lunedì 3 giugno 2019

Provare meraviglia pura con la "Baryon Acoustic Oscillation".


Un fantastico risultato scientifico sull'universo primordiale

La cosa più incredibile della cosmologia moderna è che possiamo osservare nell'universo odierno le tracce lasciate dalle condizioni estreme che erano presenti nell'universo primordiale, oltre 13 miliardi di anni fa. In quell'epoca non esistevano né stelle né galassie, la temperatura era di migliaia di gradi, e la materia era scomposta nei sui componenti fondamentali, principalmente nuclei di idrogeno e elio, elettroni e fotoni. E grazie alle nostre conoscenze di fisica, possiamo fare ipotesi sulle condizioni che dovevano essere presenti all'epoca, e possiamo metterle alla prova con le osservazioni sull'universo attuale. La cosmologia, oggi, è quindi una scienza sperimentale a tutti gli effetti.

Uno dei fenomeni a mio parere più incredibili e affascinanti che possiamo osservare nell'universo attuale, e che ci riporta indietro nel tempo facendoci rivivere l'universo di oltre 13 miliardi di anni fa, è quello che in gergo si chiama Baryon Acoustic Oscillation, l'oscillazione acustica dei barioni, detta BAO per fare prima. Nonostante il nome che invita qualunque non addetto ai lavori a passare oltre, la sua previsione teorica e la sua scoperta, avvenuta nel 2005, mostrano come la cosmologia oggi sia capace di fare cose meravigliose e di emozionarci.

L'universo primordiale, circa 13 miliardi e mezzo di anni fa, era costituito principalmente da 4 ingredienti fondamentali: i barioni, gli elettroni, i fotoni, e la materia oscura. C'erano anche un sacco di neutrini in giro, ma quelli erano ininfluenti, per cui li ignoriamo.

I barioni sono una categoria di particelle elementari, tra cui fanno parte i protoni e i neutroni. Senza stare a cavillare troppo, nel nostro caso chiamiamo "barioni" i nuclei carichi positivamente presenti nell'universo primordiale (principalmente Idrogeno e Elio). Essi sono infatti composti da protoni e neutroni.

Gli elettroni li conosciamo, sono particelle di carica negativa che, quando si legano ai nuclei (ai barioni, per restare nella nostra terminologia) danno luogo agli atomi.

I fotoni: per ogni barione presente nell'universo c'erano tra gli 1 e i 10 miliardi di fotoni. I fotoni quindi spadroneggiavano nell'universo primordiale: un'orda di delinquenti che, sbattendo dappertutto, impediva ai nuclei (i barioni) di unirsi agli elettroni per formare gli atomi. I fotoni, nell'universo primordiale, dettavano legge.


Poi c'era la materia oscura. Non sappiamo cosa sia di preciso, ma abbiamo prove indirette della sua esistenza. Sappiamo anche che la materia oscura non interagisce con la luce (altrimenti la vedremmo coi telescopi) e in generale deve interagire in modo estremamente raro e debole con la materia ordinaria, quella fatta di barioni e elettroni, che compone gli atomi. Se così non fosse l'avremmo già osservata direttamente e sapremmo cosa sia. So che alcuni dicono che la materia oscura potrebbe non esistere affatto, ma vi chiedo solo di arrivare fino in fondo a questa lettura, perché chi sostiene che la materia oscura non esista, ha un po' di problemi a descrivere le caratteristiche dell'universo primordiale (fonte, fonte).

La materia oscura fa quindi vita a se stante: non interagendo praticamente mai con la materia ordinaria. L'unica cosa che sa fare è attirare e attirarsi tramite il campo gravitazionale che essa stessa genera. E quindi, in quelle condizioni così estreme dell'universo di 13 miliardi di anni fa, se ne sbatteva alla grande dei protoni, degli elettroni e dei fotoni che c'erano in giro, e di tutto quello che essi combinavano. Per lei era come se non esistessero. L'unica cosa che era capace di fare, 300mila anni dopo il big bang (qualunque cosa possa significare il termine big bang, vedi a questo proposito qui) era "produrre forza di gravità". La materia oscura quindi si coagulava per conto proprio, beandosi della sua capacità di auto attirarsi gravitazionalmente.

E perché barioni e elettroni non risentivano dell'attrazione gravitazionale prodotta dalla materia oscura? In fin dei conti anche essi hanno massa, e quindi sentono la forza di gravità. In realtà ne risentivano anche loro, ma in mezzo a quel putiferio di fotoni che sbattevano loro contro in continuazione, l'effetto gravitazionale della materia oscura contava poco. In pratica i barioni erano sballottati come sotto il palco di un concerto degli Slipknot, dove la stragrande maggioranza del pubblico poga e si sbatte freneticamente. La forza di gravità tra barioni e materia oscura, quindi, non poteva contrastare se non in minima parte la pressione della radiazione elettromagnetica che permeava l'universo.

Per tornare all'analogia della folla al concerto, immaginate che in mezzo a una folla che poga freneticamente (il gas di barioni, elettroni e fotoni) ci siano alcuni di quei tipi che vendono le bottiglie di acqua minerale, tipicamente a prezzi da gioielleria (la materia oscura). Attorno ad essi si fermerà qualcuno particolarmente assetato,  e quindi si formeranno piccoli assembramenti di persone, ma lo sbatto generale impedirà che questi accrescano liberamente.

Quindi ogni singola porzione dell'universo poteva essere vista come un continuo competere fra forza di gravità, causata principalmente dalla materia oscura, che tendeva a produrre addensamenti locali, e la pressione di radiazione causata dai fotoni, che disperdeva la materia. La forza di gravità tende a coagulare, la pressione dei fotoni tende a dilatare, e quest'ultimo è l'effetto dominante, dato l'altissimo numero di fotoni.

Tutto questo produce delle oscillazioni, ovvero delle increspature nella densità della materia (i barioni e gli elettroni) presente nell'universo di allora, creando delle zone con un po' più di materia separate da zone con meno materia. E' come una molla sottoposta alla forza di gravità: la forza di gravità tira da una parte, i fotoni (la molla) tirano dall'altra. Il risultato è che si formano delle increspature nella densità di materia.

I fotoni presenti nell'universo, però, col tempo perdevano energia a causa dell'espansione dell'universo stesso. Ad un certo punto, circa 400 mila anni dopo il big bang, più di 13 miliardi di anni fa, anno più anno meno, la temperatura dell'universo è scesa a circa 3000 gradi Kelvin, il che implica che l'energia media di quei fotoni è diventata sufficientemente bassa da permettere ai barioni (i nuclei) e agli elettroni di unirsi assieme e formare atomi di idrogeno senza che alcun fotone spezzi quel legame. Prima di allora non c'era speranza: appena un elettrone provava ad avvicinarsi a un nucleo di idrogeno, subito arrivava un fotone spaccaballe a disturbare e distruggere il legame. A questo punto della storia dell'universo, però, i fotoni non hanno più l'energia sufficiente a rompere i legami tra nuclei e elettroni, che da lì in poi formano un legame stabile: nascono gli atomi. Questo momento cruciale della storia dell'universo viene chiamato "disaccoppiamento fra la radiazione elettromagnetica e la materia".

A quel punto i fotoni non sanno più che fare, a parte continuare a muoversi nell'universo, perché non trovano più cariche elettriche libere (i barioni e gli elettroni) con cui interagire. La loro energia media è infatti inferiore a quella necessaria a ionizzare gli atomi di idrogeno e di elio che popolano l'universo.  E quindi la materia, cioè gli atomi, diventano per loro improvvisamente trasparenti, essendo gli atomi oggetti privi di carica elettrica: i fotoni non li vedono.

Da quel momento in poi, quindi, quei fotoni improvvisamente disoccupati non potranno fare altro che vagare nell'universo, trasportando però in sé le caratteristiche dell'ultima loro interazione con la materia, esattamente come un fascio di luce che sbatte su un oggetto trasporta poi ai nostri occhi le caratteristiche dell'oggetto stesso, la forma, il colore etc. Quindi quell'ultima interazione di quei fotoni è letteralmente la fotografia dell'universo come era 400mila anni dopo il big bang.

Quei fotoni sono ancora oggi ovunque in giro nell'universo, e sono osservabili tramite opportuni strumenti. Si chiamano radiazione cosmica di fondo (link), una sorgente di preziosissime informazioni sull'universo primordiale.

E quindi, tornando all'universo un attimo dopo che l'energia dei fotoni è diventata troppo bassa per farli ancora interagire con i neonati atomi, cosa succede a questo punto alle oscillazioni della materia di cui parlavamo prima? A quelle piccole increspature con zone più dense e altre meno dense? Ricordiamo che esse erano causate da due forze che si opponevano: l'attrazione gravitazionale della materia oscura, e la pressione esercitata dai fotoni, dalla radiazione elettromagnetica. Ma quando avviene il disaccoppiamento fra radiazione e materia (che a quel punto era diventata atomi),  i fotoni, abbiamo visto, escono dal gioco, e quindi niente può più influenzare e modificare quelle micro increspature dell'universo di allora. Esse rimangono congelate, non più modificabili, se non per il fatto che aumenteranno di dimensioni a causa dell'espansione dell'universo, e nel frattempo serviranno a coagulare altra materia, attraendola gravitazionalmente. Esse rappresentano quindi i germi per la formazione delle galassie che osserviamo oggi.

In base al nostro modello di universo primordiale, ottenuto applicando le leggi fisiche che conosciamo, la distanza media fra queste increspature, all'epoca, era di circa 450000 anni luce, e questo aspetto si osserva effettivamente nelle caratteristiche della radiazione cosmica di fondo. Ma la cosa stupenda è che possiamo calcolare anche quanto dovrebbero essere grandi adesso questi addensamenti di materia, dopo oltre 13 miliardi di espansione dell'universo, applicando le regole della fisica che conosciamo, e il modello che crediamo valido dell'evoluzione dell'universo. E quindi cosa ci aspettiamo di osservare nell'universo attuale?

Nel frattempo l'universo si è modificato, e gli addensamenti di atomi di allora hanno coagulato altra materia, altri atomi, formando galassie. Quelle increspature primordiali, quindi, si sono trasformate nelle galassie di oggi. Pertanto, se tutto quello che abbiamo detto finora è vero, se la nostra visione dell'universo primordiale e della sua evoluzione è giusta, ci aspettiamo che a certe distanze reciproche particolari, corrispondenti a quanto nel frattempo si sono allontanate quelle increspature iniziali di materia, ci siano più galassie rispetto a ciò che ci si aspetterebbe da una distribuzione assolutamente casuale. Questa distanza dovrebbe essere oggi di circa 500 milioni di anni luce, confrontata coi 450 mila anni luce di oltre 13 miliardi di anni fa, quando aveva avuto origine. Questo fenomeno si chiama "Baryon Acoustic Oscillation" (BAO), perché è il risultato di oscillazioni acustiche, di onde di pressione nel mare di barioni dell'universo primordiale.

E quindi possiamo mettere alla prova tutto questo castello di idee, previsioni, teoria e calcoli, e andare a guardare come sono effettivamente disposte le galassie oggi, nell'universo che osserviamo coi telescopi. Se è vera tutta la storia che abbiamo ipotizzato, dovremmo aspettarci che, statisticamente, la distanza fra le galassie abbia una particolare preferenza per il valore di 500 milioni di anni luce.

Questa misura è stata fatta la prima volta nel 2005, e i risultati sono riassunti nel grafico qua sotto (fonte). Il grafico mostra, in opportune unità di misura, la distribuzione della distanza che separa le galassie. Più precisamente, essa mostra l'eccesso di probabilità che le galassie siano separate da una certa distanza, rispetto a quello che ci si aspetterebbe per una distribuzione uniforme. Si vede chiaramente che per piccole distanze la probabilità di trovare galassie è alta, come è normale che sia, perché le galassie tendono ad addensarsi in ammassi di galassie. All'aumentare della distanza la probabilità di trovare galassie cala, per poi però presentare un accumulo a circa 100-110 h-1 Mpc (milioni di parsec). Ovvero le galassie separate da quel valore particolare sono un po' più di quello che ci si aspetterebbe da una separazione uniforme e casuale. Siccome h vale circa 0.7, questa distanza corrisponde a circa 150 milioni di parsec. E siccome 1 parsec corrisponde a 3.26 anni luce, viene fuori che quell'accumulo di galassie che si vede nel grafico si ha per una distanza reciproca delle galassie di circa 490 milioni di anni luce. Esattamente come previsto. Poi ditemi se tutta questa storia non è un meraviglia incredibile! Come Shakespeare faceva dire a Amleto, "ci sono più cose in cielo in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia".Non c'è bisogno di credere a cose che non esistono per provare stupore.




Alcune referenze più o meno divulgative: 

http://www.astro.ucla.edu/~wright/BAO-cosmology.html
http://w.astro.berkeley.edu/~mwhite/bao/
http://www.scholarpedia.org/article/Cosmological_constraints_from_baryonic_acoustic_oscillation_measurements







7 commenti:

  1. Beh, che dire: grazie per l'ennesimo splendido articolo.
    Mi piacerebbe che siano più ravvicinati ma capisco che gli impegni non permettano "frequenze" (parli di oscillazioni no?) più elevate. Ancora grazie.
    hotrats

    PS: Mi piace quando, coraggiosamente, non ti tiri indietro nell'uso di espressioni strettamente tecniche come "se ne sbatteva alla grande" ;-)

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  2. Quando facciamo previsioni così lontane nello spazio e nel tempo siamo certi che la nostra volontà di cercare una spiegazione ad un fenomeno osservato non interferisca nella ricerca di quel fenomeno? Spesso gli umani fanno previsioni e poi trovano le prove che si aspettavano di trovare, è sempre accaduto nel corso della storia umana; con questo non in tendo mettere in discussione il valore del metodo scientifico, ma porre l'attenzione su come noi veniamo a conoscenza delle leggi che governano il mondo fisico, su come le nostre concezioni filosofiche e le nostre credenze condizionano il sapere; mi sembra che il dibattito su questi temi, dopo una fase produttiva conclusasi negli anni 70, sia stato completamente abbandonato e ritenuto ininfluente per il successo della scienza che, secondo molti ,va per la sua strada incurante della natura umana e dei suoi limiti

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    1. Siamo tutti esseri umani e l'errore è sempre possibile, e il condizionamento che può spingerci a trovare qualcosa che non esiste ma che vorremmo esistesse, è sempre dietro l'angolo. Però gli scienziati seri sanno cautelarsi da questo, mettendo in atto una serie di tecniche sperimentali apposite, e comunque, come Anonimo scrive qua sotto, esiste il controllo indipendente. Nessuna scoperta epocale entrerà mai nei libri di scienze se non è stata confermata da esperimenti indipendenti. La BAO raccontata in questo articolo è stata confermata da misure indipendenti. Quando l'esperimento OPERA pensò di aver scoperto i neutrini superluminali, prima di scoprire che c'era stato un banale errore, la comunità scientifica del campo si era già attivata per controllare la misura in modo indipendente. E posso assicurare che il pensiero comune era: "sarebbe fantastico se fosse vero, ma non ci credo assolutamente". Comunque la radiazione cosmica di fondo è stata scoperta per caso, mentre si facevano misure con tutt'altro scopo (erano misure per la compagnia Bell di telecomunicazioni). In uel cao non si può invocare il desiderio di trovare qualcosa che si suppone debba esistere. Gli scopritori non sapevano neanche che esisteva una previsione teorica del fondo cosmico a microonde.

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  3. Spero di aver capito il senso del post :)
    Mi pare di aver letto da qualche parte che, rianalizzando i dati di Eddington sulla famosa eclisse del 1919, le discordanze rispetto alla deviazione prevista dalla meccanica newtoniana non fossero tali da la "preferenza" per la Relatività Generale. E Steven Weinberg scrive nel suo libro "I primi tre minuti" di aver dato un'occhiata ai dati di Hubble e secondo lui non erano tali da far giustificare l'annuncio sulla recessione delle galassie lontane. A quanto pare entrambi forse hanno "visto" quello che già pensavano di dover vedere piuttosto ch quello che si poteva vedere. E questo è un rischio sempre presente e non penso che si possa far molto a riguardo. Però il metodo scientifico ha il modo alla fine di "stanare" queste distorsioni: la ripetizione dell'esperimento/osservazione da parte di altri ricercatori e, come ha scritto un fisico, escluso quello di aver ragione non esiste piacere maggiore di dimostrare lo sbaglio di un collega :). Sia l'esperimento di Eddington che le misuarazioni di Hubble sono state ripetute altre volte confermando Einstein e l'espansione dell'Universo. L'osservazione riferita da Marcello verrà ripetuta da altri che potranno confermarla o smentirla. Per questo non penso che la comunità scientifica non si curi del problema: il metodo scientifico è tutt'altro che perfetto (gli scienziati, come dici anche tu sono umani con tutti i relativi difetti) ma alla fine, inciampando, rimbalzando a destra e a sinistra quanto si vuole, funziona. IMHO
    Ciao
    hotrats

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  4. Eccellente articolo! Complimenti!! Da ex docente (in pensione) di Fisica non ricordo di aver mail letto, condensato in poche decine di righe, una spiegazione così chiara e "convincente". Ne aspetto altri.... :-)))

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    1. Grazie. Sono commenti che fanno scodinzolare felici.

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  5. Addirittura, in un primo momento hanno pensato pure alla cacca di piccione come spiegazione della radiazione cosmica di fondo!

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