenti uno strumento prono al potere economico politico che caratterizza il nostro secolo; naturalmente le colpe non sono della Scienza che rimane un metodo valido di indagine sulla realtà, ma dei ricercatori che si sono allontanati da essa per interessi propri, bassi, monetari , di potere, di fama.Aver appreso ieri sera da Report che eminenti esponenti accademici dell'OMS hanno cambiato il protocollo per il controllo della diffusione di Sars cov 2 almeno 4 o 5 volte , impedendo l'isolamento del virus, almeno in Italia, e di aver indugiato nel diffondere la pericolosità del virus per interessi economici riguardanti la Cina e i suoi rapporti economici con l'Africa non depone a favore degli scienziati ma contro. Ma questo non basta perchè poi ho appreso che il capo di Windows ha investito in OMS in due anni 500 milioni di dollari, naturalmente indirizzando la ricerca, e 330 milioni di dollari in settori farmaceutici strategici, praticamente un do ut des. Se il mondo scientifico è ridotto in queste condizioni prone possiamo concludere che l'apparato scientifico ha scordato il suo principio originale e si è trasformato in qualcosa di diverso, quindi tutte le parabole sul mito scientifico dovrebbe essere riviste da questa nuova prospettiva tossica. infine una banale ragionamento e domanda: sono più dannosi per la Scienza quattro antivaccinisti tali perchè magari sentono puzza di bruciato sotto il velo della comunità scientifica o Bill Gates e i suoi 500 milioni di dollari all'OMS? perchè non si possono sempre usare i due pesi e le due misure

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo commento, unito al fatto di esserti basato nientemeno su report che fa giornalismo a tesi da anni e di cui ricordo un fantastico ed entusiastico sevizio sulla scientificissimissima agricoltura biodinamica, dimostra come tu non abbia capito l'articolo. Rileggilo, che è meglio.

      Elimina
  4. Sono più dannosi i programmi di "infotainment" con "giornalismo a tesi" come Report che sparano "fatti" assolutamente infondati, buoni solo per solleticare il Confirmation Bias degli spettatori.

    RispondiElimina
  5. Certo che a volte gli "scienziati" ci mettono del loro...Ecco un caso emblematico, nel campo di cui mi occupo. E vi assicuro che su questo argomento sta venendo fuori un "pieno" pauroso in autorevoli sedi istituzionali....
    https://www.scienzainrete.it/articolo/inquinamento-e-covid-due-vaghi-indizi-non-fanno-prova/stefano-caserini-cinzia-perrino

    RispondiElimina