martedì 28 aprile 2020

La distanza di sicurezza? 1,82 metri!

Un meraviglioso mix di ignoranza scientifica e incompetenza.


Questo periodo di Coronavirus ci sta regalando stupende perle di divulgazione scientifica, e ci ricorda quanto la scienza da noi sia matera oscura, non tanto nei contenuti, cosa che di per sè sarebbe abbastanza normale, ma nel metodo, nel linguaggio, nel modo di procedere, in quegli aspetti che non saranno certo programmi scolastici che inseguono le ultime scoperte, e propongono esercizi a livello universitario, a curare. Ringrazio quindi il mio collega e amico Franco Ligabue di avermi fatto conoscere questo fulgido esempio di analfabetismo scientifico condito con l'incapacità di fare il mestiere di giornalista. La notizia è questa: 

"Coronavirus: la distanza interpersonale di sicurezza è 1,82 metri."

L'articolo si trova integralmente qui.:

Lo riporto comunque tutto qua sotto, perché tanto è breve:
Qual è la distanza di sicurezza giusta da mantenere con le altre persone per non essere contagiati dal Coronavirus? Questa misura di sicurezza è legata al termine «droplet», cioé le gocciolone di saliva che vengono disperse nell’aria da chi starnutisce, tossisce e, in misura minore, da chi parla. Dal punto di vista scientifico la giusta misura di sicurezza da rispettare per evitare con certezza il contagio da Covid-19 è di 1,82 metri: in questo modo si sarà certi che nessuna di queste goccioline (piuttosto grosse, cadono per gravità) raggiungerà altre persone. Il calcolo è stato fatto in base a studi non specifici sul coronavirus, ma su altri virus che si trasmettono via «droplet» e ritenuti validi dalla comunità scientifica anche per questa nuova emergenza. Gli esperti hanno comunque più volte ribadito che la distanza corretta da mantenere sarebbe almeno un metro e mezzo. E’ Corriere della Sera che prova a fare un po’ di chiarezza.
La distanza di 1,82 metri, che rappresenta la sicurezza quasi matematica di evitare di essere contagiati è di difficile applicazione. «I due metri sono la certezza, la scelta del metro è una misura ragionevole in termini di fattibilità, altrimenti molti uffici e luoghi pubblici dovrebbero essere chiusi» chiarisce il virologo Fabrizio Pregliasco che rassicura: «Ad ogni modo il discorso è probabilistico: la possibilità di essere raggiunti dalle goccioline si riduce man mano che ci si allontana dalla bocca del soggetto contagiato. Anche a un metro, seppur non ci sia certezza assoluta, diminuiscono le probabilità di essere contagiati. Un esempio per chiarire: a mezzo metro magari ci sono 10 goccioline, a un metro 5, a due metri appena 1. Naturalmente molto è legato anche alle condizioni ambientali, alla presenza di ventilazione, alla potenza di uno starnuto o di un colpo di tosse non protetti».



L'articolo riprende una notizia data dal Corriere della Sera (fonte). Nell'articolo del Corriere si legge: "Dal punto di vista scientifico, la misura di sicurezza da rispettare è più ampia di un metro: l’infettivologo Massimo Galli dell'Università di Milano-Ospedale Sacco e Giovanni Rezza dell'Istituto superiore di Sanità, spiegavano che la distanza da mantenere è di 1,82 metri."

Prendiamo alcune frasi perla: "La distanza di 1,82 metri, che rappresenta la sicurezza quasi matematica di evitare di essere contagiati è di difficile applicazione."

Che già qualunque persona dotata di un minimo di raziocinio direbbe: ma perché proprio 1,82 m mi assicura la certezza addirittura matematica? E se a scuola hai fatto almeno un'esperienza di laboratorio, pensi subito che qui ci deve essere qualcosa che tocca. Qualcosa che l'autore dell'articolo proprio non ha capito.

E poi continua sottolineando che però mantenere la distanza di 1,82 m "è di difficile applicazione". Quindi prosegue dicendo che  "i 2 metri sono la certezza". Insomma, 1 e 82 è "quasi matematico", però è difficile da garantire, anche perché, dico io, è antipatico girare col sensore laser per misurare le distanze, puntandolo sulla bocca (o sul naso?) di chi incontri, ma a quel punto 2 metri è la certezza. 

Certo come no, la certezza. C'è gente che non è morta anche senza che gli si sia aperto il paracadute, e qui vogliono dirci che 2 metri rappresenta "la certezza". Avete presente quando si parla di mancanza di cultura scientifica, analfabetismo scientifico, etc? E' questo! Dire che secondo la scienza 2 metri o quello che è sono "la certezza". E, scusate se mi ripeto, non saranno certo gli sterminati programmi scientifici di fisica dei licei scientifici di oggi a curarlo, se prima non si insegna come funziona la scienza. 

Poi però, in un improvviso rigurgito di buon senso, alla fine l'articolo dice che "Naturalmente molto è legato anche alle condizioni ambientali, alla presenza di ventilazione, alla potenza di uno starnuto o di un colpo di tosse non protetti". E allora dove è finita la "certezza matematica"? Vedi che se vuoi, se ti applichi un minimo, ci arrivi pure tu?

Ma la vera domanda è: perché 1,82 metri? Da dove viene questo numero così preciso? Quale complesso calcolo ha portato a questo risultato, che sembra tanto il "42" dato come risposta alla domanda fondamentale sull'universo su "Guida galattica per autostoppisti?"

La risposta è molto terra terra, e ancor più deprimente di tutto quello che abbiamo appena letto: 1,82 metri sono 6 piedi, misura di lunghezza anglosassone. Praticamente una misura a spanna, come i 2 metri da noi: quanto è meglio stare distanti? Mah... se stai a 6 piedi più o meno va bene! (pronunciato con accento inglese). E 6 piedi sono, calcolatrice alla mano, 1,8288 metri. E se la fonte originale della notizia è anglosassone, ecco che 1,82 m diventa la distanza che rappresenta la certezza "quasi matematica".

E a questo punto si scopre che, in tutto questo delirio, il giornalista ha voluto metterci del suo fino alla fine, sbagliando l'arrotondamento. Eh sì, perché scientificamente parlando 1,8288 va arrotondato a 1,83, e non 1,82, ovvero alla cifra decimale che meglio approssima il valore corretto. Un errore mica da poco, se in gioco c'è la certezza matematica e la salute dei cittadini! Metti che ti vai a piazzare a 1,82 m credendo di avere la certezza matematica, e così facendo ignori che sei troppo vicino di ben 88 decimi di millimetro, rischi che ti ritrovi contagiato per una gocciolina campione di salto in lungo che sconfina a 1,83... Per un arrotondamento fatto male, si mette a rischio la popolazione! (cit. Franco Ligabue)

PS: se poi la fonte primaria di quel 1,82 metri sono i due infettivologi citati dal Corriere della Sera, allora siamo veramente messi male!

giovedì 2 aprile 2020

La divulgazione che "avanza"

La divulgazione scientifica di cui non sentiremmo la mancanza


Leggo su Repubblica online, sezione Scienze, questo articolo: "Pillole di Fisica social, Gabriella Greison risponde alle Faq sulla scienza: la fisica e divulgatrice Gabriella Greison lancia la sua rubrica per togliere la curiosità a chi vuole saperne di più. Via social o email, un’occasione per gettare il seme della curiosità e per riflettere sulle grandi domande sull’esistenza".

Le domande e relative risposte si trovano a questo link.

Tralasciamo le grandi domande sull'esistenza (ci saranno anche le grandi risposte?), cosa che suona appena un filo pretenzioso, e veniamo al sodo: Gabriella Greison è laureata in fisica, si definisce e viene definita divulgatrice e attrice, e ha scritto libri di successo, uno fra tutti  "L'incredibile cena dei fisici quantistici", Ed. Salani.



Tuttavia ciò non toglie che in questo "question and answers" le risposte contengano tali e tante castronerie di fisica da gridare vendetta. E badate bene, non c'entra nulla la semplificazione a fini divulgativi, che è doverosa quando si fa divulgazione, ma che non deve mai prescindere dalla correttezza delle risposte, che devono essere certamente espresse in un linguaggio semplice e comprensibile al pubblico, ma non devono tuttavia contenere affermazioni grossolanamente sbagliate, come spesso accade invece nel caso della Greison e del suo blog. Se cercate un esempio di divulgazione scientifica seria di questo tipo, pensata per il grande pubblico, ma assolutamente corretta nei contenuti, il sito SxT (ScienzaPer Tutti, link), curato dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, in particolare nella rubrica "Chiedi all'Esperto", ne è un ottimo esempio. Credo che un quotidiano a larga diffusione nazionale come Repubblica, prima di pubblicare o pubblicizzare cose di questo tipo, dovrebbe quantomeno controllare o far controllare da chi se ne intende che i contenuti siano corretti. Ma su questo aspetto passiamo oltre. Il fact checking ormai sempre più spesso appartiene alla mitologia del giornalismo.

Vediamo quindi qualche perla fra le risposte della Greison, di quelle che fanno piangere e imprecare i fisici. Non è difficile trovarle, se si conosce anche solo un minimo la fisica.

Domanda sull'effetto Fotoelettrico.
Nella risposta della Greison si legge: "Einstein ha vinto il premio Nobel nel 1921 per aver creato l’effetto fotoelettrico" (...). Effetto fotoelettrico significa foto (fotone) elettrico (elettrone), fotoni che si trasformano in elettroni. I fotoni sono luce, gli elettroni sono energia, ad esempio energia cinetica. Quindi luce che si trasforma in movimento. 

Creato!?!?!?!? Einstein ha formulato un'interpretazione dell'effetto fotoelettrico, assumendo l'esistenza dei fotoni e la loro quantizzazione dell'energia. L'effetto fotoelettrico esiste in natura, e non l'ha creato nessuno. Altrimenti potremmo dire anche che Newton ha creato la forza di gravità, e prima di lui ci si poteva buttare giù dall'ultimo piano senza temere di spataccarsi per terra. E poi i fotoni che si trasformano in elettroni?!?!?! Sarebbe un processo che violerebbe tutti i principi di conservazione possibili e immaginabili (energia, carica elettrica...). I fotoni vengono invece assorbiti dagli atomi del materiale, e la loro energia è in grado di far emettere elettroni dal materiale stesso. Infine secondo la Greison i fotoni sarebbero luce e gli elettroni energia. Quindi, secondo la Greison, i fotoni non sarebbero energia, mentre gli elettroni sì. E pensare che a scuola insegnano che l'energia si conserva in tutti i processi fisici. Per non parlare di quei fisici, ingenui, che credono che i fotoni provenienti dal Sole forniscano una gran parte dell'energia all'atmosfera terrestre!

Domanda di Lucia: Buongiorno Prof, cosa ha inventato Pierre Curie da solo (senza Marie Curie)?
Risposta della Greison: Ad esempio la piezoelettricità.

Anche qui: la piezoelettricità è un comportamento della materia che esisteva anche prima che Curie nascesse. Curie lo ha scoperto, non inventato. Non è pignoleria, è italiano. Scoprire e inventare sono due verbi con significati diversi e divulgare scienza in modo corretto implica anche conoscerne l'uso corretto.


Domanda sul Corpo Nero.
Risposta della Greison: "L’energia del corpo nero è stato Max Planck per primo a dirci quanto vale: acca per nu. Acca è la costante di Planck, e nu è la frequenza.

Ma manco per sogno!!! Planck ha formulato la descrizione dell'emissione elettromagnetica da parte di un corpo nero (che non è affatto E = acca per nu") assumendo che l'emissione avvenga tramite singoli pacchetti di energia, ciascuno di energia E=acca per nu. Questa cosa dell'energia del corpo nero pari a acca per nu la ripete anche più avanti, in un'altra risposta, quindi non è affatto una svista. Dire "l'energia di un corpo nero" di per sé non significa nulla, perché essa dipende innanzitutto dalla sua temperatura, e poi da quanto è grande il corpo nero (e infatti si parla per intensità per unità di superficie). La densità di energia di un corpo nero per unità di superficie, quantità invece ben definita, è una funzione della frequenza (dipende quindi da tutte le possibili frequenze) e della temperatura T del corpo nero stesso, e vale:


Un po' più complesso di E = acca per nu, quindi. L'energia di un corpo nero per unità di tempo e di superficie, altra quantità definibile, è invece proporzionale alla sua temperatura alla quarta potenza. L'energia di un corpo nero non vuol dire nulla, e in ogni caso la Greison non prende minimamente in considerzione la quantità che fa la differenza, e cioè la temperatura. Infatti prendere in mano un pezzo di ferro a temperatura ambiente o a 2000 gradi, come è noto, fa una certa differenza, e non è certamente acca per nu.

Domanda di Daniela: Domanda forse banale, nella famosa equazione di Einstein E=mc^2, la velocità della luce è elevata al quadrato, perché? La velocità della luce non è un limite? Grazie
Risposta della Greison: Nessuna domanda è banale! Hai detto giusto, c è la costante che rappresenta la velocità della luce, una costante che vale circa 300.000 chilometri al secondo. Per velocità della luce s’intende la velocità di propagazione di un’onda elettromagnetica. Einstein ha dimostrato che l’energia di un corpo qualsiasi è legata alla sua massa m secondo la famosa equazione che hai detto tu (con c al quadrato). Questa relazione dice, tra l’altro, che energia e massa sono due entità equivalenti, che possono trasformarsi l’una nell’altra. E questo è esattamente ciò che accade quando acceleriamo un oggetto: l’energia che gli diamo aumenta la sua massa. A mano a mano che la velocità aumenta, però, occorre sempre più energia per aumentarne ulteriormente la velocità, e questo accade perché sempre più energia si trasforma in massa. In pratica, quanto più ci si avvicina alla velocità della luce, tanto più l’oggetto diventa massiccio e inamovibile. Cercare di dargli energia per fargli superare la velocità della luce ha come risultato soltanto quello di aumentarne la massa tantissimo, ma la velocità resta la stessa. Per questo c non può essere raggiunta. Il fatto che nella formula Einstein abbia messo c al quadrato è il risultato del suo calcolo.

Ignoriamo la storia della massa che aumenta, cosa che molti ripetono, ma che è sbagliata (la massa a riposo è una costante, e ciò che cambia con la velocità è il fattore "gamma", che moltiplica la massa), qui c'è tutta una sbrodolata di risposta per una domanda che è essa stessa sbagliata in modo veramente ingenuo: la velocità al quadrato non è una velocità! Non è che siccome c al quadrato è maggiore di c, allora sto superando la velocità della luce! Questa è la risposta corretta alla domanda.

Domanda di Pierpaolo: Buongiorno dottoressa, chi ha deciso che c è la velocità della luce e vale quello?
Risposta della Greison: Per la prima volta è stato Maxwell con le sue equazioni a determinare il valore di c. Per Maxwell intendo James Clerk Maxwell.

Le equazioni di Maxwell cotengono un parametro, o una serie di parametri, a seconda del sistema di unità di misura che si adotta, all'interno dei quali si identifica una grandezza che ha le dimensioni di una velocità, e che rappresenta la velocità delle onde elettromagnetiche nel vuoto. Ma il valore numerico non lo ha determinato né Maxwell nè nessun altro: si misura! Nessuna teoria di nostra conoscenza prevede il valore della velocità della luce, quale che sia il sistema di unità di misura adottato. Quindi Maxwell non ha affatto "determinato" il valore di c.

Domanda di Friustak: Buongiorno Prof, mi può dare una definizione alternativa del metodo scientifico? Cosa si intende esattamente? Come posso applicarlo nella vita?
Risposta della Greison: Per me il metodo scientifico sta in questo: fai tutto il necessario per assicurarti di non illuderti di pensare che qualcosa di vero sia effettivamente falso o che qualcosa di falso sia effettivamente vero.
Chiaro no?  E il Conte Mascetti con la supercazzola muto! Mi immagino la reazione di questo poveretto che ha fatto la domanda: "(pausa di silenzio di almeno 7 secondi per elaborare l'informazione).... Aaaaah, ho capito... Ma in pratica... diciamo... questo metodo scientifico... in pratica... nella vita... in pratica...".

Domanda di Gianluca Fiorucci: Buonasera. È vero che il principio di indeterminazione di Heisenberg oggi, alle alte energie degli acceleratori lineari del CERN, non è più valido ? Grazie per la Sua risposta.
Risposta della Greison: Non conosco così nel dettaglio gli acceleratori lineari del Cern quindi magari è vero…

Eeeehhhh???? Magari è vero!?!?!? Il principio di indeterminazione di Heisenberg è una legge della natura, non qualcosa che si può superare con la tecnologia! Come per tutte le leggi della natura, peraltro.

Domanda di Piero Paparatto: (...) perché gli astronauti non hanno peso in orbita sul satellite.
Risposta della Greison: Quello che chiamiamo peso è l’effetto della forza di gravità della Terra sulla nostra massa, e diminuisce velocemente all’aumentare dalla nostra distanza dal pianeta: gli astronauti in orbita sono quindi sufficientemente lontani dalla Terra da non risentire della sua attrazione gravitazionale. 

Noooooooo!!! Santo cielo, nooooo!!! Non ci posso credere!!! Questa è la classica domanda da liceo, che si fa agli studenti appena si studia la gravitazione, e quando ti rispondono così il prof li rimanda al posto senza passare dal via. Non è per niente questo il motivo per cui gli astronauti galleggiano senza peso! La forza di gravità per gli astronauti in orbita è infatti solo il 10% più debole che sulla superficie terrestre E' un conticino semplice semplice: 1 su erre al quadrato, e al posto di R ci mettiamo il raggio terrestre in Km, oppure il raggio terrestre + 400Km, e ne facciamo il rapporto. E dopo la Cristoforetti, che ogni volta che viene intervistata dice sempre che non esiste l'assenza di gravità (anche se spesso si dice) ma piuttosto l'assenza di peso, pure i muri dovrebbero ormai sapere che non è certamente perché la forza di gravità è troppo debole che gli astronauti galleggiano in assenza di peso. Il motivo è invece che gli astronauti sono sostanzialmente in perenne caduta libera, e dietro questo fenomeno c'è qualcosa di tutt'altro che banale. Ne ho parlato qui nel mio blog. Non pretendo che la Greison legga il mio blog, ma una risposta così da una laureata in fisica proprio non si può sentire! Men che meno se si propone al pubblico come divulgatrice.

Domanda di Luca Rebel: Buongiorno ProfSocial, si puó andare più veloce della luce?
Risposta della Greison: Tutti i corpi dotati di massa non possono. Ma ci sono dei fenomeni per oggetti privi di massa interessanti da questo punto di vista. Ad esempio, nella relatività speciale, non ci sono limitazioni al fatto che possa esistere qualcosa che sia sempre stato più veloce della luce. Oppure un fenomeno noto come l’effetto Cherenkov, che consiste nell’emissione di radiazione elettromagnetica da parte di un materiale le cui molecole sono polarizzate da una particella carica in moto che lo attraversa. Oppure alcuni fenomeni legati alla meccanica quantistica, come l’entanglement quantistico, sembrano trasmettere informazioni a velocità superiori a quella della luce.

L'effetto Cherencov non c'entra nulla! E' infatti qualcosa che avviene alla presenza di un mezzo diverso dal vuoto, in cui la luce interagisce (l'indice di rifrazione del mezzo), e questo fa sì che nel mezzo (ad esempio l'acqua, o un cristallo) la luce possa andare più lentamente di una particella ultrarelativistica nel mezzo stesso. Ma questo non costituisce in alcun modo una violazione della teoria della relatività. L'entaglemenet quantistico, invece, non è un trasporto di informazione, e non può essere quindi usato per trasportare o comunicare informazioni di alcun tipo, e quindi non rappresenta una violazione della teoria della relatività. Mescolare assieme tutte queste cose diverse fra loro senza specificare di cosa si stia parlando, serve solo a generare confusione, non certo a divulgare, né a rispondere a una domanda che di per sé è estremamente sintetica e chiara.

Domanda di Diamante Di Vincenzo: Un elettrone genera intorno a sè un campo elettrico. Se quest’elettrone si muove rispetto ad un osservatore, genera un campo elettrico variabile e quindi un campo magnetico variabile, cioè un osservatore riceve un’onda elettromagnetica. L’elettrone quindi perde energia. Non potendo variare la massa, per la legge di Einstein E=MC^2 , deve variare l’energia cinetica E=1/2MV^2, cioè la velocità. Quindi se l’elettrone non viene catturato dalla materia che incontra, alla fine deve fermarsi. Mi sembra che le cose non stiano così. Mi può dare una spiegazione affinchè tutte le cose tornino?
Risposta della Greison: Forse l’elettrone di (si, n.d.r.) scarica? Come una pila… Il fatto che l’elettrone possieda carica elettrica si desume dal fatto che interagisce con altra materia che ha proprietà elettriche. Quindi l’elettrone in moto decelera se interagisce con altra materia, non per il solo fatto di essere lui un generatore di un campo elettrico.

L'elettrone si scarica?!?!?!?! Ma siamo matti?! Un elettrone non accelera o decelera affatto solo se interagisce con altra materia, ma può farlo anche nel vuoto, se è sottoposto a un campo elettrico! Ed è questo che fa variare l'energia cinetica del'elettrone, e non l'interazione con la materia, e quindi gli permette di irradiare onde elettromagnetiche. Nelle comuni antenne succede esattmente questo: le antenne emettono onde elettromagnetiche perché un campo elettrico fa oscillare gli elettroni lungo il conduttore al loro interno, e non certo perché gli elettroni "vengono catturati da altra materia".  Elettricisti e elettrotecnici abbiano pietà di lei.

E poi ci sarebbe da dire su tante altre risposte, che sembrano spiegare ma in realtà non dicono nulla, e spesso non centrano neanche il punto della domanda, con un uso del linguaggio in molti casi approssimativo e impreciso. Insomma, se questa è la divulgazione scientifica che avanza, era meglio metterla in frigo, come si fa in genere per le cose che avanzano.