domenica 9 luglio 2017

Ma in pratica a cosa serve?

La domanda che può trasformare un tranquillo scienziato in un assassino psicopatico.


Mi piace parlare di scienza, e forse si era capito. Parlare di scienza con i non addetti ai lavori è interessante, perché ti obbliga ad essere consapevole di cosa interessa alla gente, e a sforzarti di conoscere le modalità con cui comunicare al pubblico in modo efficace. Parlare di scienza è interessante anche perché poi ti fanno le domande, e le domande danno il polso della percezione che ha il pubblico della scienza stessa. Certe volte, anche se mal poste, comunicano l'entusiasmo, a volte insospettato, che tanti hanno per la scienza, anche non conoscendo quasi nulla di questa disciplina.

Ma c'è una domanda che temo più di tutte. Una domanda che voglio evitare come la peste, e che cerco di anticipare io, perché non voglio che me la chiedano.

E' una domanda che arriva in genere dopo che hai raccontato per un'ora come si fa a studiare le particelle elementari, o le caratteristiche dell'universo primordiale, e dopo che hai cercato di affascinare il pubblico con qualche grande enigma della natura, tipo la ricerca della materia oscura. Tipicamente a questo punto qualcuno alza la mano e ti chiede: "ma in pratica questa ricerca cosa porterà di utile?".

A quel punto senti la botta di adrenalina che ti arriva al cervello e ti fa perdere lucidità, e il senso di impotenza che ti prende al collo, come quando sei vittima di qualche palese sopruso, tipo quando, mentre sei fermo in colonna in autostrada, arriva il furbo col Porsc Cojon che supera tutti nella corsia di emergenza. E a quel punto, non avendo purtroppo per le mani un fucile mitragliatore, il primo istinto è quello di andarmene gridando alla platea "andatevene tutti af-fan-cu-lo!".

Ma siccome io fuori della mia mente sono più mansueto del lupo di Gubbio, quando mi fanno questa domanda (e succede spesso) faccio finta di niente, sorrido all'interlocutore con lo stesso sorriso di Jack Nicholson a Wendy-tesoro, e spiego con la calma di un monaco tibetano che tutta la ricerca di base serve, anche se non sempre è prevedibile come potrà essere applicata, e che nessuna delle invenzioni che hanno sconvolto il mondo sarebbe mai stata possibile senza la ricerca di base. E quindi parlo del web, inventato per facilitare gli esperimenti di fisica senza avere la minima idea di come sarebbe stato utilizzato in seguito, e spiego che la ricerca di base produce anche competenze, che sono importanti in una società moderna, e che la ricerca di base produce anche lavoro, etc etc, sciorinando tutto il campionario di esempi. Se vi interessano questi esempi, e se avete dubbi sull'importanza della ricerca di base, o sul fatto che prima o poi qualcosa di utile lo produce, potete leggere ad esempio quiqui, qui o qui.

Ma a parte questo, la cosa che veramente mi lascia depresso ogni volta che sento questa domanda, è che ci sia gente che si pone questa domanda! Che nel 2017 gente che ha il tablet in mano, la prenotazione per la risonanza magnetica in tasca, la connessione veloce con "la fibra" in casa, il gps in macchina, il laser per il compact disc e il microchip sotto pelle (...) si chieda a cosa potrà mai servire in pratica la ricerca di base. Come se tutte queste cose siano nate per caso: uno si è svegliato la mattina, ha cominciato a pistolare con del gas e tutto d'un tratto è venuto fuori un raggio laser.



E stiamo parlando di gente che è istruita, che ha studiato, laureata, mica semianalfabeti! Qualche giorno fa questa identica domanda me l'ha posta un amico laureato in legge. Una volta me l'ha posta un ingegnere elettronico. E era sinceramente stupito di apprendere che lo scopo di tanti esperimenti comunemente chiamati "scientifici" non sia quello di scoprire la cura del cancro o un cellulare che non si scarica mai, ma semplicemente quello di capire come funziona la natura. Lui non lo sapeva, e proprio non riusciva a crederci che esistessero esperimenti scientifici che non avevano un fine pratico immediato! Un ingegnere elettronico, capito?! Uno che se certa gente non avesse perso tempo per decenni con la meccanica quantistica e le funzioni d'onda, sarebbe disoccupato! Anzi, non sarebbe nemmeno esistito il suo corso di laurea! Un ingegnere elettronico, che si è fatto un mazzo tanto per anni e anni sui libri, che si chiede candidamente a cosa può servire la ricerca di base, e che si stupisce perfino che possa esistere questo tipo di ricerca! Mio padre, che era arrivato all'avviamento in un periodo in cui l'Italia veniva bombardata e non c'erano soldi per mangiare, posso testimoniare che non è mai stato lontanamente sfiorato da dubbi di questo tipo. Un ingegnere elettronico di oggi, invece, questi dubbi ce li ha.

C'è qualcosa che non va. Qualcosa che non va nel profondo.

Io penso che l'indice di ignoranza scientifica di un paese si misuri da quanto frequentemente venga posta questa domanda: "ma a cosa potrà mai servire in pratica". L'ignoranza scientifica di un popolo è tutta qui, in questa domanda. Nel fatto che così tanti si pongano questa domanda. Non servono le statistiche Ocse, gli indicatori, etc etc. Basta chiedere alla gente se ritiene che nella pratica studiare una galassia o una particella possa prima o poi tornare utile. Se ha dei dubbi, se tentenna, se ti dice che "boh... forse, ma la ricerca dovrebbe innanzitutto occuparsi di altro", c'è qualcosa che non va.

Se ancora oggi, nel 2017, c'è così tanta gente che di fronte a un seminario su una scoperta scientifica si pone questa domanda, vuol dire innanzitutto che la scuola ha fallito completamente.  

A cosa serve far studiare per anni la matematica, la fisica, le scienze, la biologia, a cosa serve far studiare le derivate al Liceo Artistico o le equazioni di Maxwell a Scienze Umane, a cosa servono i problemi con la bicicletta a ruote quadrate, se poi, diventato adulto, al cospetto di una scoperta scientifica la prima domanda che ti sgorga spontanea è "ma in pratica....". 

A cosa serve tutta questa "istruzione scientifica" impartita a colpi di verifiche scritte, prove invalsi, ore aggiuntive di scienze, test di velocità, simulazioni di prove di esame che sembrano ideate da extraterrestri, se poi, una volta preso il pezzo di carta, così tanta gente ha questo dubbio di base sulla scienza: a cosa potrà mai servire in pratica"? 

La cultura scientifica non è sapere di scienza. Certo, la cosa può aiutare, ma avere cultura scientifica è un'altra cosa. Avere cultura scientifica è comprendere i meccanismi della scienza, il suo modo di procedere e di affrontare i problemi, e avere piena consapevolezza dell'importanza del suo impatto culturale e sociale. Si può non avere idea su come si risolve un esercizio con la bicicletta a ruote quadrate e non sapere cos'è una forza elettromotrice indotta e avere comunque una profonda cultura scientifica, e soprattutto avere piena consapevolezza dell'importanza della scienza, tutta la scienza, nella società. Si può avere fatto anche solo l'avviamento e non sognarsi neanche di chiedersi "ma a cosa potrà mai servire in pratica".


15 commenti:

  1. Complimenti per questo articolo! Ti giuro, che non farò più questa domanda. Io credo, che non ci pensiamo prima di aprire bocca.
    Forse la scuola ha fallita veramente, se non è riuscita a farcelo capire come ha fatto questo articolo.

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  2. Come sempre sono perfettamente d'accordo con lei, ed è cosa che mi capita raramente leggere osservazioni intelligenti e ben argomentate con cui concordo pienamente.

    Aggiungerei che l' ottuso pragmatismo spicciolo implicito in questa domanda si trasforma in un idealismo quasi escatologico quando le stesse persone rimproverano alla scienza di non rispondere alle cosiddette “domande fondamentali” : “ Perché il mondo esiste ?”, “Che senso ha la vita?” e via discorrendo.

    Concordo con lei; più che le risposte sono le domande che la gente si pone ad inquietare...

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  3. Mi hai fatto ricordare una cosa... 20 anni fa circa, un neolaureato in fisica mi raccontò che un suo amico neolaureato in ingegneria gli chiese "Ma poi a cosa serve Taylor?" (analisi 1). Gli chiesi almeno 10 volte se era uno scherzo o una barzelletta o un sentito dire... mi giurò più volte che era vero e che conosceva direttamente la persona.

    Chissà... magari è lo stesso ingegnere! :D

    Il pigro

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  4. Insegno matematica e fisica, non è la scuola, ma la società tutta che ha fallito...

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  5. Molti non riescono a capire l'utilità della ricerca a lungo termine, perché necessitano e vogliono delle ricerche che diano risultati immediati e tangibili che possano risolvere i loro problemi o desideri il prima possibile. Per esempio, alcuni mi snobbano come sfigato, quando mi vedono con il mio telescopio ad osservare la volta celeste, lo trovano tempo e risorse sprecate, e a quel punto mi pongono la domanda fatidica con tono irriverente e denigratorio: Ma poi, a cosa serve un telescopio. A quel punto, e' proprio il caso di esclamare, Apriti o cielo.

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    1. A questi si può anche rispondere che gli interrogativi sul cosmo, sulle sue leggi, sul suo destino e, di conseguenza sull'Uomo, se li ponevano già anche gli antichi greci (e non solo loro...). Certo, quelli colti... gli altri erano solo bifolchi... bifolchi intelligenti però (non come adesso) perché avevano rispetto per l'Uomo di pensiero, e da lui si facevano guidare.

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  6. Sono un ingegnere elettronico  e non mi sognerei mai di chiedere ad un fisico a cosa serva la ricerca di base. E non mi viene in mente un collega che possa porsi un interrogativo simile! Certamente un ingegnere non è uno scienziato, ma "ai miei tempi" (espressione da vecchio, lo so) il biennio degli aspiranti ingegneri era denso di materie scientifiche: non si diventava scienziati, ma si acquisiva il metodo scientifico di approcciare i problemi e si imparava molto bene il valore della ricerca di base.  È cambiato qualcosa nel frattempo o magari sei stato solo "sfortunato" ed hai parlato con un ingegnere un po' strano?
    Il tuo blog è fantastico: fa davvero venir voglia di studiare la fisica.

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  7. Grande articolo! Ti ruberò l'affermazione "... l'indice di ignoranza scientifica di un paese si misura da quanto frequentemente viene posta la domanda: "ma la ricerca a cosa potrà mai servire in pratica"

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  8. Per me la risposta esatta è: a niente serve e se servisse a qualcosa non sarebbe ricerca, ma tecnologia. A cosa serve la musica? A cosa serve la pittura? A cosa serve la letteratura? A permettere all'uomo di esprimere il proprio desiderio di comprendere se stesso e ciò che lo circonda.

    Per lo stesso motivo, sono scettico sempre più a proposito della valutazione della ricerca. Bach lavorava come un matto, quando è morto se lo sono dimenticato; poi è stato riscoperto. La valutazione e il finanziamento della ricerca come sono fatti oggi, sono come se i Beatles avessero potuto registrare solo se approvati dagli appasionati di Claudio Villa.

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  9. La ricerca è fondata prima di tutto sull'AMORE per la Conoscenza, è un ARRICCHIMENTO.
    Certo che se c'e in giro gente che intende per 'arricchimento' solo il conto bancario......poi fa quelle domande li.
    E' che poi succede che questi genialoni sono quelli che fanno pure i soldi perchè interessati solo all'utile, poi succede quel che si nota sempre più spesso....... 'i soldi in mano agli ignoranti o puzzano o fanno danni'.

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  10. cultura scientifica e cultura umanistica sono nella stessa barca: dopo anni e anni di TV spazzatura, e un sistema educativo che fa acqua da tutte le parti, per quello che mi riguarda stiamo assistendo a un processo involutivo che sta spazzando via anni di progresso culturale: beata ignoranza!! ci hanno fatto anche un film e non lamentiamoci poi se sempre più spesso ci sono persone che nelle città d'arte si fanno i pediluvi nelle fontane: come a dire "la cultura? calpestiamola..." In assenza di conoscenza e consapevolezza avanza la mala-politica ed è il trionfo della volgarità. Perciò non prendertela se ti rivolgono sempre questa domanda: a che serve?. Dopo tutto è il sistema che la genera. Non stancarti però di disseminare ciò che sai, perché se lo fai bene e con coscienza sei fra quelli che combattono questa triste involuzione, e non è poco. un saluto.

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  11. Come Stefano, anche io da anni mi interrogo sul perché di una tale domanda: forse perché era anche un cruccio del mio correlatore di tesi (troppi anni fa', purtroppo). Dopo aver letto millanta post sul web di complottisti, paranoici e anti-sistema (qualunque esso sia), sono giunto alla conclusione, parziale, che la domanda "Ma a cosa serve?" sia l'ultima linea di difesa di chi vuole a tutti costi avere sempre un'opinione su qualcosa: e quando il senso di quel "qualcosa" gli sfugge completamente, si rifugia nel "Ma a che serve?" (n.b. solitamente è espresso in forma di domanda retorica, quindi è essa stessa un'opinione). Come se in una ferramenta il soggetto in questione avesse bisogno di conoscere l'uso di ogni utensile esposto: e sottolineo "bisogno", non "curiosità". E rimanendo nella metafora, pretendesse pure che un utensile sconosciuto fosse tolto dalla vendita. Spesso mi rendo conto che la termine "libertà" ha collassato il proprio senso in un semplice "esprimere la propria opinione". Seguendo Socrate, chi persegue doxa non persegue verità.
    Spesso tali soggetti adducono problemi legati a troppi finanziamenti elargiti a ricerche intese futili: credo sia solo un mascheramento rispetto alla propria incapacità di assolvere ad un bisogno impellente, esprimere la propria opinione. Non a caso non si esimono da esprimere opinioni su cose che sembrano più vicine all'esperienza tangibile e cogente (medicina, terre piatte, terremoti), ma se qualcosa tende all'evanescenza dell'esperienza sensoriale (Higgs?) si arriva alla fatidica "Ma a cosa serve?" (quando non si scade nel turpiloquio, tipo "Ma a cosa cz serve?!)" ).
    Termino smentendo i miei stessi presupposti: "Ma è solo una mia opinione...."

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  12. Per rispondere a una domanda così cretina, si potrebbe anche usare il semplice esempio di un palazzo.

    Tutto quello che si vede e viene usato (pareti, porte, finestre, scale, eccetera) ha un ben preciso scopo, abbastanza evidente.
    Ma quello che rappresenta la vera forza ed essenza del palazzo è ciò che non si vede, nascosto alla vista ma costruito per primo, che regge tutto l'ambaradan, cioè le fondamenta: senza di quelle non è che il palazzo crolla, proprio non si riesce a costruire...

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